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La guerra degli angeli: Thaichopr
La guerra degli angeli: Thaichopr
La guerra degli angeli: Thaichopr
E-book243 pagine3 ore

La guerra degli angeli: Thaichopr

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Info su questo ebook

Il secondo capitolo di Thaichopr vede nuovamente protagonista il maresciallo, Giuseppe Pedroli che, a capo di un intrepido gruppo di militari dell’arma, questa volta deve fronteggiare una minaccia ancora più terrificante: il potente Norburtz, ex angelo di Dio e appartenente alla stirpe dei Pyay, esiliato nel castello di Trod, ha progettato armi distruttive e forgiato un esercito di combattenti per affrontare una guerra fratricida tra angeli, e fare degli umani tante piccole cavie da laboratorio, spazzando via ogni possibilità di pace nei mondi. Pedroli e l’allievo ufficiale Ziegler vengono dunque contattati dal meraviglioso e splendente angelo Schaidz affinché, unendo le forze con gli esseri superiori di cui essa sarà il capo, il disegno voluto dal Thaichopr Norburtz non si verifichi realmente. Sarà compito loro salvare l’umanità e ogni altro universo, combattendo un’epica battaglia tra i cieli, dalla quale neanche Dio potrà ritenersi salvo.
LinguaItaliano
EditoreBookRoad
Data di uscita31 mag 2023
ISBN9788833226682
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    Anteprima del libro

    La guerra degli angeli - Raffaele D'andrea

    Il pianeta Trod

    Se, per ipotesi, ci trovassimo nello spazio, noteremmo che Trod è un pianeta molto particolare. Nonostante sia illuminato da un Sole simile a quello del nostro globo terraqueo, non ha il nostro stesso meraviglioso azzurro, ma è colorato di una scura tonalità grigionero. Da una prospettiva più ravvicinata non noteremmo ghiacci ai poli, nubi bianche quando c’è bel tempo o scure quando piove. Il verde della natura e la maestosità delle montagne non si sa proprio cosa siano da queste parti. Ciò che si vede è soltanto una distesa di basse e monotone colline di color marrone e grigio. C’è il mare, ma è senza vita o almeno è così all’apparenza. È abitato da esseri acquatici, ma è proprio l’acqua che sembra morta. Il suo moto ondoso è lento e viscoso. Non ci sono tempeste, maremoti o onde anomale su Trod e il suo mare sembra più tranquillo. Al tatto, la consistenza dell’acqua è più densa della nostra ed è proprio la sua maggiore viscosità a rendere il mare molto più calmo. Il colore predominante è il nero. Trod è un mondo sfortunato. Da una prospettiva più ravvicinata si nota che la natura si è regolata alla conformazione del pianeta. Le estati sono roventi e gli inverni sono freddi, ma è proprio il pianeta intero che sembra non voler trarre benefici dalla vicina stella. Rifiuta il suo abbraccio luminoso, caldo e protettivo, come un essere che si volta nel senso opposto a quello della luce, e fa soffrire anche coloro che vi abitano. La fauna del posto si è adattata al clima perché ha la forza di lottare. Su Trod puoi trovare gli stessi animali che vivono sulla Terra, ma presentano delle peculiarità diverse dai nostri: hanno dovuto adottare delle strategie per sopravvivere. Anche la flora cerca disperatamente di aggrapparsi alla vita: gli alberi e le piante si espandono più di quanto facciano sulla Terra e cercano nutrimento in ogni modo. Il sole non riflette i suoi raggi sulle foglie, quindi hanno trovato un escamotage per assorbire più luce possibile. Le foglie sono larghissime e un solo albero sfiora i trenta metri d’altezza; certo, succede anche sulla Terra, ma qui stiamo parlando di semplici querce, pini, faggi e cipressi, che crescono come immensi palazzi. Su di loro, e sul resto della natura, aleggiano nuvole nere che irrorano di pioggia le vallate e le città. L’acqua piovana non è trasparente perché, per una strana legge, il ciclo dell’acqua porta con sé sempre dei detriti di fanghiglia; più semplicemente, è il colore stesso del liquido a essere più scuro o comunque più opaco. Acqua sporca che bagna le terre, vapore acqueo che risale per formare nuvole nere cariche di fango e pioggia nera, formata da altro fango misto ad acqua putrida.

