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Il lavoro che vorrei: 20 consigli per orientarsi e formarsi nelle professioni più innovative e sostenibili
Il lavoro che vorrei: 20 consigli per orientarsi e formarsi nelle professioni più innovative e sostenibili
Il lavoro che vorrei: 20 consigli per orientarsi e formarsi nelle professioni più innovative e sostenibili
E-book220 pagine2 ore

Il lavoro che vorrei: 20 consigli per orientarsi e formarsi nelle professioni più innovative e sostenibili

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Info su questo ebook

Avete mai provato a chiedere ai vostri figli e figlie qual è il lavoro che vorrebbero? E se hanno idea di quale percorso seguire per raggiungerlo? Certo, è difficile avere le idee chiare in questo momento di incertezza, ma le coordinate per orientare figli, famiglie, imprese e istituzioni alla ricerca di competenze green e innovative si trovano ascoltando chi ha dato voce alla propria passione per la sostenibilità, trasformandola in un lavoro. L’autrice di questo libro ha selezionato venti profili dalle professionalità molto diverse, dall’energy manager al green fashion designer, e le ha intervistate per rendere le loro voci accessibili e creare una costellazione di lavori della sostenibilità.

La sostenibilità è certamente la più grande sfida del nostro tempo. È un cambiamento del modello di fare impresa che non ha più come unico obiettivo quello della crescita dei profitti e del business, ma che tiene conto allo stesso modo dell’impatto su ambiente, società e persone. Si tratta di un cambiamento che non è più un’opzione, ma una necessità.
Katia Da Ros
Vicepresidente di Confindustria per Ambiente, Sostenibilità e Cultura
LinguaItaliano
Data di uscita19 gen 2024
ISBN9791254842683
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    Anteprima del libro

    Il lavoro che vorrei - Anna Marino

    Capitolo 1

    Christian Iaione, la formazione del manager della sostenibilità

    CARTA DI IDENTITÀ

    Christian Iaione è direttore del corso di laurea magistrale in Law, Digital Innovation & Sustainability (LDIS). Professore di Diritto pubblico, insegna Diritto e Politiche urbane e Diritto pubblico dell’innovazione e della sostenibilità presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Luiss Guido Carli, è co-direttore di LabGov.City LABoratorio per la GOVernance dei beni comuni, vice-direttore del centro di ricerca BILL-Blockchain, artificial Intelligence and digital innovation Law Lab, coordinatore dell’area innovazione della Luiss School of Law, recurring visiting professor alla Reichman University in Israele, research fellow dell’Urban Law Center della Fordham University di New York e del Netherlands Institute for Advanced Studies di Amsterdam.

    Il lavoro che vorrei I punti nave. Le caratteristiche della nuova figura e le innovazioni

    Iniziamo da una figura classica, il manager della sostenibilità, un ruolo che sembra oramai consolidato. Ma non è così. Bisogna farsi aiutare nell’orientamento, come nella navigazione, di giorno dal sole e di notte dalle costellazioni, per tracciare le rotte e arrivare a formarsi e ricoprire questa posizione. Si parte dai punti nave che leggerete. Prendete il vostro compasso ideale e iniziate dal punto di partenza.

    Il manager della sostenibilità è un profilo che sarà sempre più ricercato da grandi organizzazioni, aziende pubbliche e private, enti del terzo settore e istituzioni. È una figura strategica cui viene demandata la funzione di migliorare i processi e i comportamenti aziendali e organizzativi con un approccio attento alla transizione ecologica, all’innovazione tecnologica e digitale. Ma anche al rispetto dei diritti umani, della diversità e dei valori etici e di giustizia sociale. Un ruolo per il quale sono richieste competenze trasversali, conoscenze scientifiche e multidisciplinari, capacità di lavoro in team, gestione di processi, finanziamenti e progetti, analisi e misurazione di dati. Una preparazione, dunque, che metta in grado di identificare subito gli impatti e di governare i rischi legati ai processi di transizione ecologica e tecnologica. A fornire le coordinate di questa preparazione, del punto nave di partenza, è Christian Iaione, direttore del corso di laurea in Law, Digital Innovation and Sustainability (LDIS) presso l’Università Luiss Guido Carli. Il professore spiega che, prima di tutto, bisogna scegliere tra una serie di figure professionali, per tracciare il proprio percorso: «Il manager della sostenibilità abbraccia diverse opportunità, discipline e funzioni – sottolinea Iaione – si va dal chief innovability officer al chief sustainability officer, all’ESG officer. Queste figure sono tutte caratterizzate da un obiettivo comune: lavorare alla creazione di modelli di business innovativi, incentivando la collaborazione fra attori diversi e assicurando il rispetto delle regole e delle linee guida etiche che garantiscano che la sostenibilità non sia solo un’operazione di marketing. La sostenibilità è prima di tutto il frutto di un assemblaggio di fattori tecnologici, di business, ma anche finanziari, geopolitici e giuridici, e di una giusta integrazione tra hard e soft skills. Si tratta di solcare i mari dell’incertezza e della complessità. Diventa fondamentale, quindi, mettere al tavolo più attori, più competenze, più saperi e poi saper ideare un progetto comune e assemblare gruppi di progetto eterogenei e multidisciplinari. Infine, occorre saper gestire questo progetto e questa virtuosa cooperazione». Si tratta, davvero, di uno stratega, di un comandante che disegna la rotta della sua nave, seleziona il suo equipaggio, si dota delle risorse necessarie per arrivare a meta, che spazia a 360 gradi nel concetto della sostenibilità, riempiendo di contenuti concreti una parola apparentemente vuota.

