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Rose
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E-book377 pagine5 ore

Rose

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Info su questo ebook

The Fowler Sisters Series

Dall’autrice della serie One Week Girlfriend

Una serie frizzante su tre sorelle sfrenate e gli uomini che vorrebbero rubare il loro cuore

Si dice che per il figlio minore sia tutto più facile, ma è una bugia. Diversamente dalle mie sorelle non sono mai stata notata per i miei successi. Lavoro sodo alla Fleur Cosmetics ma non conto niente. Ma da quando ho al collo quel meraviglioso diamante, le cose sono cambiate: adesso posso finalmente dire di no a mio padre, posso distinguermi dalle mie sorelle e prendermi l’uomo che desidero. Quello che per la prima volta mi fa
sentire libera.

«Ci sono libri per ogni stato d’animo. A volte vuoi qualcosa di triste e toccante, altre volte qualcosa pieno di azione. Quando sei dell’umore adatto per pagine eccitanti ed erotiche, allora puoi leggere Rose.»

«Rose è un mix di romanticismo e di eros. Il lettore entra a contatto con il mondo dei ricchi e dei famosi: ma anche i ricchi hanno i loro oscuri segreti di famiglia…»
Monica Murphy
è autrice di diversi romanzi bestseller del «New York Times» e «USA Today». Oltre alla One Week Girlfriend, la Newton Compton ha pubblicato la Private Club Series e la Reverie Series. Lily è il terzo volume della Fowler Sisters Series.
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2017
ISBN9788822717337
Rose
Autore

Monica Murphy

Monica Murphy is a New York Times and USA Today bestselling author of over sixty novels and writes mostly contemporary, new adult and young adult romance. She is both traditionally and independently published and has been translated in over ten languages. She lives in central California near Yosemite National Park with her husband, children, one dog and four cats. When she’s not writing, she’s thinking about writing. Or reading. Or binge watching something.

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    Anteprima del libro

    Rose - Monica Murphy

    1846

    Titolo originale: Stealing Rose

    Copyright © 2015 Monica Murphy

    Traduzione dall’inglese di Carla De Pascale

    Prima edizione ebook: dicembre 2017

    © 2017 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-227-1733-7

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Monica Murphy

    Rose

    Indice

    Capitolo uno

    Capitolo due

    Capitolo tre

    Capitolo quattro

    Capitolo cinque

    Capitolo sei

    Capitolo sette

    Capitolo otto

    Capitolo nove

    Capitolo dieci

    Capitolo undici

    Capitolo dodici

    Capitolo tredici

    Capitolo quattordici

    Capitolo quindici

    Capitolo sedici

    Capitolo diciassette

    Capitolo diciotto

    Capitolo diciannove

    Capitolo venti

    Capitolo ventuno

    Capitolo ventidue

    Capitolo ventitré

    Capitolo ventiquattro

    Capitolo venticinque

    Capitolo ventisei

    Capitolo ventisette

    Epilogo

    Ringraziamenti

    Playlist

    I baci rubati sono sempre i più dolci.

    Leigh Hunt

    Capitolo uno

    Rose

    Cosa fate quando venite a sapere qualcosa sulla vostra famiglia che non avreste mai voluto scoprire?

    Fingete che non esista. Che la vostra sia la famiglia perfetta come avete sempre pensato, ineccepibile, incontaminata. Mai sfiorata da eventi tragici. Quanto meno, questo è ciò che la mia famiglia vorrebbe farvi credere. Esistono libri, là fuori, biografie non autorizzate su mia madre e sulla sua eredità, la Fleur Cosmetics. Su come mio padre, mia sorella e io abbiamo portato avanti l’azienda meglio che potessimo, considerandoci però non all’altezza. Papà è stato uno di quelli che l’hanno fatta prosperare, anche se ha sempre attribuito tutti i meriti a mia nonna, la quale è sempre stata felice di prenderseli, ed era prevedibile, considerando la sua avidità.

    Adoro quella donna anziana tanto avida. La adoro davvero.