    Trod è abitato da curiosi umanoidi chiamati trodiani. Essi sono tristi, perennemente piegati sulla loro schiena per effetto della maggiore gravità. Anche i giovani sembrano degli anziani. Nessuno di loro ha mai visto una splendida giornata di sole. Non hanno mai vissuto l’esperienza di trascorrere ventiquattro ore senza pioggia. I trodiani stanno sempre chiusi nelle loro case a graticcio, costruite in mattoni laterizi di color rosso scuro e travi di legno spesse di color nero fumo. Escono da casa, perlopiù, soltanto per andare a lavorare. L’unico svago loro concesso è quello di potersi riunire in locali accoglienti dove gustare una delle poche bevande buone che riescono a distillare. Si tratta di una specie di nettare, anch’esso di colore scuro, simile alla birra terrestre, al malto abbrustolito. L’hanno chiamato Ssen Niug. I locali dove loro si riuniscono somigliano a quei vecchi pub anglosassoni nei quali predominano mobili in legno scuro e le pareti sono ricoperte di ninnoli di tutti i tipi. In questi luoghi la pulizia non fa da padrona e c’è sempre un puzzo di umido vecchio misto a polvere, ma è comunque innegabile il senso di accoglienza e calore che emanano. Puoi trovarci trodiani che suonano e cantano vecchie canzoni malinconiche, che parlano di bellissime ragazze uccise dalla peste o di guerrieri che combattono in nome di questo oppure di quell’altro ideale di giustizia e libertà; di eroi morti per la gloria o per una bella, che aspetterà invano il ritorno del suo amato e che morirà di crepacuore alla notizia della sua triste dipartita per mezzo di una palla di cannone o di una scheggia di baionetta dritta al cuore. Dopo una serata di bevute e baldoria a suon di risa a crepapelle e scazzottate, i trodiani devono tornare nelle loro case buie e tristi. L’indomani ci si deve svegliare molto presto per tornare a lavorare nelle acciaierie, dove si produce acciaio di buona qualità utilizzato per creare armi, scudi, macchine da guerra e altre tristi amenità. Finito il lavoro usurante nelle catene di montaggio, fatto di mosse che si ripetono all’infinito come una triste danza, la sera i trodiani si riuniscono nelle loro case e ascoltano la radio seduti in poltrona. Tra una canzone di guerra e l’altra, ascoltano la voce di Norburtz, re del mondo. Nessun trodiano ha mai visto il volto del re, perché lui sta sempre chiuso all’interno del suo castello e da lì amministra tutto. Ciò che si sa è che lui è un’entità superiore e che la sua parola è legge divina. Re Norburtz regna da sempre e, infatti, alcuni pensano che sia ormai molto vecchio, mentre altri ipotizzano che sia immortale perché generazioni e generazioni di trodiani non hanno mai ascoltato voce diversa dalla sua.

    Adesso tutti stanno aspettando la relazione settimanale che verrà trasmessa tra pochi istanti. Un annunciatore riferisce che il re sta per parlare. Dopo appena un paio di secondi si ode il silenzio gracchiante della modulazione della frequenza. Alcuni crepitii, un distinto frusciare di fogli di carta ed ecco riecheggiare nell’altoparlante da 8 ohm re Norburtz che inizia il suo discorso: «Trodiani, vi parla re Norburtz. Questa sera vi esporrò, come di consueto, i dati di produzione settimanale e vi anticipo che non sono per niente soddisfatto».

    Difatti non è mai avvenuto che Norburtz abbia riferito di essere soddisfatto di qualcosa e i trodiani, ormai, ci hanno fatto l’abitudine. Norburtz continua con il suo comunicato.

    «La produzione di acciaio ha subito una curva di decrescita pari allo 0,0004 punto percentuale mondiale. La tendenza verso il basso porterà un netto calo di produzione pari a un’armatura per milione prodotte. Questo fatto increscioso ha profondamente scosso il vostro re: Dio sarà molto amareggiato e io dovrò purtroppo raccontargli che la colpa è solo vostra poiché non volete fare in modo che il vostro re e Dio siano contenti e soddisfatti. Tutti sapete che ogni volta che la produzione subisce un ribasso voi subite una punizione pari alla percentuale di ribasso ottenuto. Pertanto, si stabilisce che la produzione di Ssen Niug venga diminuita di una percentuale pari allo 0,4 per cento a città, fino a che la produzione di acciaio sarà di nuovo massimizzata. Auguro a tutti i trodiani in ascolto una vita di lavoro e sforzo.»

