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Il reato aberrante
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E-book197 pagine2 ore

Il reato aberrante

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Info su questo ebook

L’autore partendo dall’esame delle varie teorie sulla causalità che si affrontano sul terreno della scienza giuridica, analizza l’istituto del reato aberrante in tutti i suoi aspetti con particolare attenzione all’elemento psicologico. Gli studi giuridici, specie quelli moderni, sull’aberratio sono passati in rassegna, con analisi critica, anche nell’ambito della compartecipazione criminosa in cui l’esecutore materiale del reato si dimostra inabile.
LinguaItaliano
Data di uscita21 mar 2014
ISBN9788898924042
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    Il reato aberrante - Giuseppe Dacquì

    IL REATO ABERRANTE

    Casualità e concorsualità

    Giuseppe Dacquì

    Collana penale.it

    a cura di

    Daniele Minotti

    copyright © 2014 Antonio Tombolini Editore

    all rights reserved

    Via Villa Costantina, 61,

    60025 Loreto Ancona

    Italy

    email: penale@simplicissimus.it

    www.libri-penale.it

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    Immagine di copertina a cura di Marta D’Asaro

    edizione digitale realizzata con BackTypo.com by Simplicissimus Book Farm

    Edizione digitale: marzo 2014

    ISBN: 9788898924042


    Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl


    A Patrizia, moglie, amica, compagna dei miei giorni

    A Denise, Ramona e Francesco essenza del mio vivere

    Ringraziamenti

    Sono mille le cose nella vita che ognuno vorrebbe fare ma il tempo non è mai abbastanza e non ti è mai amico, ti volta sempre le spalle quando ne hai bisogno. Questo lavoro è stato possibile solo commettendo un "reato: Rubando" prezioso tempo alla mia famiglia. Devo un grazie a Maria Rosa Natale, la mia segretaria, che ha avuto tanta pazienza nel sopportarmi e nel sistemare man mano le bozze ed il testo definitivo secondo le norme redazionali. Un particolare ringraziamento va al giovane collega Pietro Pistone che, alleviandomi di tanto lavoro nel periodo dedicato al presente studio, ha scritto una nota in tema di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto.

    "Poiché involontario è ciò che si compie per costrizione e per ignoranza, si converrà che volontario è ciò il cui principio risiede nel soggetto, il quale conosce le condizioni particolari in cui si svolge l’azione".

    Aristotele

    (Etica a Nicomaco, libro III)

    INDICE

    I Il nesso di causalità –Vecchie e nuove teorie

    1 La conoscenza e la realtà

    2 Certezza del diritto, certezza della scienza

    II L’atteggiamento psicologico nell’aberratio ictus

    1 Rappresentazione e oggetto materiale del reato

    2 L’assunzione di rischio e autorìa

    3 Inabilità e persona designata non offesa

    4 L’aberratio ictus plurilesiva - Disintegrazione degli eventi

    5 L’aberratio ictus nelle contravvenzioni

    6 L’offesa a una persona giuridica diversa

    III L’aberratio delicti – L’evento non voluto

    1 Oggettivazione della responsabilità penale?

    2 Sopravvivenza del dolo eventuale e colpa cosciente

    IV L’aberratio e le ipotesi di reato

    1 Radiografia dell’evento non voluto - Delitto preterintenzionale

    2 Morte del sequestrato quale conseguenza non voluta

    3 L’art. 116 c.p. e la cosa giudicata per taluni concorrenti

    V L’aberratio causae

    1 La volizione effettiva dell’ultimo atto – Il dolo colpito a mezza via dall’errore

    2 L’errore motivo (errore di diritto – errore di fatto)

    3 La causa accidentale – Il concetto di altra causa

    VI La concorsualità nel reato aberrante

    1 L’essenza della complicità: agevolazione, rinforzo, induzione

    2 Consenso e silenzio

    3 Decisione autonoma e identità della vittima

    4 Il principio dell’affidamento

    5 Le diverse forme di partecipazione – La penale rilevanza

    6 Concorso anomalo e l’aberratio delicti

    Bibliografia

    Giurisprudenza

    INTRODUZIONE

    La condotta illecita umana quando è sottoposta ad esame da parte del giudice non può che necessariamente passare nelle strettoie, talvolta labirintici percorsi, delle varie teorie disseminate in Italia, in Europa e in America riguardanti la causalità.

    Karl Nickerson Llewellyn, studioso americano, grande sostenitore della scuola di pensiero di realismo giuridico, molto più efficacemente, ha definito la confusione regnante nel mondo della causalità giuridica un "cespuglio di rovi".¹

    Nell’esaminare l’istituto del reato aberrante, nelle sue varie forme e nell’eventuale responsabilità compartecipativa, non può non farsi riferimento alla causalità. L’evento segue ad un’azione od a una omissione, e l’evento che si verifica a causa di un errore è sempre connesso ad un’azione od omissione. Le maggiori opinioni che si affacciano sul piano nazionale ed internazionale tuttora lasciano spazi a qualche incertezza che viene messa in risalto, nei loro approfonditi studi, da illustri epistemologi. Il progresso scientifico se da un lato ha allargato l’orizzonte delle conoscenze, dall’altro ha anche complicato le cose, specie quando il sapere scientifico, sia pure universalmente riconosciuto, non è in grado di offrire certezze razionali.