    Mia sorella maggiore, Lily, ha fatto di tutto per screditare il nome dell’azienda, ed è sempre stata la prima ad ammetterlo. La sua immensa schiettezza è una delle qualità che apprezzo di più, anche se, molte volte, risento del suo comportamento e delle attenzioni che riceve. Ama stare sotto i riflettori e, quando non li ha puntati su di sé, fa il possibile per attirarli e godere di quella luce.

    E poi c’è Violet, la sorella di mezzo. Quella più timida. Quella più forte. Accidenti se è forte. Ne ha passate tante. Parecchi eventi negativi hanno messo le mani ovunque sulla sua vita, ma lei è riuscita sempre a venirne fuori. Adesso è felice con il suo uomo, Ryder, e non ho alcuna intenzione di rinfacciarglielo. Lui è un tipo esageratamente ossessivo, fa quasi paura, ma quando è vicino a Violet i suoi occhi si fanno sognanti… è innamorato pazzo di lei.

    È dolce. Troppo dolce. La mia invidia riesce a malapena a sopportarlo.

    Io? Io sono la sorella Fowler che tutti reputano normale, appena un po’ impulsiva. Nonna dice che sono quella che le somiglia di più, in quanto a saggezza, e voglio crederle, ma non so se sia proprio così. Desidero davvero essere come lei? Come qualcuno di loro? La mia disillusione sulla famiglia Fowler è legata al ricordo della notte più buia di tutte.

    Non so più a cosa credere dopo quello che ho appena scoperto su nostra madre. La tragedia di cui non parla mai nessuno, mai, perfino quelle biografie sulla nostra famiglia non autorizzate e terribilmente scandalistiche glissano sulla morte di Victoria Fowler. Non ricordo molto di lei, ho soltanto immagini sbiadite, a dir poco. Tuttavia, vengono ravvivate dalle mie sorelle, perché loro ricordano molto meglio nostra madre, specialmente Lily. La perdita è stata dura soprattutto per lei. Da allora, da quando ha compiuto quattordici anni, Lily ha iniziato a comportarsi da ragazza ribelle.

    Almeno, questa è la giustificazione che diamo tutti al suo comportamento, e che sfrutta anche Lily. Mi piacerebbe che, per una volta, si assumesse la responsabilità delle proprie azioni, ma dubito che succederà mai.

    C’è qualcosa di più riguardo alla morte di mia madre di cui io non sapevo nulla. Mi domando se Lily o Violet ne sappiano più di me. È un argomento troppo delicato, un argomento di cui non parlo mai con loro… mai. Per quanto riguarda papà, non parlo mai di mamma con lui. Quell’uomo ha nascosto la morte di sua moglie sotto al tappeto, una cosa che sa fare sempre molto bene. Si è gettato a capofitto nel lavoro invece di dedicarsi alle proprie figlie, anche se non è stato propriamente un cattivo padre. A volte è stato un po’ negligente?

    Sì. Questo sì.

    Cerchiamo sempre di essere perfetti; nondimeno, tutti noi siamo ben lungi dalla perfezione. Da piccola sono cresciuta sotto una campana di vetro, nulla poteva toccare me o le persone che amavo. Neanche la morte tragica di mia madre, la morte che si autoinflisse, riuscì a scalfirmi. E come avrebbe potuto, dato che non me ne ha mai parlato nessuno?

    Ma adesso ho voglia di parlare di lei, dopo aver letto il suo diario. Quel diario che ho trovato quando papà mi ha dato una scatola con le sue cose. Finalmente ha deciso di pulire le stanze e l’armadio di nostra madre. Aveva conservato ogni cosa per tutto questo tempo, ma con l’arrivo della sua nuova… fidanzata, ha bandito i ricordi di mamma da casa sua.

    Per sempre.

    Non riuscivo neanche a guardare in quella scatola senza farmi divorare dai nervi e dal senso di nausea. L’ho tenuta chiusa, ignorandone il contenuto, per mesi. Finché, qualche sera fa, quando finalmente l’ho aperta, ho trovato il diario in cui aveva scritto ogni cosa prima di togliersi la vita.

    Una lettura affascinante, ma triste.

    Incredibilmente triste.

