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l'Asia non è solo un sogno
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E-book819 pagine4 ore

l'Asia non è solo un sogno

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Info su questo ebook


Stefano Bardi, investigatore privato genovese dal passato avventuroso, è in Thailandia sulle tracce di un vecchio amico, Maurizio Righi detto “Cumpà” che, dopo tanti anni di silenzio, lo ha contattato per chiedergli aiuto.
Prima però che i due riescano ad incontrarsi, Stefano è incastrato per un omicidio che non ha commesso da un poliziotto della DEA corrotto, al soldo del ricco e potente petroliere cambogiano, Nok Trunk
Il petroliere deve riavere indietro dei documenti e foto che testimoniano il suo passato nei massacri commessi nel campo di sterminio khmer ”S.21”., questi documenti sono in mano a Maurizio Righi . I documenti provano anche il finanziamento al regime di Pol Pot da parte di una grossa società petrolifera, l’americana World Oil, da tempo intenzionata a estrarre petrolio in Cambogia. Alla vigilia del processo contro i crimini di guerra da parte del governo Khmer, la pubblicazione dei documenti provocherebbe uno scandalo internazionale. Dopo mille peripezie, l’investigatore genovese riesce a dimostrare la sua innocenza risolvendo il difficile caso
Finalmente Stefano potrà tornare in Italia libero dalla accusa di omicidio, ma alcuni interrogativi rimarranno senza risposta, ma soprattutto per l’investigatore nulla potrà più essere come prima...
LinguaItaliano
Data di uscita17 ott 2013
ISBN9788863072488
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    Anteprima del libro

    l'Asia non è solo un sogno - Antonio Giuffrè

    PREFAZIONE

    Fin da bambino l’Asia ha rappresentato per meun mondo fantastico, ricco d’avventure emeraviglie. Nei miei venticinque anni digirovagare per l’Oriente ho avuto la fortuna diraccogliere testimonianze di viaggiatori,abitanti del luogo, turisti e avventurieri, cheho ritrovato scrivendo questo libro. Io stessoho vissuto in Asia situazioni sicuramente fuoridel consueto.A darmi la motivazione nello scrivere ilromanzo, fu la delusione provata a causa di unvecchio amico che, come spesso accade nellavita, aveva tradito un’amicizia ventennale.Quasi per esorcizzare la grossa amarezza, misono avventurato in un lungo e nuovo viaggioil cui mezzo di trasporto non era un bus oun’aereo, ma la tastiera di un computer! Ilviaggio è durato tre anni: dal 2004 al 2007,anno in cui ho terminato di scriverlo.In questo periodo, mi sono recato più volte inCambogia cercando di raccoglieretestimonianze che potessero aiutarmi a dareun contributo più realistico nei contenuti. L’Asia non è solo un sogno coinvolge moltipersonaggi, alcuni nati dalla mia fantasia altriconosciuti nelle scalcinate guest house diKathamndu o nei piccoli chai-shop sulle spiagge

    di Goa; molto spesso erano persone cheavevano qualcosa da nascondere del loropassato.Il protagonista Stefano Bardi, durante le suevicissitudini, compie un viaggio all’interno disé, scoprendo sentimenti a lui sconosciuti chelo porteranno a modificare per sempre lapropria vita. All’inizio del romanzo ilprotagonista è allegro, scanzonato e romanticomentre alla fine del racconto lo ritroveremosofferente, profondo, con uno sguardo piùrealistico su di sé e sugli altri.Il suo viaggio, oltre ad essere un viaggiodentro di sé, è un viaggio nel cuore dell’Indocina con la tragica storia degli ultimiquarant’anni. La guerra in Vietnam, ed ilconseguente coinvolgimento degli Stati Uniti,creerà il terreno per quello che fu uno degliavvenimenti più terribili dell’umanità: la presaal potere dei Khmer Rouge comandati da PolPot.Le conseguenze di questo evento sono ancoravisibili in molte persone senza gambe o senzabraccia che mendicano per le strade di PhnomPenh o Siam Reap, frutto delle milioni di mineancora presenti sotterrate nelle campagnetrenta anni prima dai Khmer durante la lororitirata. Dopo tre decenni, inoltre, continuanoa nascere bambini deformi in conseguenzadelle bombe defoglianti e diserbanti sganciatedagli americani nelle zone di confine traVietnam e Cambogia.

