Il mondo di Mozart tra arte e vita
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Anteprima del libro
Il mondo di Mozart tra arte e vita - Luigi Nicolini
Vita e opera scorrono come in un film
di Renzo Cresti
Conoscenza di tutti gli stili
Non era facile scrivere un nuovo libro su Mozart, Autore che già possiede una sterminata bibliografia. Luigi Nicolini è riuscito a realizzare un’inedita biografia che precisa molti aspetti della vita del divino compositore, correggendo anche alcune imperfezioni e luoghi comuni che si sono tramandati negli scritti su Mozart. Raccontata con grande naturalezza e semplicità, ma anche in maniera dettagliata e documentata, la vita del grande Musicista si concretizza in immagini vive, scorre come un film o un documentario, toccando gli aspetti privati e quelli pubblici della vita musicale.
Vita e opera corrono su due piani paralleli e intersecanti; così, seguendo l’evolversi dei fatti si precisa anche il percorso musicale e, viceversa, l’articolazione degli aspetti compositivi rimanda costantemente al quadro biografico, sociale e storico. I rapporti sono colti con occhio vigile, da un appassionato, quale Nicolini è, che sa far vibrare la narrazione con forti momenti di pathos, ma il narrare è, contemporaneamente, lucido e rispettoso della verità storica.
La vicenda umana di Wolfgang Amadeus Mozart è contrassegnata dai contrasti: fanciullo prodigio, educato dal padre Leopold, buon musicista, ma genitore severo e conservatore, avvezzo a trionfare giovanissimo presso le corti e gli ambienti aristocratici di tutta Europa (durante gli stressanti viaggi giovanili in Italia, 1769-1771 e 1772-1773, a Vienna, Monaco, Parigi, 1763-1766 e 1778, viaggi che ne minano la salute), conosce una precoce maturità artistica, non accompagnata dal consenso dei contemporanei che, se avevano applaudito entusiasti al fanciullo prodigio, sorridendo alle sue prime prove compositive, non sono disposti ad accogliere il linguaggio ardito e impegnativo del Mozart adulto, troppo avanzato rispetto alla disponibilità verso la complessità del pubblico del tempo. Ha inizio quello scollamento, fra l’evoluzione delle forme e dei linguaggi e i gusti del pubblico che, da Beethoven in avanti, diverrà sempre più profondo e non sarà più colmato, anzi si accentuerà, drammaticamente, durante il Novecento.
Tutta la produzione mozartiana, ad esclusione forse solo delle primissime prove (del resto scritte nell’infanzia, ma è noto che la precocità mozartiana anticipa di dieci anni almeno lo sviluppo di una persona normale), presenta il segno della straordinaria capacità assimilatrice: la precoce conoscenza di tutto ciò che si realizza nell’Europa musicale del tempo, unita alla sicura scelta di ciò che è tecnicamente più avanzato, sono alla base del personalissimo linguaggio mozartiano. Vi si riconoscono elementi dello Stile galante, spunti pre-romantici, approfondimento della tecnica dell’elaborazione tematica, piena padronanza del principio dialettico, accoglimento di procedimenti contrappuntistici, per una intensificazione dell’articolazione tematica, e padronanza di tutte le forme di teatro musicale (Opere serie e buffe italiane, teatro popolare tedesco, strumentazione gluckiana). Fra tutto questo materiale il rischio di perdere il filo era notevole, ma Nicolini riesce sempre a districarsi tenendo ferma una narrazione agevole, scorrevole e pregevole, alternando il racconto della vita alle riflessioni sulle opere.
Le distinzioni tra generi musicali scompaiono sotto la bruciante scrittura mozartiana, procedimenti e risorse della Sinfonia, del Concerto, dell’Opera si mescolano indissolubilmente, sottoposti a una continua elaborazione che li spinge ad un limite ultimo di tensione, oltre il quale è inevitabile la rottura (puntualmente attuata da Beethoven).
