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Inferno's Update
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E-book191 pagine1 ora

Inferno's Update

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"Lasciate ogni smartphone o voi che entrate". Così le guardie naziste intimano l'Alt a Domenico e a Giuseppe Ungaretti, poeta e sua guida all'entrata di questo nuovo, moderno inferno. Ebbene sì: un inferno tecnologico, autosufficiente che ricava energia da sé stesso, che viaggia su metropolitane e per ascensori, per fermate di stazioni e per una città sotterranea: e tutto vive qui e tutto è eterno, perché il male dell'uomo non si esaurisce mai. Mettetevi comodi, e tenetevi forte, comincia il giro nel regno della morte.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2018
ISBN9788827821343
Inferno's Update

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    Anteprima del libro

    Inferno's Update - Domenico Franco

    XXXIII

    Domenico Franco

    INFERNO’S UPDATE

    LA NUOVA COMMEDIA

    L’uomo è il vero male!

    INCIPIT NOVA COMEDIA

    DOMINICI FRANCI

    ITALIANI NATIONE

    NON MORIBUS

    Premessa

    Cari lettori e care lettrici,

    la poesia sta morendo. E come una forte voce che pian piano scema, così anch’essa, annoverata tra le più alte arti or sta soccombendo ad arti letterarie più commerciali, di facile impatto e invero di grande effetto e nel nome del dio denaro tutti gli autori si piegano alla potenza della narrativa. La poesia non tira più, non appassiona, non ha stile, né elevato né interrato: e vaga sciatta e ignorata dai più nelle librerie; troppo elevata, ermetica, o al contrario essa è prosa poi messa in versi con il pulsante Invio. Il poeta che, come me, cerca spazio nella notorietà della letteratura troverà ostacoli insormontabili, narratori ormai ben accolti dal pubblico, poeti pluripremiati, e potrà notare che nella maggiore i temi trattati sono banali, le trame strausate, il linguaggio contaminato da barbarismi (inglesismi?) o errori ed orrori grammaticali. Miei cari lettori, i veri libri, quelli che trasmettono o insegnano qualcosa stanno scomparendo sotto la polvere, così la nostra cultura è ormai polvere che l’odierna società soffia via con il vento fetido dell’ignoranza e del consumismo. Le persone serie, che non raccontan storie, le han spedite in ferie così diceva Celentano quasi cinquanta anni fa, e la decadenza continua inesorabile e infallibile e tutto finirà nel vuoto dell’ignoranza. Tu lettore sei uno e dei pochi e resistenti baluardi della cultura, che ancora vuole leggere qualcosa, che tiene ben lontana la banalità, che ancora sa dedicare del tempo a sé stesso, per la propria mente e per il proprio corpo. Tu lettore ti ergi invano sull’ignoranza, ma prima o poi anche tu verrai divorato senza pietà dalla società e dalla letteratura di consumo. La poesia muore perché è elitaria e non smuove niente e nessuno ormai, nasce e muore sul foglio del poeta vinto da un mondo che non vuole e (perché plagiato) non riesce più a pensare con la sua testa; un mondo ormai schiavo della disinformazione o informazione vera a metà. Schiavi leggiamo ciò che il potere vuol farci leggere, di ciò che impongono per buono e ciecamente vi crediamo. Non vi è pausa in questo mondo né un momento utile affinché la nostra mente provi a riflettere su ciò che ci circonda: e ci si limita ad una cultura di superficie e non si ha tempo per scavare a fondo, per scavarsi a fondo; non più nostri sono i bisogni né i pensieri né i sentimenti, ci imitiamo l’un l’altro al fine di sopravvivere in un mondo che non è più il nostro. Per chi prova a pensare e agire contro la taratura del sé è una vita difficile, ancor di più per chi decide non di andare controcorrente ma di cambiare fiume, con il rischio che questo non sia altro che una deviazione del primo.