    Subito dopo il discorso del re, parte un jingle che fa:

    «Il re per Trod, Trod per il re.

    Insieme per compiacere Dio.

    Dio dà, Dio toglie. Compiacciamo Dio.

    Se Dio si compiace tutto andrà bene.

    Compiacciamo Dio e lui ti darà serenità».

    Norburtz, ex angelo luminoso della stirpe dei Pyay, esce dalla stazione radio accompagnato da Fhogh, il suo discepolo, ex angelo anch’egli e ombra del suo maestro. Una volta Fhogh era la promessa dell’ingegneria Pyay ed era un valido scrittore di programmi e costruttore di mondi. Ex angelo che ha scelto di seguire chi si è allontanato dalla luce per poi proseguire verso il basso. Accedono entrambi all’ufficio di Norburtz. All’interno trovano due umani. Uno di loro è uno spilungone smagrito e brutto, porta i capelli lunghi e ricci e ha la barba incolta. Ha i denti gialli e gli occhi a palla. È Karl Komisenhas, sta seduto su una poltrona rivestita di una sorta di pelle color ocra. Ha una gamba appesa a un bracciolo e con le mani sta giocherellando con un cubo trovato poco prima sulla scrivania di Norburtz. Poco distante da lui suo fratello Andreas, il Puzzone, è seduto per terra. È un uomo sporco e maleodorante, ha indosso un impermeabile logoro, una maglietta che una volta era bianca e un jeans infangato. Le scarpe da ginnastica chiare sono macchiate. Porta un cappellino da baseball unto ed è tutto sporco in viso. Non riesce a tenere gli occhi aperti. La saliva gli pende dalla bocca. La sua pelle, o almeno la parte che si riesce a intravedere, è di un pallore cadaverico.

    Karl parla a Norburtz.

    «Ti fai attendere, angelo.»

    L’altro lo fulmina con uno sguardo furioso.

    «Come osi parlarmi in questo modo, essere immondo?!» gli risponde.

    «Senti chi parla!» ribatte stizzito Karl. «Con il puzzo nefando che emani tu, misto a quello di mio fratello zombie qui al mio fianco, ho voglia di dare di stomaco. Ascoltami bene, siamo qui perché voglio parlare di affari con te.»

    «Affari?» chiede l’altro, continuando. «Di quali affari dobbiamo parlare? Sentiamo.»

    Karl poggia il cubo sul mobile e risponde: «Io e mio fratello abbiamo fatto quanto ci avevi ordinato e abbiamo creato lo scompiglio nel mio mondo. Abbiamo rovinato i piani di Ale Dalìa sconquassando i blocchi decisionali…».

    «E cos’avete ottenuto?» lo interrompe Norburtz, bruscamente.

    «Gli angeli e i terrestri si sono accorti dell’inganno, hanno ripristinato i blocchi decisionali e mi hanno arrestato. Tutto per colpa della vostra incapacità» continua Norburtz.

    Karl però salta in piedi mentre Andreas si chiude tra le sue braccia e le gambe, emettendo gemiti di qualche tipo.

    «Aspetta! Ma… mi avevi detto che era tutto programmato! Le cose dovevano per forza finire in quel modo! L’accordo tra noi due era che tu destabilizzassi i tuoi amici Pyay e io la Terra. Ciò è avvenuto e gli angeli adesso sono l’uno contro l’altro. Vogliono combattere tra loro. Hai ottenuto ciò che volevi…»

    «A quale prezzo, però?» tuona di rimando l’altro, continuando.

    «Io dovevo essere la guida spirituale degli scissionisti nel mio mondo e invece sono costretto qui. Per fortuna ho molti amici lassù e invece di mandarmi via dai giardini, come abbiamo fatto capire a quegli stolti del mio popolo, mi hanno spedito nell’artefatto che io stesso ho fatto creare, mentre lassù c’è chi guida i Pyay ribelli per me. In barba a tutti coloro i quali hanno creduto che adesso sono lontano, io sono ancora qui, nel luogo dove tutti gli artefatti sono stati conservati. Li hanno portati in un posto, a dire dei Pyay, sicuro, dopo aver capito che i fatti di cui noi siamo stati responsabili hanno messo in pericolo il pianeta Chu, ma non sanno che noi siamo nell’unico luogo dove non si sognerebbero mai di cercarci, proprio qui, all’interno di uno di essi, nel mio mondo. Mentre tu, uomo, sei anche responsabile, assieme a tuo fratello, di questo cambio di piano che mi costerà fatica perché per continuare a primeggiare, devo studiare nuovi piani, nuove metodologie, allearmi con altri rinnegati e testare la loro devozione nei miei confronti.»