Organista, violinista, pianista
Già in una delle prime pagine dello scritto di Nicolini scopriamo cose interessanti, come quando ci dice che nelle Sonate per violino e pianoforte vi era segnato l’accompagnamento del violino ad libitum e che il momento più importante per il violino (o il flauto) era costituito dall’accompagnare i temi principali una terza sotto
. È probabile che il giovane Mozart inizi a organizzare in modo più personale le sue Sonate per pianoforte e violino dopo aver visto quelle di Joseph Schuster, alternando i due strumenti, come ci dice il titolo dei Duetti di pianoforte e violino, un dialogo che diventa sempre più stretto fino a dar vita alla vera forma della Sonata concertante per violino e pianoforte, che farà da viatico ai successivi Trii e Quartetti.
Nel perfezionamento dello stile mozartiano un ruolo importante è svolto dalla produzione di Christoph Wegenseil, compositore alla Corte imperiale di Vienna, conosciuto fin dal 1764. È probabile che proprio a Vienna, Mozart abbia conosciuto Haydn, al quale è senz’altro debitore dell’uso di alcuni strumenti in orchestra, come i fiati e soprattutto l’oboe, ma per alcuni strumenti, come il clarinetto, il trombone, il corno di bassetto e il timpano, è Mozart il primo a renderli indipendenti, instradandoli verso il repertorio moderno. Nicolini è un esperto di orchestrazione, tanto da aver scritto, nel 2002, sempre per le Edizioni Rugginenti, un prontuario di strumentazione, intitolato I colori dell’orchestra. E questa competenza si avverte.
Interessante è anche la sottolineatura del fatto che Mozart si sia presentato non solo come pianista e violinista, ma anche come organista. Aveva imparato a suonare l’organo nel Duomo di Salisburgo e ancora nel 1777, in una lettera al padre opportunamente riportata da Nicolini si legge: l’organo è la mia passione /…/ è per i miei occhi e le mie orecchie il re degli strumenti
. Purtroppo Mozart non mise mai sulla carta le improvvisazioni che realizzava all’organo e i lavori per organo meccanico o a rulli, scritti negli ultimi due anni di vita, non rendono giustizia della frequentazione e della bravura che il Compositore aveva sull’organo. Mozart eseguiva sempre a memoria, non aveva quindi la necessità di annotare i brani, a meno che non prevedessero l’uso di altri strumenti, in questo caso doveva scrivere le parti per gli altri interpreti. Nicolini ricorda il caso della prima Sonata, composta all’età di 9 anni, per essere eseguita assieme alla sorella.
Se allo studio del violino fu introdotto dal padre, in quello del pianoforte Mozart fu un autodidatta. Data la straordinaria natura musicale non fu certo difficile per il fanciullo Mozart raggiungere vette eccelse nell’esecuzione pianistica, anche se a stare ad alcune sue dichiarazioni, lo strumento fu sempre in secondo piano rispetto alla composizione: io sono compositore
– scrive orgogliosamente al padre nel 1778 – preferirei trascurare il pianoforte che la composizione. Poiché il pianoforte è per me un accessorio
.
Il pianismo di Mozart resta legato allo stile clavicembalisti-co almeno fino al 1777, anno in cui scopre gli strumenti Stein: prima di aver veduto i pianoforti Stein, i pianoforti di Spaeth erano i miei preferiti
– scrive Mozart – ora però devo dare la preferenza a quelli di Stein perché smorzano meglio
. Non deve quindi sorprendere che la mamma di Mozart, alla fine del 1777, scrive da Mannheim al marito, il quale era a Salisburgo, che ora Mozart suona in modo del tutto diverso da quello che faceva a Salisburgo, perché qui ci sono pianoforti su cui suonare straordinariamente bene
.
