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Riscatto d’amore
Riscatto d’amore
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E-book131 pagine2 ore

Riscatto d’amore

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Info su questo ebook

Romance - romanzo breve (101 pagine) - Partire dalla Ruota degli Esposti, senza quindi neppure la famiglia che è un diritto di tutti, essere maltrattata, sfruttata, usata come balocco da uomini senza scrupoli, e riuscire a diventare una donna intelligente, indipendente e persino istruita: questa è Milla. Certo, non da sola: nessun uomo, e nessuna donna, possono riscattarsi, da soli. Tutti hanno bisogno di essere amati, tutti hanno bisogno di essere coltivati.


A Genova, nel 1893, a trent’anni dall’Unità d’Italia, è ancora vivo il ricordo della passata indipendenza della città. Dopo aver perso il bambino di cui era rimasta incinta a 13 anni per uno stupro, Milla si occupa ancora della bambina che aveva allattato sei anni prima. Insieme al fratello della piccola, un adolescente ribelle, e alla bimba, Milla si trova a studiare col nipote dell’On. Barca, che è il suo padrone (o così crede lui): Manlio è un educatore nato, come suo padre. Milla è affascinata dalle sue lezioni e Manlio l’aiuta: il quaderno, la penna, i pennini (due tipi diversi, per la calligrafia). La tenerezza per la ragazzina che Manlio ha visto per la prima volta mentre allattava la bambina, quando era una balietta di quattordici anni, si trasforma in amore, anche se lei non è il tipo di ragazza che (come dice il vecchio zio Edo) qualcuno vorrebbe vedere vicino a una figlia che non sia più una neonata. Milla, con Manlio, intraprende una ricerca che porterà la ragazza a scoprire cosa c’era, per lei, prima della Ruota dell’antico ospedale di Pammatone. L’amore si sviluppa nei due ragazzi come una pianta rigogliosa, finché l’On. Barca, lo zio di Manlio, non decide che Milla sarebbe stata bene con lui, in una casetta tutta sua. E sarebbe stata riconoscente, anche.


Laila Cresta è nata a Chiavari, Genova, il 14 febbraio 1952. Insegna da 40 anni, con esperienze a vasto raggio, dagli adulti, ai ragazzi, alle persone diversamente abili. Ama la scrittura e vi si dedica da sempre, tanto con testi ad hoc per i “suoi ragazzi”, quanto con testi di svago per tutti. Quest’anno ha pubblicato una silloge di poesie, Di Terra e di Cielo – Romanzo d’amore in versi (La Lettera Scarlatta Edizioni) e il giallo L’albergo del ragno, Arduino Sacco Editore. Dal mitico numero 0, fa parte della Redazione della rivista Writers Magazine Italia, dove si occupa di poesia, di haiku e di recensioni.

LinguaItaliano
Data di uscita2 feb 2021
ISBN9788825414615
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    Anteprima del libro

    Riscatto d’amore - Laila Cresta

    9788825413731

    Capitolo I

    Genova,1893

    Dall’alto del basamento di marmo del monumento equestre che era in costruzione davanti al Teatro Carlo Felice, l’Eroe dei Due Mondi avrebbe fissato lo sguardo sulla gente che passeggiava fra le aiole di piazza San Domenico: chissà cos’avrebbe pensato, dei moderni Genovesi.

    Manlio, che passava da San Domenico tutti i giorni, guardava con piacere il progredire di quei lavori. Figlio di un garibaldino, al giovanotto piaceva l’idea dell’Eroe ancora attento alla sua gente. Chi aveva visto il disegno preparatorio realizzato dal Rivalta, diceva che i quattro zoccoli ben poggiati a terra del suo cavallo dovevano ricordare a tutti che il Generale, dopo tanto battagliare tra campi e alcove, fosse comunque riuscito a morire nel proprio letto, e in tarda età: un bell’incentivo, per chi la propria vita voleva viverla fino in fondo.

    Il sole rendeva il mondo chiaro e luminoso, ma non scaldava molto quell’aria già primaverile che circolava fra la gente con curiosità dispettosa, frizzante e un po’ vivace, come spesso a Genova.

    Se ne avesse avuto il tempo, Manlio sarebbe andato volentieri a vedere il mare. L’odore salino nell’aria, quel giorno era tanto intenso che probabilmente il mare era mosso: al giovane piaceva quando il vento sembrava scorrere sulle onde come volesse pettinarle, e invece le scarruffava come facevano i bambini con le loro piccole amiche, ai giardinetti, per farle arrabbiare.

    Fra gli sfaccendati di quel bel mattino, passeggiavano anche due elegantoni che andavano nella loro stessa direzione, ma Manlio e il suo amico avevano già superato la casa di Colombo, svoltando per via Dante, e non li videro.

