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Il denaro: ieri, oggi e domani
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E-book261 pagine3 ore

Il denaro: ieri, oggi e domani

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Per la maggior parte della nostra storia, la dimensione economica si è mantenuta limitata e pressoché simile nel tempo. Le poche variazioni della produzione globale dipendevano da annate favorevoli di raccolto o da espansioni demografiche. Di fatto la produzione pro capite rimaneva statica.
Tutto cambia repentinamente nell’età cosiddetta moderna. Si stima che nel 1500 la produzione globale di beni e servizi equivalesse a 200 miliardi di euro attualizzati; oggi si aggira intorno ai 50 miliardi di miliardi di euro. I valori pro capite rendono il dato ancora significativo: dai 450 € annui del 1500 ai 7.000 € di oggi.
La trasformazione della moneta nella forma, sostanza e percezione è alla base di questa trasformazione. Il libro ripercorre le tappe essenziali che hanno permesso alla moneta, e alla sua evoluzione nel tempo, quello sviluppo economico di cui oggi siamo testimoni. Il punto centrale della trattazione è stato quello di favorire nel lettore il giudizio e la valutazione di questa trasformazione che è fatta di prodigi ma anche di tante criticità.
LinguaItaliano
Data di uscita22 gen 2024
ISBN9791222498690
Il denaro: ieri, oggi e domani

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    Il denaro - Giovanni Giuliattini

    IL DENARO:

    IERI, OGGI E DOMANI

    Giovanni Giuliattini

    PRIMO CAPITOLO

    IL DENARO IERI

    § 1.1 Premesse

    Cosa rappresentano i soldi per noi? Come funzionano? Cosa ci fa scegliere se spenderli o risparmiarli? O di essere avidi, seguendo un’insaziabile bisogno d’accumulo? o avari, in un’infaticabile desiderio di trattenere e non donare? E come funzioniamo, quindi, noi rispetto alle scelte cui i soldi e l’economia ci mettono di fronte? Non possiamo non farci domande sui soldi perché queste, anche quando scomode o spiacevoli, sono domande sulla vita e sul senso che noi le attribuiamo. Come usiamo il denaro racconta una parte delle ragioni irragionevoli dei nostri comportamenti, i valori che riteniamo nostri e che condividiamo con le comunità in cui viviamo, come l’idea che nutriamo sulla vita in generale.

    I soldi popolano i nostri pensieri e i nostri sogni. Il valore attribuito al denaro contribuisce alle prese di decisione nel lavoro, nelle relazioni, nel tempo libero, nelle emozioni, nelle passioni. Attraverso i comportamenti e le opinioni che abbiamo sul denaro esprimiamo giudizi sul mondo che ci circonda, valutiamo gli altri e noi stessi. E lo facciamo in forza di tale metro di misura, al punto di ricondurre tutto ad esso. Il denaro è un’idea. È un pensiero prodotto dall’invenzione umana. Proprio nell’era della tecno finanza e delle monete elettroniche e digitali, è più che evidente che il denaro agisca senza possedere una propria fisicità specifica e non avendo con la materia più nulla a che fare.

    L’antica spiritualità, che un tempo cadenzava la vita dell’uomo, si è progressivamente materializzata sul culto del denaro e delle sue seduzioni. E tanto più ci siamo immersi nel materiale seguendo il denaro e tanto più quest’ultimo si è trasformato da materiale in virtuale. È come se la spiritualità fosse passata dall’uomo al denaro e viceversa.

    La mia personale esperienza quando capita di conversare sul denaro è di verificare costantemente quante persone credono nel denaro in modo sbagliato, dal momento che non siamo stati educati a capire cosa sia il denaro, la sua distinzione con la moneta, le sue componenti, la sua origine e la sua evoluzione. Questo è dovuto in pari grado sia alla difficoltà intrinseca di comprendere l’argomento e sia alla mancanza di una formazione universale su tale materia nonostante essa rappresenti una componente fondamentale della nostra vita. Tutti utilizzano il denaro in base al quale, oggi in particolare, si fanno programmi di vita sia quotidiana che a medio e lungo termine senza rendersi conto che ormai da oltre mezzo secolo il denaro è quasi completamente rappresentato da moneta fiduciaria nel senso che non è supportato da oro o altro bene in grado di garantirne il valore che esprime. Esso è semplicemente un pezzo di carta o una registrazione su computer. Gli stessi economisti confondono spesso il mondo della finanza, del credito e della moneta e il mondo dell'economia. È importante, al contrario, distinguere per capire e per distinguere tra denaro e moneta. Il denaro è un concetto che affonda le sue radici nella realtà, la moneta è un oggetto sociale, costruito dagli esseri umani, contrariamente agli oggetti naturali che trovano in natura la loro origine.

