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Intersect: Edizione italiana
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E-book303 pagine4 ore

Intersect: Edizione italiana

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Info su questo ebook

Nick e Quinn stanno rimettendo insieme i pezzi
della vita che un tempo hanno condiviso.
Lui però potrebbe non perdonarla, una volta scoperta la verità.

 
Qualcuno li ha separati in passato, e ha intenzione di farlo di nuovo…

Nick e Quinn stanno mettendo insieme i pezzi della verità riguardo la vita che un tempo hanno condiviso, ma scoprono che si tratta di una realtà più profonda e oscura di quanto avessero immaginato. Per impedire alla storia di ripetersi, Quinn dovrà imparare a gestire i suoi insoliti doni. Cosa che però significa ammettere con se stessa e con Nick il motivo per cui aveva smesso di usarli.
Lui potrebbe non perdonarla quando lo scoprirà, ma Quinn non ha alternative. L’orologio corre, e non è più solo la sua vita a essere in pericolo.
 
Intersect è il secondo capitolo della dilogia di Elle O’Roark
dove i viaggi nel tempo sono all’ordine del giorno.
LinguaItaliano
Data di uscita4 mag 2023
ISBN9791220705653
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    Anteprima del libro

    Intersect - Elle O'Roark

    1

    Il bosco dietro la casa di Nick e Ryan è finalmente libero dalla neve. Ci sono gemme sugli alberi, e piccoli germogli verdi spuntano dalla terra.

    «Non posso credere che i tuoi genitori ti abbiano permesso di farlo,» dico, guardando Nick che pianta un chiodo nel legno. I gradini della nostra casa sull’albero hanno subito parecchi danni durante l’inverno, ma mia madre non mi avrebbe mai lasciato fare quello che sta facendo lui.

    «Mio padre aveva una casa sull’albero quando era bambino,» risponde. «E l’ha costruita tutta da solo.»

    «Ci va ancora?» chiedo.

    «Agli adulti non piacciono le case sugli alberi.»

    «Io lo farò,» insisto. «Continuerò a venire quassù, non importa quanti anni avrò.»

    Ci pensa per un attimo e poi alza le spalle, come se stesse annunciando una decisione di cui era già abbastanza sicuro. «Penso che ti sposerò quando sarò grande,» dice.

    Mi mordo il labbro per nascondere l’improvvisa esplosione di gioia nel mio petto. «Va bene,» gli rispondo. «Certo.»

    Torno a casa da mia madre e, dopo essermi messa a letto, le riferisco le parole di Nick. «Magari andrò nel futuro per vedere se succede,» dice. Mi sta prendendo in giro. La stanza è così buia che non riesco a vedere il suo volto, ma sento il sorriso nella sua voce.

    «Non dovresti andare nel futuro,» le ricordo. Le storie che mi racconta ogni sera sui viaggi nel tempo riguardano sempre il passato, perché dice che saltare nel futuro è pericoloso e che potresti scoprire cose che vorresti non sapere. Mi promette che quando sarò abbastanza grande mi porterà con lei, ma fino ad allora posso solo vivere l’esperienza attraverso le sue avventure. «Raccontami la storia del soldato. È la mia preferita.»

    «Anche la mia,» replica con voce un po’ triste. «Ma un giorno avrai le tue storie. E saranno ancora più belle.»

    La paura si insinua nella mia mente. È sicura che io possa fare quello che fa lei, ma se non salta nel futuro, come fa a saperlo con certezza? «E se non riuscissi a saltare come te?»

    La sua risata riempie la stanza silenziosa. «Oh, tesoro. Le tue capacità faranno impallidire le mie.»

    «Ma quando?» chiedo con tono di supplica.

    Mi rimbocca le coperte e mi dà un bacio sulla fronte. «Salterai,» sussurra, «il giorno in cui ne avrai più bisogno.»

    Spalanco gli occhi. La luce della luna illumina i mobili nuovi dell’Ikea, un poster di Monet in una cornice di plastica… la stanza degli ospiti di mia madre, per me irreale quanto quella del sogno. Se chiudo gli occhi è come se fossi ancora lì: l’odore delle lenzuola e del profumo di mia madre, il rumore dei rami degli alberi che spazzano il tetto sopra di me, lo sfioramento morbido di un gatto che passa davanti al letto: tutto questo permane. Le tue capacità faranno impallidire le mie, aveva detto.

