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Proposta innocente: Harmony Collezione
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E-book159 pagine2 ore

Proposta innocente: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Innocenti seduzioni 2/2
Il controllo è tutto per il milionario Viktor Rohan. Almeno fino a quando Rozalia Toth non bussa alla sua porta alla ricerca di un cimelio di famiglia. Quella donna innocente e sensuale in pochi attimi sgretola ogni sua certezza intrigandolo più di quanto avrebbe mai creduto possibile. E quando alla fine la chimica fra loro esplode, Viktor sa che la sua vita è cambiata per sempre.

Le ore di passione trascorse uno tra le braccia dell'altra potrebbero portare a uno scandalo che significherebbe la rovina della sua famiglia. Così, Viktor decide che c'è solo una cosa da fare: convincere Rozi ad accettare la sua mano.
LinguaItaliano
Data di uscita20 apr 2020
ISBN9788830512832
Proposta innocente: Harmony Collezione
Autore

Dani Collins

Dani Collins ha scoperto la letteratura rosa alle scuole superiori e ha immediatamente capito che cosa avrebbe voluto fare da grande.Dopo aver sposato il suo primo amore, ha cominciato a cercare la propria strada nel mondo dell'editoria, non rinunciando al suo sogno di fronte ai primi ostacoli, così due figli e due decenni dopo l'ha finalmente trovata grazie a un concorso per nuove autrici.Quando non è immersa nella scrittura, chiusa nel proprio fortino come i suoi famigliari chiamano il suo studio, Dani occupa il tempo scarrozzando i propri figli da un'attività all'altra oppure con un po' di giardinaggio.Visita il suo sito www.danicollins.com

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    Anteprima del libro

    Proposta innocente - Dani Collins

    successivo.

    1

    «Non si entra, signorina.»

    L'uomo di mezz'età in divisa parlava con un forte accento. Aveva un'aria annoiata e allontanandola dal cancello di Kastély Karolyi non la guardò neanche. «Dalla collina può scattare foto migliori» le suggerì.

    Rozalia Toth non poteva biasimarlo se l'aveva presa per un'altra turista desiderosa di fotografare quella meravigliosa architettura di Budapest: dal cancello aveva infatti immortalato la facciata della residenza della famiglia Rohan, pensando di mostrarla ai suoi parenti una volta tornata a New York.

    Era così bella, chi poteva resistere? Quella costruzione in mattoni grigi era coperta da rampicanti e incorniciata da aceri antichi e querce rigogliose. Le aiuole ben curate distribuivano colori intorno all'ampia scalinata all'ingresso, mentre i due piani presentavano alte finestre e balconi in ferro battuto. Graziosi timpani rotondi e un comignolo sul tetto davano all'insieme un tocco fiabesco.

    «Ho un appuntamento con Mara Rohan» gli spiegò in ungherese.

    «Nome?»

    «Rozalia Toth. La signora aspetta mia cugina, Gisella Drummond, ma la sostituisco io.» Aveva pensato di mandare una mail per avvertirla del cambiamento, ma sarebbe stato più difficile essere allontanata se si fosse presentata di persona.

    Osservò di nuovo la dimora, ascoltando la guardia comunicare il suo arrivo, e desiderando la presenza di Gisella: fin dalla scuola, mentre studiavano per diventare orafe, avevano desiderato visitare la nazione d'origine della loro famiglia.

    Rozalia in particolare era sempre stata incuriosita dalla loro storia familiare, ma invece di camminare per le stradine di Budapest per trovare l'edificio in cui era nata la nonna, o recarsi in campagna per visitare il luogo di nascita del nonno, si era ritrovata davanti a Kastély Karolyi.

    Istvan Karolyi sarebbe stato anche suo nonno se non fosse morto durante la rivoluzione. Invece era solo il nonno di Gisella. La nonna Eszti lo aveva conosciuto all'università e quando era rimasta incinta, Istvan le aveva chiesto di sposarlo, offrendole un paio di orecchini di famiglia come anello di fidanzamento. Poi l'aveva mandata in America per sottrarsi alle agitazioni: era morto però prima di raggiungerla ed Eszti in seguito aveva sposato il nonno di Rozalia, ma continuava a rimanere legata a quel suo primo amore.

    Quella storia aveva colpito il cuore tenero di Rozalia: doveva sapere tutto al riguardo. E, come Gisella, voleva mettere le mani su quegli orecchini, separati dal destino come lo erano stati Eszti e Istvan. Rozalia e la cugina li avevano cercati per anni, con il desiderio di restituirli alla nonna perché potesse avere di nuovo il pegno di quell'amore.

    La guardia le riferì che Mara Rohan era fuori città: non sapeva ancora se qualcun altro l'avrebbe ricevuta.

    Rozalia sperò allora che la ricevesse il figlio di Mara, Viktor: era incredibilmente bello. E un conte, anche se l'Ungheria non consentiva l'uso di titoli nobiliari.

