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Messaggi dal futuro: Dio non gioca a dadi con l'universo
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E-book154 pagine2 ore

Messaggi dal futuro: Dio non gioca a dadi con l'universo

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Info su questo ebook

Si parte dagli studi di Sigmund Freud, Carl Gustav Jung ed Alfred Adler e si collegano tali conoscenze con le ricerche scientifiche attuali, in particolare con la Neurologia Strumentale e la Programmazione Neuro Linguistica. Il risultato di questa indagine, apparentemente molto complessa, conduce verso un traguardo ottimale e certamente soddisfacente, al fine di raggiungere un buon equilibrio psicologico. La parte più importante dello studio, riguarda la Sincronicità e gli odierni aspetti applicativi, con riferimento alle metodiche suggerite. Non è necessario essere medici o psicologi per comprendere ciò che in ultima analisi può essere considerato uno "Stile di Vita" e in ogni caso non può essere affidato ad una sola categoria professionale. Ad esempio, all'inizio dell'utilizzo della Psicanalisi, si pose subito il problema dei "non medici" che materialmente la applicavano. La conoscenza è un bene universale, ognuno di noi ha diritto di apprendere e decidere come utilizzare il Sapere.
LinguaItaliano
Data di uscita5 gen 2023
ISBN9791221454253
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    Anteprima del libro

    Messaggi dal futuro - Giacinto Avola

    1

    Inconscio collettivo

    Il concetto di Inconscio Collettivo è stato formulato per la prima volta da Carl Gustav Jung, nell’ambito delle scienze umane e della psicologia analitica, in parallelo all'inconscio personale freudiano, ritenendolo condiviso da tutti gli uomini e derivante dai loro comuni antenati attraverso i cosiddetti archetipi.

    Proviamo a dare una definizione semplice dell'Inconscio, con metodo scientifico, tralasciando l’aspetto filosofico ed analizzando con strumenti obbiettivi la natura di tale cosa. L’inconscio certamente non è sostanza biologica osservabile al microscopio o sezionabile dai tessuti del nostro cervello.

    A parere della maggior parte dei ricercatori non è il luogo fisico dove custodiamo le nostre memorie, i pensieri, le emozioni; nella parte inconscia della nostra mente albergano sia i contenuti che accettiamo, sia quelli che generano disturbi, oltre al vissuto o all’ immaginario che non siamo in grado di elaborare correttamente (traumi, pulsioni, memorie). A titolo di esempio, Freud pensò di utilizzare l'ipnosi, ma la sua scarsa efficacia lo indusse ad elaborare un nuovo metodo: quello delle cosiddette associazioni libere, che consiste nel far rilassare il paziente in modo che egli possa abbandonarsi al corso dei propri pensieri. Jung, dal suo punto di vista, introdusse il concetto di Sincronicità come evoluzione dell’analisi psicologica dei suoi pazienti.

    Entrambi i metodi ed i risultati ottenuti, non danno una chiara indicazione su come definire l’inconscio in maniera oggettiva ed inequivocabile. Più avanti vedremo che i recentissimi strumenti medici, soprattutto nel campo delle misurazioni della fisica, ci forniscono precisi elementi di valutazione. In concreto, possiamo affermare che l’inconscio è pura energia legata alle cellule neurali che vibrano con particolari frequenze, tipicamente umane. Gli studi segreti condotti in America e in Russia sulla telepatia, in particolare, tenuti nascosti per ragioni militari, vanno in questa direzione. Altri studi nell’ambito dell’etologia, su alcuni insetti (termiti) o anche su gruppi di scimmie, si muovono nella medesima logica.

    Riprendendo Jung e la sincronicità, cerchiamo di dare una spiegazione logica alle dinamiche psicologiche che si possono verificare durante un’analisi. Qual’ è il meccanismo di riferimento per cui si manifestano specifici eventi psichici in stretta relazione ad accadimenti fisici. Nella fisica classica, possiamo sostanzialmente parlare di due modelli matematici universalmente noti: dal punto di vista del tempo, abbiamo il principio di causa ed effetto; dal punto di vista dello spazio vi è il principio degli insiemi. Certamente a complicarci le cose c’è Albert Einstein col suo Spazio/tempo, ma al momento, cerchiamo di semplificare.

    Analizziamo degli esempi concreti: se una persona batte la testa contro un muro e dopo osserviamo un evidente bernoccolo sulla fronte, possiamo dedurre che a causa dell’impatto del malcapitato con un oggetto duro è comparso il gonfiore frontale, anche se non eravamo presenti all’incidente fisico. In pratica il rigonfiamento del soggetto rappresenta l’effetto e l’impatto col muro div iene la causa che lo ha determinato.

