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Il portale dei ricordi
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E-book381 pagine5 ore

Il portale dei ricordi

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Info su questo ebook

Sandra non è una ragazza come le altre. Discendente della famiglia di streghe e stregoni più forte e antica d’Italia, avrà il compito di riportare la serenità – da decenni messa a repentaglio da Malik e la sua brama di potere – nel mondo magico.
Di tutto questo Sandra, timida e piena di sogni, è ignara, così come è ignara di essere una strega.
Affascinata fin da piccola dalla fotografia e dal misterioso lavoro di sua nonna Lea, al suo sedicesimo compleanno Sandra, dopo aver ricevuto in regalo dalla nonna la piccola gattina Joy, s’incammina per le vie vicino a casa con la preziosa Polaroid di Lea, per scattare qualche foto. Quegli scatti racchiudono molto più che un semplice ricordo e una sagoma, dietro a un uomo, le aprirà la porta verso il mondo della magia.
Niente sarà più come sembra. Niente sarà più come prima.
LinguaItaliano
Data di uscita30 apr 2021
ISBN9788863586572
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    Anteprima del libro

    Il portale dei ricordi - Gaia Ceccatelli

    Capitolo 1

    Lea aveva mantenuto la promessa di scrivere a Sandra ogni settimana, tenendosi così aggiornate sulle loro vite. Inizialmente spediva le lettere a Beatrice, finché Isabella non lo scoprì fortuitamente un giorno mentre stava tornando a casa. Non solo si inquietò con Sandra ma anche con Lea: le telefonò ordinandole di smettere. Decisero comunque di continuare nello scambio epistolare ma per tutelarsi cambiarono destinatario: il prescelto fu Jacopo, che abitando più distante permetteva di non rischiare un’altra volta di essere beccate. Le mail certo sarebbero state più comode, questo Sandra lo sapeva, ma sua nonna ne era totalmente contraria, come del resto lo era per la tecnologia in generale.

    Un altro motivo per non utilizzare le mail era il fatto che Isabella sapeva tutte le password di sua figlia. Ogni volta che lei cercava di cambiarle l’altra le scopriva, proprio come una hacker professionista.

    Nascoste sotto al letto, dentro a una scatola chiuse con il lucchetto, le lettere erano quindi ben al sicuro da occhi indiscreti.

    Da quando Lea si era trasferita, tre anni prima, le cose erano ben diverse e Sandra non era più la stessa. La luce che Lea portava in casa con la sua solarità e vivacità si era spenta peggiorando la situazione già triste a seguito della morte di Tommaso e Roberto. Tutto le sembrava monotono e colmo di tensione fra lei e i suoi genitori. Non solo a casa ma anche a scuola non era meglio e il morale stava cadendo a pezzi. Era infatti oggetto di atti di bullismo perché era la tipica nerd che preferiva aver ottimi voti invece di avere una vita sociale piena. I suoi coetanei la definivano il freak della classe per il semplice motivo che era differente. Si divertivano a prendersi gioco di lei ogni mattina e sui social network, rendendole faticoso alzarsi ogni giorno e affrontarli. Le uniche cose che la facevano andare avanti erano la musica, la fotografia, i libri, le lettere e il tempo trascorso con i suoi amici. Cose che le tenevano la mente occupata ed erano le ali che le permettevano di fuggire nel suo mondo dove nessuno le poteva far del male.

    Questo incubo per fortuna si concluse dopo l’esame orale di maturità. Un peso in meno che doveva portare sulle spalle. Ora le rimaneva da sopportare sua madre, la mancanza della nonna (senza escludere suo fratello e suo nonno) e le paralisi del sonno che ultimamente stavano peggiorando.

    Infatti aveva iniziato a soffrirne dopo poco che Lea si era trasferita: in principio accadevano con una frequenza bassa, poi a giorni alterni, rendendo il suo riposo scarso.

    Ma nessun episodio fu come quello di una mattina di luglio: sentì una forte pressione su quasi tutto il suo corpo, talmente forte che si svegliò o almeno lo credeva. Non riusciva né a muoversi né a parlare e sentì un odore di marcio nauseabondo che invadeva la stanza come se ci fosse qualcosa in stato di putrefazione. Le sembrava anche di avvertire la presenza di qualcuno ma non riusciva a vedere perché era sdraiata a pancia in giù e l’unica cosa che vedeva era il comodino di fianco al letto dove c’era la sveglia che non segnava più l’ora, con il display vuoto che lampeggiava. Più cercava di muoversi e più la pressione aumentava. Mentre iniziava in lei il panico, il materasso cominciò ad alzarsi e levitare come Regan, la ragazzina in L’esorcista.

