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La legge. La giustizia. Io.
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E-book189 pagine2 ore

La legge. La giustizia. Io.

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Info su questo ebook

Emma e Irene sono state allontanate dalla madre per tutta la vita, non volute e sfruttate solo per salvare le apparenze con la famiglia riunita. Oggi Irene è pittrice ed Emma avvocato. Ma quando una delle due verrà uccisa, l’altra si metterà in moto, insieme al nonno e all’amante, un investigatore privato, per capire cosa abbia portato alla morte della sorella e per ottenere la propria giustizia.

Monica De’ Rossi, nata a Bologna nel 1971, ha sempre lavorato con i numeri, ma ciò che ama di più sono le lettere. Ha coltivato il sogno nel cassetto di scrivere un romanzo e, con l’incoraggiamento del marito e del figlio, si è imbarcata in questa avventura che le ha permesso di esplorate lembi della fantasia a lei sconosciuti. Appassionata della natura, sia nelle camminate e nei pellegrinaggi che nelle avventure in mare, ama gli ampi spazi, le montagne e il mare aperto
LinguaItaliano
Data di uscita21 giu 2023
ISBN9791220142748
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    Anteprima del libro

    La legge. La giustizia. Io. - Monica de’ Rossi

    Capitolo 1

    2002 – Avvocata in carriera

    Emma ha trent’anni, è alta, morbida, porta i capelli neri a caschetto come il personaggio dei fumetti Valentina ed è una bella donna, ma il suo vero punto di forza è il fascino bollente.

    Lavora in uno studio legale molto rinomato di Roma. Ha fatto carriera in fretta, scavalcando tutti gli ostacoli che si sono presentati sul suo cammino senza remore, ed è stata ripagata dal successo. Il suo nome è in cima alla lista delle targhe degli avvocati dello studio, giusto sotto a quello dei soci fondatori.

    Nella vita privata ha molti hobby, ma quelli che rappresentano davvero la sua passione sono gli stessi che trascura di più, perché non si addicono all’immagine che deve dare alla gente.

    Ascolta musica heavy metal unicamente quando è sicura di essere sola e può lasciarsi trasportare dalle corde della chitarra, immaginando di essere lei a suonarla così bene. Quelle vibrazioni evocano i ricordi più belli degli anni trascorsi con Irene, la sua adorata sorella.

    Andavano a tutti i concerti, e da quando avevano quindici anni, non ne avevano perso uno. Dio solo sa le nottate passate nelle stazioni ferroviarie, i tipi più o meno sballati che avevano conosciuto, e soprattutto gli stadi pieni, le luci e i decibel sparati a tutto volume.

    Con uno zainetto in spalla, prendevano il primo treno e partivano, per loro l’importante era restare insieme.

    Oggi, invece, Emma dedica il tempo libero al tennis e ai tornei di Burraco nei circoli più snob della città. Sa che i salotti bene di Roma sono il suo ambiente, e che lì non sono ammesse rockettare ribelli fuori dagli schemi. Non ha tempo per nient’altro, usa gli uomini per il sesso e gli amici per interesse. Ha capito da molto tempo che l’amore e l’amicizia sono finzioni, inganni per le persone più deboli, e lei si basta da sola.

    Capitolo 2

    A casa di Lucas, il Greco

    Era un sabato mattina di fine estate. Dalla finestra aperta entrava una debole brezza che le sfiorava il viso stanco. Indossava ancora solo la canottiera e le mutandine, il sole era già alto, si udivano le voci della gente sui marciapiedi e i clacson di una città frenetica e viva, ma Emma si sentiva morta dentro. Il pomeriggio precedente era stato celebrato il funerale di Irene, in cui aveva pianto tutte le sue lacrime. La sera stessa si era gettata come uno straccio sul divano di Lucas, uno dei suoi toy-boy preferiti, pensando a come sarebbe stata la vita senza sua sorella. E lo strazio che provava era pari solo al desiderio di vendetta.

    Capitolo 3

    1971 – Olga e Carlo

    Emma era stata concepita, assieme alla gemella, grazie a un errore del loro papà. Dopo una serata con gli amici in cui aveva bevuto due bicchieri di troppo, al rientro, aveva voluto fare l’amore con la moglie, ma inebriato dalla passione e dai fumi dell’alcool, aveva perso il controllo. Del resto, da sempre lei gli faceva girare la testa solo a guardarla: per come si pettinava, come camminava, come rideva… ne era innamorato pazzo!