Interessante è ciò che dice Nicolini, quando racconta della raccolta, antecedente della letteratura pianistica, delle 12 Sonate da Cimbalo di piano e forte, detto volgarmente di martelletti di Lodovico Giuntini, musicista pistoiese che pubblica la raccolta nel 1732. Bisogna però attendere ben 30 anni per avere un’altra composizione dedicata al pianoforte, quella del musicista tedesco residente a Parigi, Gottfried Eckard, Sonate op. 1 del 1763. Parigi non si rivela una città ricca di composizioni pianistiche (si può citare il Caprice ou ètude di Cherubini del 1789), la musica pianistica si sviluppa soprattutto a Londra (grazie a Clementi) e a Vienna, con Mozart (che si dedica anche alla musica pianistica a 4 mani e al Concerto per pianoforte e orchestra). L’avvicinamento di Haydn al pianoforte è invece tardivo, risale al 1788, e si inserisce fra l’ultima Sonata di Mozart (1789) e la prima di Beethoven (1796). La Vienna del primo 1800 assiste alla straordinaria produzione di Beethoven, fino alle visionarie ultime Sonate, e a quella intimistica di Schubert, ma vede anche la grande scuola di Carl Czerny che lascia un’imponente e ancora oggi fondamentale quantità di opere didattiche.
Muzio Clementi, dopo aver studiato a Roma, sua città natale, nel 1778 si trasferisce a Londra, dove si dedicherà all’attività editoriale e aprirà una fabbrica di pianoforti. Nelle sue Sonate adotta una scrittura moderna, tipicamente pianistica, che avrà non poco peso sullo stile beethoveniano perpetuandosi a lungo nel 1800. Si deve alla sua indagine l’individuazione di tipici procedimenti pianistici, quali lo sfruttamento del volume sonoro (tecnica degli accordi), l’esaltazione del timbro attraverso l’uso di ottave spezzate, terze e seste ribattute, la contrapposizione di zone lontane della tastiera. I giudizi di Mozart su Clementi sono negativi, i due suonano insieme il 24 dicembre 1781, il 16 gennaio dell’anno successivo, il giovane Maestro austriaco scrive: Clementi è un bravo cembalista, e con ciò è tutto. Ha molta speditezza nella mano destra, i suoi passaggi favoriti sono le terze. Per il resto non ha un briciolo di gusto e di sentimento
. Il 7 giugno del 1783, Mozart ribadisce il giudizio negativo, estendendolo a tutti gli italiani: Clementi è un ciarlatano, come del resto tutti gli stranieri (italiani, N.d.A.)
. Però il pianismo di Mozart, dopo la conoscenza di quello di Clementi muta e diventa più sicuro (l’uso delle terze e seste viene ripreso proprio da Clementi).
Il basso continuo sparisce progressivamente durante il 1700, Mozart usa il pianoforte per dare più peso alle parti armoniche mediane. I primi 4 Concerti K 37, 39, 40 e 41 contengono passi con il Basso continuo scritto da Mozart stesso. Nei Concerti K 238, 246 e 271, che dal punto di vista stilistico costituiscono un unico blocco, contengono indicazioni di numeri per il continuo, anche se non scritti dallo stesso Mozart, ma probabilmente dal padre. Anche i Concerti K 413, 414 e 415 sono cifrati, forse dallo stesso Mozart. Per i Concerti che seguono il K 415 non abbiamo materiale storico che ci documenti il continuo, ma molto probabilmente lo si eseguiva (da ricordare che era lo stesso Mozart l’interprete delle proprie composizioni).
Indubbiamente il padre fu la sua guida musicale dell’infanzia (vada il lettore a vedere le belle pagine che Nicolini scrive sul rapporto padre-figlio), ma non fu la sola guida che il giovane Wolfang ebbe; infatti, oltre ai ricordati Schuster e Wegenseil, decisiva fu la frequentazione di padre Martini, dal quale Wolfgang prese lezioni di contrappunto che gli saranno molto utili successivamente. L’autonomia dall’influenza paterna e dal mondo musicale che Leopold rappresentava, avviene con il Concerto in re K 175, il primo vero Concerto per pianoforte e orchestra, e soprattutto con la Sinfonia in do K 200, che infatti il padre non capì.
Salisburgo e Vienna
Salisburgo era una piccola città, poco viva dal punto di vista culturale, come lamenta Mozart, in una lettera del 1778 all’abate Bullinger, riportata da Nicolini: a Salisburgo i musicisti professionisti vi godono ben poca considerazione e, in secondo luogo, non c’è alcuna vita intellettuale: niente teatro, niente opera, ed anche se ci fosse, chi ci potrebbe cantare?