    Riteniamo pertanto dover fare chiarezza su una prima fondamentale distinzione tra il concetto di denaro e quello di moneta.

    Il denaro è il circolante accettato del mercato, ossia da tutti, in un distinto periodo storico. Le conchiglie, i semi di cacao, il sale (da cui deriva il salario), le pecore (da cui deriva la pecunia), i pezzi di metallo, le monete, le banconote, gli assegni, i gettoni telefonici sono esempi di denaro. Quando parliamo di un individuo danaroso si fa riferimento all’insieme dei beni e dei mezzi di cui dispone a prescindere dal fatto che possieda moneta.

            La moneta, in senso stretto, è infatti il mezzo di pagamento emesso da uno Stato o da un Sovrano in un determinato periodo storico. Essa rientra nella categoria del denaro fino a quando è accettata dal mercato. Talvolta le monete vanno fuori corso e quindi perdono la caratteristica di essere denaro in quanto non accolte in pagamento di merci o servizi. La moneta quindi si collega a strutture pubbliche che ne determinano il valore e la diffusione. Mentre il denaro è omnicomprensivo sia dei beni naturali che artificiali, la moneta è sempre una creazione artificiale che risponde a regole e prassi ben precise.

    La moneta infatti, quale valore oggettivo e unico mezzo convenzionalmente accettato per l'acquisto e la vendita di beni e servizi, deve rispondere a dei precisi requisiti. E in effetti la stessa attuale economia monetaria sostiene che le proprietà della moneta debbano essere:

    misura del valore dei beni e dei servizi (unità di conto);

    mezzo di scambio per ottenere la quantità desiderata di un  bene o di un servizio;

    mezzo di pagamento comunemente accettato che fornisce alla moneta un potere liberatorio;

    riserva di valore (consente il risparmio).

    È solo nel concetto di riserva di valore che denaro e moneta si eguagliano dando l’errata impressione di coincidere. Il denaro è denaro ovunque, in Australia come in Antartide, mentre una moneta è sempre, entro certi limiti, espressione di un territorio. La moneta, insomma, è il supporto materiale del denaro.

    Le suddette caratteristiche inoltre sono comuni a vari beni usati come mezzi di pagamento anche fino alla metà del Novecento: vari tipi di metalli (oro, argento, rame, ferro, ecc.), il sale, le conchiglie nell'area del Pacifico, il tè, pietre in diverse forme (nel neolitico, l'ossidiana era il più diffuso mezzo di scambio), nel mondo latino il bestiame e gli schiavi; in Giappone il riso; in Islanda, di ogni merce si stabiliva l'equivalente in pesce secco fino al XIX secolo.

    Gli studi di antropologia indagando le società pre-monetarie, ci dicono che il denaro nasce prima della moneta e si declina di volta in volta in materialità differenti. L’origine della moneta è inoltre vista come esemplificazione della natura dell’uomo, che per vivere deve soddisfare i propri bisogni e interagire con altri esseri umani, dando così vita alla pratica dello scambio.

    Nelle moderne economie, il denaro si perfeziona quanto più si smaterializza. Esso, come tale, è un'astrazione e in qualsiasi forma si presenti (oro, monete metalliche, banconote, azioni, obbligazioni, assegni, cambiali, buoni-pasto, impulsi elettronici, ecc.) il denaro è una promessa. Funge da intermediario nello scambio non perché valore materiale ma in quanto promessa. Altrimenti torneremmo al baratto, un semplice scambio di cosa contro cosa.

    La moneta invece è il segno che prova l'esistenza di questa promessa. È per questa funzione di garanzia che sulle nostre vecchi banconote in lire stava scritto, anacronisticamente, «pagabili a vista al portatore» nonostante l’unica cosa con cui quella banconota poteva essere onorata fosse un’altra banconota dello stesso tipo.

    Per quanto detto, l’adozione artificiale della moneta presuppone di pari passo l’introduzione di teorie e sistemi economici.

    Per oltre diecimila anni l’umanità è stata sull’orlo della sopravvivenza. In questo periodo pertanto è più corretto parlare di denaro e non di moneta. L’economia e i meccanismi monetari faranno il loro ingresso molto più tardi, quando la sopravvivenza sarà sostanzialmente assicurata. Sappiamo infatti che l’economia è una scienza delle scelte che intervengono solo quando si presentano delle alternative. Se le scelte sono obbligate o non esistono, come nel lontano passato, l’economista o un sistema monetario strutturato non hanno ragione di esistere.