    Eppure doveva essere un sogno. La casa non era familiare. Non abbiamo mai avuto un gatto. E soprattutto, mia madre non può viaggiare nel tempo. Anche se potesse, non lo farebbe.

    Sarebbe terrorizzata da questa capacità, così come da quasi tutto ciò che è al di fuori della normalità. Sono disposta a sospendere l’incredulità per molte cose, ma faccio fatica a credere che la donna nell’oscurità fosse mia madre.

    Un bussare leggero alla porta.

    La voce di mia madre mi sveglia. «Quinn?» chiede incerta. «Sono le dieci del mattino.» Sento la preoccupazione che vela alle sue parole. Quinn non dorme mai così a lungo, sta pensando. Il tumore al cervello, purtroppo, è diventato il filtro attraverso il quale analizzare ogni comportamento insolito.

    Se potesse vedermi in questo momento saprebbe che non ho l’aspetto di una ragazza morente. Nello specchio vedo occhi che brillano e un rossore della pelle che mancava da tempo. Nick è senza dubbio responsabile di entrambe le cose.

    E ora è mio. È di nuovo mio, mi corregge un’altra voce più saggia nella mia testa. Rivedo tutto come il montaggio di un film: la fine del mio fidanzamento all’aeroporto, il suo viaggio qui ieri sera. In ventiquattro ore ho cambiato la mia vita, completamente e in meglio. Forse sto morendo, ma se è così, perché mi sembra di aver appena iniziato a vivere?

    Vado in cucina dove mia madre è seduta con una tazza di caffè tra le mani. Mi rivolge un debole sorriso, ma la pelle sotto gli occhi è scura, macchiata dalle ore di sonno perse.

    «Non sapevo che fossi diventata una dormigliona,» dice, alzandosi dal tavolo.

    «È stato un fine settimana piuttosto… difficile.» Mia madre conosce già la parte difficile. La parte magnifica – le ore trascorse con Nick al lago sabato e il tempo passato insieme ieri sera – dovrà aspettare. Se scopre che ho già dimenticato l’uomo che considera un figlio, l’annuncio dell’annullamento del mio matrimonio diventerà molto più divisivo di quanto non lo sia già.

    Prende una padella. «Vuoi dei pancake?» mi propone. «O preferisci i french toast?»

    Potrei avere anche sessant’anni e mia madre si prenderebbe ancora cura di me. Questo fatto contribuisce ad alleviare la mia irritazione per la discussione di ieri. «Sono a posto così,» le dico. «Mangerò qualcosa più tardi.»

    «Sono già le dieci,» obietta preoccupata. «Se tardassi ancora un po’, salteresti la colazione.»

    Mi viene da ridere. «Salto la colazione quasi tutti i giorni, mamma. Non preoccuparti.»

    Si acciglia ma mette via la padella, va al bancone e torna con una pila di posta. «Dovremo contattare tutti e dire che il matrimonio è stato annullato,» dice. «E poi restituire i regali che sono arrivati. Sei sicura di volerlo fare?»

    Incontro il suo sguardo. La conversazione con Nick di ieri sera ha sradicato qualsiasi ansia riguardo quella decisione. «Sono sicura.»

    Mi guarda con qualcosa che assomiglia molto al sospetto. «Sembri piuttosto spensierata per essere una che ha appena annullato le nozze.»

    Il senso di colpa mi fa passare il battito cardiaco da una marcia lenta a una corsetta. Odio mentire, e mi è impossibile fingere di essere altro che eccitata in questo momento. Non quando Nick mi aspetta a Washington. Soprattutto non quando ogni volta che chiudo gli occhi lo vedo a torso nudo, con i muscoli tesi mentre tira fuori dall’acqua il carrello per la barca. E a giudicare anche solo da come mi ha baciata, immagino sarà molto bravo anche in tutto il resto.