    Karl socchiude gli occhi e capisce: «I tuoi piani non erano quelli di sovvertire soltanto il mondo dei Pyay. Tu avevi altro in mente!».

    Norburtz sorride mentre inclina leggermente la testa, tenendo gli occhi fissi su Karl.

    «Bravo il mio ottuso amico. Ebbene, hai finalmente capito che ciò che avverrà, mio caro verme, sarà un evento epocale.»

    «Mi avevi detto che ce l’avevi soltanto con i tuoi angeli» gli fa eco Karl a bassa voce mentre l’altro continua a ridere. Andreas ha lo sguardo terrorizzato e si chiude ancor di più a riccio. Emette sibili dalla bocca, versando bava che gocciola sulle sue maniche.

    Karl, nel frattempo, continua: «Noi ti abbiamo aiutato e avevi detto che saremmo stati ricompensati adeguatamente. Saremmo stati generali di un esercito mentre tu saresti stato re…».

    «Il re, alla fine di tutto, sarà uno soltanto e io sarò il suo generale…» gli risponde Norburtz.

    «Cosa?!» urla Karl, incredulo e raccapricciato. «Ce n’è un altro? Uno nuovo?»

    «L’unico» gli risponde con un largo sorriso.

    «Credimi, verme. Non nuovo, ma, al contrario, vecchio com’è la storia di tutti gli angeli e del creato.»

    Andreas ora urla. Si graffia la faccia con le sue lunghe e sporche unghie mentre ascolta ancora le parole di Norburtz.

    «Alla fine di tutto, colui che fu cacciato dai giardini e precipitò verso il basso avrà la sua tanto decantata rivincita. Recita la vostra Bibbia: Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell’assemblea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo

    Karl si fa pallido in volto.

    «E tu, piccolo verme, assieme a quello che è rimasto di tuo fratello, non servite più a nulla. Vi ho promesso di essere miei generali, adesso vi prometto che non morirete, ma sarete rinchiusi nelle nostre celle. Sarete costretti a guardare ciò che avverrà e non potrete fare nulla per cambiare il destino del vostro insulso mondo, di quello degli altri artefatti e dei giardini. Voi assisterete, con un posto in prima fila, alla cancellazione di tutto e della nascita del nuovo mondo. Il mondo di Beliyyá‘al.»

    Karl si gira e fissa gli occhi del fratello che, nel mentre, continua a urlare. Ha appena recepito che si è fidato di un demone e quello si è preso gioco di lui. Perde per un attimo l’attenzione, prima rivolta al suo interlocutore, perché deve pensare e non si accorge che Fhogh si è intanto avvicinato a loro di soppiatto e, con uno sguardo demoniaco, li agguanta entrambi.

    Dissolvenza.

    Nero.

    Il pianeta Chu

    Oggi è una giornata splendida. Il cielo è azzurro e c’è un profumo di salsedine che inebria le narici di chi, in città, durante l’inverno appena trascorso, è stato ammorbato dal puzzo di fumo delle ciminiere industriali, colpa della cappa di smog. All’interno dello stabile del comando provinciale dei carabinieri, l’istituendo reparto dedito a investigazioni «particolari» è attualmente in subbuglio poiché, in questo preciso momento, vengono assegnati gli uffici ai militari facenti parte l’aliquota denominata j-folco Italia. Trattasi, appunto, di un reparto creato ad hoc per risolvere problemi altrimenti non risolvibili dai normali militari di una stazione carabinieri qualsiasi. Alcuni dei carabinieri neoassegnati allestiscono le loro scrivanie, mentre dei tecnici montano nuovi computer e stampanti. In un ufficio attiguo troviamo due ufficiali dell’arma che discutono con appartenenti di forze di polizia d’altri Paesi. Il colonnello Pierluigi Castellucci, uomo di cinquantasei anni curato nell’uniforme e nella persona, barba impeccabile e occhi azzurri scintillanti, è affiancato dal maggiore Gennaro Diporto, anch’egli di bella presenza. Pierluigi è napoletano d’origine, ma ha vissuto a Roma per tutta la sua vita. Figlio e nipote di paracadutisti dell’esercito italiano, suo nonno partecipò alle operazioni militari di El Alamein, schierato in prima linea nella 185ª Divisione paracadutisti Folgore durante la Seconda guerra mondiale. L’ufficiale sta illustrando le caratteristiche del reparto ai colleghi, ma gli stranieri sembrano distratti da qualcosa, dibattono tra loro. Allora il colonnello decide di interromperli per capire il motivo di questo bisbigliare.