    La tradizione vuole che il nome moneta sia collegato all’episodio delle oche del Campidoglio del 390 a.C., tramandatoci da Tito Livio (59 a.C.-17 d.C.). In quell’anno Roma era assediata dai Galli di Brenno; sulla cittadella del Campidoglio vi era il tempio di Giunone dove venivano allevate delle oche che, essendo sacre alla dea, i romani avevano risparmiato nonostante la fame e la carestia prodotte dall’assedio. Una notte Marco Manlio, soldato che dormiva presso il tempio di Giunone, sentì le oche starnazzare. Sospettando il peggio corse alla rocca dove si accorse che alcuni galli la stavano scalando. Affrontò il primo mozzandogli le dita con un colpo di spada. Le urla e le oche che presero a starnazzare maggiormente, svegliarono il presidio militare che diede l’allarme riuscendo a sventare l'attacco dei galli. Da quel momento la dea Giunone acquisì l'appellativo di Moneta, dal latino monere (avvertire, ammonire) in quanto le fu imputato il risveglio delle oche per avvertire dell'arrivo dei Galli.

    Peraltro, successivamente (269 a.C.), nel luogo dove adesso sorge la Basilica di Santa Maria in Aracoeli, attiguo al tempio di Giunone Moneta sul Campidoglio, venne edificata la zecca che fu posta proprio sotto la protezione della Dea Moneta. A quel punto fu il linguaggio popolare a trasmettere l'appellativo della Dea dapprima alla zecca e poi a ciò che lì si produceva.

    Oggi più che in passato è fondamentale mantenere la giusta distinzione tra denaro e moneta. L’identificazione di quest’ultima con il denaro è probabilmente la causa che sta all’origine delle crisi finanziarie e dei loro riflessi sull’economia reale. Un euro, il Bancomat, la carta di credito, un’azione, un’obbligazione, un fondo d’investimento sono moneta o denaro? Quando consegni delle banconote in pagamento esse non sono altro che moneta cioè uno strumento per concludere uno scambio, le puoi usare per acquistare prodotti o beni che hanno valore. Il valore intrinseco della moneta è praticamente zero o, al massimo, il suo valore è rappresentato dal costo sostenuto per la stampa della carta: poco più di qualche centesimo.  Vogliamo con ciò dire che la moneta odierna non è sempre denaro, perché non ha valore in sé e di per sé. Prendiamo ad esempio una banconota da 100 euro, qualcuno può pensare che valga il valore che porta stampigliato questo pezzo di carta? È ovvio che no! Il suo valore intrinseco, considerando pure le caratteristiche artistiche e gli accorgimenti contro la contraffazione, non va al di là di qualche centesimo di euro.

    Quella carta rappresenta semplicemente il valore che è accumulato da qualche altra parte, o perlomeno dovrebbe esserlo, perché quel valore, un tempo, è stato sicuramente coperto fino al momento in cui i governi hanno deciso di non essere più obbligati ad avere riserve in oro e argento equivalenti al valore della moneta (o valuta) circolante.

    La moneta non accumula valore in sé per sé ma resta un mezzo con cui trasferire valore. Il loro potere di acquisto, come già visto, deriva unicamente da un accordo tra popolo, governo e banche.

    Oramai siamo pieni di monete senza valore intrinseco. Ne stanno stampando sempre di più svalutando la loro capacità di acquisto. È intento del libro far comprendere come siamo arrivati a questa trasformazione monetaria rivivendo sinteticamente i vari momenti e accadimenti storici cui imputare questa evoluzione. Una trasformazione che ha reso la moneta un concetto, un bene fiduciario nel senso che assume valore solo nel momento in cui gli individui ne accettano il valore in fiducia. Ergo se un qualsiasi pezzo di carta o una registrazione su computer può diventare moneta di scambio per beni e servizi solo sulla base della fiducia conferitale dagli individui, risulta evidente il rischio di assistere alla nascita incontrollata oltre che infinita di monete di tutti i tipi. Sarà sufficiente operare per ottenere la fiducia di una massa critica di individui, oggi più facilmente raggiungibile in presenza di un mondo sempre più globalizzato. Questo sarà l’argomento del terzo e ultimo capitolo del libro.

    § 1.2 Le prime forme di scambio e nascita della moneta.