    Gli avvenimenti che Bardi affronterà sono dipura fantasia, ma il contesto storico egeografico in cui si svolgono sono reali. Alcunipersonaggi citati nella storia sono ancoraviventi. Il processo per crimini di guerra èiniziato esattamente il mese dopo che hoterminato di scrivere il romanzo.Credo che la contemporaneità della storianarrata e, gli avvenimenti di questi ultimi mesiin Cambogia, possa contribuire a dare unvalore aggiunto al romanzo.La mia non è una cronaca o una ricerca storica.Insigni scrittori e giornalisti hanno scrittopagine meravigliose e sicuramente molto piùaccurate, io non potrei aggiungere null’altro…Questo è un romanzo noire scritto da unprincipiante, il cui solo merito è di avercercato di essere il più possibile attendibilenel miscelare fantasia e realtà. Tutti gliitinerari e i luoghi descritti nel racconto sonostati da me visitati.Mi ha accompagnato l’amore che ho sempreavuto per i film e i romanzi noire . Il racconto è ricco di citazioni che vanno da James Ellroy alle storie di Corto Maltese, da AphocalipseNow a La Traccia del Serpente. Ho creato una colonna sonora che accompagnail protagonista nelle sue vicende…la stessamusica che ancora oggi ascolto con immutataemozione.Alcuni nomi dei protagonisti sono facili daritrovare in altre storie o film: lo stesso

    Stefano Bardi ha il cognome rubato al filmI tartassati con Totò e Fabrizi.Ho cercato di descrivere cosa harappresentato l’Oriente per alcuni ragazzidella mia generazione e quanto abbia influito,su alcuni di noi e sulle nostre scelte di vita.Ho descritto persone che ho conosciuto e chemi hanno accompagnato in alcune tappe deimiei viaggi come spesso accade tra viaggiatori.Tutto questo mi è servito per rivisitare vecchiricordi che avevo accantonato. In fondo sonomolto grato al mio ex- amico per avermi dato la

    possibilità di intraprendere una nuova avventura…..

    L’Asia non è solo un sogno

    di

    Antonio Giuffrè

    1 PRESAGIO

    La radiosveglia si era accesa sulla frequenza di Radio

    Capital. La stazione trasmetteva Rock and roll dei Led

    Zeppelin. Erano anni che non l’ascoltava alla radio;

    svegliarsi con il riff di chitarra di Jimmy Page gli

    sembrava un buon modo per iniziare la giornata.

    Stancamente, si tirò giù dal letto, intontito ancora dai

    residui di birra della sera precedente, urtando con i

    piedi la solita pila di libri e giornali disseminati ovunque

    e, lentamente, si avviò verso il bagno. Si accorse subito

    che la sua ernia iatale gli avrebbe procurato problemi

    quella giornata.

    Passando di fianco al computer, vide che era acceso

    dalla sera precedentell segnale di avviso di posta

    elettronica lampeggiava, con la pazienza che solo una

    macchina può avere.

    - Le solite mail spazzatura – disse Stefano fra sé.

    Alzò la tavola del water. Non si fidava della sua mira

    appena sveglio. I residui della birra iniziarono a defluire

    con immensa soddisfazione. Dopo, si infilò nella doccia

    aprendo al massimo il miscelatore: un’onda fredda lo

    colse sulla testa. Rimase sotto solo pochi minuti:

    sapeva già che quella mattina avrebbe ritardato al

    lavoro.

    Non ricordava più dove aveva posteggiato la macchina

    e questo gli avrebbe fatto perdere del tempo prezioso;

    quindi meglio iniziare a recuperare qualche minuto. Di

    corsa si asciugò con movimenti decisi, ma non troppo

    per essere precisi. Si rasò il viso dalla barba del giorno

    precedente.

