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Amore Profanato e amore Sacro
Amore Profanato e amore Sacro
Amore Profanato e amore Sacro
E-book202 pagine2 ore

Amore Profanato e amore Sacro

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Info su questo ebook

In una Sicilia aspra e solare, Fernanda, erede di una famiglia aristocratica, si trova costretta a combattere invano per cercare di salvare la madre Sonia da un patologico attaccamento alla bottiglia. Sarà Pippo, l'ultimo compagno di Sonia, a consentire a Fernanda di scoprire che dietro quella dipendenza c'è una triste storia di abusi che la madre ha subito, da piccola, proprio all'interno della sua famiglia.

Dopo la morte di Sonia, nonostante la notevole differenza d'età, tra Fernanda e Pippo nascerà una contrastata storia d'amore che li porta dapprima a separarsi, per poi ritrovarsi grazie all'aiuto di Ahmed, un immigrato di seconda generazione che è il miglior amico di Fernanda.

Insieme, Pippo e Fernanda cresceranno la figlia Giulia ma nuove sfide li attendono, e solo alla fine Fernanda ritroverà finalmente la serenità. Una storia incentrata sulle sfide che una coppia deve affrontare per poter stare insieme, nonostante il dolore della perdita ed il coraggio necessario per ripartire, nonostante tutto.
LinguaItaliano
Data di uscita22 gen 2024
ISBN9791222704180
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    Anteprima del libro

    Amore Profanato e amore Sacro - Francesco Maggiore

    LA PRIMA LETTERA

    I

    Una volta che Marcella se ne fu andata, sbattendo idealmente la porta del locale, Pippo pensò che era ancora troppo presto per tornare a casa, e che non c’erano a quel punto impedimenti per non tornare al tavolo degli amici, ancora seduti fuori. Così li raggiunse, proprio mentre al loro tavolo s’avvicinava una tipa che gli sembrava in qualche modo di riconoscere. Dopo che entrambi s’aggiunsero al tavolo, che aveva a quel punto raggiunto le dimensioni d’una piazzetta, si ritrovarono seduti accanto, e lui poté così guardarla meglio, valutando tra sé e sé se poteva trattarsi davvero di una sua vecchia conoscenza, risalente al remoto periodo del Liceo.

    Erano passati più di trent’anni, e quindi – come per lui del resto – non era facilissimo riconoscere nei suoi tratti ormai adulti la ragazza truccatissima, di appena qualche anno più piccola di lui, che s’era fatta a scuola la nomea di ragazza facile, e che in tanti vantavano d’essersi portata a letto, lamentandosi però di come lei si fosse tassativamente rifiutata di trasformare quel primo fugace rendez-vous in un rapporto stabile. Com’è cambiato il mondo in questi trent’anni! – pensò tra sé e sé – Allora un simile comportamento spiazzava noi maschietti, mentre adesso mi ritrovo ad applicare lo stesso paradigma io, maschio, a costo di mettermi contro donne come Marcella, con le quali non vorrei mai spingermi oltre sporadici incontri!.

    Solo quando la sentì chiamare Sonia da uno dei suoi amici ebbe la certezza che si trattasse di lei, e s’azzardò a voltarsi verso di lei dicendole:

    - Sonia! Ma proprio non ti ricordi di me? Lei lo guardò strizzando un po’ gli occhi, come se volesse mettere a fuoco il suo viso nonostante una forte miopia, e poi disse, quasi infastidita:

    - Dovrei?

    - Certo non è un obbligo – replicò lui ridendo – specie considerato che sono passati più di trent’anni da quando frequentavamo lo stesso liceo!

    - Beh, questa potrebbe essere una valida motivazione… – e tirò su un lungo sorso del cocktail che nel frattempo le avevano servito e che stava sorbendo lentamente con la cannuccia – e com’è che non ci siamo più incontrati da allora? Ah, a proposito, com’è che ti chiami?

    - Pippo, Pippo Macaluso, ribatté lui, sperando che almeno il cognome le dicesse qualcosa.

    In realtà, non era stato, a quei tempi, uno di quelli che erano riusciti a portarsela a letto, ma doveva ammettere che aveva subito il suo fascino, pur non avendo avuto modo di valutare se quell’attrazione fosse reciproca o meno.