    Passo la mattinata a mandare e-mail e chiamare tutti i fornitori per disdire, e mia madre mi aiuta dove può. Mentre sfoglio gli inviti, guardando i nomi di parenti lontani che conosco appena, penso ancora una volta alla regola del tre. Anche se in una famiglia non possono esserci più di tre viaggiatori del tempo, non capisco cosa possa avere a che fare con noi. Mio zio è gay, quindi dubito seriamente che abbia accidentalmente generato una figlia che viaggia nel tempo. Rimane solo la sorella di mio padre, che dopo il liceo è scappata a Parigi e non si è più fatta sentire. Il modo in cui si è lasciata alle spalle la fattoria l’ha sempre resa un po’ un’eroina ai miei occhi, quando ero piccola.

    «Papà ha mai cercato zia Sarah dopo la sua partenza?» chiedo.

    «Non ne sono sicura,» mi risponde mia madre, fissando lo schermo del computer. «So che hanno parlato, ma non ha mai voluto dirmi di più.»

    Alzo lo sguardo dagli inviti. Mio padre non era una persona evasiva. Perché comportarsi così quando si trattava di sua sorella? «È rimasta a Parigi? Non è mai tornata a trovarci?»

    L’espressione di mia madre si inasprisce un po’. «Se lo ha fatto, non è mai venuta da queste parti.»

    In un certo senso sembra che non sia mai esistita. Mio padre non la nominava quasi mai, nemmeno quando parlava della sua infanzia. «Non ho mai visto una sua foto. E tu?»

    «No,» risponde lei con le dita che volano sulla tastiera. «Che sia maledetta questa gente. Non hanno ancora spedito nulla ma si rifiutano di cancellare l’ordine.»

    «Non hai mai visto neanche una sola foto?»

    «A quanto pare era strana, odiava farsi fotografare.»

    Mi blocco. Anche Rose si era rifiutata di farsi fotografare, per giunta con la sua band del cuore. Al momento non ci avevo fatto caso, ma quale adolescente rifiuterebbe una foto con il suo gruppo preferito? Forse una che non vuole prove fotografiche della sua esistenza in un certo momento. Questo significa che mia zia può viaggiare nel tempo? Potrebbe, ma mi sembra comunque un’ipotesi azzardata. È altrettanto possibile che odiasse semplicemente qualcosa di sé – i denti storti o il naso grosso – e si rifiutasse di farsi fotografare. E anche se viaggiasse nel tempo, la domanda più grande è: di cosa è capace mia madre? Nel sogno della scorsa notte sembrava che non si limitasse a portare la mutazione… ma che viaggiasse davvero e lo facesse con entusiasmo. Quindi, se questo è accaduto davvero, in un’altra vita, che cosa l’avrebbe cambiata così tanto questa volta?

    «Cosa ne pensi dei viaggi nel tempo?» le chiedo, osservando attentamente il suo volto.

    Lei aggrotta le sopracciglia, con la mente ancora rivolta all’irritazione per il venditore. «Outlander mi è piaciuto abbastanza, ma io sono più una persona da gialli, credo.»

    Non colgo significati nascosti in quella risposta, ma sicuramente deve esserci una parte di lei potrebbe prendere in considerazione l’idea di farlo, visto che lo ha fatto con tanta disinvoltura in un’altra vita. «Secondo te è possibile?»

    La sua bocca si affloscia e gli occhi le si riempiono di lacrime. «Oh, tesoro,» le lacrime iniziano a scendere. «No, non credo che lo sia.»

    «Mi fermo un’altra notte,» dico a Nick.

    Sento il suo disappunto nel silenzio che segue. «Perché?»

    Rido senza allegria. «Ho commesso il fatale errore di chiedere a mia madre cosa ne pensasse dei viaggi nel tempo per vedere se avrebbe reagito in qualche modo. Ora è convinta che Jeff abbia ragione quando dice che il tumore mi fa impazzire. Non riesce a smettere di piangere.»

    «Ha smesso di cercare di convincerti ad andare avanti con il matrimonio, almeno?»

    Mi appoggio alla testiera del letto e chiudo gli occhi. «Più o meno. Ovviamente vorrebbe ancora che mi sposassi, ma è difficile discutere con una ragazza che sta morendo.»

    «Non dire così,» sbotta. «Potrebbe non essere vero.»

    Il mio cuore si stringe un po’. Più ci avviciniamo al momento fatale, più diventa difficile sapere che dovrò dirgli addio. Anche per lui sarà così. Ma non voglio pensarci adesso. Voglio godermi questo momento.

    «A te come vanno le cose?»