    «Stimati colleghi, noto che il discorso non sembra di facile comprensione. Volete che v’illustri di nuovo le peculiarità di questo settore o volete farmi qualche domanda specifica?»

    Uno degli interlocutori si affretta a rispondere alzando le mani e agitandole. L’uomo è un appartenente all’istituenda forza di repressione crimini della j-folco India. È paffutello e ha un turbante in testa. Indossa la divisa della Sashastra Seema Bal, una delle forze di polizia armate centrali dell’India. Lui parla al colonnello Castellucci.

    «Stimato collega, noi siamo tutti felici di ascoltare lei e il suo vice. Siamo contenti del fatto che condividiate le vostre tecniche di approntamento e ci illustriate le peculiarità adottate dal vostro sistema in caso di un evento indicato come estremo o particolare, ma noi siamo più interessati, e credo di poter parlare anche a nome dei miei stimati colleghi qui presenti…»

    Gli altri interlocutori fanno segno di assenso con la testa e l’indiano continua a parlare.

    «Noi vogliamo conoscere i viaggiatori. Coloro che fecero l’impresa. Quelli che hanno superato i confini del nostro mondo e hanno viaggiato, come loro asseriscono, nel passato e poi nel futuro. Cosa più importante, riferiscono di aver dialogato di persona con gli angeli. A proposito, dove sono questi fantomatici angeli? Perché non si manifestano a noi? Come mai si sono rivelati sotto forma di esseri appartenenti alla religione cristiana e non con le sembianze del Dio induista Siva? Volete dirci che le nostre religioni sono sbagliate e la vostra è quella giusta? Chi siete voi per dire questo? L’induismo è la religione più antica del mondo, persino del vostro cristianesimo e voi, guarda caso, asserite di aver ricevuto contatti con angeli cristiani e, addirittura, che una di loro si manifesterà di tanto in tanto per aiutarci? Conosco la vostra religione e non ho mai sentito parlare di un angelo di sesso femminile. Perché volete irritarci con questi vostri discorsi blasfemi? Piuttosto preferisco che ci diciate che quest’entità non appartengano a nessuna religione.»

    I due carabinieri si scambiano un’occhiata mentre tutti gli altri presenti iniziano ad alzare la voce e recriminare il fatto che sono stati proprio gli angeli ad avere a che fare con gli umani. Il colonnello cerca di calmare i presenti.

    «Signori, per favore, capisco il vostro punto di vista, ma non sappiamo chi effettivamente siano queste entità. Il fatto è che si sono manifestati in questo modo, ma…»

    Castellucci parla invano. Nessuno lo ascolta. Inizia una vera e propria diatriba che si trasforma in baraonda. A nessuno piace che le loro religioni non siano state rappresentate da questi esseri e la cosa dà fastidio. L’indiano rincara la dose.

    «Allora fateci conoscere i viaggiatori. Dite che ce ne sono due. Nessuno di noi era mai riuscito ad arrivare al modo di attraversare i blocchi decisionali prima di voi, ma, guarda un po’, in un solo colpo voi italiani siete riusciti a fare amicizia con queste vostre entità, loro vi hanno mostrato che appartengono alla vostra religione e poi vi hanno trasformato in travelers o viaggiatori di blocchi decisionali. Dite che avete salvato il mondo, ma da cosa? A mio avviso, Il mondo è rimasto inalterato. Non è successo nulla. Io vivo la vita che ho sempre vissuto e non capisco proprio da cosa ci avete salvato, dal diavolo?»

    Castellucci cerca di tener testa all’indiano, ma l’altro incalza fomentando ancor di più gli altri. Dopo un po’, il colonnello si accosta all’orecchio del maggiore: «Veda di trovarmi Pedroli, per cortesia. Qui la situazione si sta facendo insostenibile».

    «Cercherò di fare quel che posso, ma

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