    Cosa succederà stasera… potrebbero scoprirsi gli altarini. Alcuni aneddoti della storia della mia famiglia verranno alla luce. Ma tutto questo avverrà sotto gli occhi di mia nonna, il che significa che…

    Sarà tutto patinato, ogni cosa apparirà assolutamente perfetta. Non è stato quello il termine usato da Violet per la sua collezione quando si è discusso del packaging? Praticamente quell’aggettivo è il tema ricorrente della famiglia Fowler.

    Vedo mia nonna che si avvicina, mostra un gran sorriso, ma ha uno sguardo che sembra incupito dai ricordi.

    «Voglio che indossi questa, stasera». Nonna Dahlia mi porge un cofanetto grande e quadrato, con le mani scarne leggermente tremanti, quell’oscillazione fa brillare gli anelli di diamanti che ha alle dita. «Non l’ha più indossata nessuno, da anni».

    Siamo nella mia stanza d’hotel, nonna ha bussato alla porta pochi minuti prima che finissi di prepararmi. Dovevamo incontrarci tutti più tardi, invece eccola qui, raggiante, nel suo vestitino di pizzo nero, un sorriso dolce sulle labbra mentre mi osserva attentamente.

    Non so perché fa così, e non mi piace come mi fa sentire a disagio mentre prendo quel cofanetto, le mie dita toccano il velluto nero. È un cofanetto vecchio, il colore è leggermente sbiadito, ed è pesante. Lo apro lentamente, vengo colta da paura e curiosità, appena vedo cosa c’è dentro resto senza fiato.

    Una collana. Non una semplice collana, pietre di un colore bianco splendente che si alternano ad altre di un rosa chiaro, tendente al cipria, ognuna tagliata alla perfezione, ogni colore abbinato alla perfezione. «È bellissima», dico mormorando, sorpresa dalle dimensioni delle pietre. Non avevo mai visto questa collana, credevo che io e le mie sorelle, da bambine, avessimo indossato o giocato con ogni gioiello prezioso della famiglia. «Le pietre rosa cosa sono?», domando mentre passo le dita su quel pezzo da collezione, quasi con riverenza.

    «Cosa me lo domandi a fare? Sono diamanti, ovviamente, dei più rari sulla faccia della Terra. Tuo nonno mi regalò questa collana tanto, tanto tempo fa». Nonna assume un tono di voce allo stesso tempo orgoglioso e triste. «Un regalo che mi fece in occasione della nascita di tua zia, Poppy». Le scappa un sospiro soffocato, poi distoglie lo sguardo, mette il broncio e gli occhi le diventano lucidi. «Tu mi ricordi lei. Molto».

    «Davvero?». Mantengo volontariamente un tono di voce pacato, per evitare di farla agitare. Non ho mai conosciuto mia zia Poppy, ma avrei voluto. Morì in un terribile incidente d’auto prima che nascessi. Ho visto delle foto e, sì, c’è una certa somiglianza, ma non avevo mai pensato che fosse tanto forte.

    Un altro evento spiacevole. Un’altra morte. Un altro membro della famiglia perso che viene menzionato molto di rado. È frustrante pensare a quanto facilmente dimentichiamo cosa è successo alle persone che abbiamo perso. Se io non ci fossi più, verrei dimenticata allo stesso modo?

    Io non voglio dimenticare nessuno. Mia madre. Mia zia Poppy. Voglio sapere di più. Ma stasera è un’occasione speciale, dunque dovrei lasciar correre certe cose. Questa serata è dedicata a mia nonna, alla famiglia, alla Fleur.

    Cercherò di non pensarci.

    «Oh, sì». Mia nonna si rivolge di nuovo verso di me, non ha più le lacrime agli occhi, ha ritrovato il solito sguardo determinato. Mostra raramente segni di debolezza, e la amo per questo. Ha una notevole influenza su tutti noi, e in questo momento ho davvero bisogno della sua forza. «Le somigli nell’aspetto, ma ancora di più nel carattere. Era così vispa, piena di vita, e non aveva mai paura di sostenere le idee in cui credeva. Proprio come te». Si avvicina e mi prende il viso tra le mani segnate dall’età, le sue dita sono fredde sulla mia pelle. Le sorrido, ma mi rendo conto che si tratta di un sorriso di facciata, quindi lo reprimo immediatamente. Il cofanetto di velluto è ancora stretto fra le mie mani, ho ancora le dita premute contro le pietre della collana. «Indossa questa stasera, e pensa a Poppy. Pensa alla Fleur».