    «Sì, ecco,» dice lentamente. «A tal proposito. Stamattina è successa una cosa. Volevo aspettare di vederti di persona, ma… oggi sono arrivato presto al lavoro, e nel mio ufficio, chiuso a chiave e a cui abbiamo accesso solo io e un’altra persona, c’era una donna che guardava il tuo fascicolo.»

    Mi aggrappo al comodino come se il mondo si fosse improvvisamente capovolto e io stessi per essere sbalzata via. «Stai scherzando.»

    «Non è nemmeno questa la parte strana. Ha alzato lo sguardo su di me e poi è sparita. Proprio come ha fatto Rose.» Sospira. «Credo che ci sia lei dietro tutto questo.»

    La paura mi attanaglia lo stomaco. Avere un tumore al cervello è già abbastanza grave, ma la minaccia che questa donna rappresenta è molto più imminente. «Dio. Nick, tutto quello che deve fare per separarci è tornare indietro di qualche mese. Basterebbe una piccola modifica…»

    «Non lo farà,» dice con una sicurezza che per me non ha senso. Nemmeno la sua stazza e la sua forza possono contrastare un superpotere. «E noi scopriremo cosa ha in mente. Non ci sono telecamere di sicurezza nel mio ufficio, ma dato che indossava il camice, a un certo punto deve essersi trovata in corridoio, così ho analizzato i filmati di sicurezza dell’ospedale e l’ho trovata. Ti inoltro la foto, nel caso la riconoscessi.»

    Mi manda la foto e io mi stacco dal telefono per guardarla.

    Il respiro mi si blocca in gola.

    Gli stessi capelli biondo platino. Lo stesso bel viso severo. «È lei,» sussurro alla fine. «La donna che sogno da quando ero piccola. È lei che mi ha portata via da te.»

    «Questa volta, però, l’abbiamo trovata,» dice. «Abbiamo una foto e possiamo rintracciarla.»

    Solo che a Londra anch’io sembravo sapere esattamente chi fosse, e la cosa non era servita a nulla. Il che ha senso, perché come diavolo si fa a fermare qualcuno che può sparire a piacimento?

    2

    QUINN

    Lascio la casa di mia madre di mattina presto, prima che possa convincermi a restare un altro giorno… o altri due anni, come ha fatto quando è morto mio padre.

    Arrivo all’appartamento di Caroline poco dopo le dieci. La vecchia Quinn avrebbe usato la giornata per pagare le bollette, organizzare scartoffie o far lavare la macchina. La nuova Quinn, quella che improvvisamente si è resa conto che il tempo è fugace, sceglie di non fare nulla di tutto ciò. È possibile che questa sia la mia ultima estate. Se l’anno prossimo sarò sul letto di morte, desidererò aver passato la giornata a pagare le bollette o a far lavare l’auto? Ne dubito.

    Scelgo invece di stendermi sul balcone di Caroline, dapprima con il bikini rosso, dato che con me ho ancora solo gli abiti scelti per il viaggio a Las Vegas, ma poi, d’impulso, mi tolgo il top. Non mi vede nessuno, visto che l’appartamento si trova al piano più alto e si affaccia sul parco, ma per la prima volta in vita mia mi sento ribelle. È Nick. Qualcosa in lui mi fa sentire al sicuro, disposta a correre rischi, anche quando non siamo insieme.

    Sono troppo assonnata per leggere, così mi ritrovo a pensare; la mia mente torna ancora e ancora a quello che mi ha detto mia madre: che pensava che mio padre sapesse qualcosa sul mio futuro, qualche evento terribile che avrei potuto evitare sposando Jeff. So che in qualche modo è legato a Nick, ma non riesco a capire come sia possibile. Stare con lui mi fa sentire una persona migliore. Mi fa venire voglia di correre in strada e abbracciare tutti quelli che incontro, ovviamente vestiti.

    Non riesco a capire come sia possibile che una cosa così bella possa avere risvolti negativi.

    Mi sveglio lentamente al suono di Nick che si prepara per il lavoro. Fuori dal nostro appartamento il cielo è grigio come in un giorno d’inverno, anche se in teoria è primavera, e la luce è così fioca che deve essere ancora presto. Mi chiedo a che punto sia la sua vestizione… con un po’ di tempismo potrei convincerlo a tornare a letto. Mi giro per controllare e invece finisco per accasciarmi in avanti, riuscendo a malapena a raggiungere il bagno prima di espellere il contenuto del mio stomaco.