    Dopo un po’ che si trovava su quella sorta di materasso volante, sentì una voce rauca e cupa dire: «Non ti lascerò mai sola».

    Il materasso cadde e Sandra si svegliò agitando le braccia, per poi alzarsi di scatto. Una volta preso coraggio si guardò intorno; tutto risultava al suo posto. Il materasso era ben messo, l’odore era sparito e nella stanza c’erano solo lei e Joy che stava ai piedi del letto, osservandola curiosamente. Ogni volta che aveva questi attacchi Joy si trovava sempre vicina a lei, pronta a consolarla. La prese in braccio e accarezzandola iniziò a calmarsi, grazie anche al rumore costante e rilassante delle fusa.

    Nel frattempo iniziò a pensare che non poteva aver vissuto solo un sogno, era troppo vivido e al solo ricordo di quella voce rabbrividì. Non sapeva bene cosa fosse la paralisi del sonno, aveva catalogato le sue esperienze notturne così, rimandando sempre il loro approfondimento. Decise di occuparsene dopo colazione.

    L’orologio ben funzionante segnava le undici e mezza quando Sandra scese le scale per andare in cucina. In casa non c’era nessuno e a ogni rumore sobbalzava leggermente, essendo ancora in tensione. Di solito per riprendersi dallo shock non le ci voleva molto, ma aver sentito quella voce rese ciò più lento e difficile.

    Joy, come sua abitudine, era al suo fianco impaziente di mangiare e mentre le stava dando i suoi snack preferiti la assalì improvvisamente un dubbio. E se fosse stata Joy a parlarle? Era una follia, aveva bisogno di trovare una risposta per stare tranquilla. La voce era maschile quindi la piccola Joy era da escludere, anche se le sarebbe piaciuto avere un gatto parlante. Rise a quel pensiero e continuò a far colazione, con qualche pausa snack a forma di pesce della gattina.

    Dopo aver finito di mangiare tornò in camera sua e accese il computer, che teneva sopra la scrivania, per fare le ricerche sulle paralisi nel sonno. Trovò una pagina in cui le spiegavano in maniera semplice ma efficace, includendo le cause principali: lo stress e la mancanza di riposo. Durante la paralisi avviene una discordanza tra corpo e mente, cioè il corpo rimane nello stato di riposo mentre la mente è attiva. Da quanto riportato nella pagina, si deduceva che quello che aveva sentito potesse essere un’illusione creata proprio dalla sua mente. Ciò non le piacque, perché era convinta di aver vissuto qualcosa di reale; inoltre, ripensando a quello che le aveva detto Lea, riteneva si potesse trattare di uno spirito, e non uno buono. Ovviamente non era certa della loro esistenza. La calma, che era riuscita a raggiungere con la ricerca, a quel pensiero svanì, così decise che sarebbe stato meglio fare una passeggiata sulla spiaggia.

    Era una bella giornata soleggiata, il caldo era sopportabile grazie al vento che ogni tanto rinfrescava. Si tolse le scarpe per sentire il calore della sabbia, che inizialmente scottava il piede ma pian piano che camminava si abituò senza dover correre tra un’ombra all’altra o in acqua. La spiaggia era piena di gente; c’era chi si riposava sdraiato sul telo, chi giocava a carte, chi semplicemente chiacchierava e bambini che giocavano o costruivano castelli di sabbia sulla riva. A Tommaso piaceva costruire castelli che decorava con conchiglie, Sandra era la sua aiutante. Era un bambino speciale e buono con cui lei amava stare. Non stava mai fermo e si divertiva a scherzare e avventurarsi in missioni che prevedevano di trovare oggetti magici come sassi che secondo la sua ampia immaginazione erano fuochi d’artificio che lanciava in aria e quando toccavano terra esplodevano riempiendo l’ambiente di colori.