Eppure a Salisburgo vengono composte le Sei Sonate per pianoforte a due mani K 279/284, sulle quali Nicolini fa alcune considerazioni stimolanti. Il discorso sulle Sonate giovanili è da collegarsi a quelle delle maturità, iniziando da quelle con il numero d’opera K 309 e K 311, dove l’equilibrio delle mani è assoluto, parificando la sinistra alla destra: nel primo tempo della K 309, nella Ripresa, il secondo tema è affidato alla mano sinistra con accompagnamento della destra e così avviene anche nel Rondò della K 311.
Anche Mozart, come Haydn, presta a lungo servizio presso un principe, l’Arcivescovo di Salisburgo, ma il suo rapporto con l’autorità è difficile, contrassegnato dall’ottusità del signore, contro la quale si scontra il bisogno di libertà del giovane Compositore: la consapevolezza del proprio valore, come persona e come musicista, è sempre presente nei comportamenti mozartiani, attentissimo osservatore della realtà circostante, inflessibile verso se stesso, ma anche esigente verso gli altri, soprattutto quando si tratta del suo lavoro di musicista.
Il giovane Mozart, all’età di 11 anni, aveva già lavorato per l’Arcivescovo di Salisburgo, componendo un Oratorio e delle Cantate, era l’anno 1767. Negli anni seguenti Mozart lavora prevalentemente a Vienna, dove ascolta l’Alceste di Gluck e studia a fondo lo stile dei due fratelli Haydn. Compie poi un viaggio in Italia, dove prende lezioni da padre Martini a Bologna, mentre a Firenze incontra Nardini e a Milano Sammartini e Piccinni, tutti contatti e conoscenze che contribuiranno allo stile maturo di Mozart.
Nel 1772 era diventato Arcivescovo di Salisburgo Colloredo, un convinto liturgista che mal sopporta le libertà stilistiche delle forme sacre. Le Messe brevi e i vari Kyrie di Mozart, lavori scritti per la Corte arcivescovile, paiono a Colloredo troppo lunghi e poco adatti alla funzionalità della Liturgia, da qui nasce il contrasto fra i due. Mozart, esprimendo un moto di insofferenza nei confronti dell’autorità del suo datore di lavoro, scrive al padre da Vienna, in data 9 maggio 1781, raccontandogli come sia stato mal trattato dall’Arcivescovo di Salisburgo e come se ne sia allontanato: sono ancora tutto pieno di bile! /…/ per il servizio di Salisburgo; già due volte quel… non so davvero come chiamarlo, mi ha detto in faccia le più grandi sciocchezze /…/ feci in fretta il baule /…/ mi disse straccione, monellaccio, fesso. E io dissi:
sua grazia non è contento di me?
Senti senti, vuol minacciare quel fesso! Ecco la porta! Non voglio più avere a che fare con un miserabile simile! E io risposi:
neanch’io con lei!". Mozart percepisce il cambiamento sociale in atto, anche se non ne è pienamente consapevole, come lo sarà Beethoven. Il passaggio dalla vecchia nobiltà alla nuova borghesia crea non pochi problemi ai compositori che si dedicano alla musica strumentale, perché solo con l’Opera si riesce a essere indipendenti e a vivere bene (Mozart ne scrive di straordinarie, e anche all’epoca se ne capisce il valore, però non godono dei favori di un pubblico troppo attaccato a quelle convenzioni musicali e teatrali che Mozart supera). Mozart muore in miseria, ma anche Schubert, Beethoven e altri, è solo con il pieno Romanticismo che le cose cambieranno, con l’apertura di nuove sale da concerto e con una maggiore diffusione della musica strumentale.