    «Ma, nonna, questa è la tua serata». Siamo a Cannes, in occasione del Festival del cinema, e siamo venuti a vedere la prima di un documentario su mia nonna, su come ha dato vita alla Fleur. Lei ha supervisionato ogni passaggio del documentario, inoltre ha dichiarato che si è trattato di una collaborazione in nome dell’amore tra lei, il regista e i produttori dell’opera.

    La versione più credibile è che mia nonna abbia ordinato loro di mostrare soltanto quello che preferiva. Comunque sia, nessuno mette i bastoni fra le ruote a Dahlia Fowler. Farlo comporterebbe correre dei rischi enormi. Quella donna non si è mai fatta alcun problema a rovinare le persone.

    Ha già rovinato qualcuno. Più di una volta.

    «Dovresti indossarla tu questa collana, non io», dico ancor prima che possa controbattere. Mi guarda come se riuscisse a vedermi dentro; sbatto le palpebre, le strizzo, più che altro. Cerco di reprimere i pensieri, la rabbia, la disperazione. Ma lei riesce a vedere ogni cosa.

    Nonna ha semplicemente deciso di non dire nulla.

    «No». Scuote il capo e mi toglie le mani dal viso. «Devi indossarla tu. Per stasera è tua. Violet ha il suo ragazzo e Lily ha… quello che pensa di volere. Mi secca davvero che non sia qui». Serra le labbra per formare una linea sottile che esprime amarezza; mi viene voglia, ancora una volta, di dare uno schiaffo a mia sorella per aver deluso tutti quanti, di nuovo. «Tu… te la meriti. Indossala con orgoglio. È anche la tua eredità, amore mio. Non dimenticarlo mai».

    La mia eredità. Molte volte non ho la sensazione che lo sia. È l’eredità di papà e di Violet. E sta diventando, pian piano, l’eredità di Ryder. Eredità di Lily? Non direi. Lei ama usare i prodotti cosmetici Fleur e spendere i soldi guadagnati dall’azienda, tutto qui. Non ha proprio voglia di entrare negli affari della famiglia. È allergica al lavoro.

    Viene anche perdonata ogni cosa, a quella fortunata bastarda.

    Io lavoro come una schiava e nessuno se ne accorge. Sono stanca di sprecare tutto il mio tempo in azienda. Sono stufa di avere a che fare con mio padre e con quella sgualdrina di Pilar Vasquez. Quella donna punta a entrare a far parte, in modo permanente, della Fleur Cosmetics accaparrandosi il cognome Fowler, tutto qui. Le importa davvero di mio padre? Ne dubito. Ma lui è talmente accecato dalla passione che non riesce a vedere oltre quelle grandi tette e le sue sedicenti idee brillanti.

    «La mia eredità», mormoro mentre tiro fuori la collana dal cofanetto di velluto e la metto sotto la luce. Brilla, le pietre rosa splendono ancora di più sotto una fonte di illuminazione. Ricordo vagamente di aver già sentito parlare della collana di Poppy, e sono certa che si tratti di quella che ho tra le mani in questo momento.

    Questa collana risalterà al massimo sul vestito bianco che indosserò questa sera. Il bianco è un simbolo di verginità e purezza, e altre sciocchezze del genere, ma aspettate che gli altri vedano questo vestito. Farà impazzire tutti.

    Stasera ho voglia di sconvolgere chi mi sta intorno. È il mio gran finale, prima di consegnare la lettera di preavviso a mio padre. Sì, sto per lasciare la Fleur. Non riesco a immaginare quel momento. Mi sono presa un anno sabbatico dopo che è venuto fuori che papà sta frequentando una delle impiegate più subdole che la Fleur Cosmetics abbia mai avuto sotto il proprio tetto. Pilar ce lo ricorda ogni volta che tiene nostro padre stretto fra le sue dita affusolate.