    Sandra si ricordava bene il giorno in cui i sassi erano diventati magici: era il quinto compleanno di Tommaso e, prima di andare alla festa che gli avevano organizzato i genitori, si misero a giocare nella via davanti a casa, nella quale passavano sempre poche macchine perché era privata e quindi sicura. Stavano giocando a passarsi la palla quando a un tratto lui la tirò distante, vicino alla curva.

    «Oh, guarda Sandra!» disse dopo aver raccolto la palla. Oltre ad essa in una mano aveva dei sassi che le mostrò da più vicino quando la raggiunse. Avevano una forma particolare, diversa dal solito, e per questo secondo Tommaso erano magici.

    «Sono dei fuochi d’artificio che se li lanci fanno BOOM! ed escono i colori».

    Iniziò, così, una vera e propria pioggia di sassi e ogni volta che toccavano il suolo lui riproduceva i suoni dei fuochi per farli sembrare più realistici.

    Il loro divertimento terminò quando per sbaglio ruppe lo specchietto della macchina del loro padre che si trovava vicino a loro. Sandra prese la colpa perché non voleva che rovinassero la giornata a suo fratello.

    Si meravigliava di quanto fosse svelto nel creare cose del genere. Era convinta che sarebbe diventato un grande scrittore, cosa che svanì quattro anni dopo.

    Tra loro c’erano cinque anni di differenza, anni che per loro non contavano nulla. Erano inseparabili, ogni tanto litigavano come è di norma tra fratelli ma non riuscivano a star arrabbiati troppo tempo l’uno con l’altra.

    Oh, you’re the best friend that i ever had.

    (Oh, tu sei il migliore amico che io abbia mai avuto.)

    Grazie al rumore delle onde e all’ambiente solare riacquistò la tranquillità sentendosi leggera e la paura volò via. Si fermò a osservare il mare, era calmo anch’esso e con la luce del sole che rifletteva sulle acque sembrava essere composto da un’infinità di diamanti, un’immagine che lei aveva sempre trovato meravigliosa. I gabbiani di tanto in tanto scendevano verso l’acqua a caccia di uno spuntino. Sandra avrebbe voluto avere anche lei la possibilità, come loro, di volare e andare dove le pareva senza che nessuno le impedisse di essere libera. Rimase lì a osservare ancora per qualche secondo, prima di riprendere il cammino. Più avanti vide un uomo che se ne stava in acqua vestito con un completo nero. Era immobile e rivolto verso il largo, ogni tanto posava le mani sulla testa ed emetteva lamenti come se stesse cercando qualcosa che non trovava o aspettando qualcuno che dovesse sbucare da un momento all’altro. Qualcuno che non sarebbe mai arrivato. Nel momento in cui lei si fermò davanti a lui, rimanendo però fuori dall’acqua, l’uomo si girò e iniziò a fissarla. Sulla pancia aveva un lungo e profondo taglio, i vestiti erano strappati e sporchi, oltre che bagnati. Il suo viso era consumato e spento. Sandra si fece coraggio e gli chiese se avesse bisogno di aiuto. L’uomo non diede alcuna risposta, tranne un sorriso che si formò sul suo volto mostrando i denti neri e marci.

    Non sapendo cosa fare, Sandra decise che era meglio lasciar stare e andarsene, ma venne fermata dal suono di una voce. Non una qualsiasi, era la stessa che aveva sentito la mattina.

    «Non ti lascerò mai sola» disse nuovamente.

    Lei si girò di nuovo verso la direzione da cui proveniva la voce e notò che quel signore stava uscendo lentamente dall’acqua per raggiungerla. Osservandolo, notò che dal taglio non usciva nemmeno una goccia di sangue e sulle mani aveva delle enormi macchie nere. Le uniche gocce che colavano sulla sabbia rendendola scura erano quelle dell’acqua salata del mare.

    «Cosa?»

    «Ora che la tua cara nonnina si è trasferita posso finalmente completare il mio compito. Ma non oggi, mi voglio prima divertire» disse, e rise vittorioso per poi sparire nel nulla.

    Sandra iniziò a tremare come non aveva mia fatto, le sue gambe cedettero e cadde per terra. Capì che non soffriva di paralisi del sonno, era qualcosa di più complesso di cui non capiva la ragione. Di solito quando si scopre di non soffrire di qualche patologia ne siamo sollevati, invece per lei era solo l’inizio di qualcosa di cui non si sarebbe mai scordata.