    Ripassando

    davanti

    al

    computer,

    gli

    venne

    l'inspiegabile desiderio vista la fretta, di aprire la casella

    di posta elettronica. Si sedette sulla scomoda sedia e

    cliccò. Non avrebbe mai pensato che da quel semplice

    gesto sarebbe iniziata una incredibile storia.

    2

    SE UN AMICO TI CHIAMA

    La casella di posta si aprì e tre nuovi messaggi

    apparvero

    sul

    video:

    due

    propagandavano

    le

    fantastiche prestazioni sessuali che si potevano

    ottenere con l’acquisto di un miracoloso balsamo

    prodotto nella lontana Cina (ma l’aveva già visto in

    vendita sulle bancarelle dei cinesi della sua città).

    Cliccò su elimina e le due mail finirono nel paradiso

    della posta elettronica; l’altra non indicava il mittente,

    ma solo un rigo -Se un amico ti chiama -. Dentro di sé

    sentì un disagio strano. Schiacciò il tasto apri e la

    lesse.

    Caro Stefano, mi rendo conto che sono passati molti

    anni dall’ultima volta che ci siamo visti. Non c è

    nessuna scusante per la maniera in cui sono sparito,

    ma avevo dei motivi molto gravi per farlo. Così gravi da

    non poterti mettere al corrente senza far correre dei

    rischi a te a ai nostri amici comuni. Non posso spiegarti

    adesso in questa semplice mail, ma ti chiedo, in nome

    di un'amicizia antica e mai dimenticata, di venire qui.

    Attualmente sono a Bangkok, alloggio presso il Miami

    Hotel (tu lo conosci bene me ne parlavi sempre).Ti

    prego. ho bisogno urgentemente di vederti, ne va della

    mia vita. Non farne parola con alcuno, neppure ai nostri

    amici. Inoltre ti chiedo se puoi anticiparmi qualche

    migliaia di euro.Ti prometto che ti renderò più di quello

    che mi presterai. Quando arrivi mi troverai alla stanza

    405. Sono sotto falso nome. Ti saluto e spero che non

    mi lascerai solo. Sei la mia unica speranza, con affetto

    Maurizio.

    p.s Spero che il tuo indirizzo di posta elettronica sia

    sempre lo stesso, non posso fidarmi di chiamarti

    telefonicamente.

    Aveva terminato di leggere la mail e il pensiero più forte

    che avvertiva, fra i tanti, fu quello di dire ad alta voce: -

    Quel bastardo di cumpà dopo anni si fa risentire come

    se nulla fosse solo per chiedermi di soldi! -

    Per un attimo pensò a uno scherzo di qualche suo

    amico. Ma nessuno avrebbe fatto una cosa così

    stupida, quindi non poteva essere che lui. Che cosa

    aveva combinato per trovarsi in quella situazione?

    Mentre la sua mente correva a mille all'ora, continuava

    a guardare la mail quasi come se, rileggendola,

    potesse trovarci altre indicazioni. Ma era inutile anche

    perché il suo amico non era mai stato un grande

    scrittore. Si rese conto solo allora che i pochi minuti che

    era riuscito a recuperare erano tristemente finiti, e che il

    ritardo, oramai, era divenuto di proporzioni bibliche-

    3 CHI HA DISEGNATO QUEL CAZZO SULLA

    LAVAGNA? E’ STATO LUI!

    Si ritrovò catapultato fuori. La gente del mattino

    camminava con fare affannoso nella via Garibaldi, la

    via nobile e antica di Genova. Il cielo era terso come

    può esserlo in un mattino di giugno. Prese l’ascensore

    di Portello, che collegava il centro con la collina di

    Castelletto: la vista era stupenda, il mare era lì, a

    portata di mano. La città sembrava quasi che vi fosse

    appoggiata. Poche al mondo hanno il fascino di

    Genova in una giornata di primavera. L’odore dei fiori

    nei giardini si spandeva nell’aria. Un gruppo di bambini

    giocava sul piazzale. Il profumo del mare si avvertiva

    dentro le narici. Era una città da odiare o da amare

    nella stessa maniera: l’amavi per la sua bellezza e il

    suo miscuglio di razze e cultura, la odiavi per quella

    caratteristica tipica della gente, quella di non osare mai

    troppo. Era quasi una filosofia il maniman che voleva

    dire non facciamolo che non si sa che può succedere....