    La odio. Mi rifiuto di lavorare con lei, soprattutto adesso che sono venuta a conoscenza della volontà di mio padre di promuoverla. Lui non è mai venuto da me per comunicarmelo. Nessuno mi riferisce mai niente. Vengo continuamente ignorata alla Fleur. Vengo ignorata così tanto che non credo più che valga la pena continuare a lavorare lì…

    Considerando il fatto che questa sera sarà, molto probabilmente, l’ultima occasione durante la quale rappresenterò la famiglia Fowler, per molto tempo – so già che papà si infurierà quando gli darò quella lettera – ho intenzione di spiccare fra tutti. Inoltre, non sono mai stata al Festival di Cannes. Questa collana non farà altro che mettermi in mostra ulteriormente.

    La nostra famiglia è sempre stata sotto i riflettori, e per gran parte del tempo non me ne è importato, anche se ho sempre preferito rimanere in disparte, un po’ come Violet. Non credo che Lily sia molto adatta a rappresentare la nostra famiglia in pubblico. Neanche papà è felice delle sue buffonate. Tantomeno nonna, considerando quanto mia sorella adora dare scandalo. Con il tempo si è calmata, ma tende ancora a essere parecchio esuberante.

    Stasera le ruberò la scena nei rotocalchi scandalistici, comunque sia. Da quando siamo atterrati in Francia, l’energia che impregna queste serate di gala mi ha riportato in vita. Mi ha fornito l’ispirazione per provare a fare qualcosa di rischioso. Per fare una pazzia.

    Ad esempio, per indossare un vestito che darà scandalo. Per ripassare a mente il discorso con il quale darò la lettera per chiedere due settimane di preavviso a mio padre, appena tornerò a casa.

    «Sì», risponde nonna con determinazione. «La tua eredità. Di Violet. Anche di Lily. Sono fiera di quello che abbiamo costruito, ma sono ancora più emozionata al pensiero di quello che tu e Violet farete per la Fleur. Magari anche di quello che farà Lily, se mai dovesse smettere di fare la cretina».

    «Nonna!». Non dovrei più meravigliarmi delle cose che dice, ormai, ma ogni tanto riesce a sorprendermi.

    «Che c’è? È vero», commenta stringendosi nelle spalle. «E poi, un giorno morirò, lo sai bene».

    «Ma…». Inizio a protestare, lei mi zittisce subito.

    «Uff, sai che è così. Ho ottantatré anni. Non posso vivere per sempre, anche se mi piacerebbe». Fa un cenno verso la collana che tengo ancora in mano, mentre nell’altra ho il cofanetto. «Girati, piccola mia, così te la aggancio. Perché sei ancora in vestaglia? Non dovresti essere già vestita? La prima inizierà tra pochissimo».

    «Sono quasi pronta». D’un tratto vengo sopraffatta dall’ansia che mi fa rivoltare lo stomaco, quindi le do le spalle per poi posare il cofanetto sul mobile accanto a me e porgerle la collana in modo tale che mi aiuti a indossarla. Sono più alta di lei, così mi piego sulle ginocchia per agevolarla nell’operazione. «Capelli e trucco sono a posto. Devo soltanto indossare vestito e scarpe».

    «Faresti meglio a sbrigarti, allora». Mi fa scivolare la collana sul collo e aggancia la chiusura, poi si allontana. «Ecco fatto. Vediamo come ti sta».

    Mi volto, sollevo il mento, sento il peso dei diamanti sul petto. Non posso credere che abbia deciso di farla indossare a me. Da quanto mi è stato raccontato, questa collana viene mostrata di rado al pubblico. «Che te ne pare?», domando.

    Mi guarda, ha un’espressione severa, gli occhi socchiusi. «È bellissima. Inizialmente avevo pensato che avrebbe dovuto indossarla Lily, dato che è la più grande, ma lei non è qui. E poi, più ci penso, più mi rendo conto che sta meglio a te, data la maggiore somiglianza che hai con Poppy».

    Vengo sopraffatta dal rimorso e cerco di reprimerlo. Mi rifiuto di sentirmi in colpa per quello che ho intenzione di fare. Non posso farci nulla se papà ha preferito la sua fidanzata dai secondi fini a me. E non permetterò che mi si passi sopra tanto facilmente. Ho bisogno di lottare per le cose in cui credo.