    Sua nonna cosa aveva a che fare con questo? Che cosa voleva quell’uomo da lei? Domande che le passarono per la testa e a cui voleva trovare risposta.

    Tornò a casa dopo un paio d’ore ma essendo ancora pomeriggio nessuno aveva fatto ritorno a casa. Bevve un bicchiere d’acqua, non appena entrata, per rinfrescarsi e cercare di calmarsi. Nonostante volesse delle risposte aveva paura che queste l’avrebbero tormentata. Dietro a quello spiacevole incontro c’era qualcosa di più che una semplice minaccia, quell’uomo aveva un compito e lei era l’obbiettivo principale. Lea ne era al corrente a quanto sembrava, e con la sua lontananza gli lasciava campo libero. Come prima cosa pensò di nascondersi, ma lo scartò subito perché l’avrebbe trovata comunque. Quindi decise di aspettare e vedere le sue prossime mosse, in base a queste ultime avrebbe capito se era stato soltanto un brutto gioco della sua mente o la realtà. Successivamente avrebbe scritto a Lea in cerca di aiuto.

    Andò a sedersi sul divano in compagnia della piccola Joy, che al rientro l’aveva accolta in casa con dei miagolii perché l’aveva lasciata sola. Quando Sandra usciva lei si metteva sul davanzale della finestra del salotto, per la buona visuale sulla strada, ad aspettarla finché non faceva ritorno. Non aveva mai visto un gatto comportarsi in quel modo, di solito sono i cani che sono impazienti di vederti. Ma Joy non era come gli altri, l’aveva notato fin dal primo incontro.

    «Cosa c’è in me che non va?» chiese rivolta a Joy.

    La gattina inclinò la testa verso destra non capendo ciò che le aveva appena detto. Ma rispose con il suo solito miagolio e si alzò per accoccolarsi sulle gambe dalla padrona come se la volesse confortare sentendo che ne aveva bisogno.

    In tarda nottata, mentre i suoi genitori stavano dormendo, Sandra colse l’occasione di andare in camera di Lea per vedere se per caso c’erano ancora dei suoi libri nascosti da qualche parte. In particolare cercava Il libro degli spiriti, a cui non aveva mai dato importanza mentre ora le poteva essere utile. Era un libro antico con la copertina consumata dal tempo che Lea teneva sulla sua libreria privata, accanto ai libri di fotografia. Sandra non entrava più in quella stanza da quando era rimasta vuota perché le piaceva immaginare che sua nonna fosse ancora lì e l’entrarci avrebbe fatto svanire nel nulla questa sua illusione. Trovava veramente difficile accettare che se ne era andata da un’altra parte, lasciandola lì da sola.

    Dopo aver varcato la porta notò che tutto era al suo posto, tranne per il fatto che mancavano le cose di Lea. Era una stanza matrimoniale che i suoi nonni condividevano da dopo la nascita di Tommaso, così da essere d’ aiuto quando non erano impegnati nei loro viaggi. Aveva un arredamento semplice così composto: letto, armadio dei tesori, così chiamato da suo fratello, una libreria, due comodini e la scrivania dove il nonno scriveva i suoi articoli di viaggio. L’armadio color panna, dal quale Lea non aveva mai tolto i vestiti del defunto marito finché non se ne era dovuta andare, era il luogo dove teneva ben custodita la sua amata macchina fotografica.

    Sandra girò per la stanza guardando da tutte le parti in cerca di quel libro. Arrivata davanti all’armadio si fermò un attimo e i ricordi si proiettarono nella sua mente come avviene sul grande schermo di un cinema. Vide la scena in cui per l’ennesima volta si era intrufolata lì per prendere la scatola contenente la Polaroid e nel momento in cui la teneva in mano Lea l’aveva fermata dicendo che non era pronta. Gliel’aveva tolta di mano per poterla rimettere al suo posto. In primo piano, ripresa dal basso, c’era il suo dolce viso che osservava la nipote senza nessun accenno di alterazione.

    Ogni volta che succedeva sua nonna non le sembrava mai irritata, ma desolata, come se fosse costretta a impedirle ciò.

