Alfredo Casella: Un pioniere italiano della musica strumentale
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Anteprima del libro
Alfredo Casella - Nicola Parisi
Nicola Parisi
Alfredo Casella
Un pioniere italiano della musica strumentale
Phasar Edizioni
Nicola Parisi
Alfredo Casella. Un pioniere italiano della musica strumentale
Proprietà letteraria riservata
© Nicola Parisi
© 2023 Phasar Edizioni, Firenze.
www.phasar.net
I diritti di riproduzione e traduzione sono riservati.
Nessuna parte di questo libro può essere usata, riprodotta o diffusa con un mezzo qualsiasi senza autorizzazione scritta dell’autore.
Copertina: Mirko Guidi
ISBN 978-88-6358-770-8
ISBN ePub: 978-88-6358-774-6
Indice
Ringraziamenti
A Fulvia di Ettore F. Volontieri
L’autobiografia: una vita che si racconta
Un’infanzia sui generis
Il Conservatorio di Parigi (1896-1902)
Casella concertista
Casella direttore d’orchestra
Casella promotore e critico musicale
Casella compositore e trascrittore
Casella didatta
Conclusioni e considerazioni sull’importanza storica di Alfredo Casella
Riscoprire Casella il genio torinese da esportazione
Intervista di Alberto Mattioli, La Stampa
Programma del Festival Alfredo Casella (11-24 aprile 2016)
L’alterna fortuna di Casella
Intervista di Nicola Parisi al M° Gianandrea Noseda
Appendice I
Catalogo cronologico delle composizioni e delle trascrizioni
Appendice II
Catalogo per tipologia di organico
Bibliografia
Sitografia
Ringraziamenti
Il corpo centrale di questo libro è costituito dalla mia tesi di laurea per il diploma accademico sperimentale di II livello – scuola musica da camera –, conseguito nell’A.A. 2018/2019 presso il Conservatorio di musica Benedetto Marcello
di Venezia. Pertanto, ringrazio la prof.ssa Monica Bertagnin che ha voluto indirizzarmi verso questo lavoro e che ne è stata la relatrice.
Il mio ringraziamento profondo va anche ad Ettore F. Volontieri e al M° Gianandrea Noseda che si sono interessati alla mia attività e che mi hanno omaggiato del loro rilevantissimo apporto.
Ringrazio Francisco Rocca della Fondazione Cini di Venezia, Anna Passarini, Anna Nocentini e Cesare Mancini dell’Accademia Chigiana di Siena, Luca Cianfoni dell’Archivio Storico del Conservatorio di musica Santa Cecilia
di Roma, Marcello Ciliberto e Cecilia Nanni dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, la prof.ssa Benedetta Saglietti del Conservatorio di musica G. Verdi
di Como e Terenzio Sacchi Lodispoto che hanno fornito informazioni circa la fruibilità o concesso liberatoria alla pubblicazione delle foto contenute in questo volume.
Grazie ai dottori Michele Di Sivo e Claudia Borgia della Sovrintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana che hanno autorizzato la consultazione dei documenti d’archivio.
Ringrazio Laura Maccanti della Fondazione Accademia Filarmonica di Bologna per la sua opera di intermediazione.
Infine un ringraziamento è diretto alla redazione de La Stampa di Torino e ad Alberto Mattioli che hanno concesso la pubblicazione dell’articolo riportato in appendice.
A Fulvia
All’inizio fu una semplice visita di cortesia. L’amico Cristiano Ostinelli di Ricordi mi aveva segnalato che Fulvia, la figlia di Alfredo Casella, viveva a Losanna dove mi ero trasferito con la famiglia da pochi mesi: era l’estate del 2010 e la casa discografica Chandos aveva appena pubblicato il primo volume dell’integrale sinfonica che Gianandrea Noseda dedicava ad Alfredo Casella, con la sua
BBC Philharmonic. Decisi di andare a trovarla e portarle una copia del CD fresco di stampa. Fulvia abitava in un modesto appartamento nella periferia di Losanna, nella zona della Blécherette, accanto al piccolo aeroporto turistico e mi stupì la semplicità dell’alloggio, sorprendente per una signora di quel rango: il primo incontro non fu particolarmente cordiale, si risolse in un breve colloquio alla fine del quale mi chiese di ritornare una volta che avessi avuto un’idea più chiara di chi fosse stato Alfredo Casella. Dovetti convenire che aveva ragione e che, al di là della forte impressione che l’ascolto della seconda sinfonia mi aveva provocato – in particolare il fulminante Allegro molto vivace con il quale si apre il suo secondo movimento –, assai poco sapevo della vita e delle opere del padre di Fulvia. Mi ripromisi di tornare con il secondo volume della raccolta caselliana di Noseda con una preparazione ben più solida e fu in effetti l’inizio di una frequentazione che doveva terminare con la morte di Fulvia. Con gli anni crebbe il reciproco affetto tra un cinquantenne in perenne movimento e una ultraottantenne (Fulvia era nata nel 1928), piena di vivacità intellettuale come di inattese tenerezze quasi materne.
Alfredo Casella con la figlia Fulvia.