    E io credo che Pilar Vasquez non eserciterà mai la propria autorità su di me. Quella puttana morirà prima che possa dirmi ciò che devo fare.

    «Non volevi farla indossare a Violet, eh?». Tocco la collana, mi volto verso lo specchio, alla mia destra. Il gioiello è bellissimo, anche sopra la vestaglia di seta bianca che indosso. Fisso il riflesso, sopraffatta dal pensiero di cosa rappresenta.

    Nonna ha ragione. La Fleur è anche la mia eredità. Devo ricordarmelo. Non posso lasciarmi sopraffare dal disastro provocato da Violet e Ryder contro papà e… da Pilar.

    Bleah. Soltanto pensare a lei mi provoca il vomito.

    Ma non posso semplicemente restare a guardare mentre mi accadono le cose. Devo prendere una posizione. Devo far sapere a mio padre che non approvo la sua strategia. Bisogna fare qualcosa. Qualcuno deve dire qualcosa.

    E se quel qualcuno devo essere io, così sia.

    «Ma per favore. Violet ha quell’adorabile diamante al dito. Non ha bisogno di un altro gioiello». Nonna fa un gesto contrariato con la mano alla mia osservazione. Ha ragione. Ryder ha chiesto a Violet di sposarlo soltanto qualche giorno fa, e mia sorella è piuttosto stordita.

    Per tanto tempo ho temuto che sarebbe andata a finire con quell’idiota di Zachary Lawrence ma, grazie a Dio, ha ritrovato la ragione, e un uomo in grado di starle accanto. Un uomo che la comprende. Che la rispetta. Il fatto che sia anche carino e sexy da morire non conta.

    Sono un po’ invidiosa di mia sorella, ma non posso rinfacciarle di aver finalmente ritrovato la felicità. Ha dovuto superare tante sfide, e le ha combattute tutte. Sono orgogliosa di lei. Sono felice per lei.

    Davvero.

    «Goditela. C’è una sequenza del documentario in cui si parla di questa collana». Mia nonna mi fa l’occhiolino e va verso la porta. «Ci vediamo in camera di tuo padre tra venti minuti. Non fare tardi, capito?»

    «Capito», rispondo a voce alta, scuotendo il capo mentre esce dalla stanza e sbatte la porta.

    Mi volto di nuovo verso lo specchio, porto le mani alla cintura della vestaglia per slacciarla, lascio quindi cadere la seta bianca lungo le spalle. Il capo cade sul pavimento formando un mucchietto informe, lo scalcio via, poi alzo la testa.

    La collana fa un bell’effetto sulla mia pelle, faccio un respiro profondo e guardo i miei seni nudi che si sollevano e si abbassano. Ho certamente bisogno di bere uno, due bicchieri prima di mettere quel vestito. Avrò bisogno della sicurezza data dall’alcol per affrontare la reazione della mia famiglia, tra qualche istante.

    Papà, sicuramente, lo odierà. Violet rimarrà scandalizzata. Nonna scoppierà a ridere e mi supporterà in silenzio. Pilar? Ci accompagna anche lei stasera, e questo mi fa rabbia. Non me ne frega proprio niente di quello che penserà del mio vestito. O di me. O di ciascuno di noi.

    Sospiro, vado verso l’armadio e tiro fuori il vestito, passando le mani sugli strati bianchi di chiffon che compongono una gonna svolazzante. Considerando il fatto che è senza spalline, la collana risalterà ancora di più. Mi domando che storia ci sia dietro questo gioiello.

    Lo scoprirò molto presto.

    «Bel vestito».

    Vengo percorsa da un brivido lungo la spina dorsale al suono di una voce calda e sensuale. Mi volto e vedo un uomo molto bello, in piedi, con un sorriso arrogante in volto mentre mi squadra dalla testa ai piedi.

    Il mio sorriso scompare e mi tiro su con la schiena. Ero rimasta stregata dalla sua voce. Aveva un tono seducente e cordiale ma, in realtà, appartiene a un essere viscido. Senza pormi il problema di dire qualcosa, mi volto e gli do le spalle, ma lui mi blocca, afferrandomi per il gomito.

