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Meditazione: uno studio pratico con esercizi
Meditazione: uno studio pratico con esercizi
Meditazione: uno studio pratico con esercizi
E-book123 pagine1 ora

Meditazione: uno studio pratico con esercizi

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Info su questo ebook

La pratica della meditazione è “l’arte di essere” e si prefigge di ritirare la coscienza personale dalle sue persistenti preoccupazioni di ordine mondano, per addestrarla ad interessarsi a soggetti che portano alla comprensione delle verità spirituali. Esaminando questa semplice enunciazione, si vede che presuppone l’esistenza nell’essere umano di vari livelli di pensiero ed anche la capacità dell’uomo di scegliere il livello al quale vuole dirigere la sua attenzione. Una coscienza tranquilla e concentrata può infatti approfondire la conoscenza della vita e permette di raggiungere un maggior grado di sviluppo interiore. Questo studio pratico è la prova di questo fatto ed è consigliato per conoscere le corrette procedure meditative da eseguire.
LinguaItaliano
Data di uscita19 mar 2015
ISBN9786050366006
Meditazione: uno studio pratico con esercizi

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    Anteprima del libro

    Meditazione - Adelaide Gardner

    INDICE

    INTRODUZIONE

    ESAME STORICO

    Capitolo I - LA MEDITAZIONE E IL SUO SCOPO

    ESERCIZIO PRIMARIO

    Capitolo II - LO SFONDO ESSENZIALE

    ESERCIZI SUGGERITI - PER GRUPPI O PER USO PERSONALE

    Capitolo III - I VARI METODI

    ESERCIZIO SUGGERITO

    Capitolo IV - STADI PROGRESSIVI: LA CONCENTRAZIONE

    LA CONCENTRAZIONE

    ESERCIZIO SUGGERITO

    CAPITOLO V - STADI PROGRESSIVI: MEDITAZIONE, CONTEMPLAZIONE

    LA TECNICA DELLA RICERCA INTUITIVA

    LA CONTEMPLAZIONE

    ESERCIZIO DI MEDITAZIONE

    ESERCIZIO DI CONTEMPLAZIONE

    CAPITOLO VI - OSTACOLI E AIUTI

    LA RESISTENZA DEI CORPI

    AMBIENTAZIONE

    AIUTI TECNICI

    PERICOLI E RIMEDI

    ESERCIZI SUGGERITI

    CAPITOLO VII - MEDITAZIONE DI GRUPPO

    ESERCIZIO SUGGERITO

    CAPITOLO VIII - AIUTARE GLI ALTRI COL PENSIERO

    GRUPPI GUARITORI

    UN ESERCIZIO CURATIVO AD USO PERSONALE

    CAPITOLO IX - MEDITAZIONI

    SUGGERIMENTI PER L’USO

    SEMPLICI MODALITÀ DI CONCENTRAZIONE AD USO INDIVIDUALE

    UN ATTO DI CONSACRAZIONE PER USO INDIVIDUALE O DI GRUPPO

    CONSACRAZIONE DEI SENSI - PER USO INDIVIDUALE O DI GRUPPO

    MEDITAZIONE DI GRUPPO

    MEDITAZIONE DI GRUPPO SULL’AMORE

    MEDITAZIONE SULLA VITA-UNA IN QUANTO LUCE BASATA SU MASSIME ERMETICHE

    MEDITAZIONE SULLA VITA INTERIORE BASATA SU LETTURE DAL TAO TEH KING

    MEDITAZIONE SULLA PACE PER USO DI GRUPPO

    CONCLUSIONE

    MEDITAZIONE: UNO STUDIO PRATICO CON ESERCIZI

    Adelaide Gardner

    Prima edizione digitale 2019 a cura di Maria Ruggieri

    INTRODUZIONE

    ...se il manas deve adempiere il suo preciso compito di controllare i sensi, deve riverberare esso stesso il modello ideale messo in serbo nei cieli della Buddhi. Soltanto quando quel modello si riflette nel proprio specchio, esso ha il parametro mediante il quale giudicare... né dovremmo pensare che il possesso di un tale divino parametro mediante il quale giudicare il raggiungimento, sia molto al disopra di noi: qualcosa a cui potremmo aspirare in un nebuloso futuro. Il Modello è dentro di noi: qui e ora.

    SHRI KRISHNA PREM

    In verità il Supremo non si nasconde a noi, perché Egli non può nascondersi a Se stesso e credere che Egli possa nascondersi a noi che siamo Lui stesso, è la più sottile tra tutte le maya: una ingannevole illusione. Egli è il nostro Io più intimo e il vero e proprio cuore del nostro essere.

    ANNIE BESANT

    ESAME STORICO

    Teoricamente la pratica della meditazione si prefigge di ritirare la coscienza personale dalle sue persistenti preoccupazioni di ordine mondano, per addestrarla ad interessarsi a soggetti che portano alla comprensione delle verità spirituali. Esaminando questa semplice enunciazione, si vede che presuppone l’esistenza nell’essere umano di vari livelli di pensiero ed anche la capacità dell’uomo di scegliere il livello al quale vuole dirigere la sua attenzione.