    I due uomini erano diversi l’uno dall’altro per età e quindi per stile, ma certamente non per ceto sociale.

    Il più giovane dei due, un uomo sulla quarantina, portava calzoni color panna a metà polpaccio, come voleva l’ultima moda, una modernissima giacca corta e larga, e una cravatta super inamidata. Tutti i suoi amici sapevano che, lui, i suoi stivali li faceva lucidare con lo champagne: era sempre stato un vero dandy, anche adesso che era un padre di famiglia.

    Il più anziano invece, portava calzoni lunghi, rigati, scuri come la sua lunga giacca attillata, e, al collo, aveva un fiocco floscio, di seta. Ormai, non camminava più dondolando il suo bastone con noncurante eleganza: per un uomo della sua età, quel bastone aveva ormai recuperato la sua funzione fondamentale di sostegno. Sul petto, l’uomo portava l’onorificenza dell’Ordine Civile di Savoia, ovviamente non molto diffusa, a Genova. Guardò il suo più giovane compagno di sotto in su:

    − Ebbene, mio caro? Qualche problema? – chiese bonariamente, e l’altro strinse le labbra, con una piccola smorfia:

    − Si tratta della balia della bambina, zio. Linuccia le vuole fin troppo bene, e non sarà facile staccarla da lei. Tu capisci, però!

    − Capisco sì – l’uomo fece una piccola smorfia. − Milla non è il tipo di ragazza che qualcuno possa volere vicino a una figlia che non sia più una neonata!

    − Appunto. In realtà, non posso dire niente contro di lei, che da quando è da noi si è sempre portata benissimo e ha sempre avuto molta cura di Linuccia, salvo che, insomma, aveva tutto il latte per la mia bambina perché suo figlio è nato morto, lo sai! E ovviamente, alla sua età, non è mai stata sposata.

    I due uomini si sedettero nel dehors di un locale, e ordinarono un amaro, per avere il tempo di terminare la loro conversazione.

    Il cielo era terso: il vento aveva portato via ogni residuo delle nubi che avevano oscurato il cielo nella notte. Le signore che passavano, nei loro begli abiti color panna, o comunque chiari, primaverili, con i grandi cappelli che creavano sui loro visi ombre misteriose e intriganti, parevano dei fiori. Le più giovani, opportunamente scortate dalla mamma, da qualche vecchia zia o dalla cameriera, cicalavano e ridevano, per attirare su di sé lo sguardo dei giovanotti che le sbirciavano interessati. E non solo loro: anche gli anziani come lo zio Edo le guardavano con compiacenza. L’uomo si volse al suo più giovane compagno con un sorriso:

    − Sì, lo so. Aveva tredici anni, quando è successo il fattaccio, no? Che poi, chissà cos’è successo, veramente! Fanno presto, le donne, a parlare di violenza, per non farsi dire che sono delle gran bagasce! Spero proprio che il suo linguaggio e i suoi modi rispettino l’ingenuità della bambina, almeno. Ti piace?

    − Be’, veramente, zio – l’altro rispose al sorriso. – Da quando è con noi, Milla è diventata davvero molto appetibile, adesso che non è più la ragazzina di quattordici anni, spaventata e troppo magra, che ho preso con me perché allattasse mia figlia!

    − È stata fortunata. L’avete sempre trattata bene, e non le è mai mancato niente. Ora non vi serve quasi più, ma io capisco che ti dispiaccia buttarla per una strada, per quel che è stata con la bambina. E col carattere tenero che ti ritrovi, nipote! A volte penso perfino che, se fosse per te, in qualche modo includeresti anche le donne, nei discorsi di uguaglianza del tuo partito di rivoluzionari! Il partito della Kulisciova! – storpiando il nome dell’attivista per ribadire che fosse solo una donna, lo zio ebbe un piccolo riso sarcastico. − A proposito, come si chiama adesso, ‘sto partito?

    − Da quest’anno, si chiama Partito Socialista Italiano.