    Finito il ricordo aprì l’armadio e sentì che era presente ancora il profumo di Lea. Con quel poco sentì la sensazione di casa, che è dove ti senti al sicuro e accettata, dove non hai bisogno di nasconderti. Non è l’immobile stesso a potersi definire casa, ma le persone che ci vivono. Per Sandra non era più così a causa di ciò che il malumore di Isabella aveva creato e non solo.

    Guardò in basso a sinistra e rimase sorpresa da ciò che vide: c’era una lettera nascosta tra un ripiano e l’altro, con scritto per Alces. La prese e si mise seduta sul letto.

    Ciao piccola Alces.

    Per il tuo compleanno oltre a Joy ti avevo fatto un altro regalo che ti volevo dare quando tu sai chi non ci poteva vedere. Perché non ti avrebbe permesso di tenerla. Si trova sotto quella mattonella, che sappiamo solo noi che si può sollevare, ai piedi della libreria.

    Dentro troverai il continuo di questa lettera perché voglio che vedi il regalo prima di proseguire.

    Tua nonna, Lea

    Pose la lettera sul materasso e si avvicinò alla libreria, con facilità alzò la mattonella. Sotto di essa c’era nascosta una scatola blu con un fiocco celeste. Al suo interno trovò come aveva detto Lea un’altra lettera ma prima di aprire la busta notò che vi era la confezione di una macchina fotografica istantanea con delle pellicole. Felice tirò subito fuori la macchina, non era la stessa marca di quella sua nonna, era una Fujifilm, anch’essa di ottima qualità. Dopo averla messa di nuovo dentro la confezione per non rischiare di farle nemmeno un piccolo graffio, aprì la busta e lesse ciò che Lea aveva da dirle.

    Se stai leggendo questa lettera vuol dire che hai trovato la prima e soprattutto il regalo. Ciò mi rende molto felice piccola mia. Spero che ti piaccia. Ho sempre notato la tua voglia di imparare a far foto e in particolare di usare la mia Polaroid. Oggi te l’ho fatta provare perché volevo vedere come te la cavavi e sei eri pronta. E lo sei ma purtroppo non posso stare lì con te a insegnarti. So che quello che hai visto nella foto ti ha turbata e devi sapere che c’era veramente. Con questo regalo non ti voglio obbligare a scegliere il tuo futuro: lascio a te a la scelta. Prendi tutto il tempo che ti serve. Nelle prossime lettere non te ne parlerò perché voglio che sia tu a farlo. Anche se vorrei tanto parlartene. Inoltre, di certe cose te ne vorrei parlare a voce perché non sono per niente semplici.

    Ti voglio tanto bene,

    tua nonna,

    Lea

    La lettera era come un enigma per lei e rafforzava ciò che stava pensando su quello che aveva visto prima con le foto e poi con la finta paralisi del sonno. Continuava però a non capire cosa c’era oltre, ovviamente, e di cosa la nonna volesse parlare. Non sentendosi ancora pronta decise che nelle successive lettere non avrebbe detto nulla al riguardo.

    Quella notte non riuscì a chiudere occhio, troppe cose erano successe in così poco tempo. Tentò invano di addormentarsi cambiando in continuazione posizione finché non scelse di rimanere sveglia. Accese la lampada che era sul comodino e trovò Joy che la stava osservando dai piedi del letto.

    «Anche tu sveglia?» disse facendole cenno di avvicinarsi, cosa che la gattina fece senza che glielo ripetesse un’altra volta, mettendosi sulla pancia della padrona in cerca di coccole, che non tardarono a venire.

    «Non puoi capire cosa ho visto oggi al mare. È stato orribile».

    Parlare con Joy la tranquillizzava e rendeva la situazione meno pesante. Le capitava spesso di farlo e la gattina era sempre pronta ad ascoltarla.

    Dopo un po’ le venne sete, prese il cellulare e accese la torcia per evitare di accendere la luce del corridoio e svegliare i suoi. Scese le scale con il terrore di trovarsi davanti quella persona, anche se non era certa che potesse chiamarsi così. Con la torcia puntò ogni angolo del tragitto che percorse per arrivare in cucina.

