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Ore di paura (eLit): eLit
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E-book157 pagine2 ore

Ore di paura (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Sei anni sono passati da quando Sarah ha lasciato Clay Creek con il cuore a pezzi e un segreto che non può condividere con nessuno. Ora è tornata e niente sembra essere cambiato da allora: Reese, l'uomo che ha amato più di se stessa e dal quale è fuggita tanto tempo prima, è ancora lì e la sta aspettando. A Sarah basta uno sguardo per capire che non lo ha dimenticato, ma la speranza appena nata è spazzata via da un'oscura e pericolosa minaccia che incombe sul suo futuro: qualcuno la vuole morta!
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2017
ISBN9788858966501
Ore di paura (eLit): eLit
Autore

Carla Cassidy

La produzione di Carla Cassidy è davvero ampia e il suo amore per la scrittura grande, tuttavia la sua prima vera passione è stata la musica. Prima di sposarsi e di dedicarsi ai libri, infatti, ha girato la East Coast degli Stati Uniti in tournée con un gruppo.

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    Anteprima del libro

    Ore di paura (eLit) - Carla Cassidy

    successivo.

    1

    Il trillo acuto del telefono ruppe la quiete della notte. Sarah Calhoun si sollevò di scatto sul letto e annaspò nel buio per trovare la cornetta. I sogni piacevoli nei quali era immersa scomparvero per lasciare bruscamente spazio alla realtà.

    «Pronto?» rispose con voce assonnata.

    «Sarah? Sarah, sono io» disse una voce debole, ma facilmente riconoscibile all'altro capo del filo.

    Sarah afferrò con più forza il ricevitore, incollandoselo all'orecchio. Il cuore cominciò a batterle con ritmo irregolare sentendo la voce della sorella minore. «Lindy, cosa succede? Cosa è accaduto?» chiese accendendo la lampada sul comodino.

    «È morta la mamma.» Solo poche parole, semplici ma strazianti, seguite da un lieve singhiozzare.

    Per un istante Sarah avvertì un forte ronzio nelle orecchie. Strizzò gli occhi, tenendoli chiusi, nella speranza di essere risucchiata nell'oblio del sonno.

    La mamma morta? Non poteva essere vero, Sarah si rifiutava di accettarlo. Era notte fonda e magari Lindy aveva avuto un incubo. Forse era tutto un incubo, pensò tra sé.

    Ciò che Lindy le aveva appena comunicato non poteva corrispondere a verità, poiché aveva parlato con la madre solo il giorno prima e stava bene.

    «Lindy, cosa è successo?» riuscì a domandare infine.

    «Non so... È caduta è caduta dalle scale...» Un fiume di lacrime rese le parole di Lindy quasi incomprensibili.

    «Lindy? Lindy, parla, per favore.» Forse è confusa, pensò Sarah speranzosa, ancora incapace di accettare la morte della madre. Margaret Calhoun era una donna ancora giovane, non poteva essere caduta dalle scale.

    «Sarah?» intervenne una voce nuova, matura e risoluta. «Sarah, sono Gladys Prather.»

    «Sì, signora Prather?» rispose Sarah. Improvvisamente la speranza che si potesse trattare di un errore la abbandonò. Se la vicina si trovava alla fattoria a quell'ora della notte, doveva essere accaduto qualcosa di grave.

    «Mi dispiace, tesoro, c'è stato un terribile incidente. Sono venuta alla fattoria questa sera per accertarmi che tua madre e Lindy stessero bene, lo faccio spesso quando Ben si trova fuori città. Quando sono entrata tua madre era ai piedi della scalinata. Morta, Sarah. Lindy le reggeva il capo ed era sconvolta. Solo pochi minuti fa è riuscita a comporre il tuo numero. Te la passo, vuole parlare di nuovo con te.»

    «Sarah, per favore, torna a casa, ho bisogno di te» la supplicò Lindy, piangendo come una bambina.

    «Naturalmente, sarò lì il prima possibile.» Sarah si sfregò la fronte, cercando di superare lo shock per poter pensare lucidamente. «Dov'è Ben?»

    «Non è qui. Sta seguendo un caso a Kansas City.»

    «Lindy, stai bene, hai preso le tue medicine?»

    «Sto bene, ho solo bisogno di te. Lo sceriffo mi ha interrogato e io ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a sistemare le cose.»

    «Non preoccuparti, Lindy, andrà tutto bene. Verrò al più presto.»

    Dopo avere riappeso il ricevitore, Sarah si domandò se non avesse parlato in modo troppo ottimistico. Mio Dio, come potrà andare tutto bene con la mamma morta? Le parole le echeggiarono nella testa mentre fissava il telefono incapace di muoversi.