    Fin qui le cose risultano logiche ed evidenti, tuttavia, prendiamo un altro esempio; molte volte si hanno delle sensazioni strane, sottoforma di pensieri che scaturiscono improvvisamente e li associamo a bisogni da soddisfare. È capitato di visualizzare un parente che non si incontra da oltre trenta anni, che abita in un’altra città distante dalla propria, con lo stesso nome di battesimo (succede spesso al sud Italia), di cui ormai non si conosce nemmeno l’indirizzo di residenza attuale.

    Il bisogno è quello di cercare questo contatto all’ultimo domicilio noto e dopo affannose ricerche su internet, anche nelle città vicine, per scovare un numero di telefono o una via di riferimento, scoprendo per caso un annuncio mortuario del parente, in un comune diverso da quello antico di nascita.

    L’agenzia funebre, con data del giorno prima, ha pubblicato il triste evento su un sito internet di pubblico accesso, anche questo risulta inusuale alle vecchie modalità di pubblicità funeraria. Appare chiaro il parallelo con la Sincronicità narrata da Jung in un notissimo caso clinico detto dello scarabeo alla finestra, durante una seduta psicanalitica con una paziente.

    In questa fattispecie, dal punto di vista dello spazio, rientra il principio degli insiemi che non ha determinazione temporale, poiché l’informazione trasmessa è fuori dal tempo. In questo specifico esempio, il riferimento può essere il nome di battesimo del defunto che nell’insiemistica fa parte del gruppo di individui con lo stesso appellativo, in particolare nell’albero genealogico della famiglia.

    Fa apparizione nell’esempio appena citato, un messaggio pervenuto a chi lo riceve, di un evento avvenuto con certezza il giorno prima; ma la maggior parte di eventi sincronici, al contrario, portano informazioni dal futuro, certamente in una logica insiemistica, atemporale. I casi più comuni di comunicazione sensitiva avvengono normalmente quando ad esempio si pensa ad una persona e poco dopo si incontra o si riceve una telefonata da tale soggetto. Questa è una circostanza molto ricorrente alla quale abitualmente non prestiamo molta attenzione, tranne notarla e dimenticarla subito dopo (immaginiamo che sia successo a moltissime persone).

    Con l’Inconscio Collettivo si supera la nozione di inconscio com’era concepita da Sigmund Freud il quale sosteneva che l’inconscio non è altro che un punto dove convergono i contenuti rimossi o dimenticati. Questo venne definito, Inconscio Personale, il quale poggia su di uno strato più profondo, che non proviene dalle acquisizioni di natura personale, ma che è innato nell’uomo.

    Lo strato più profondo è l’Inconscio Collettivo, esso deriva dalle possibilità funzionali che la psiche ha ereditato, cioè dalla struttura derivata. Questo patrimonio comune a tutti gli uomini è il fondamento d’ogni psiche individuale.

    L’inconscio è precedente alla coscienza, ne costituisce l’elemento originario dal quale emerge e che non si edifica che secondariamente sull’attività dell’anima e risulta dalla funzionalità dell’inconscio. È fuori dubbio che non sia la coscienza quella che regola principalmente il pensiero dell’uomo, proprio perché una buona parte della nostra vita la passiamo in uno stato d’incoscienza.

    Si chiama Collettivo questo strato più profondo dell’Inconscio poiché è di natura universale e in pratica ha contenuti e comportamenti che sono uguali ovunque e per tutti gli individui.

    In questi contenuti è rappresentato il deposito di tipici modi di reagire dell’umanità in situazioni di natura generica, indipendentemente da quali possano essere le differenziazioni etniche, storiche o di altro genere. È dunque presente e sostanzialmente identico in tutti gli uomini, un substrato psichico comune, di natura sovrapersonale.

    I contenuti dell’inconscio personale sono principalmente sistemi con tonalità affettiva, mentre i contenuti dell’inconscio collettivo sono invece gli archetipi.

    Il concetto di archetipo, che è un indispensabile corredo dell’idea d’Inconscio Collettivo, indica l’esistenza nella psiche di forme determinate che sembrano essere presenti sempre e ovunque.

    Inizialmente definite immagini primordiali, nel 1912, si giunge alla denominazione definitiva, del 1919, di archetipo.

    Successivamente, nel 1946, viene operata un’importante distinzione come oggetti archetipici. Ci sono, immagini che diventano efficaci solo in determinate circostanze, dopo essere rimaste nell’inconscio fino a poco prima.