    Nick mi segue, con l’aria di un marito preoccupato più che di un medico esperto. Nonostante abbia visto di peggio, lo fermo con un cenno del capo. «Non guardarmi,» lo supplico. Mi spingo via dalla tazza e lui viene a sedersi sul bordo della vasca.

    «Siamo sposati. Prima o poi ti avrei visto vomitare.»

    Scuoto la testa. «Ora non vorrai più fare sesso con me.»

    Ride a bassa voce. «Cazzo, ti garantisco che avrò ancora voglia di fare sesso con te.»

    Mi alzo a sedere, appoggiando la testa contro le piastrelle fredde della parete. «E se fossi incinta? Vorresti ugualmente fare sesso con me?»

    Spalanca appena gli occhi. «Certo che sì,» dice, irrigidendosi. Non sopporto l’accenno di terrore che sento nella sua voce. «Perché dici così?»

    Con riluttanza incrocio il suo sguardo. «Ho vomitato anche ieri.»

    Il giorno successivo, dopo tre test di gravidanza positivi, una ginecologa ci dice che sono di circa dieci settimane, il che significa che è successo la prima volta che siamo andati a letto insieme.

    «Siamo stati attenti,» obietta Nick come se potesse convincere la dottoressa che si sbaglia.

    Torniamo a casa dopo l’appuntamento e guardiamo con sgomento il nostro piccolo bilocale con una sola camera da letto. Sono sul punto di scusarmi, anche se ho preso la pillola ogni giorno come se ne andasse della mia stessa vita, ma prima che possa farlo lui mi abbraccia.

    «Pensi che il bambino starà più comodo a dormire sul terrazzo o sopra la lavatrice?» mi chiede ridendo. «Perché è praticamente l’unico spazio che ci è rimasto.»

    Un singhiozzo mi scuote il petto. Sta scherzando, ma è vero. Non abbiamo posto per un bambino. Lui ha appena iniziato la specializzazione e io il corso di laurea magistrale, e – mio Dio – siamo sposati da appena un mese. «Andrà tutto bene?» gli domando, mentre le mie lacrime iniziano a bagnargli camicia.

    «Andrà più che bene,» sussurra. Mi rimbocca le coperte e mi bacia la sommità della testa. «Sono così felice in questo momento che non riesco a esprimerlo a parole.»

    Tuttavia continuo a piangere. Ci sono così tante cose che non sa…

    Mi solleva il mento con l’indice. «Tesoro, so che il momento non è perfetto, ma troveremo una soluzione. I miei genitori ci presteranno i soldi per una casa più grande. Troveremo qualcuno che ci aiuti con il bambino, così non perderai le lezioni. Andrà davvero tutto bene.»

    La sua gioia mi fa male, mi fa torcere qualcosa dentro, perché lo voglio. Lo voglio per lui, lo voglio per me stessa. Non riesco a sopportare l’idea di dirgli che avremo un bambino e di strappargli tutto, ma temo che sia esattamente quello che accadrà.

    «Credo che sia già successo in passato. Quando eravamo adolescenti,» mormoro. «Quel sogno che faccio sempre, in cui tu sei in un negozio di alimentari e io mi rendo conto che sto per perderti? Credo che stessimo scappando da qualche parte perché ero incinta. E mi sembra che anche allora la gravidanza fosse arrivata subito.»

    Rimane in silenzio e quando levo lo sguardo verso di lui, il suo sorriso è scomparso. «Perché questo ti preoccupa?»

    Deglutisco il groppo in gola. «Perché se è già successo, come mai non mi ricordo di un bambino?»

    Mi sveglio di soprassalto sul balcone di Caroline, con il petto compresso come nel sogno. Mi alzo a sedere, metto insieme i pezzi, e il dolore lascia il posto allo shock. Sono rimasta incinta di Nick la prima volta che siamo stati insieme, e forse è successo in due vite diverse. Non solo come giovani e stupidi adolescenti, ma anche come adulti estremamente attenti alla contraccezione. Con chiunque altro lo attribuirei al caso o alla negligenza, ma questo sembra… innaturale. Rose ha detto che c’erano altre qualità che accompagnavano la mutazione: che si tratti di una specie di superfertilità?