    Questa attività contribuisce al raggiungimento del Goal 4 dell’Agenda 2030 dell’ONU per l’Istruzione di Qualità.

    Il lavoro che vorrei Valori di base, il purpose

    Il punto nave di partenza è la passione, il purpose che si trasforma in formazione. Così Iaione descrive il suo percorso: «Ho iniziato in Luiss e poi, con una interruzione di vent’anni sono rientrato nel 2018. Nel mentre ho conseguito un dottorato presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza e poi un master alla New York University negli Stati Uniti. Ho poi lavorato alla creazione di un laboratorio che si occupa, appunto, di governance dei commons, cioè degli strumenti e modelli di gestione di risorse naturali e delle tecnologie che possano garantire che lo sviluppo sia effettivamente sostenibile¹. Vediamo come ci siano appelli da più parti che chiedono una governance anche per l’intelligenza artificiale, che possa garantire la preservazione e il rispetto dei diritti umani. Poi, l’altra grande cartina di tornasole sono stati i progetti europei Horizon 2020 e Horizon Europe, che Luiss e il mio laboratorio hanno vinto. L’ultimo progetto vinto mira a costruire un impianto per la produzione di cibo attraverso tecnologie in acquaponica e l’utilizzo di acque reflue². In tempi di scarsità d’acqua e di cibo, la necessità di investire sullo studio e sulla sperimentazione di tecnologie per l’economia circolare è imprescindibile. Questo è un esempio delle cose che abbiamo costruito insieme a studenti, aziende, organizzazioni sociali e pubbliche, oltre che a colleghi di altre Università. Utilizziamo le risorse vinte per dare opportunità alle nuove generazioni di studenti e di ricercatori, mediante contratti di ricerca, immettendoli nelle reti di collaborazione di tutto l’ecosistema privato, pubblico e sociale che Luiss e il mio Laboratorio attivano per immaginare e realizzare questi progetti». Così siamo arrivati a conoscere la passione che ha accompagnato la formazione e la vita professionale di Iaione, grazie al quale possiamo orientarci, un purpose che lo stesso docente ha trovato anche in Luiss: «Un approccio people-centered alla sostenibilità e all’innovazione che ruota intorno alle persone, al rispetto della dignità umana, ai valori etici e morali che devono accompagnare questo impetuoso processo di transizione. È facile perdersi in questo momento ed è facile che questi processi vengano dirottati o cooptati da interessi o da realtà che possano magari non essere davvero orientati al raggiungimento degli impatti positivi economici, sociali, culturali ed ecologici che la sostenibilità può produrre. In Luiss, con lauree come LDIS e SMIS o con laboratori come LabGov, forniamo una bussola per orientarsi e navigare la transizione nel modo più sicuro possibile».

    Il lavoro che vorrei La valutazione del mercato

    Per queste nuove figure manageriali c’è anche una adeguata valutazione da parte del mercato? Non ci sono ancora dati precisi, e si devono aggiungere competenze su competenze per diventare uno stratega della sostenibilità e arrivare a stimare quanto carburante investire in questo percorso, riserva compresa. Ma è significativo un aspetto secondo Iaione: «Nei tre anni di vita del corso di laurea LDIS, gli iscritti hanno avuto certamente un riscontro dal mercato del lavoro notevole. Il segnale del successo di questo percorso formativo è l’attrattività dei profili in uscita. Abbiamo difficoltà a trattenere alcuni dei nostri laureati potenzialmente vocati alla ricerca accademica perché il mercato offre loro sia opportunità economiche particolarmente allettanti sia posizioni all’ingresso già avanzate, che normalmente vengono assegnate a una seniority più elevata. Coloro che decidono di investire sulla sostenibilità vengono infatti messi in prima linea a lavorare e a coordinare unità integrate proprio perché hanno delle competenze che mediamente non si trovano sul mercato. Molti CEOs intervistati prima di progettare LDIS tra il 2017 e il 2018 e quest’anno per ripensarlo e trasformarlo in Strategic Management, Innovation & Sustainability ritengono necessario inserire nelle proprie aziende figure professionali dotate di un metodo interdisciplinare e della capacità di governare l’incertezza e i rischi tipici dei processi di innovazione per la sostenibilità, capaci di pensare e gestire progetti e gruppi di lavoro interdisciplinari. Significava molto allora e ancora di più oggi avere competenze di management e finance, ma anche tecniche di policy e legal proprio perché parte del problema è identificare, gestire, valutare, mitigare il rischio associato alla transizione energetica, ecologica e tecnologica in atto. Un aspetto fondamentale emerso anche dal PNRR, poi, è la reciproca connessione tra sostenibilità e innovazione. Non c’è sviluppo sostenibile senza innovazione tecnologica e non può esserci innovazione tecnologica meritevole se questa non è orientata a realizzare obiettivi di sviluppo sostenibile».