    Ed era una filosofia di vita che lentamente, ma

    inesorabilmente, entrava a far parte del modo di essere

    anche se non eri genovese. Così, pure gli immigrati da

    molte le parti del mondo, dopo qualche tempo, si

    ritrovavano ad avere la sindrome del maniman.

    Riuscì

    per

    miracolo

    a

    ricordarsi

    dove

    aveva

    posteggiato. Si infilò dentro l’auto e appena tirò su lo

    sguardo vide quel foglietto che ben conosceva:

    l’ennesima multa per divieto di sosta. E pensare che

    doveva essere una buona giornata. Partì velocemente.

    Accese la radio sulla frequenza di Radio Capital e le

    note di Saturday in the Park dei Chicago, riempirono la

    macchina. Mentre fissava un semaforo rosso, un flash

    back

    gli

    apparve

    nella

    mente.

    Poco

    più

    che

    ventenni...lui insieme con Maurizio, invece di andare

    all'università, preferivano chiudersi nel laboratorio di un

    fabbro dove lavorava un loro amico come apprendista.

    Passavano la mattina ad ascoltare musica e a farsi

    qualche spinello, ovviamente il tutto mentre il titolare

    era assente. Così, un giorno, mentre i fumi di hashish

    inondavano l’ambiente, a Stefano venne in mente di

    disegnare un pene enorme su una lavagnetta appesa al

    muro. Mentre se la ridevano allegramente arrivò il

    fabbro, un armadio da cento chili, il cui viso mostrava

    tutta la forza che imprimeva al martello quando lo

    batteva sul ferro.

    - Chi ha disegnato questo cazzo? - urlò con una voce

    degna del miglior tenore.

    La paranoia totale si abbatté sull'allegra brigata. Si

    guardarono in faccia, nessuno osò fiatare. Ovviamente

    non si poteva fare la spia! Piuttosto, l’energumeno

    sarebbe dovuto passare sui loro cadaveri. Già, ma

    questa illusione durò poco...ma molto poco…

    - E’ stato lui! –. Una mano indicò Stefano. La voce di

    cumpà (era il soprannome che gli amici avevano dato a

    Maurizio) si levò bella, chiara e forte.

    4

    MISTER HACCARINO

    Via XX Settembre era intasata come sempre. Stefano

    cercò di prendere la scorciatoia che portava alla collina

    di Carignano. Aveva lasciato l’agenzia investigativa due

    ore dopo aver ricevuto la mail. Aveva troppa fretta. Si

    accese l’ennesima sigaretta. Non sapeva bene se

    quello che stava facendo fosse giusto, in fondo cumpà

    gli aveva detto di non fare parola con nessuno di

    quanto gli aveva scritto. Ma non riusciva a tenersi

    dentro quella cosa così importante, doveva pur parlarne

    con qualcuno. L’ unica persona con cui l’avrebbe fatto

    era il suo vecchio pard (come si chiamavano nei

    momenti in cui il tasso alcolico era elevato imitando Tex

    e i suoi pard): Haccarino, il vero nome era Yuri ma da

    anni i suoi amici più intimi lo chiamavano col diminutivo

    di hacca o haccarino. Tutto nasceva dal fatto che da

    giovane Yuri era molto carino e le ragazze perdevano

    la testa per lui. Allora appena lo vedevano dicevano

    ah! che carino...Così qualcuno gli trovò questo

    nomignolo che continuava portarsi dietro. Anche

    adesso, pur con le rughe conquistate con una dura

    militanza tra i piaceri della vita, Yuri era sempre un

    uomo affascinante, anche se il suo ciuffo ribelle si era

    notevolmente ridotto per colpa di una incipiente

    calvizie.

    Arrivò sotto casa di Yuri. Come al solito l’ascensore non

    funzionava. Stefano maledì le troppe sigarette mentre

    scavalcava l’ultimo dei centoventi gradini. Suonò

    ripetutamente il campanello mentre udiva la radio

    accesa all’interno che blaterava fuori frequenza.