    La bella Olga, nata a San Pietroburgo, poco più che ventenne venne a Roma per ammirare la città eterna e far visita allo zio ambasciatore, che curava i rapporti con l’Unione Sovietica di allora. Durante il soggiorno, lui la portava con sé a tutti i ricevimenti e la presentava alle famiglie più importanti della Roma bene. Lei non parlava italiano, ma imparava in fretta. Le piaceva l’Italia, e pensava che alla fine della vacanza avrebbe portato a casa tanti bei ricordi.

    A uno di quei ricevimenti conobbe Carlo, un giovane diplomatico del nostro Ministero degli Esteri. Non era particolarmente bello e nemmeno troppo appariscente, anzi piuttosto timido, e forse fu proprio questo che la indusse a parlare con lui. Fino a quel momento i giovani rampolli avevano fatto di tutto per corteggiarla, ma lei li aveva snobbati; non voleva un flirt da copertina oppure figurare come una semplice tacca da aggiungere ai loro trofei. Così con Carlo fu lei a prendere l’iniziativa e a cercare la conquista a tutti i costi. Qualcosa in lui la stuzzicava, lo vedeva come un orsetto impacciato e lei voleva essere il suo miele. Parlando con lui in un mix anglo-italiano, scoprì che la sua non era timidezza ma rispetto, e che era colto e simpatico. Quella sera stessa se ne innamorò, decise che sarebbe diventato suo marito e che avrebbe dovuto sposarlo al più presto.

    Grazie allo zio, Olga riuscì a prolungare il permesso di soggiorno. Aveva trovato l’uomo della sua vita e, per sedurlo, lo invitò a fare passeggiate, ad accompagnarla come cicerone per le vie della capitale, ai musei, ai circoli; desiderava che tutti li vedessero insieme e si metteva addirittura in posa per i paparazzi. In breve divennero una delle coppie più in vista del jet-set romano, e lei voleva mandare un chiaro messaggio a tutte le ragazze interessate: Lui è mio… stategli lontano!.

    Dopo averlo cotto al punto giusto e un rapido fidanzamento, si sposarono nella basilica di Santa Maria in Ara Coeli.

    Passò circa un anno…

    Olga attraversava uno dei momenti più felici della sua vita. Aveva sposato l’uomo che amava, ricco, innamoratissimo di lei, e con lui conduceva una vita mondana fatta di ricevimenti, viaggi, crociere, non poteva desiderare altro. Da qualche giorno però non si sentiva bene, aveva disturbi di stomaco e il viso stranamente pallido. Pensò: Se sto morendo, un’altra donna si prenderà il mio Carlo… non posso permetterlo!.

    Il dottore a cui si rivolse la tranquillizzò immediatamente: «Olga, stia tranquilla, non sta morendo, anzi! Ha dentro di sé una nuova vita…» disse, sorridendo per avere dato una lieta notizia alla sua paziente.

    «Dottore, ma è orribile! Sta dicendo che sono incinta?»

    «Sì, Olga, lei e Carlo avrete un bambino, c’è qualcosa che non va?»

    Non rispose nulla, ma in cuor suo si sentì morire. Una gravidanza avrebbe rovinato il suo bel corpo, e poi un figlio sarebbe stato un intruso nel suo matrimonio e nella sua vita.

    Come se non bastasse, dopo sei settimane, un’ecografia la informò che aveva due cuori che battevano nel suo grembo.

    «Carlo, ma ti rendi conto che diventerò orribile con quella pancia da balena? Non potrò farmi vedere in pubblico, dovrò restare chiusa in casa! Ti prego, fammi abortire!»

    «No, Olga, sai come la penso, sono contrario all’aborto e la religione cattolica me lo impedisce. E poi, vedrai… appena nasceranno, prevarrà il tuo istinto materno e sarai felice di fare la mamma…»

    «Amore mio, la mia famiglia sei tu! Non voglio bambini che piangono, che fanno i capricci e si mettono fra noi due… se lo vuoi sapere li odio già!»

    Lui la strinse in un abbraccio. Pensava che la sua Olga fosse solo impaurita, forse infantile, ma non cattiva.

    «Facciamo un patto: se la penserai così anche dopo la nascita, ti prometto che verranno accuditi solo dalle tate; tu non farai nulla fino a quando non cambierai idea. Va bene, tesoro?»