    Prima di poter capire la tecnica della meditazione bisogna perciò applicarsi ad uno studio della natura e delle capacità dell’uomo. È un dato di fatto che, sin dai tempi più remoti, l’istruzione relativa alla meditazione è stata sempre preceduta e accompagnata dallo studio di quella scienza che oggi noi chiamiamo la psicologia. Ben pochi si rendono conto di quanto siano antichi codesti studi associati. Il rapido esame che segue di alcuni aspetti del pensiero indiano e di quello primitivo europeo, ha lo scopo di fornire allo studioso una prospettiva dalla quale poter vedere più chiaramente lo studio particolareggiato successivo. L’esame è ovviamente selettivo e traccia la storia di un solo filone di insegnamenti psicologici e dell’uso di un limitato gruppo di pratiche. Le affinità delle esperienze condivise da mistici di tutti i tempi e di tutte le religioni, sono state osservate e commentate da dotti eminenti e per i particolari di tale testimonianza gli studiosi potranno consultare le loro opere (1). Qui noi cerchiamo soltanto di offrire un abbozzo della continuità della tradizione indoeuropea, dalla più remota antichità indiana fino ai nostri giorni, relativamente agli svariati livelli nei quali si esprime la coscienza umana, ed anche riguardo alcune pratiche tradizionali per mezzo delle quali gli aspetti più spirituali della natura umana possono essere risvegliati. Tra codeste una posizione-chiave spetta alla meditazione nelle sue varie forme. Generalmente si ritiene che il pensiero filosofico indiano sia passato attraverso un primordiale periodo formativo all’epoca delle prime migrazioni ariane in India. Gli storici moderni le datano variamente, a partire dal 6000 avanti Cristo; gli studiosi della tradizione occulta le fanno rimontare a molto prima.

    Durante le migrazioni vennero a costituirsi alcuni antichi inni, presumibilmente cantati come mantram, o canti dall’effetto magico. Più tardi questi vennero commentati dalla casta sacerdotale e, ancor più tardi, i loro insegnamenti più reconditi vennero interpretati e postillati dai filosofi dell’epoca. L’ultima fase promosse la serie degli scritti sacri noti come le Upanishad che sono tuttora il nucleo centrale della filosofia indiana. A quei tempi tutte le composizioni venivano cantate e trasmesse oralmente dall’insegnante all’allievo. In tal modo sono poi passate nella letteratura sanscrita scritta, che è il più grande tesoro dell’India [2]. Nelle Upanishad si possono trovare gli insegnamenti essenziali per la meditazione praticati attraverso i tempi da molti popoli indo-europei. Nella Taittiriya Upanishad, ritenuta una delle più antiche, troviamo quanto segue: Ciò che è quel posto luminoso dentro al cuore: in Ciò quest’uomo risiede, il connaturato all’animo, il trascendente la morte, il congenitamente splendente. Segue un versetto oscuro, che ora può interpretarsi come un suggerimento che la glandola pituitaria è il sentiero natale di Indra, ossia il punto di congiunzione tra l’uomo interiore e la sua percezione fisica, e poi: Egli raggiunge la sovranità dell’Io, egli conquista la padronanza della mente, domina il linguaggio, domina la visione, signore dell’udito, signore della comprensione. Allora egli diventa Brahm, il corpo del quale è lo spazio luminoso, il cui essere è verità, il giardino della vita, nel quale l’animo trova la beatitudine, ricolmo di pace, trascendente la morte. Così adora dunque, o Tu che per l’arte antica ne sei divenuto degno [3]

    Da questo sembrerebbe che l’arte dell’auto-disciplina fosse già sviluppata ed antica allorché la razza ariana giunse in India. Il pensiero indù si compiace nella considerazione di concetti astratti e il periodo che seguì alle migrazioni fu uno nel quale sembra sia stata fiorente la speculazione filosofica. Il canone d’istruzione indù per la ricerca dell’illuminazione, come è tuttora chiamato, era largamente sviluppato già nell’800 prima di Cristo, all’incirca all’epoca del Buddha. Anzi, era persino troppo classificato, troppo poco vissuto, ed era stato sopraffatto da un sistema di pratiche ascetiche che oscuravano più di quanto rivelassero lo scopo della meditazione. Il Principe Ricercatore sollecitò istruzione nelle università boschive degli asceti, però seguì una sua propria strada in avanti, scoprendo ciò che cercava non nelle pratiche abitudinarie e nelle austerità, bensì in una illuminata visione della natura umana. Ciò lo portò a capire che la radice della sofferenza è l’umana ignoranza, specialmente la mancata consapevolezza dello scopo dell’incarnazione umana nella forma fisica. Per vincere una condizione di non-illuminazione così profondamente radicata, egli ideò una formula chiamata il Nobile Ottuplice Sentiero. I passi che comporta sono progressivi in un senso, sebbene in definitiva siano tutti egualmente necessari per raggiungere l’illuminazione. I primi due trattano della giusta conoscenza; i tre seguenti della giusta azione; e i tre ultimi: giusto sforzo, giusta concentrazione e giusta meditazione, possono riassumersi come il giusto sviluppo dell’animo. Appare quindi evidente che la meditazione usando questo termine per riassumere gli ultimi tre stadi sul Sentiero, non è soltanto una parte integrante del Buddismo, ma il vero e proprio culmine di tutte le altre sue dottrine, leggi e pratiche [4]. I metodi buddisti di meditazione sono diretti a vincere quella primaria ignoranza concernente lo scopo dell’esistenza che il Buddha sosteneva essere la causa dell’azione errata, della conseguente sofferenza, e delle ripetute rinascite. La felicità, il superamento di ogni sofferenza, è possibile. Il mezzo è l’ottuplice sentiero. La meditazione come insegnamento conclusivo del sentiero è stata elaborata dai monaci buddisti e dai loro maestri sino a farne una stimolante esperienza speculativa. La sua formulazione fu indubbiamente influenzata da vari riformatori indù, ma rimane pur sempre permeata e irradiata dalla nobile tolleranza e dalla carità del concetto buddista della vita [5]. Passiamo ora, anche troppo in fretta, alla classica visione indù dell’uomo e della pratica della meditazione, come enunciata dai grandi maestri Patanjali e

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