    Quando Rozalia aveva fatto ricerche su di lui era rimasta colpita dal suo aspetto: corti capelli neri, sopracciglia marcate e un mento squadrato. La bocca era il particolare più affascinante: il labbro superiore era stretto ma dalla forma ben definita, quello inferiore era pieno e invitava al morso.

    Da una foto che gli avevano scattato mentre emergeva dal mare con pinne e boccaglio in mano, Rozalia aveva potuto apprezzare anche il fisico muscoloso e l'addome piatto.

    La guardia ricevette la risposta finale e scosse la testa: «Il suo appuntamento è stato cancellato».

    Rozalia provò a sorridere. «Si può spostare?»

    «No.»

    «Posso lasciare un biglietto?»

    Questo le fu concesso: scrisse che le dispiaceva di aver perso l'occasione di parlare con la famiglia e che sarebbe rimasta in città per qualche giorno, poi aggiunse il nome dell'albergo e il suo numero.

    Strappò il foglio dal taccuino e lo porse alla guardia. Sicuramente lo avrebbe accartocciato, ma lei lo ringraziò comunque e si diresse in albergo.

    Aveva passato parecchi anni a cercare gli orecchini e non era disposta a mollare così facilmente.

    Viktor Rohan uscì dalla Rika Corp e scese le scale verso l'auto in attesa, organizzando mentalmente le sue priorità.

    Una ragazza, una turista a giudicare dalla cartina in mano, stava parlando con il suo autista. La brezza primaverile le faceva aderire la maglietta al petto e sollevava le onde dei suoi capelli scuri. Non era truccata, ma quella pelle color latte avrebbe illuminato qualunque ambiente, soprattutto una camera da letto.

    Viktor non invidiava al suo autista una vita privata, ma quando il suo dipendente sembrò intenzionato a farsi avanti con lei, Viktor si irritò: lei è mia.

    Da adolescente aveva nutrito disprezzo per le storie troppo romantiche e aveva sempre scelto ragazze giovani e dallo spirito libero, poi dopo i venticinque aveva preferito la convenienza garantita da accordi a lungo termine con donne della sua cerchia sociale. Ora che stava arrivando ai trenta, però, persino quelle situazioni di comodo portavano con sé aspettative di un futuro più serio. La madre stessa lo assillava perché si sposasse e le desse un erede.

    Forse il suo interesse per quella graziosa turista era una reazione agli ultimi sforzi della madre, perché si ritrovò a riorganizzare la sua agenda, inserendo una cena per quella sera e lasciandosi molto tempo per altri eventuali divertimenti.

    «Joszef.»

    Il suo autista scattò subito, andando ad aprire la portiera posteriore della limousine.

    La ragazza si girò a guardarlo e si bloccò, come trafitta, mentre un sorriso le illuminava il volto. Oh sì, era decisamente il suo tipo.

    «Ah bene, così non devo entrare.» Rozalia gli si avvicinò, tendendogli la mano. «Sono felice d'incontrarla, Úr. Rohan.»

    Parlava ungherese senza accento, ma qualcosa gli disse che era americana. Poi lei parlò di nuovo, e il predatore si preparò alla caccia.

    «Sono Rozalia Toth. Ha tempo di scambiare quattro chiacchiere con me?»

    Viktor Rohan le lasciò andare subito la mano come se scottasse. «No» le rispose, come se lo avesse irritato. Come se lei non fosse alla sua altezza. «Come osa darmi la caccia così?»

    Dal vivo era molto più vigoroso e pericoloso. Emanava un'aura di virilità e di potere. Le ci volle tutta la sua forza per contenersi e rispondere: «Avevo un appuntamento con sua madre. Aveva promesso di mostrarmi un orecchino antico che un tempo apparteneva a mia nonna, ma all'ultimo momento lo ha cancellato».

    «Non è lei ad aver preso l'appuntamento e sono io che le ho consigliato di rifiutare, dato che non si è neppure scusata per la sostituzione.» Si girò per salire in auto.

    «Ha ragione. Mi dispiace. Avrei dovuto avvertire di aver preso il posto di Gisella.»

    «Sua nonna doveva scusarsi, intendevo dire: ha rubato un'eredità della nostra famiglia.»

    «Cosa? La nonna non ha rubato quegli orecchini. Perché mai lo pensa?»

    Lui socchiuse gli occhi. «Non lo penso. Lo so.» Come se fosse un fatto accertato. Poi si infilò in auto.

    «Aspetti! C'è un errore.» Impedì all'autista di chiudere la portiera. «Il suo prozio glieli diede come regalo di fidanzamento.»

    «Com'è possibile? Morì prima della loro scomparsa. Joszef!» esclamò secco.

    L'autista le mise una mano sul braccio, ma Rozalia aveva imparato a difendersi bene e gli lanciò un'occhiata di avvertimento, capace di far indietreggiare qualunque uomo che tenesse ai propri attributi. Così fece anche l'autista, proteggendosi la parte.