    Abbasso lo sguardo verso quella mano prepotente sul mio braccio prima di girare la testa e rivolgergli uno sguardo minaccioso. Non appare minimamente colpito. E non mi molla. «Sei forse tu Rose Fowler?».

    Ha un accento strano, ma non capisco la provenienza. La sala è piena di lingue diverse; alla festa di questa sera partecipano persone provenienti da tutto il mondo. «Sono io», rispondo cercando di liberarmi nella maniera meno brusca possibile dalla sua presa. Ma le sue dita mi premono in maniera sfrontata la carne, mi sento in trappola.

    «Lo immaginavo». Mi rivolge un sorriso smagliante, ma i suoi occhi non sorridono. Tutto di lui appare avvolto dalle tenebre. I suoi capelli, i tratti del viso incisi in una carnagione bruna, il suo sguardo. Mi sento a disagio e mi guardo intorno, alla ricerca di mio padre, mia sorella o, magari, di Ryder, il quale sarebbe felice di dire a quell’uomo dove andare, se gli chiedessi di farlo. «Il documentario sulla tua famiglia è molto interessante».

    «Grazie». Cerco di essere educata, ma mi resta difficile. Mi tira leggermente verso di lui, vengo travolta dal profumo della sua acqua di colonia, dal suo tocco vellutato sulla mia pelle, come se mi stesse accarezzando. «Se potesse gentilmente lasciarmi il braccio, sto aspettando una persona».

    «Chi?». Sorride mostrando denti bianchissimi che risaltano sulla pelle scura.

    Mi sta facendo arrabbiare. «Ehm, credo che non siano affari suoi».

    «Sei sola questa sera, vero? Ti ho vista sul red carpet». Mi tira così forte che quasi inciampo su di lui. «Andiamo a bere qualcosa».

    Le buone maniere volano praticamente fuori dalla finestra mentre gli pianto una mano contro il petto e lo spingo. Ma lui non si muove di un millimetro. Mi stringe così forte il braccio da arpionarmi la carne, probabilmente mi rimarrà il segno. «Mi. Lasci. Andare», dico a denti stretti, cercando di lottare contro la sensazione di panico che mi monta dentro.

    «Hai sentito cosa ha detto», ringhia un uomo dietro di me in un tono roco e arrabbiato da farmi drizzare i peli sulle braccia. «Toglile quelle sporche mani di dosso. Adesso».

    Le dita si staccano dal braccio come se qualcuno avesse girato una chiave per allentare la morsa. Indietreggia, mettendo le mani avanti quasi volesse chiedere pietà, per poi ridere nervosamente. «Non sapevo che stesse con te», dice con voce incerta, prima di voltarsi e allontanarsi praticamente correndo via.

    Mi strofino il braccio, mi volto verso il mio salvatore e resto senza fiato. Occhi scuri che mi scrutano, una figura immobile e silenziosa, labbra carnose serrate. Indossa un completo nero – non uno smoking – che sembra sfilacciato agli orli. Come se fosse un abito vecchio, lavato a secco una volta di troppo. Nonostante il vestito logoro, ha un aspetto elegante e severo. Ha l’aria di una persona che non appartiene agli ambienti di gala, al potere e alla classe sociale più abbiente.

    «Grazie», rispondo in tono incerto, mi schiarisco la voce, sentendomi un’idiota.

    «Tutto bene?». Si avvicina, la sua presenza non mi sembra minacciosa. Dà una sensazione di protezione, con un’espressione preoccupata che gli corruga i tratti del viso. Ha le sopracciglia folte e una ciocca di capelli castano-dorato gli pende sulla fronte.

    Ho una voglia di scostargli quella ciocca dal viso per poi sentire quanto è morbida… irrefrenabile.

    «Sto bene». Gli sorrido con titubanza, questa mia reazione non fa altro che accrescere la sua preoccupazione. «Conosci quel tipo?»

    «Non l’ho mai visto in vita mia. Ma a questi eventi partecipano tanti stronzi. Cannes è piena di gente così», commenta in tono disgustato.

    Ho voglia di ridere. Il mio salvatore dice pane al pane, e a me fa piacere. Almeno è sincero. Molte persone che incontro selezionano accuratamente le parole, come se avessero paura di offendermi, in qualche maniera.