    Si appoggiò poi al cuscino, cercando di accettare la realtà. Avvertì la pressione delle lacrime, ma fece il possibile per trattenerle. Doveva essere forte.

    Si alzò dal letto, consapevole dell'impossibilità di continuare a dormire, si sarebbe abbandonata al dolore più tardi, ora doveva pensare a organizzare il viaggio. Lindy aveva bisogno di lei.

    Si recò in cucina senza fare rumore e sistemò il bricco del tè sulla cucina a gas. Una tazza di tè l'avrebbe aiutata a pensare a prepararsi al ritorno a casa.

    Sarebbe tornata a casa. Quante volte aveva sognato di tornare a casa e riabbracciare sua madre e sua sorella? Negli ultimi sei anni, Lindy e Margaret avevano più volte parlato di una loro visita a New York, ma qualcosa aveva sempre impedito che i loro programmi andassero a buon fine: mancanza di soldi, di tempo, malattie, sembrava quasi che ci fosse una cospirazione contro quella riunione familiare. E ora non sarebbe più stata possibile.

    Non avrebbe mai immaginato che l'evento che l'avrebbe finalmente ricondotta a casa, sarebbe stata la morte di sua madre.

    Avvertì un terribile mal di testa, riflettendo su ciò che avrebbe significato per lei tornare a Clay Creek. Nell'attesa che l'acqua bollisse, lasciò la cucina per recarsi nella stanza accanto alla propria.

    Rimanendo sulla soglia della camera rivolse lo sguardo alla bambina che dormiva pacificamente sotto una coperta ricamata con i colori dell'arcobaleno. Era Jackie, sua figlia, il suo segreto.

    Sarah si avvicinò al letto della piccola inalando il dolce profumo del suo bagnoschiuma alla fragola. Rimase a fissarla a lungo, con il cuore gonfio di amore.

    Jackie era una bellissima bambina, aveva capelli scuri, morbidi, sparsi sul cuscino e ciglia lunghe e folte che proiettavano un velo d'ombra sulle guance rosee. Il labbro inferiore era carnoso e vibrava leggermente a ogni respiro.

    Come avrebbe fatto a tornare a Clay Creek e nello stesso tempo tenere segreta l'esistenza di Jackie? Solo tre persone sapevano della sua esistenza, e ora una di loro era morta.

    Sarah trasse un respiro profondo, non poteva tornare a Clay Creek senza rivelare il segreto di Jackie. Coprì bene la piccola e la baciò, poi si diresse in soggiorno.

    Aprì la finestra dell'appartamento che si trovava al sesto piano di un palazzo che dava su un piccolo parco. Rimase a guardare le forme degli alberi e dei cespugli appena illuminati dalla luce tenue dei lampioni.

    Aveva affittato quell'appartamento proprio per il parco. Era piuttosto costoso, ma ne valeva la pena. Essendo cresciuta in campagna, avvertiva l'esigenza di essere circondata dal verde. Inoltre desiderava che Jackie conoscesse il piacere di sentire l'erba sotto i piedi e potesse respirare il profumo della natura.

    Lui non sarà più a Clay Creek, pensò. Dopotutto se ne era andata ormai da sei anni.

    Lui aveva sempre espresso il desiderio di lasciare il paese e trasferirsi altrove. Sicuramente aveva realizzato il suo sogno.

    Era molto strano, c'erano momenti in cui lei doveva concentrarsi per ricordare il viso di sua madre, lui invece le appariva davanti sempre con chiarezza. Il ricordo di quell'uomo la perseguitava e si burlava di lei. E Jackie assomigliava a lui ogni giorno di più.

    No, non sarebbe stato possibile mantenere il segreto. Chiunque a Clay Creek avesse guardato la bambina, vi avrebbe scorto i lineamenti del padre, di colui per cui Sarah aveva lasciato la cittadina anni prima.

    Il bricco del tè fischiò all'improvviso, distogliendo Sarah dai suoi pensieri. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era di preoccuparsi del padre di Jackie. Sì, era certa che lui avesse lasciato Clay Creek ormai da tempo.

    Ora aveva cose più urgenti a cui pensare. Doveva preoccuparsi di fare i bagagli, di comprare i biglietti aerei e di sistemare le cose al lavoro. Versatasi il tè, Sarah si sedette al tavolo e i suoi pensieri tornarono alla madre.

    Era morta. Non l'avrebbe più rivista e Jackie non l'avrebbe mai conosciuta. La riunione familiare che Sarah aveva rimandato aspettando il momento giusto, non sarebbe mai più avvenuta. Era troppo tardi. Si coprì il viso con le mani e finalmente si abbandonò al dolore.