    La questione di fondo, più che mai attuale, è sino a che punto il fatto-reato con l’ausilio della scienza possa essere provato oltre ogni ragionevole dubbio. Ma le perplessità o le questioni sono molteplici: l’affidabilità del principio scientifico, la correttezza del metodo, l’esatta applicazione del metodo stesso, la capacità del giudice di comprendere il percorso scientifico e di trarne le conclusioni, il grado di certezza.²

    L’errore è nell’uomo sia quando versa nell’illecito, sia quando la sua condotta è perfettamente conforme al modello legislativo. Sembra un’evidente contraddizione ma non lo è: Tizio vuole uccidere Caio ma per errore uccide Sempronio; il giudice ritiene erroneamente che l’imputato sia colpevole mentre invece è innocente.

    Con Aristotele si può affermare che l’errore «è la condizione più caratteristica degli animali, nella quale l’anima trascorre più lungo tempo. Necessariamente perciò o, come dicono alcuni, tutto quello che appare ai sensi è vero, oppure l’errore consiste nel contatto col dissimile, poiché quest’affermazione è il contrario del principio che il simile viene conosciuto mediante il simile. Sembra però che, come la scienza dei contrari è la stessa, così lo sia anche l’errore».³

    L’ignoranza in quanto tale è generatrice di errore ma lo è anche la conoscenza incerta o parziale.

    La conoscenza può generare l’errore per libera scelta. Per Cartesio l’errore sarebbe un’ulteriore prova del fatto che l’uomo è dotato di libero arbitrio, della possibilità di scegliere cioè se debba o non debba dare il suo assenso alla volontà. L’uomo ha la libertà di sbagliare così come quella di non sbagliare.

    Ora che il principio dell’oltre ragionevole dubbio è codificato cosa cambia rispetto al recente passato? Indicare un criterio di misura per valutare l’azione dell’uomo e cioè come si possa distinguere una scelta o una decisione razionale dal mero arbitrio è altamente suggestivo oltre che auspicabile.

    Per arrivare alla decisione nel processo penale italiano il giudice alla fine è solo ma in "compagnia delle sue incertezze, dei suoi dubbi, delle sue perplessità, e nei casi più gravi delle sue" verità.

    È chiaro che non potrà mai esistere un manuale per l’accertamento della verità ma l’uso delle regole prudenti, legato al buon senso, alle linee guida in parte codificate ed in parte elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, può essere utile per ridurre l’errore, non certo per eliminarlo.

    I Il nesso di causalità –Vecchie e nuove teorie

    1 La conoscenza e la realtà

    Sul concetto di causa dal punto di vista giuridico, inevitabilmente, ci si deve confrontare con quello scientifico.

    A un soggetto è imputato un determinato evento se la sua condotta ne è stata la causa. Ma non si può prescindere nell’ambito della responsabilità giuridica dal sapere scientifico e nonché filosofico.

    Per affermare che A è causa di B, secondo David Hume, occorrerebbe avere la certezza che A produca sempre B ma se così fosse già B è contenuto in A e quindi A e B sarebbero la stessa cosa. E poiché l’evento prodotto da A è sempre diverso e cioè nuovo ed originale rispetto alla causa, bisogna concludere, secondo il pensiero humiano, che la legge di causa non è mai certa, solo probabile.

    La certezza è solo astratta oppure formale (quantità, numero) che non ha relazione con la realtà fenomenica che viene percepita dall’uomo in impressioni e idee, dove per impressione si deve intendere ciò che proviamo quando vediamo, ascoltiamo, desideriamo; mentre per idee ciò che ricordiamo delle impressioni.

    Se la realtà, quindi, per il filosofo Hume, è composta da impressioni ed idee, è evidente che la conoscenza è limitata e che si forma attraverso "l’abitudine".

    Lo scetticismo humiano è abbastanza noto. Essendo causa ed effetto, per come detto prima, due momenti della realtà fenomenica distinti e separati, per quanto si possa conoscere a fondo la causa, non avremo mai la sicurezza che da essa potrà sempre prodursi quel determinato evento. L’esempio a tutti noto è quello relativo all’avere assistito oggi al sorgere del sole ma questo dato empirico non porta alla conclusione certa che domani sorgerà nuovamente. Ogni fenomeno ha il suo contrario.

    Così, se la somministrazione di una certa quantità di veleno ad un soggetto ne causa la morte, ciò non vuol dire che la stessa dose di veleno somministrata ad altro soggetto ne causerà la morte.

    Noi crediamo che il futuro sarà uguale a oggi o a ieri, non perché abbiamo la possibilità di dimostrarlo ma perché ci basiamo sulla nostra esperienza, sulla consuetudine. Poiché è accaduto ieri, dovrà accadere domani. Sicché, noi conosciamo un fatto attraverso l’accaduto e la nostra l’esperienza. Affermiamo che il sole sorge ogni giorno perché così fino ad oggi e per tanto tempo abbiamo costatato, ma nulla vieta che la natura cambi. Noi conosciamo ciò che viviamo, che sentiamo, che tocchiamo.