    «Va bene, però fuori da questa casa. Entreranno solo quando ci viene a trovare tua madre o i miei genitori o se saremo costretti da cerimonie o feste di rappresentanza…»

    Il tempo passò. Olga aveva mantenuto la parola e portato a termine la gravidanza. Anche Carlo mantenne la sua e, sicuro che la moglie si sarebbe presto ravveduta, fece affidare le gemelle a due famiglie diverse, le cui madri lavoravano entrambe al Ministero degli Esteri italiano.

    Le due mamme si incontravano ai giardini pubblici e facevano giocare le bambine insieme fin da piccole. Dietro compenso e per ordine del vero papà, dovevano conoscersi e frequentarsi nel tempo libero per sancire il loro legame. Passavano i mesi, ma Olga non cambiava idea e loro crescevano lontano da lei e da Carlo, combattuto tra l’amore per lei e quello per le figlie.

    Irene era una bambina molto sensibile e fragile, voleva sempre stare con Emma e giocare con le bambole; sognava di diventare una donna bellissima e trovare il principe azzurro per riempire il vuoto che aveva dentro. Nella casa della matrigna c’erano anche i figli suoi, che la trattavano come una di loro, ma lei sapeva che sua mamma non l’aveva voluta, e il suo pensiero era sempre rivolto a ciò che le mancava e non a ciò che aveva.

    Emma invece cresceva con un carattere molto diverso, non desiderava affatto un principe azzurro, ma inseguiva la libertà e l’indipendenza. Pensava che se suo padre non era stato capace di starle vicino, non lo sarebbe mai stato nessun altro.

    Se la madre di Carlo o gli altri nonni andavano a trovarle, una grande Mercedes nera veniva a prenderle per portarle nella lussuosa casa dei genitori. E quando Emma vedeva la macchina, voleva fingere di essere malata ma poi, pensando a Irene, rinunciava. La nonna Emma e la nonna Irina portavano sempre dei regali e le coccolavano come due principesse, però la favorita era Irene, che si faceva abbracciare e baciare sulla guancia, mentre Emma si puliva la faccia e si divincolava.

    Appena andavano via, loro dovevano lasciare la casa. Le prime volte Emma sperava di rimanere per sempre e correva incontro a Olga, ma lei le salutava con insofferenza e non le guardava mai negli occhi. Disprezzava sua madre per questo, eppure faceva finta che non fosse così perché Irene parlava solo della mamma, la vedeva bellissima con quella pettinatura, con quel vestito, con qualsiasi cosa. Fantasticava su di lei, voleva assomigliare a lei. Immaginava che non le volesse perché non erano altrettanto chic e belle, ma sapeva che appena finita la scuola media sarebbero state trasferite insieme in un prestigioso collegio svizzero, e sarebbero diventate perfette per la società e anche per Olga.

    Capitolo 4

    Emma e Irene

    Il tempo passava, gli anni in Svizzera erano belli, il collegio era molto severo, però potevano stare insieme. Fuori dalla scuola, vivevano in una casa in affitto, con una cuoca e una cameriera che si prendevano cura di loro. Avevano anche una piccola rendita ciascuna, per le loro spese, lo shopping e le gite.

    Andavano a tutti i concerti di musica hard rock lontani e vicini, senza svelare questo piccolo segreto alle compagne di scuola, poiché non volevano condividere quei momenti con altre persone.

    Tornavano a Roma per Natale e Pasqua perché il papà e la nonna ci tenevano ad avere la famiglia riunita durante le festività religiose, e a volte c’erano anche i genitori di Olga, che adoravano le nipotine.

    Impararono a sciare fin da piccolissime con un istruttore privato, e d’estate trascorsero le vacanze in villaggi turistici con due istitutrici, una inglese e una russa, che parlavano esclusivamente la loro lingua madre.

    * * *

    Il tempo passava e tutto proseguiva per inerzia, mentre Irene continuava a crogiolarsi, invano, nel desiderio di essere accettata da Olga.

    Sognando quel giorno a occhi aperti, si chiedeva: Chissà se, per il nostro ballo delle debuttanti, la mamma ha scelto la scuola militare Teuliè di Milano o l’accademia militare di Modena.

    Finalmente, a diciotto anni, arrivò il momento dell’iscrizione al ballo. La segretaria di papà pensò a tutto, optò per la scuola di Milano, compilò e spedì la domanda per l’ammissione alla graduatoria e le fotografie, e completò tutta la prassi necessaria. Le gemelle presero lezioni di ballo private per essere pronte all’esame del maestro del comitato organizzatore, e attesero con

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