    In questa prima parte cercheremo di illustrare l’evoluzione del denaro la cui origine risale a migliaia di anni fa. Si premette che si può parlare di denaro e dei suoi succedanei allorché nasce tra gli individui la necessità di scambiare beni, profilandosi così una pur minima e primitiva forma di economia.

    La più antica forma di scambio conosciuta è il baratto. Ancora oggi presente nelle società primitive, esso consiste nello scambio diretto di beni contro beni. Secondo vari studi antropologici, ha origine in forza di scambio di doni, utile a cementare la vita delle comunità o i rapporti tra comunità. È d’obbligo aggiungere tuttavia che, nonostante sia radicata la considerazione del baratto come prima fase storica di economia commerciale, non vi è alcuna prova storica, antropologica o etnologica dell'esistenza di una società o di un'economia basate sul baratto. Ed è anche facile comprendere perché se facciamo mente locale a quelle realtà primitive consistenti essenzialmente in tribù nomadi. Queste, formate normalmente da un limitato numero di persone, sono per lo più autosufficienti, caratterizzate da relazioni improntate alla solidarietà e se scambi avvenivano riguardavano solo oggetti sottratti al consumo. Forme di baratto appaiono trasversalmente a tutti i periodi storici e ai vari sistemi economici in funzione di specifiche occorrenze senza mai imporsi a sistema. Tuttavia il baratto mantiene una sua importanza storica in quanto questa prima forma di scambio ci ha permesso di costruire ponti commerciali tra individui e tra territori. Una delle prime testimonianze di baratto che ci siano pervenute ha caratterizzato gli scambi tra regioni del Medio Oriente, dove circa 15.000 anni fa l’ossidiana anatolica (una pietra nera e lucida figlia dei vulcani), era assurta a sistema di scambio. L'ossidiana era infatti usata come materia prima per la fabbricazione di strumenti nell'età della pietra e successivamente anche come forma di moneta di scambio.

    Altre forme di baratto si registrano ad esempio nell’Alto Medioevo a causa delle economie chiuse ad assetto agrario-feudale caratterizzate da scarsi scambi mercantili. Forme occasionali di baratto possono riscontrarsi anche nelle nostre moderne economie. Una forma modernissima di esso, nell’ambito del web, può essere individuata nella pratica dello "swapping". Quest’ultimo oggi fenomeno mondiale, è nato negli Stati Uniti d’America. Personaggi della moda, del cinema e del teatro, si ritrovano in un locale pubblico a scambiarsi vestiti e accessori in un’atmosfera amichevole e divertente. Oggi questa pratica si è allargata a negozi e siti internet dedicati che propongono lo scambio di beni.

    La ragione fondamentale per cui il baratto non ha mai raggiunto il livello di sistema, è dovuta al fatto che in esso le fasi della produzione e del consumo sono quasi contestuali. Inoltre, esso richiede in ogni momento che preferenze e necessità di scambio siano simili tra gli individui e siano al tempo stesso compatibili con i beni disponibili per lo scambio. Un fornaio può scambiare il suo pane fresco con le verdure coltivate da un agricoltore, ma se il fornaio ha bisogno di un nuovo forno? E se il contadino ha bisogno del pane quando la natura non produce verdure? Ecco che si palesa la necessità di un oggetto terzo, cui sia riconosciuto lo stesso valore dal contadino, dal fornaio e dall’artigiano che dovrà costruire il forno, da scambiare contro il bene o la prestazione di cui ognuno ha bisogno.

    Come anticipato nelle premesse, sono moltissimi gli oggetti che nella storia gli uomini hanno usato come mezzo di scambio: conchiglie, semi, piume colorate, pietre forate, sale, pecore, ecc. Che questi elementi siano stati oggetti di scambi ne sono larga testimonianza le storie rinvenute dalla civiltà sumera intorno al 6.000 a.C.

    Man mano che l'economia si sviluppa su più attività produttive, ogni soggetto economico (individuo, famiglia, comunità) è maggiormente invogliato a produrre non solo prodotti che servono al soddisfacimento dei propri fabbisogni, ma anche beni destinati alla vendita. Si crea pertanto un vero e proprio mercato di scambio di beni e servizi e con esso l’esigenza di un mezzo di pagamento più idoneo. Con il tempo in tutto il mondo si diffonde infine la pratica di usare i metalli per forgiare delle monete: più facili da trasportare e di valore costante. Due monete d’oro di pari peso sono uguali e si conservano intatte nel tempo.

    Nella fase pre-monetaria si usa il pezzo di rame da pesare ogni volta. Con l’aumentare delle transazioni, si avvertì la necessità di avere il metallo diviso in pezzi regolari, su cui fosse indicato il peso, e quindi anche il valore.