    Cercò quindi di riassumere – nella maniera più sintetica possibile, per non annoiarla – che mestiere faceva, di come quel lavoro l’avesse portato a trascorrere quasi trent’anni negli USA, e del fatto che aveva infine deciso di rientrare a Palermo, tutto sommato da poco. Sonia l’aveva ascoltato con un atteggiamento che si sarebbe potuto definire di sufficienza, come se in realtà di quella narrazione non le fregasse un cazzo, ma poi – in maniera inaspettatamente gioviale – gli aveva risposto:

    - Una vita avventurosa, insomma. Il tuo cognome mi dice qualcosa – del resto a scuola ci chiamavamo più per cognome che per nome – ma i miei ricordi di quegli anni sono molto vaghi: non m’interessavo molto alla politica, ero addirittura contraria al femminismo imperante, e i miei rapporti erano molto evanescenti… come dire? Volavo di fiore in fiore sperando solo di capire cosa avrei voluto fare da grande.

    - E ci sei riuscita, alla fine?

    - Sì e no: finito il liceo sono andata fuori Palermo per studiare Psicologia, ma appena rientrata con la laurea in tasca ho fatto la gran minchiata di sposarmi con un coglione dal quale mi sono separata poco tempo dopo la nascita di nostra figlia. A quel punto – riacquistata la mia libertà – sono stata tanto presa dai numerosi argomenti che m’incuriosivano da tuffarmi a capofitto nelle letture che m’appassionavano piuttosto che cercare di monetizzare la laurea. E così mi sono ritrovata a fare piccoli, insignificanti lavoretti, tanto per guadagnare qualche cosa, anche se per fortuna la mia famiglia m’ha sempre supportato. Tutto qui!

    Pippo era stupito di come lei si fosse sciolta, e avesse perso del tutto l’aria supponente che aveva avuto all’inizio. Gli sembrò che la cosa potesse funzionare, ma se da un lato non voleva sprecare l’occasione fornitagli da quell’incontro casuale, dall’altro non voleva neppure darle l’impressione d’essere troppo interessato a rivederla, e così cercò di trovare rapidamente una strategia vincente. Cominciava a far buio, il che era abbastanza naturale, essendo passati quasi due mesi dal solstizio d’estate, ma l’afa era appena tollerabile, probabilmente per la cappa d’umidità che ricopriva la città.

    - Ok – decise allora di dirle – m’ha fatto piacere rivederti. Adesso scusami, però: comincia a far buio e io devo arrivare in moto fino al villino, a San Martino, sperando di trovare almeno lì un po’ d’aria fresca.

    - San Martino? Un posto strano… – replicò lei – Si raccontano tante leggende su una presunta maledizione lanciata dai monaci sugli abitanti del paese, e comunque è un posto molto umido, in inverno. Ma tu starai là solo in villeggiatura, no?

    - Per la verità no, ci vivo tutto l’anno, e se in estate c’è di sicuro meno caldo che a Palermo, posso assicurarti che neppure d’inverno è malaccio, maledizioni o meno…

    Risero insieme, e mentre si alzava decise di lanciarle l’esca:

    - In ogni caso non mi dispiacerebbe rivederti. Ti lascio il mio numero!

    Scrisse il numero del suo cellulare su un tovagliolo pulito, glielo porse, e poi cominciò subito a salutare gli altri amici e si allontanò senza girarsi fino a salire sulla moto, metterla rumorosamente in moto e scappar via come se dovesse sfuggire a qualcuno, chiedendosi: Abboccherà all’amo?.

    Evidentemente aveva abboccato, perché qualche giorno dopo, trascorso senza che Marcella, fortunatamente, si facesse più viva, mentre era immerso nel lavoro, a metà mattinata sentì la suoneria del cellulare, e si chiese chi diavolo potesse essere a quell’ora. Sentendo la voce di Sonia da un lato si stupì, ma dall’altro si congratulò con se stesso perché, evidentemente, la sua strategia di non cacarla più di tanto aveva funzionato:

    - Ascolta – gli disse lei saltando i preamboli – la chiacchierata dell’altro giorno m’ ha lasciato voglia di conoscerti meglio: perché di pomeriggio non vieni a trovarmi a casa?

    - Volentieri – rispose lui – purché mi dai l’indirizzo! – aggiunse poi ridendo.

    - Sto al Cassaro, o se preferisci in corso Vittorio Emanuele, e l’indirizzo esatto è questo… Se vieni verso le sei e mezza, peraltro, mia figlia, che a quell’ora sarà già scesa per vedersi coi suoi amici e per cena non rientra quasi mai, potremmo perfino consentirci una sana scopata, che ne pensi?