    Un interessante studio sulla causalità giuridica pone diverse riflessioni sul rapporto imputazione/causalità.⁷ Si sostiene, che «se la responsabilità per un fatto illecito viene attribuita in funzione di un’offesa cagionata, imputazione e causalità tendono ad identificarsi. Se l’attribuzione di responsabilità avviene in base a parametri diversi e indipendenti da un rapporto di tipo eziologico, imputazione e causazione costituiscono due fenomeni ben distinti».⁸

    Si parlerà, pertanto, di "causalità giuridica" laddove imputazione e causalità si identificano in forza dell’attribuzione di un fatto illecito in ragione di un danno cagionato.

    L’illustre studioso Licci, però, in netto contrasto con le tesi dominanti nella giurisprudenza di legittimità, ha elaborato una teoria sulla causalità di natura extraparadigmatica. Licci censura severamente l’attuale impostazione della giurisprudenza di legittimità, condivisa anche da autorevole dottrina, basata sul processo di eliminazione mentale dell’antecedente. Egli ritiene che la formula sine qua non sia «un espediente epistemologico applicabile a tutti i processi di determinazione (causali ed extracausali), espresso in forma condizionale soltanto perché le leggi scientifiche sono ipotesi generali, la cui forma paradigmatica è condizionale».

    La formula sine qua non, in tale prospettiva, risentirebbe delle diverse interpretazioni avutesi nel tempo che hanno sempre più marcato il concetto causa - condizione necessaria.

    Attraverso un’analisi storica e una dotta ricerca sotto il profilo etimologico del sostantivo "conditio rispetto all’altro condicio", Licci tiene a chiarire che «la teoretica dei condizionali contrafattuali non può arrecare nessun contributo alla soluzione del problema: in realtà, il ragionamento contra factum altro non è se non la versione moderna dell’espediente epistemologico galileiano della eliminazione mentale e, in quanto tale, esso riproduce un guscio vuoto che nulla dice in ordine al contenuto della relazione».¹⁰

    Il giudizio controfattuale, in buona sostanza, non darebbe alcuna garanzia di affidabilità poiché non darebbe criteri per distinguere una regolarità da una mera concomitanza.¹¹ Sicché, il controfattualismo non è affatto quella formula magica con cui la scienza penalistica attuale ritiene di aver riabilitato la teoria della conditio sine qua non.

    Un fenomeno che si verifica con regolarità a cui segue un altro fenomeno, non dà alcuna certezza, se non che costituisca un indizio circa la correlazione effettiva tra fenomeni.

    A nostro giudizio tale teoria, portata alle estreme conseguenze, non può che comportare una sempre incertezza del giudizio financo di fenomeni che da millenni avvengono sempre allo stesso modo.

    L’accertamento di un fatto giuridico inevitabilmente dovrà essere ancorato ad un qualcosa (legge scientifica in particolare) che razionalmente e con elevata probabilità dimostri che l’evento si è verificato a causa di un’azione od omissione. Se mai si dovesse verificare il contrario (il non sorgere del sole) ciò sarà considerato come causa sopravvenuta poiché da sola è stata sufficiente a determinare l’evento.

    Ma secondo quanto disciplinato dall’art. 40 c.p., non ogni evento sarà preso in considerazione ma solo quello che è considerato normativamente illecito o dannoso. Cioè solo quel fatto che è ritenuto contra legem potrà essere riferito al mondo giuridico fino a quando esso lo riterrà rimproverabile.

    È l’evento, dannoso o pericoloso, che sostanzia il reato. Secondo uno degli ispiratori del codice sostanziale vigente, condotta ed evento costituiscono due aspetti della stessa realtà, osservata da diversi punti di vista.¹²

    Ogni evento ha una sua causa (Leibiniz affermava che nulla accade senza una ragione), ma non basta solo affermare ciò poiché occorre che si accerti la vera causa, cioè quella che abbia esclusivamente generato l’evento. Di talché si può parlare di causalità solo in presenza di un nesso necessario¹³. È l’evento che manifesta il «disvalore della figura criminosa» tanto da poter affermare che «il diritto penale è scienza causale per eccellenza» poiché «tutto o quasi nel fatto è ricostruzione di nessi causali».¹⁴

    Tutto ciò che è probabile diventa opinabile e, quindi, non certo. La legge statistica applicata al giudizio di un fatto è inadeguata a stabilire se B è conseguenza di A. Solo una spiegazione su basi scientifiche certe è in grado di dissolvere i dubbi. Federico Stella, confrontandosi con il pensiero di Richard W. Wright,¹⁵ con cui ha riscontrato una perfetta coincidenza, risolve, ancora una volta, il problema della causalità attraverso il criterio della sussunzione sotto leggi scientifiche. Mettendo a debita distanza, così come aveva fatto in precedenza Wright, le nude statistiche, Stella convintamente afferma che per stabilire cosa sia realmente accaduto, occorre accertare quale legge sottostante si sia concretizzata

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