    Le ricerche archeologiche ci dicono che in Mesopotamia, intorno al 2500 a.C., siano state trovate le prime prove di metalli preziosi usati come denaro, mentre ben più numerose testimonianze archeologiche delle prime monete al mondo vengono da un piccolo stato conosciuto come Lidia (parte dell’attuale Turchia). Monete metalliche che, secondo Erodoto, sarebbero state inventate e coniate da Creso, il re di Lidia, nel 600 a.C. Tra i Lidi, sempre secondo Erodoto, la moneta era associata alla prostituzione considerata sacra da quelle culture.  Policrate di Samo ci informa che, appena inventata, la moneta cominciò ad essere contraffatta e alterata. Il che, piú di una volta nella storia, indusse gli uomini a rifonderla e a tornare alla moneta pesata.

    Successivamente, con la conquista della Lidia da parte dei Persiani, la prassi del conio determinò l'espansione delle monete in altre nazioni. Popoli come Greci, Romani e Cinesi servirono successivamente da epicentro per i paesi confinanti e per le popolazioni sottomesse, entrambe indotte, se non obbligate, a usare monete come sistema di scambio.

    La Grecia per prima intravede l’esigenza di una moneta unica. Il periodo è quello delle città stato. Le poleis erano come degli stati autonomi, alcune volte piccolissimi, che battevano una moneta propria. Essa era chiamata nòmisma (ne deriva l’attuale numismatica) ovvero ciò che viene consacrato dalla legge in quanto la moneta era considerata come sacra, da ciò derivava che il falsario oltre a risponderne davanti alla legge, doveva farlo anche davanti agli Dei. In Grecia intorno al V secolo a.C. si contavano più di 1.400 polis. È facile immaginare le complicazioni che si evidenziavano in presenza di consistenti transazioni commerciali tra le polis. Si pensò di coniare monete in base a parametri standard uguali per tutte trovando grosse difficoltà nello standardizzare la quantità di fino per ogni moneta (normalmente d’argento).

    Il primo filosofo che propose una moneta unica greca, il nòmisma hellenikon, fu Platone (427-347 a.C.). Secondo Platone la moneta unica non doveva sostituire le monete locali delle varie polis, ma aveva come scopo quello di diventare un mezzo di regolamento nelle relazioni commerciali tra le poleis, semplificandole. L’idea non decollò solo per un fatto di campanilismo in quanto le Poleis non vollero l’ancoraggio della loro moneta alla dracma di Atene. Furono poi i Romani con le loro conquiste ad imporre la circolazione di una moneta unica in tutti i territori assoggettati e, quindi, anche in Grecia. Tale moneta rappresentava il segno della potenza politica ed economica Romana. È d’obbligo tuttavia sottolineare che i Romani non crearono nulla di particolare dal momento che si limitarono a far proprie le conoscenze monetarie dei Greci adattandole alle proprie esigenze. Nel 269 a.C. dal tempio di Giunone viene coniata la prima vera moneta chiamata quadrigato (dovuto alla presenza sul retro di Giove su una quadriga guidata dalla Vittoria, mentre nel fronte c’era una testa bifronte con lauro).

    Inizialmente le monete erano realizzate con i tre metalli preziosi dell'epoca ovvero il rame, l'argento e l'oro i quali stabilivano il valore del pezzo. La prassi di valutare il denaro attraverso una pietra avente caratteristiche particolari, facilitò lo sviluppo del metallo sia come merce di scambio che come moneta metallica. Si tratta del diaspro nero, comunemente chiamato pietra di paragone, che è una delle principali forme cristalline della silice. Tramite una pietra di paragone può essere verificata la purezza di qualsiasi metallo tenero confrontando il colore delle tracce che si formano strofinandovelo sopra, consentendo così di risalire rapidamente al contenuto in metallo prezioso. Dal momento che l'oro è un metallo tenero, denso, conservabile e anche difficile da trovare, esso divenne il metallo per eccellenza per la coniatura delle monete, affermandosi in tutto il mondo.

    L'utilizzo del diaspro nero richiedeva peraltro una certa prassi e un minimo di conto. La pietra di paragone permette di stimare la quantità di oro in una lega, che deve essere poi moltiplicata per il peso del pezzo di metallo e trovare così l’effettiva quantità di metallo prezioso in esso contenuto.

    Per rendere più semplice e automatico questo processo venne introdotto il concetto di monetazione standard. Questo consisteva nel rendere prefissati sia il titolo delle leghe che il peso delle monete coniate, in modo

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