    In genere evitava anche di salire in auto con gli sconosciuti, ma questa volta si infilò sul sedile posteriore, cercando di oltrepassare Viktor come per raggiungere il posto più lontano di una fila a teatro.

    Fu un gesto abbastanza brusco e sorprese l'uomo, che l'afferrò alla vita per bloccarla davanti a sé, praticamente sulle sue ginocchia. La sua forza era innegabile, ma ciò che la bloccò fu l'impatto del suo tocco. Per un momento rimasero l'uno di fronte all'altro, come sul punto di baciarsi. I suoi occhi erano grigi come un cielo lunatico e minaccioso, senza alcuna traccia di azzurro. Aveva un profumo dai toni boschivi e speziati, inoltre odorava di lana pregiata e brandy.

    «Signore?» disse Joszef.

    In un attimo la fece sedere accanto a sé, poi rispose: «Chiudi la portiera».

    Appoggiò il braccio sul sedile per guardarla, chiedendole in silenzio: e ora?

    Rozalia era in trappola. La lussuosa auto aveva un interno spazioso, ma era diventata improvvisamente piccola e soffocante. Era imprigionata ed era in compagnia di una pantera. Molto affamata.

    «Ha finito di lavorare per oggi? Posso offrirle da bere?» gli chiese. Un luogo rispettabile e affollato, possibilmente. «Vorrei parlarne. Io ho sempre saputo che Istvan è morto dopo aver dato gli orecchini alla nonna.»

    «Si sbaglia.» Il tono non ammetteva compromessi. «È venuta a casa dopo che è stato ucciso, ha rubato gli orecchini della mia bisnonna, ne ha venduto prima uno per fuggire in America poi l'altro una volta arrivata.»

    Rozalia si stava innervosendo.

    «Mia nonna è una persona molto gentile e onesta. Non ruberebbe mai e certo non mentirebbe, soprattutto alla famiglia. Non so come questa storia si sia ingarbugliata. Come si è ritrovato con un orecchino? Da quanto lo possiede?»

    «Mia nonna Dorika si è occupata di arte durante il periodo sovietico. Lo ha trovato per caso e sapeva quanto fosse raro e prezioso, anche se era spaiato.»

    Rozalia si accigliò. «Non l'aveva riconosciuto come appartenente alla madre?»

    «Era la nonna paterna. Mia madre è una discendente dei Karolyi. E sì, Dorika ha capito subito che era quello di Chili Karolyi. Chiunque altro lo avrebbe smontato per vendere le pietre, ma lei lo ha messo da parte per usarlo come merce di scambio.»

    «Che tipo di merce di scambio

    «Per convincere mia madre quando ha organizzato il matrimonio dei miei: sapeva che mia madre lo voleva. Quegli orecchini dovevano passare di generazione in generazione tra le donne della famiglia.»

    Stava cercando di farla sentire in colpa per l'ipotetico furto della nonna, ma Rozalia fu catturata dal resto del racconto.

    «Ha organizzato il matrimonio dei suoi? Non sapevo che qui si facesse.»

    «Questo livello di successo non è accidentale» rispose Viktor secco, indicando i sedili di pelle dell'auto e il divisorio di vetro, le venature del legno lucido e il computer montato per sua comodità. «Deriva da secoli di alleanze strategiche, non dalla sottrazione di preziosi gioielli di famiglia per formulare una promessa di matrimonio a contadine disoneste.»

    Rozalia rimase a bocca aperta. «È facile capire perché sua madre sia stata corrotta per sposare tanto fascino.»

    Cavoli. Non era sua intenzione mostrare il caratterino che a volte prendeva il sopravvento: la faceva sembrare una preda facile, anche se non lo era.

    «Che cosa sperava di ottenere venendo qui, signorina Toth? Sta sprecando il mio tempo prezioso.»

    A quel punto lei raggranellò la pazienza rimasta, cercando di salvare quel viaggio.

    «Voglio farle un'offerta per quell'orecchino.»

    «No.» Secco e inequivocabile.

    «Almeno mi permetta di vederlo.»

    «No.»

    «Perché no? Anche se la nonna lo avesse rubato, e non lo ha fatto, che senso ha punire me per questo?»

    «Perché vuole vederlo?»

    «Per fare delle foto.» Cercò di usare un tono professionale. «Vorrei valutarlo adeguatamente.»

    Lui aggrottò le sopracciglia.

    «Sono una gemmologa e un'orafa qualificata.» Aveva fatto apprendistato con lo zio Ben al Barsi on Fifth, il negozio che il nonno aveva aperto dopo essere arrivato in America. «Realizzo pezzi su ordinazione. Vorrei prendere le misure delle pietre e classificarle, fare degli schizzi. Se non posso acquistare l'originale, mi piacerebbe ricreare quegli orecchini per mia nonna. È piuttosto anziana.» Aveva anche problemi di salute che

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