    Reese Walker era in piedi davanti al Good Morning Cafè in Main Street, il posto più affollato di Clay Creek nelle giornate di pioggia, durante le quali ai contadini era impossibile lavorare nei campi.

    Per un istante rimase a contemplare l'immagine di sé riflessa nella vetrina del locale. Sorrise con un velo di tristezza. Non era ancora abituato a indossare abiti rispettabili.

    Un paio di morbidi pantaloni color cachi gli avvolgevano le lunghe gambe e una camicia dello stesso colore, stirata alla meglio, gli copriva le ampie spalle. Niente a che fare con i jeans e il giubbotto di pelle che avevano costituito la sua divisa negli anni turbolenti dell'adolescenza. Chi l'avrebbe mai detto?

    Reese spinse la porta del bar e fu immediatamente salutato da gradevoli profumi di caffè appena preparato, di biscotti fatti in casa e pancetta fritta. Il luogo era rumoroso, pervaso dalle chiacchiere e dalle risate della gente e dal tintinnio delle stoviglie.

    Dietro il bancone che si estendeva per tutta la lunghezza del locale, una bionda mozzafiato versava una tazza di caffè a un cliente, mentre alla cassa c'era una donna piccola e attempata.

    «Buongiorno, Reese.» Fu quest'ultima a salutare per prima Reese e a invitarlo a prendere posto su un alto sgabello.

    «Buongiorno, Anna» rispose lui sorridendo, vedendo la donna affrettarsi a servirgli un buon caffè.

    «Ho una ciambella ancora calda, apposta per te. Ecco qua, mangia.»

    «Anna, Anna, tu mi vizi troppo.»

    «Be', nel caso in cui dovesse capitarmi di infrangere la legge, ti ricorderai di quante delizie ti ho servito.»

    «Come potrebbe mai succederti di violare la legge? Non guidi e sei qui dentro a lavorare almeno venti ore al giorno. L'unico motivo per cui potrei richiamarti è per avere bevuto qualche bicchiere di troppo alla festa del paese due settimane fa.»

    Anna rise di gusto. «Credo che Doc mi abbia indotta a bere apposta, sono convinta che quel vecchio mattacchione avesse intenzione di sedurmi.»

    «E ci è riuscito? Tutta la città se lo è domandato.»

    «Lasciamoli nel dubbio, eh? La gente qui muore di noia se non ha nulla su cui spettegolare» commentò Anna ridendo, poi si fece seria e continuò: «Anche se sono certa che in questo momento stiano tutti parlando d'altro: la morte di Margaret Calhoun. Povera donna, dopo tutto quello che ha passato nel corso della sua vita, l'abbandono del marito, la malattia di Lindy, doveva proprio cadere dalle scale di casa. Che tristezza!».

    Reese annuì. Non voleva parlare della famiglia Calhoun. Non voleva nemmeno pensare a loro, specialmente a una di loro. Per lui era stato molto difficile recarsi alla fattoria dei Calhoun il giorno prima, dopo anni. I ricordi lo avevano assalito causandogli un dolore quasi fisico.

    Suzanna Wilcox, la cameriera bionda, li raggiunse al banco sorridendo maliziosamente a Reese.

    «Povera Lindy» continuò Anna scuotendo il capo, «come farà senza Margaret? L'altro ieri è stato qui Ben, era in partenza per Kansas City per seguire un complicato caso di divorzio. Chissà se lo avranno informato.»

    Reese scosse la testa. «Quando ho parlato con Lindy era talmente scossa che non sono riuscito a ottenere risposte. Non ricordava il numero di telefono dell'albergo dove alloggia Ben.»

    «È ancora valido l'invito per venerdì sera?» chiese Suzanna, cambiando discorso all'improvviso.

    Reese sorrise. «Niente è cambiato per quanto mi riguarda.»

    «Bene, allora passa a prendermi verso le sette.» Suzanna si sporse oltre il bancone del bar, aveva i primi bottoni della divisa aperti, mettendo così in evidenza la rotondità dei suoi abbondanti seni.

    «Ci sono persone in attesa di essere servite, stai lavorando o ti stai organizzando l'agenda?» osservò Anna.

    «Entrambe le cose» rispose Suzanna allontanandosi.

    «Ti mangia con gli occhi ogni volta che ti vede» commentò Anna con disprezzo.

    «Suzanna è a posto. Siamo molto simili, ci comprendiamo alla perfezione.»

    «Tu non sei come lei: prima lo capirai, meglio sarà.» Anna versò a Reese un'altra tazza di caffè, poi fece una pausa e lo guardò con aria indagatrice. «Sai, è probabile che Sarah torni per il funerale.»

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