    Finalmente l’amico gli aprì la porta.

    - Cazzo ma sono solo le undici, cosa fai a quest’ora? E’

    quasi l’alba? -. Hacca si presentò con l’aria di uno che

    si era scontrato con un autocarro e ancora non se

    rendeva conto. Il pigiama di flanella aderente, rendeva

    più visibile il pacco in semieccitazione mattutina. I pochi

    capelli si sparavano verso l’alto come germogli di soia,

    le occhiaie erano di dimensioni da borsa Samsonite, i

    suoi cinquant’anni li mostrava tutti. Insomma non era un

    bel vedere!

    - Ciao Hacca, ho notizie sconvolgenti, dovevo vederti

    subito! Dai fatti una doccia e mentre ti riprendi ti aspetto

    in studio -

    Lo studio di Yuri era una stanza dove riceveva i suoi

    clienti. Esercitava la professione di avvocato. Diciamo

    che era un avvocato un pò fuori dai soliti schemi. Aveva

    abbracciato la causa dei no global e durante il G8

    aveva difeso molti compagni accusati di devastazioni

    durante i tragici giorni di Genova. La cosa più buffa è

    che anche lui ricevette una comunicazione giudiziaria

    per sospetta partecipazione agli atti vandalici compiuti

    nella città. Insomma difensore e accusato nello stesso

    tempo.

    - Belin! dovevo essere in tribunale stamattina alle otto e

    mezzo e mi sono addormentato. Per fortuna la mia

    assistente è riuscita a far spostare l’udienza preliminare

    -.

    Yuri era un avvocato molto bravo. Onesto nelle parcelle

    ma completamente inaffidabile negli appuntamenti. Non

    si sa ancora come non l’avessero radiato dall’albo

    professionale. Aveva ricevuto molte ammonizioni dai

    vari giudici, ma per lui arrivare puntuale era impossibile.

    Narra la leggenda che fosse nato con dieci giorni in

    ritardo.

    - Allora cosa succede per piombarmi in casa in questa

    maniera? -

    Stefano non disse una parola, tirò fuori dalla tasca la

    stampa della mail ricevuta e gliela porse. Nel frattempo

    si sedette e iniziò a guardare la finestra che mostrava il

    porto di Genova. Una nave stava uscendo dal porto. Il

    lento movimento della ciminiera che sembrava uscire

    dai tetti delle case era da sempre una scena che lo

    ipnotizzava.

    -Tu ci andrai? - gli chiese Yuri.

    - Se ci vado è solo perché sono quattro anni che non

    vado in Asia e due che non prendo ferie. Mi hanno

    appena dato un anticipo su un caso di infedeltà

    matrimoniale, e l’idea di dare duemila euro alla mia

    amministratrice come anticipo per i lavori straordinari

    del mio palazzo non mi fa impazzire. Io ci andrei. Tu

    cosa fai? -

    Stefano guardò l’amico con quello strano sorriso che

    aveva sempre quando voleva provocare qualcuno.

    - In verità ho un’udienza mercoledì, e poi sono un po' in

    bolletta, la mia ex moglie continua a chiedermi soldi. Mi

    spiace non posso farlo... Ma per i soldi che ti ha chiesto

    come fai? Dove li trovi? -

    - Io ho ancora qualcosa della parcella che mi aveva

    pagato il nostro amico marchese Guido per avergli

    fatto intascare l’eredità della zia. Ti ricordi quando

    scoprii che l'altro suo cugino aveva cercato di far

    rinchiudere la zia, così che non potesse cambiare il

    testamento? Anche se pensavo di non toccarli, se non

    come

    ultima

    risorsa,

    forse

    sto

    facendo

    una

    cazzata…anzi, sicuramente la sto facendo. Tu puoi

    darmi una mano?

    Yuri si avviò verso un cassetto, lo aprì e tirò fuori una

    mazzetta di banconote da cinquecento euro.

    - La mia scorta di riserva - disse sorridendo

    innocentemente.

    - Ascolta e se venissi anch’io? Mi dai tempo dieci giorni,

    risolvo due udienze che ho e dopo partiamo insieme.