Archivio privato di Fulvia Casella
Figlia unica di Alfredo e di Yvonne Müller – erede di una ricca famiglia ebrea francese proprietaria delle omonime cartiere –, Fulvia crebbe soffrendo molto la solitudine alla quale gli impegni del padre e la devozione della madre al marito la costringevano: con un misto di tenerezza e malinconia mi parlava a lungo della sua tata
di Montepulciano, inveterata comunista, che le aveva insegnato da bambina a cantare Bandiera Rossa
; proprio a lei che viveva in una casa dove i più alti dirigenti del Partito Fascista – a partire da Giuseppe Bottai – erano ospiti regolari. Per lei il padre, che pure era affettuosissimo (e che alla figlia aveva dedicato il rifacimento dei suoi Pupazzetti
per pianoforte del 1915, sviluppati nel balletto La camera dei disegni, balletto per Fulvia
del 1940) restò sempre un eroe lontano, sottratto troppo presto al suo amore di figlia unica da un tumore incurabile nel 1947, quando Fulvia aveva solo 19 anni. Quasi per dispetto e contro il volere della madre, decise allora di sposare l’anno successivo un giovane avvocato, di pochi anni più vecchio di lei e figlio di un eroe della Prima guerra mondiale, quell’Aurelio Nicolodi che – dopo essere rimasto cieco a seguito delle ferite di guerra – avrebbe fondato nel 1920 l’Unione italiana ciechi, della quale divenne il primo presidente. Fulvia fu una delle prime donne in Italia a laurearsi in Filosofia, con una tesi sui Presocratici, sebbene poi di quella laurea non fece nulla, come usava dire rammaricandosene non poco durante i nostri colloqui, per dedicare tutta la vita alla famiglia e ai suoi quattro figli: Daria (attrice e scrittrice, moglie di Dario Argento e madre di Asia), Fiamma (musicologa di fama internazionale e grande studiosa della musica italiana del Novecento), Aurelio (al quale Fulvia era legatissima, morto giovanissimo a causa di una grave malattia degenerativa, e ragione del suo esilio
a Losanna) e infine Lucio, di molto più giovane degli altri e quasi una tarda ricompensa per una madre devastata dalla morte di quello che era l’unico figlio maschio.
Imparai ad apprezzare la grande semplicità ricca di umanità di Fulvia nel corso di pranzi domenicali – avevo preso l’abitudine di invitare Fulvia a casa mia quando gli impegni di lavoro non mi tenevano lontano da Losanna – insieme alle mie figlie Anastasia e Caterina, che osservavano con curiosità e spesso con sorpresa quell’anziana signora che usava presentarsi in jeans e scarpe da tennis, a volte sfoggiando con fare civettuolo giubbotti da motocicletta sportiva, insomma tutto quanto non ti saresti mai aspettato da una signora di quell’età. Ancora più spesso, appena potevo, le rendevo visita nel suo umile appartamento alla Blécherette, dove mi accoglieva sempre festosamente, circondata con la più grande naturalezza da una collezione di opere d’arte preziosissime, dal ritratto di Alfredo Casella di De Chirico (meno famoso di quello di Casorati, che era conservato nell’appartamento romano dei Casella, ma straordinariamente vivo), ai quadri di Carrà, Casorati, Balla fino a un rarissimo arazzo di Fortunato Depero… Per non parlare delle foto con dedica, il gotha della musica internazionale del tempo di Casella, da Gustav Mahler a Richard Strauss, da Claude Debussy a Maurice Ravel (suo compagno di avventure a quattro mani), da Rimskij-Korsakov a Igor Stravinsky, da Arnold Schoenberg a Manuel De Falla. Emozionante a dir poco…
Con Fulvia ebbi la fortuna di compiere due viaggi memorabili: il primo a Milano, nell’ottobre 2014, in occasione della prima esecuzione della Seconda sinfonia di Alfredo Casella al Teatro alla Scala per la direzione di Gianandrea Noseda: emozionatissima, Fulvia sedeva in palco reale con una compostezza e una nobiltà che riflettevano tutto il suo senso di responsabilità nel rappresentare la famiglia per quel tardo omaggio al genio del padre. Il secondo a Torino, per il Festival Casella dell’aprile 2016, quando Fulvia volle presenziare a tutti i numerosissimi eventi della rassegna e si rivelò una vera protagonista, sfoggiando una vitalità fisica e intellettuale impensabile per una signora di 88 anni. Ne resta acuta testimonianza la bellissima intervista di Alberto Mattioli, apparsa su La Stampa il 12 aprile, dal significativo titolo: Da noi Casella ogni giorno c’era il Novecento
Di Alfredo Casella resta per me indelebile l’incrollabile ottimismo, che per Fulvia era il tratto distintivo di un uomo che aveva dedicato tutta la sua vita, letteralmente fino all’ultimo giorno, alla musica: straziante testimonianza ne fu il concerto all’Accademia Filarmonica Romana nel quale Alfredo Casella, ormai consumato dal tumore che l’avrebbe portato via pochi giorni dopo, si offrì di accompagnare la soprano solista dopo che il pianista era stato costretto a cancellare