    Quell’invito così sfrontato lo spiazzò, forse perché essendo all’antica amava arrivare al dunque solo dopo aver recitato per un po’ il ruolo tipico del maschio cacciatore, al quale magari la partner opponeva all’inizio qualche resistenza, per cedere solo alla fine al suo corteggiamento. Contemporaneamente, però, sotto l’atteggiamento spaccone di Sonia percepiva un’enorme fragilità, oltre che una spaventosa solitudine, magari più cercata che imposta dall’esterno; chi era lui per giudicarla, dopotutto? E opporre un rifiuto a quella sua strampalata proposta non avrebbe rischiato d’offenderla?

    - Come dirti di no? – rispose allora – ritienila cosa fatta! Alle sei e mezza sarò a casa tua.

    E così fu: il palazzo – con suo vivo stupore - si presentava come una delle tante residenze nobiliari affacciate sul Cassaro, la strada più antica di Palermo. Da giù lui la chiamò al cellulare, e lei scese indicandogli dove avrebbe potuto posteggiare la sua moto nell’androne. Poi, senza scambiare una parola, cominciarono a salire l’elegante scalone, ad ogni angolo del quale c’erano resti di antiche statue. S’aspettava d’entrare in una sontuosa magione, arredata come quelle degli antichi gattopardi, mentre invece a un certo punto Sonia lo invitò ad imboccare una piccola scala secondaria, portandolo fino alla porta d’un mezzanino, entrato nel quale Pippo rimase basito da quant’era basso il soffitto. Doveva trattarsi, pensò, di uno degli appartamenti riservati un tempo alla servitù…

    Il saloncino – al quale, come a casa sua, s’accedeva direttamente – era piccolo e assai poco curato. Sulla destra dava in un angusto cucinino i cui pensili erano ormai cadenti, mentre in fondo una porta doveva evidentemente condurre alla zona notte ed al bagno. Quasi tutto lo spazio restante era occupato da una libreria stracarica di libri impolverati, con accanto un vecchio divano Frau talmente sdrucito che ci sarebbe voluta parecchia fantasia per immaginarne gli antichi splendori. L’unica finestra dava sul giardino annesso al palazzo, al quale evidentemente s’accedeva da una delle anguste traverse dalle quali in un attimo, dall’elegante corso Vittorio Emanuele, si poteva raggiungere quel che restava degli antichi mercati che sorgevano appena alle spalle dei ricchi palazzi.

    - Accomodati! – disse finalmente lei, rompendo quel silenzio carico di tensione – Ti va qualcosa da bere?

    - Sì – rispose lui, talmente preso dalla botta da rispondere meccanicamente, pur senza esserne pienamente convinto.

    Dopo un attimo lei si presentò con due boccali da birra riempiti fino all’orlo di vino rosso. Al primo sorso gli venne quasi da vomitare: evidentemente si trattava di uno di quei vinacci – che verosimilmente non avevano mai conosciuto l’uva – acquistabili a poche lire in una delle tante taverne all’antica (quelle che ancora oggi tengono sul bancone le uova sode), che hanno preso il posto, nei quartieri popolari, degli antichi circoli aristocratici come luogo d’aggregazione, sostituendo solo lo scopone scientifico o la briscola al biliardo…

    - Come ti pare? – chiese lei, che aveva tracannato il suo boccale in un sol sorso.

    - Buono – mentì lui spudoratamente, cominciando a sentirsi una merda per non aver capito, fino ad allora, lo stato d’indigenza nel quale doveva versare Sonia, nonostante le nobili origini!

    - E adesso che ne diresti di dare inizio alle danze? – senza neppure aspettare la sua risposta lei gli aveva già poggiato la mano sulla patta, e con un’abile manipolazione gliel’aveva già fatto indurire…

    - Ma, Sonia… – provò a dire lui, al quale certo non mancava la voglia, giacché alla fin fine l’ultima scopata se l’era fatta con Marcella almeno una settimana prima ma che, in maniera altrettanto sicura, non si sentiva a suo agio, in quella situazione. Sonia, però, né aveva voglia di lasciarlo parlare, evidentemente, né tantomeno gli avrebbe potuto rispondere, perché nel frattempo gliel’aveva già tirato fuori e se l’era messo in bocca…

    Dalla poltrona passarono in breve nella stanza da letto, delle cui condizioni – arrivati a quel punto – lui non riuscì più a stupirsi. Lei s’esibì in un tale repertorio da lasciare Pippo – che non si riteneva di certo un santarellino – prima sbalordito ed infine stremato. Il modo in cui Sonia faceva sesso era diverso da quello di qualsiasi altra donna con la quale lui avesse avuto a che fare: c’era da un lato esercizio di potere, ma anche una quasi masochistica sottomissione… Stare a letto con lei, insomma, poteva definirsi in qualsiasi maniera tranne che "fare

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