La rottura con l’Arcivescovo di Salisburgo fu un dramma che colpì più il padre Leopold, da sempre ossequiente verso i potenti, che il figlio Wolfgang, il quale, ben lontano dal pentirsi, respirava con grande sollievo l’aria della libertà da un giogo divenuto per lui del tutto insopportabile
, così giustamente osserva Nicolini, aggiungendo che il gesto fu determinato anche dalla speranza (che nutrirà invano per tutta la vita) di poter entrare stabilmente al servizio dell’Imperatore d’Austria
. Non tutti i mali vengono per nuocere, anche se l’economia domestica di Mozart ne risentirà negativamente; l’allontanamento dall’Arcivescovo è una tappa saliente dell’intera Storia della musica, indice di quella prima ricerca d’indipendenza che verrà realizzata da Beethoven in avanti.
Il rapporto di Wolfgang con il padre sono ben descritti da Nicolini, sia a livello biografico sia psicologico. Leopold rappresenta la legge, la tradizione, la coscienza rigorosa, spesso in contrasto con la voglia di libertà e d’innovazione che Wolfgang aveva, non a caso si è spesso voluto vedere nel personaggio del Commendatore del Don Giovanni la rappresentazione (più o meno consapevole) del padre e nel protagonista libertino le aspirazioni proto romantiche di Wolfgang, con l’anticipazione del tema arte/vita e di quello libertà=sofferenza. Certo questa inquietudine era del tutto estranea a Leopold ed è forse questa la causa primaria, al di qua delle differenze generazionali e caratteriali, che allontanò sempre il figlio dal padre e viceversa, pur nella stima e nell’affetto reciproco. Sulla storia della misera eredità di Leopold, eredità che causò la rottura dei rapporti con la sorella Maria Anna, Nicolini si sofferma raccontandoci aspetti non a tutti noti.
Interessante è il racconto degli spostamenti che Nicolini segue con precisione e passione: dopo Salisburgo Mozart corre a Vienna, dove già aveva ottenuto lusinghieri successi come pianista e come compositore, e dove spera di compiere una fortunata carriera. La condizione di libero professionista non porta fortuna a Mozart, poco atto a sfruttare le occasioni che gli si offrono, ma ancor meno ad accondiscendere al desiderio di quiete della società viennese, attratta dal facile melodismo di matrice italiana, numerosi infatti sono gli italiani che trionfano a Vienna: da Clementi a Salieri. La libertà compositiva del musicista si scontra, forse per la prima volta in modo evidente, con le ragioni del mercato, governato dagli interessi degli editori e dai gusti del pubblico: nella produzione di Mozart si possono distinguere, da un certo periodo in poi, lavori composti su commissione, di squisita fattura, ma privi di quello slancio inconfondibile che caratterizza invece la produzione in cui il Compositore si sente più direttamente coinvolto; tuttavia lo scrivere musica è ancora, per Mozart, un fatto di tecnica e di stile, perseguito con lucidità e partecipazione, ma senza che ragioni contingenti vengano a turbare l’equilibrio e la perfezione della scrittura, che infatti non lascia trapelare drammi personali, nemmeno nelle opere scritte negli anni più difficili, come il periodo 1787-89 (morte del padre, difficoltà economiche, isolamento): la tensione si realizza in termini puramente musicali, di dialettica del materiale, trovando sempre un punto di compensazione ed equilibrio (l’utilizzo dei simboli musicali è l’unica possibile spia per penetrare all’interno del rapporto arte/vita).
Vienna è uno dei centri europei più vivaci, per l’atmosfera cosmopolita che vi si respira, per lo slancio di una solida borghesia e per il mecenatismo illuminato dell’aristocrazia. Vari generi teatrali sono contemporaneamente a confronto, dall’Opera seria e buffa italiana, che vi gode persistente favore e che richiama letterati e musicisti al teatro francese e al balletto (il nostro Angiolini collabora con Gluck). Celebre è il Teatro delle marionette, che presenta spettacoli su dei carrozzoni, ma vi è anche un teatro di marionette stabile, situato di fronte all’Opéra; lo stesso principe Esterhazy (negli anni in cui ospita Haydn) si fa costruire un teatro delle marionette nelle sua reggia. Il Singspiel è una forma di teatro che alterna recitazione e canto, favorita dalle classi meno colte per gli argomenti popolari e favolistica, difatti viene rappresentato nei teatri minori, almeno fino alla seconda metà del 1700, quando, da Haydn in avanti, verrà nobilitato e Mozart scriverà dei capolavori. Accanto a tutto questo, importanza notevole avrà per Mozart la cosiddetta riforma di Gluck
, è così che Opera italiana e Singspiel, influenze francesi (Melologo e balletto) e gluckiane, assieme alla tradizione strumentale, vanno a costituire un unicum assolutamente eccezionale che Mozart, grazie alle sue naturali doti di assimilatore, riesce a padroneggiare con istintiva leggerezza.