    Lo zio sorrise:

    − E dei lavoratori italiani, l’hanno tolto? – disse in tono canzonatorio, poi rise di nuovo, appena appena, e alzò le spalle:

    − Lasciamo perdere, va’, che tu sei giovane, e devi restare al passo coi tempi! Invece, io temo proprio che ormai sia il Re, ad avviarsi verso l’obsolescenza, come le terribili lucertole estinte di Owen! E non solo per i Genovesi, che non l’hanno mai amato. Credo che, al massimo, la Monarchia in Italia riuscirà a reggere ancora fino alla prossima generazione. Non le do cento anni, in tutto. No, no, nel 1961 gli Italiani se la saranno già dimenticata! Tu aspiri al Parlamento, eh? Fai bene. Qualcuno ci vuole, che tenga a bada quegli esagitati. A questo punto, hai fatto persino bene a non usare mai l’onorificenza che Vittorio Emanuele ci aveva concesso dopo la parentesi rivoluzionaria del ’49 – e lo zio si palpò, quasi affettuosamente, la decorazione bianca e azzurra che portava sul bavero. − Meglio defilarsi da un’istituzione che perde terreno. Alla mia età, è diverso! Nessuno può pretendere che io sia un rivoluzionario! Comunque, tornando a Bomba, come ha detto in Parlamento il mio amico Silvio (Silvio Spaventa, lo conoscevi?), Milla ha solo vent’anni, ragazzo mio. Con una bambina per casa devi ancora portare pazienza, naturalmente, ma se la ragazza ti piace (e secondo me ti piace parecchio, non negarlo!), sai cosa puoi fare, fra qualche anno, quando a tua figlia non servirà proprio più e si staccherà da lei? Le metti su un bell’appartamentino, le cerchi un Cerbero che la serva tenendola d’occhio, e te la godi tutte le volte che vuoi!

    L’altro sorrise:

    − Non male, come idea, zio Edo. Non male davvero. Ci penserò. Seriamente.

    Giannetto Barca salutò lo zio e si avviò verso casa, roteando la sua canna d’India.

    Sì, Milla gli piaceva davvero, disse fra sé, e, se non voleva essere come Ferrando che l’aveva stuprata e ingravidata quand’era solo una ragazzina (e lui non voleva certo essere come quel cretino, anche in vista della carriera politica cui aspirava all’interno di un Partito progressista), attuando l’idea dello zio avrebbe potuto averla senza problemi. No, credeva proprio che lo zio si sbagliasse, sul conto di quella ragazza: se davvero la ragazza fosse stata una bagascetta, in qualche modo lui se ne sarebbe accorto, in sei anni che viveva in casa sua. Lui l’avrebbe trattata bene, si disse, con gentilezza, e con il polso fermo di cui una ragazza così aveva bisogno: una ragazza che non aveva mai avuto una famiglia che se ne occupasse, una creatura recuperata dalla Ruota degli Esposti dell’ospedale di Pammatone. Povera bambina, certo, ma ci avrebbe pensato lui. Aver l’amante giovane e bella era un vanto per un uomo: bastava vedere la fama del Generale, che però era sempre stato anche uno di bocca buona, e gli piacevano più o meno tutte. A lui no: lui era un raffinato.

    Nonostante la divisa severa che portava, e nonostante i suoi modi riservati, Milla era molto attraente, un bocconcino davvero prelibato, pensava Barca: secondo lui, quella ragazza aveva un corpo ancor più appetitoso di quelli così scollacciati ritratti nei dagherrotipi che vendevano sottobanco nei carruggi della Maddalena, e che erano uno dei nuovi piaceri dei tempi moderni. E pensare che lui ce l’aveva in casa, quella bellezza. No, era ragionevolmente sicuro che non fosse una bagascia, nonostante quello che poteva pensare lo zio Edo: anzi, i suoi atteggiamenti erano sempre stati onesti, altrimenti lui già da un pezzo l’avrebbe staccata dalla sua bambina, che tanto, a sei anni, naturalmente non allattava più. Invece, lei si era sempre comportata col rispetto che doveva a lui e a sua figlia, e quindi si poteva aspettare ancora un pochino: almeno finché Linuccia fosse stata ancora tanto piccola da aver bisogno della sua vice mamma, e anche tanto innocente da non porsi domande strane sulla sua balia, e sull’origine del latte che questa aveva avuto per lei. Dopo, lui se la sarebbe anche potuta prendere, la ragazza, e godere, come aveva detto lo zio. Con lui, Milla sarebbe stata bene: e riconoscente, anche.

    Entrando in casa, Barca sentì una specie di coretto giovanile: suo nipote era già arrivato. Bene. Avrebbe fatto lezione alla sua bambina, e a quel disgraziato di Stefano, suo figlio, un quindicenne ombroso e ribelle, che dava retta solo a suo cugino e a Milla, la balia di sua sorella. Naturalmente lei non la lasciava mai, la bambina: il guaio però, era che, a quanto pareva, per star con lei la ragazza adesso partecipasse addirittura alle lezioni che Manlio teneva ai suoi figli. Va be’: lui non credeva che una ragazza come quella avrebbe potuto approfittarne più che tanto, di quelle lezioni, ma permetterle di imparare a leggere e

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