    Giunta a destinazione riempì un bicchiere con dell’acqua il più velocemente possibile, con l’ansia di tornare subito in camera. Nel momento in cui spense la luce della cucina le parve di vedere in fondo alla stanza un’ombra e le saltò il cuore in gola facendo quasi cadere il bicchiere in terra. Si tappò la bocca con una mano per reprimere l’urlo e corse in camera sua. Chiuse a chiave la porta dopo aver posato il bicchiere sul comodino e si fiondò sul letto svegliando Joy che si era da poco appisolata. Credendo che potesse essere uno spirito e non una persona, la chiusura della porta non era granché come mossa, però le diede più sicurezza.

    Si mise a leggere per portare la sua concentrazione su altro ma non ci riuscì e rimase tutta la notte seduta sul letto a controllare che nessuno le facesse visita.

    Crollò solo alle prime luci del giorno, sentendosi più tranquilla con la convinzione che il male svanisse con la luce, ma in seguito avrebbe scoperto non essere per niente vero.

    Capitolo 2

    La settimana seguente non fu semplice per Sandra, infatti a causa di quell’incontro gli incubi erano aumentati portandola a uno scarso riposo. Esso non si fece né vedere né sentire, per fortuna. Gli incubi avevano un inizio diverso ma poi la conducevano tutti davanti a una vecchia porta in legno bianca, che si apriva e chiudeva da sola senza far vedere cosa vi fosse oltre. Quando si svegliava si ritrovava sempre il corpo sudato e il respiro affannato. Una semplice porta creava in lei uno stato di agitazione pari a quel giorno in spiaggia, credeva anche che fossero dei piccoli e continui messaggi lasciati da lui. La stava influenzando in maniera passiva, senza lasciare una vera e propria traccia.

    Cercò anche di capire le sensazioni che aveva provato con le sagome delle foto e con lui. Le prime, seppur lasciandola sorpresa, non le avevano suscitato timore, le avevano dato invece una buona sensazione che le faceva apparire con animo benevolo. Lui al contrario sprigionava collera e cattiveria, una sensazione difficile da individuare, ne aveva paura ma sentiva anche avrebbe dovuto affrontarlo, prima o poi.

    Seppur sentendo ciò, ogni giorno aveva il terrore di trovarselo davanti e di non essere in grado di combatterlo. Non aveva ancora detto a nessuno di tutto questo caos, nemmeno a Lea, sia perché non voleva parlarne sia perché non voleva disturbarla visto che nella lettera che aveva appena finito di leggere le aveva annunciato la morte del suo fedele cagnolino, Milo.

    Cara piccola Alces,

    non ti preoccupare, come ogni periodo bello o brutto anche questo finirà. Non ti sei mai arresa e non lo farai nemmeno questa volta. Io sto abbastanza bene ma ti devo comunicare che Milo ci ha lasciati due giorni fa. Anche se mi rattrista molto posso essere felice del fatto che ha vissuto una vita lunga e spero anche bella.

    È stato un cane eccezionale e pieno di vita. Sono stata fortunata ad averlo con me in questi diciotto anni e mezzo. Ora è un piccolo angelo che da lassù continuerà a proteggermi.

    Da quello che mi racconti anche Joy è così. Ne sono veramente felice. Quando l’ho vista la prima volta ho capito subito che era speciale e che sarebbe stata perfetta per te. Sono delle benedizioni, abbine cura.

    Alla prossima settimana

    La tua cara nonna,

    Lea

    Anche nei brutti momenti Lea riusciva ugualmente a trovare il modo per tirarsi su di morale con pensieri positivi che facevano star bene anche Sandra.

    Milo era stato presente nella sua vita fin da piccola e poteva confermare ciò che Lea aveva scritto, ritenendosi fortunata di averlo conosciuto.

    Se non le era semplice dirlo a sua nonna, dirlo ai suoi era come giocare al livello più difficile di qualsiasi gioco, in particolare dirlo a Isabella. Avrebbe ampliato le sue preoccupazioni su di lei, costringendola ad andare da uno psicologo dove non sarebbe stata aiutata; non nel modo di cui aveva bisogno. Gli psicologi ti possono essere di aiuto su cose reali, smascherando il mostro che ti affligge per mostrarti la sua vera faccia. Quindi sarebbe successo così anche a Sandra, magari facendo passare come mostro Isabella a causa del suo comportamento. Ma non era così, il suo caso era ben diverso e forse l’unico che poteva aiutarla era un

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