Le riflessioni sul pianismo mozartiano costituiscono il filo rosso del discorso che Nicolini svolge, ed è naturale che il pianoforte abbia un occhio critico di riguardo, in quanto è pure lo strumento di Nicolini, pianista di doti stra-ordinarie, letteralmente fuori dal comune, avendo una lettura a prima vista e un senso dell’improvvisazione oggi molto rari, almeno nell’ambito della musica colta (ma Nicolini ha assimilato fin da piccolo lo stile jazzistico appreso dal padre eccellente musicista), inoltre Nicolini sostanzia il suo modo di suonare con una cultura profonda che va ben al di là della conoscenza del solo repertorio relativo allo strumento, una cultura – come ben dimostrano anche i suoi libri – che si trasforma in suono (anche l’ascoltatore meno attento percepisce subito chi suona muovendo solo le mani e chi lo fa anche con la testa). Infine non dimentichiamo che Nicolini è anche compositore ed eccellente arrangiatore, non a caso è molto ricercato, come dimostrano, fra l’altro, le sue innumerevoli trasmissioni televisive e i molti CD che ha realizzato (l’ultimo, in cui Nicolini è solista al pianoforte, s’intitola Al piano… forte emozione, edito nel 2005 dalla G.M.F. di Milano).
Sullo splendido Rondò in la minore per pianoforte K 511 Nicolini si sofferma giustamente: "in questo brano, pieno di tristi riflessioni e tristi presentimenti, come dimostra la reiterata apparizione del simbolo del dolore, l’Autore, più ancora che nell’Andante della Sonata in fa a quattro mani, precorre i tempi, anticipando la tematica, l’atmosfera e perfino certi andamenti dei grandi romantici, da Schumann a Chopin". Sull’importanza dei simboli in musica, Nicolini è stato il primo a ripresentare questa problematica che tanta importanza ha per Mozart, nel suo libro Il simbolo del dolore in Mozart (ancora per Rugginenti, 2004).
Nicolini svolge riflessioni importanti anche su elementi tecnici, come sul segno dell’appoggiatura, sull’uso del pedale, sulle indicazioni dinamiche e su molti altri aspetti che vanno a formare non solo il pianismo mozartiano, ma lo stile stesso della sua musica. Succose pagine riguardano anche l’Opera, le vicissitudini biografiche relative alla loro stesura, gli esiti e le opinioni, come questa: ogni nazione ha la sua opera: perché noi tedeschi non dovremmo avercela? Non si può forse cantare in tedesco come in francese o in inglese? O non è forse più cantabile del russo? Ebbene io scrivo ora un’opera tedesca per me
. L’ambiente di Vienna era senz’altro ideale per considerazioni simili.
Una notizia rara che non si trova spesso in altre biografie e che Nicolini ci dice è che Mozart aveva voglia di scrivere un libro, una piccola critica con esempi, ma non sotto il mio nome
. In effetti, nel 1784, Mozart aveva scritto un libro di tecnica musicale, il cui manoscritto si trova alla Biblioteca di Vienna. Cosa invece risaputa è che, nello stesso 1784, Mozart entra a far parte della Massoneria; Nicolini svolge delle riflessioni sul perché il Musicista decida di far parte della Loggia massonica: "probabilmente furono tre i motivi che spinsero Mozart a compiere questo passo: primo, il fatto di entrare a far parte dell’élite viennese che, con le debite eccezioni, si identificava in coloro che venivano accolti in quella Società segreta
; secondo, il desiderio di mettere in pratica il suo innato senso di fratellanza e di uguaglianza sul piano umano e la Massoneria rappresentava un buon mezzo per soddisfare, almeno in parte, questa necessità del suo spirito; terzo, la consapevolezza che diventare massoni non significava voltare le spalle alla Chiesa".