    «Grazie, per averlo fatto allontanare». Mi strofino il braccio con noncuranza, abbasso lo sguardo per vedere le impronte rosse lasciate dalla presa di quell’uomo sulla mia pelle.

    «Ti ha lasciato il segno». Mi afferra una mano e mi solleva il braccio per ispezionarlo. Contrae la mascella e solleva il capo, osservando la sala con la massima attenzione. «Dovrei andare a prenderlo a calci».

    «Non fa niente». Sento il cuore che fa le capriole alle parole di quell’uomo che ispirano protezione, così suggerisco, dentro di me, di prendere il controllo della situazione. «Sta già svanendo. Vedi?».

    Abbassa lentamente la testa e dischiude le labbra mentre esamina il braccio. Mi lascia la mano e passa il pollice, leggero, sul segno rosso, provocandomi la pelle d’oca sulle parti sfiorate. «Ti fa male?»

    «No». Scuoto il capo e guardo affascinata quelle mani che mi sfiorano. Sono grandi, la pelle è abbronzata e il polpastrello del pollice è ruvido. Non posso fare a meno di notare la differenza tra quei due uomini. Entrambi sconosciuti, ma le mie reazioni sono state completamente diverse.

    «Bene», commenta in tono burbero, anche se mi rendo conto che la mia risposta non lo ha soddisfatto. Mi toglie la mano dal braccio e mi chiedo, per un istante, se andrà a cercare il mio assalitore, per così dire, invece resta lì, in piedi, davanti a me, come se fosse sceso sulla Terra per proteggermi durante la serata. «Qualcosa da bere?»

    «Oh, magari». Prima che abbia il tempo di dirgli cosa preferisco, si allontana senza aggiungere altro, le spalle ampie si distinguono in mezzo alla folla, la quale si fa educatamente da parte. È più alto della maggior parte dei presenti, non è difficile tenerlo d’occhio mentre si incammina verso il bar, dall’altra parte della sala.

    Non sorride ad anima viva, non si ferma a fare conversazioni di cortesia con nessuno.

    Sono completamente affascinata da lui.

    «Chi è quello?». Violet appare come per magia accanto a me, poi guarda il mio vestito e osserva la gonna di seta. Mi si scoprono le gambe ogni volta che mi muovo. «L’hai attirato con il vestito o cosa?»

    «Nessuno è rimasto scandalizzato dal mio vestito quanto te», dico borbottando, irritata perché sta rovinando il mio buonumore. Violet e io ci schieriamo sempre sullo stesso fronte, ma appena mi sono presentata in camera di nostro padre, prima di andare alla première insieme, mi sono resa conto che non era entusiasta della mia scelta.

    E questo mi ha fatto male, nonostante avessi mostrato un’espressione coraggiosa e noncuranza. Ho pensato subito che la sua reazione fosse dovuta al fatto che ha sempre avuto un atteggiamento materno e protettivo nei miei confronti. Neanche a papà è piaciuto il vestito, ma questo non mi ha sorpresa. Ryder mi ha dato il cinque e mi ha mostrato un ghigno divertito prima di uscire dalla stanza, e io ho apprezzato la sua reazione. Mi sono aggrappata alla sua approvazione come se fosse una specie di ancora di salvezza mentre stavo annegando. Avevo bisogno di tutto il sostegno possibile per affrontare la serata.

    Sei tu che l’hai fatto. L’unica persona con cui puoi arrabbiarti… sei tu.

    Quella voce invadente nella mia testa deve chiudere assolutamente il becco.

    «Posso essere sincera con te?». Violet si volta per guardarmi in faccia, ha un’espressione malinconica, questo mi suggerisce che non mi farà piacere quello che sta per dirmi.

    Riesco a malapena a trattenere un sospiro che tenta di scapparmi in risposta. «Dimmi».

    «Mi ricordi Lily». Arriccia il naso, sembra allo stesso tempo divertita e disgustata. La sua osservazione mi spiazza, ha detto che le ricordo Lily. Mi sento come se mi avesse dato una coltellata al cuore. «L’abbigliamento appariscente,

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