    Trascorro la giornata riuscendo a pensare solo a quel sogno. Non so perché, ma in qualche modo sembra un avvertimento, proprio come le suppliche di mio padre in punto di morte. Le nostre vite finiscono prima di avere un figlio, e sembra che ogni volta percorriamo gli stessi identici passi.

    Il vero problema è che credo che li stiamo percorrendo anche adesso.

    Ora che l’ho visto, voglio quel futuro che avevamo davanti a noi con la stessa intensità con cui lo volevo a Londra. Voglio essere io a far illuminare il volto di Nick quando riceve la notizia. Voglio che tenga in braccio nostro figlio per la prima volta. Ma non sarà così. Tutte quelle prime volte andranno a qualcuno che verrà dopo di me.

    Mi tolgo questi pensieri dalla testa e inizio a prepararmi per vedere Nick. In questo momento, avrei potuto essere appena sposata con Jeff, bloccata al Washington Insider per il resto della mia breve e miserabile vita. Invece sto con una persona che è più di quanto avrei mai potuto immaginare e sto per tornare a scuola. Devo apprezzare ciò che ho.

    Caroline torna a casa poco prima che io esca. Non avendo alcun rispetto per i confini personali, tira la scollatura del mio vestito per vedere quale reggiseno indosso, e poi pretende che vada a cambiarlo. «Nessun uomo vuole vedere quel cencio quando ti spoglia per la prima volta. Mettiti qualcosa di pizzo o fai a meno del reggiseno.»

    Scoppio a ridere. Per quanto vorrei che il reggiseno che indosso fosse un problema, non vedo come potrebbe esserlo, visto che non c’è un posto dove possiamo stare da soli. «Non mi spoglierà proprio nessuno,» le dico in modo brusco. «Questo è solo il nostro secondo appuntamento.»

    «Io ho fatto sesso al secondo appuntamento,» obietta lei.

    Sorrido. «Probabilmente questo avrebbe più peso se tu non facessi sesso anche quando non c’è stato nessun appuntamento. Io dormo sul tuo divano e lui ha la sua ex ragazza che passa di continuo, quindi non può succedere.»

    Si acciglia. «Questa è un enorme segnale d’allarme, tra l’altro. Perché quella lì ha ancora la chiave?»

    «Sta rilevando il contratto d’affitto,» rispondo mettendomi il burrocacao. «Non è niente di che.»

    Mi ignora. «Ti ricordi di Russell? Quello che aveva sempre una scusa per cui doveva stare qui invece che a casa sua? Era un senzatetto. L’ho scoperto solo qualche mese dopo.»

    Rido di nuovo. Caroline ha avuto alcune esperienze positive con gli uomini e un’infinità di esperienze tragicomiche. Sono sicura che ha una storia dell’orrore per ogni possibile situazione. «Nick è un neurologo. Russell era disoccupato. Mi sembra che le loro situazioni siano piuttosto diverse.»

    «Sto solo dicendo che non importa quanto sia sexy il ragazzo, devi stare attenta ai segnali d’allarme. Vai a cambiarti il reggiseno.»

    La spingo via da me mentre cerca di afferrarne il fermaglio. «Non vedrà il mio reggiseno! Dove potrebbe mai accadere?»

    «Bagno pubblico, retro della sua auto, parcheggio, vicolo, quel divano che sarei felice di sgombrare per conto tuo…» elenca lei contando sulle dita. «Devo continuare o vuoi cambiarti il reggiseno?»

    Le faccio la linguaccia. «Va bene, ma vedrai che non succederà niente.»

    Il suo viso si fa serio. «Oh Quinn, succederà eccome. Nessuno più di te ha così tanto bisogno di una bella scopata.»

    Non discuto. Visto come reagisco quando Nick si limita anche solo a baciarmi, non ho dubbi che abbia ragione.

    Siccome sono un po’ irrequieta per quello che potrebbe uscire dalla bocca di Caroline quando incontrerà Nick, gli dico di vederci nell’atrio invece che su in casa. Quando esco dall’ascensore lui è già lì e i suoi occhi si illuminano appena mi vede.

    Si alza,

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