Gustose le pagine che Nicolini concede al rapporto di Volfang e Amedeo Mozartone (così si firmava) con la cugina, lettere fin troppo famose per la volgarità giocherellona. Altri amori di Wolfgang sono gustosamente narrati da Nicolini, con leggerezza e un tocco di ironia, e anche con fine indagine psicologica: il Maestro rimase sempre innamorato della sorella di sua moglie, Aloysia, e tuttavia il sentimento nutrito per la sua sposa era sincero e destinato ad aumentare nel corso degli anni. Fisicamente Wolfgang tradì più volte Kostanze, ad esempio con Josephine Duschek, con Nancy Storace, con Magdalena Hofdemel o con Anna Gottlieb, ma intimamente non la tradì mai
.
Apollineo o dionisiaco?
Davvero succose, oltre i fatti biografici, le considerazioni sulla musica (non si dimentichi che Nicolini è pianista e compositore): nella forma sinfonica Mozart accentua il senso di massa sonora e il discorso musicale si fa di ampio respiro, in grado di caricarsi di tensioni drammatiche che sfiorano i toni cupi del primo Romanticismo (come la Sinfonia in sol minore K 550) o la complessità dialettica accentuata da una forma che si fa monumentale grazie all’impiego del fugato, come nella Sinfonia K 551 "Jupiter", che porta a compimento un percorso tanto rapido quanto perfetto (il titolo della Sinfonia è da attribuire all’impresario Solomon, lo stesso che chiama Haydn a Londra). Nello stesso anno della Jupiter, Mozart compone anche le Sinfonie nn. 39 e 40, altri capolavori. Se anche Quartetti e Quintetti portano evidente il marchio dell’approfondimento mozartiano, la ricerca di Mozart si rivela determinante nella scrittura pianistica (non volta alla scoperta della massa sonora, come in Clementi, ma della cantabilità: importanti le circa 30 Sonate e soprattutto le intense Fantasie) e nell’invenzione del moderno Concerto per pianoforte, dove lo strumento assume, per la prima volta, autorità di guida ed arbitro del discorso musicale, in una inesauribile varietà di situazioni strumentali. Limpido è il Concerto K 482 da lui stesso interpretato più volte. Straordinario è il Concerto per clarinetto K 622, l’ultimo dei Concerti di Mozart e scritto poco prima della morte, va accostato al Quintetto K 581 per clarinetto e archi (venne sollecitato dal clarinettista Anton Stadler). Vanno anche considerate le composizioni varie, come le Serenate fra le quali la bellissima Eine kleine Nachtmusik (1787).
Si leggano con attenzione le pagine relative all’attività teatrale di Mozart; infatti il punto d’arrivo della creatività mozartiana è proprio il teatro, per ammissione anche dello stesso compositore, che al teatro d’Opera dedica continue osservazioni e giudizi. Nel quadro dell’ampio dibattito tardo settecentesco sull’Opera, Mozart persegue senza esitazione una sua precisa linea di condotta, poco interessato a riforme
più o meno intellettualistiche, ma dimostrando un intuito dei caratteri, della situazione scenica e della logica del teatro che trova eguali solo nel tradizionale istinto teatrale dei compositori italiani. Mozart applica all’Opera le risorse tecniche ed espressive di un linguaggio strumentale che già aveva scoperto il dinamismo insito nelle situazioni musicali e nella dialettica. Il suo teatro è concepito come campo in cui personaggi ed eventi si scontrano ed interagiscono, precisando via via la propria personalità; il dinamismo, tanto delle situazioni quanto della musica, ne è il tratto inconfondibile. I tre viaggi giovanili in Italia non erano stati fatti solo per osservare da vicino gli allestimenti delle Opere, ma anche per studiare contrappunto con Padre Martini, e i due aspetti si fondono costantemente, infatti l’influenza dell’Opera