    Il lavoro che vorrei Le opportunità di lavoro

    La figura del manager della sostenibilità dimostra come questa sia trasversale a tutti i settori e a tutti i campi, dalle esigenze delle aziende pubbliche a quelle private. Vediamo anche come tra i progetti che realizzano la sostenibilità e le persone che realizzano i progetti ci sia una fondamentale circolarità. Chiediamo, quindi, al professore dove si possano trovare le offerte per queste figure così ricercate per buttare la prima ancora: «Quella della sostenibilità è una competenza fondamentale in questo momento, ma può voler dire tante cose, è diventata una buzz-word, una parola d’ordine. Quando abbiamo progettato questi corsi, molti CEOs e top executives pubblici e privati segnalavano la difficoltà di vedere un time to market, a cinque anni o dieci anni. Il Covid ha accelerato moltissimo la comprensione e la consapevolezza di questi temi. Adesso la funzione fondamentale è saper assemblare modelli e progetti davvero innovativi e soprattutto saper misurare, avere la capacità di sviluppare e monitorare metriche che dimostrino gli impatti effettivi, oltre che sapersi muovere in una fitta selva di regole amministrative, contrattuali ed etiche. C’è molto greenwashing in questo momento, e tutti cercano di intercettare nuove opportunità. I nostri studenti, i futuri manager della sostenibilità che si laureano in Luiss sono delle persone che devono avere questa capacità non solo di essere all’avanguardia nel tipo di modelli, di progetti, di prodotti, anche finanziari, che devono saper progettare, ma essere anche in grado di dimostrare che siano efficaci e legittimi. Questo, secondo me, è davvero dirimente, fa la differenza nella scelta della formazione e di un percorso, perché ormai l’offerta è piuttosto vasta e variegata. Inoltre, è davvero eccezionale la proiezione internazionale della nostra Università, dei nostri corsi e programmi, come anche della Faculty proveniente da ben quarantuno Paesi europei ed extraeuropei che insegnano sia in inglese sia in italiano, sempre con un approccio globale».

    Il lavoro che vorrei Le competenze di base

    Da dove iniziare? Qual è, secondo Iaione, il riquadro della mappa nautica su cui segnare il punto nave di partenza, il set di competenze di base e la formazione per accedere al corso e fare un salto di qualità grazie alle loro competenze? «Normalmente si iscrivono studenti con una laurea triennale in Scienze sociali, ma stiamo registrando anche un grande interesse da parte di laureandi o laureati triennali provenienti da settori tecnici che decidono di optare per un percorso più manageriale. Di solito il bacino di utenza è costituito da laureati che vengono da percorsi di business administration, economics, political sciences, philosophy o da lauree triennali in Scienze giuridiche, o da chi opera come manager nel settore pubblico, di innovazione e della sostenibilità, dove si tratta anche di avere la capacità di gestire finanziamenti e risorse pubbliche. Sappiamo quanto i finanziamenti europei in questa fase stiano guidando e indirizzando lo sviluppo sostenibile. Avere la capacità di raccogliere e intercettare i programmi europei di finanziamento (non solo il Next Generation Eu, in Italia il PNRR, ma anche la nuova programmazione europea, quindi il nuovo piano di coesione territoriale 2021-2027 e le nuove opportunità offerte da Horizon Europe, il programma di investimento europeo sull’innovazione e la ricerca) è fondamentale per le piccole e medie imprese italiane, per le startup ma anche per le grandi aziende che vogliono sperimentare (ad esempio progetti come la Giga Factory in costruzione in Sicilia da parte di ENEL per la produzione di pannelli fotovoltaici oppure progetti sulle nuove batterie; tutti questi grandi progetti, a guida privata, sono in realtà poi anche finanziati dai programmi europei e dai finanziamenti pubblici). C’è bisogno di avere la capacità di far lavorare assieme pubblico, privato, sociale, centri di ricerca e utenti, come modello di interazione e collaborazione che si sta sviluppando grazie alla

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