    Questa premessa mi è utile per introdurvi alla mia opera, nella quale, non senza difficoltà ho cercato di distaccarmi dalla su menzionata taratura. Ho scelto, lettore mio, la poesia, il terreno più ostico per coltivare il mio pensiero e far crescere il mio essere. Avrei potuto scegliere un altro modulo letterario, ma non riesco a conformarmi al gusto di massa, né mi piace romanzare, ed ho scelto di poetare fino in fondo, di incarnare i miei pensieri nella poesia e nei suoi versi. Con ciò non intendo sfidare i prosisti ma solo usare il mio modo personale di dire le cose. Quindi il mio modo di pensare il mondo con il mio modo di fare poesia: una bella rogna da grattare, vero?

    Potrai dirmi, caro lettore, che ho scelto il miglior modo di morire (letterariamente parlando) e forse hai ragione: ma in quello che ho qui scritto ci ho messo l'anima, la mente, il corpo, la passione, insomma tutto me stesso; è stata una bella avventura scriverlo e mi auguro per te sarà leggerlo e se ho suscitato in te qualche sentimento, sia pur di riluttanza verso tali argomenti ne sarò soddisfatto, perché per me scrivere è già felicità, che poi piaccia ancor meglio ma non strettamente necessario.

    Tutt'al più avrai un libricino nero nella tua libreria che farà la sua elegante figura.

    INTRODUZIONE

    E dopo la captatio benevolentiae passo al dunque.

    Come si può desumere dal titolo tratterò un argomento non nuovo ai lettori più accaniti: l'inferno e le sue pene. Ma questo lo fece Dante: e la novità dov'è? La novità è che in questo libro di Dante, a parte qualche coincidenza numerica e pochi versi (impossibili ignorarli in quanto pregni di significato), non vi è nulla. Chi vuole Dante o una sua imitazione deve leggere Dante non me. L'inferno, in questo libro, assume connotati umani, terrestri, non vi sono mostri o esseri leggendari; d'ivi ne è stata stravolta la struttura, che non ha nulla a che vedere con la struttura dell'inferno dantesco: le pene e le torture seguono più la regola dell'analogia che del contrappasso, rifacendosi a strumenti di pena e tortura antichi ed anche moderni. La poetica non ha nulla a che vedere con quella dantesca, sinonimo di perfezione e, personalmente ritengo, inarrivabile; il mio poetare è un misto di simbolismo e ermetismo, i versi sono sciolti e liberi senza disprezzare la varietà degli effetti fonetici (e poetici) che offre la lingua italiana a tale scopo.

    Ciò che ritengo in quest'opera strettamente personale è il modo di vedere gli uomini, le cose e Dio, cosa che mi ha procurato non poche noie in passato. Esso trova le sue radici nella filosofia dei personaggi menzionati in questa opera, così come la mia poesia nasce ispirata da colui che ritengo uno dei più grandi autori e poeti moderni: Giuseppe Ungaretti. Egli sarà la mia guida per tutto il percorso durante il quale si aggiungeranno altri ciceroni dei luoghi che visiterò: luoghi reali e luoghi dell'anima attraverso un lungo cammino di maturazione. Quindi tra un canto e l'altro potreste anche trovare discrepanze di pensiero ed azione perché tutto il poema è in continua evoluzione, tutti i luoghi in continuo cambiamento, tutte le persone coinvolte in esso non sono immutabili, né eterne. Un solo elemento non varia per tutta la durata del viaggio, il male!

    E questi è il motore dell'inferno, inesauribile e incontenibile.

    Menzionare tutti i maligni è stato ovviamente impossibile, e perché a metterli tutti ci vorrebbero due inferni, e perché alcuni non sono ancora stati condannati dalla storia e la cosa non mi è sembrata corretta. Di alcuni troverete i nomi, di altri troverete allusivi riferimenti. Perché ho condannato questi e non altri? Gusti personali. Sicuramente avrete da ridire su qualcuno che ho, a mio parere, infilato qui dentro senza giusta causa: ma come ben dirò nell’opera Bene e male sono solo opinioni e personali percezioni.

    Ho cercato in tutta l’opera di mantenere una certa scorrevolezza o, come alcuni m’hanno detto, una certa burrascosità in linea con i tempi moderni, che veloci e frenetici ben si adattano alla mia poetica.

    Avrei voluto evitare di cascare nei loci danteschi, ma quando si trattano codesti argomenti sembra quasi inconscio e inevitabile riprodursi

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