    L’archetipo rappresenta in sostanza un contenuto inconscio che viene modificato attraverso la presa di coscienza proprio per il fatto di essere percepito, ciò avviene secondo la coscienza individuale nella quale si manifesta.

    L’archetipo non possiede solamente la possibilità di rappresentarsi in un modo statico, ad esempio come immagine primordiale, ma ha anche un modo dinamico, per esempio nei processi di differenziazione della coscienza.

    Si possono persino stabilire una successione degli archetipi, a seconda che essi riguardino un numero più o meno importante di persone. Se il problema è legato al tempo e alla personalità, sarà molto complicata la veste con la quale l’archetipo si esprime, ma al contempo essa sarà anche più delimitata e precisa; al contrario, quanto più impersonale e generale è ciò che l’archetipo vuole illustrare, tanto più semplice e non delineato sarà il suo linguaggio.

    Nel linguaggio dell’inconscio, che risulta essere un linguaggio prettamente figurato, gli archetipi appaiono in forma personificata o simbolica. Quello che viene espresso da un contenuto archetipico è una similitudine. Il numero degli archetipi costituisce il contenuto proprio dell’inconscio collettivo. Non è un numero illimitato, perché coincide alla possibilità di tipiche esperienze fondamentali vissute dall’essere umano fin dai tempi più remoti.

    I motivi delle immagini archetipiche li ritroviamo in tutte le mitologie, favole, tradizioni religiose e in tutti i misteri. L’archetipo, fonte primordiale dell’esperienza umana universale, giace nell’inconscio e invade l’ambito della nostra vita.

    Riassumendo quanto detto in precedenza, la tesi è che, oltre alla coscienza immediata, che è di natura del tutto personale, esiste un secondo spazio psichico, che ha però una natura collettiva, universale e impersonale ed è comune a tutte gli individui. Questo inconscio collettivo, non deriva dall’esperienza, non si sviluppa individualmente, ma è ereditario. Consiste in forme preesistenti che sono gli archetipi, che possono divenire coscienti solo dal momento che vengono richiamati e danno una forma ben precisa a certi contenuti psichici.

    Sappiamo che per dimostrare l’esistenza degli archetipi, si prendono in considerazione determinate forme psichiche principalmente nei sogni, cogliendo in essi l’aspetto della libertà, della spontaneità, della psiche inconscia, e tutti quegli elementi che non essendo inquinati da un’intenzione cosciente, si esprimevano in tutta la loro forza. Nella interpretazione dei sogni, ha un’importanza fondamentale il fenomeno psichico generalmente definito con il concetto di simbolo.

    Abbiamo già detto come l’archetipo sia costituito per Jung, da dei prototipi di insiemi simbolici così profondamente iscritti nell’inconscio, da costituirne la struttura, una specie di coscienza collettiva che si esprime attraverso dei simboli particolari, carichi di una grande energia. Queste rappresentazioni possono cambiare, almeno apparentemente, a causa delle diversità di cultura e di periodo storico, ma hanno tutte una struttura uguale, un insieme identico di relazioni.

    Il simbolo archetipico collega l’universale all’individuale. Essi hanno un carattere espressivo e impressivo, poiché da un lato esprimono in immagini i processi intimi, e dall’altro canto dopo essere divenuti immagine, imprimono il loro senso su tali processi, dando così ulteriore impulso alla corrente psichica.

    Tale concetto va rigorosamente distinto dal concetto di mero segno. Significato simbolico e significato nell’ambito della semeiotica sono due cose completamente diverse. Non è espressione simbolica ciò che è analogia o denominazione abbreviata; si può definire simbolico tutto quello che ci riferisce nella maniera più completa di una cosa della quale si conosce ancora poco.

    Per alcuni un oggetto apparirà come un simbolo per altri solamente un segno. Il simbolo non è né allegoria, né un segno; bensì l’immagine di un contenuto che trascende la coscienza. Il simbolo rinvia a qualcosa di fondamentalmente sconosciuto. La connessione tra simbolo e ignoto è così profonda che quando un contenuto simbolico si rende noto e si lascia interpretare in termini concettuali, perde le sue caratteristiche di simbolo per divenire segno, finché il simbolo è vivo, è la migliore espressione possibile di un fatto, ed è vivo solamente finché è gravido di significato. Quando questo viene alla luce e si scopre la formula presagita, esso muore e conserva solo un valore storico, per mantenere la sua vitalità deve superare l’interesse intellettuale ed estetico.

    La presentazione di termini simbolici avviene per mano dell’uomo proprio per l’incapacità di esprimere dei concetti che

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