    Cosa ne dici? -

    Stefano stava guardando la poppa della nave che si

    allontanava sempre di più. Oramai era un punto

    lontano. Aveva riconosciuto la stella bianca su sfondo

    nero sulla ciminiera. Sapeva dove andava quella nave.

    Da bambino c’era stato tante volte con suo padre.

    Pensò che era un buon segno per partire.

    - Prenoto il primo volo per Bangkok, ma non mi fermerò

    più di una settimana. Anche io ho degli impegni di

    lavoro e, se non mi do da fare il prossimo mese, non ho

    neanche i soldi dello stipendio da dare a Giovanna. Mi

    spiace, ma non posso aspettare dieci giorni, inoltre

    prima parto e meglio è. Credo che davvero cumpà sia

    in difficoltà. Ma sia ben chiara una cosa: se mi accorgo

    che è solo un trucco per fotterci dei soldi è la volta

    buona che gli rompo la faccia e lo rimando in Italia

    vestito con un gesso made in Thailand. Ti terrò al

    corrente via mail. Non credo che mi porterò il cellulare,

    dopo tanti mesi di scocciature, staccare un po’ non può

    che farmi bene.

    - Yuri si avvicinò verso il suo mandir dove erano

    esposte le immagini degli dei Shiva, Ganesh,e Kali,

    accese un incenso e disse - Om padme um….buona

    fortuna vecchio pard sicuramente sarà una buona

    avventura! -

    Erano un po’ fuori dal mondo. Anche se più cinici e

    disincantati di un tempo, amavano ancora sentirsi come

    Corto Maltese alle prese con la cricca delle lanterne

    rosse. In fondo era la loro maniera per sentirsi ancora

    adolescenti.

    5

    SUKUHMVIT ROAD

    Appena uscì dall'aeroporto fu investito del calore dei

    tropici. Il sudore iniziava a formarsi sui peli delle

    braccia. Quella sensazione gli dava una felicità

    immensa. Gli sembrava di riprendere vita dopo mesi di

    letargo

    italiano.

    Il

    traffico

    davanti

    all'uscita

    dell’aeroporto era come se lo ricordava. Il nuovo

    Suvamabhumi

    quattordici,

    era

    davvero

    immenso.

    Erano

    le

    ora

    locale,

    Stefano

    doveva

    ancora

    aggiornare l’orologio che segnava le otto del mattino in

    Italia. Fermò un taxi di quelli regolari (prenderne uno

    abusivo

    avrebbe

    poteva

    costargli

    di

    meno

    in

    ma

    sicuramente

    hotel

    rischiato

    finire

    qualche

    scomodissimo fuori dal centro. A tutto vantaggio

    dell’autista che avrebbe intascato qualche decina di

    bath dall’hotel).

    - Miami hotel in Sukhunvit Road -

    - Yes I know! - rispose il grasso taxista con un sorriso.

    Il Miami hotel era quasi un’istituzione a Bangkok. Negli

    anni sessanta ci andavano in licenza i militari americani

    impegnati in Vietnam. L’ultima volta che c’era stato era

    in uno stato pietoso, ma lui adorava quel posto. Non

    assomigliava ai soliti grandi hotel lussuosi ma privi di

    anima. Lì c’era una storia. Ragazzi americani si

    rifugiavano per tre o quattro giorni di licenza per

    dimenticare una guerra che non gli apparteneva, salvo

    poi ripartire e ritornare nella giungla a combattere. E

    forse morire… Arrivò all’interno del soi 13, a fianco del

    grande Hotel Ambassador. Il Miami hotel si trovava in

    una stradina laterale della grande Sukumvit road, in un

    angolo nascosto, quasi impossibile da immaginare nella

    caotica Bangkok! Era composto da quattro piani che

    nulla erano in confronto agli immensi grattacieli che

    avevano offuscato, negli anni seguenti, il cielo della

    citta degli angeli. Su un lato dell’ingresso c’era ancora

    una vecchia palma rinsecchita dallo smog mefitico della

    città.

    - Buongiorno, vorrei una stanza singola con bagno -

    - Certo! Abbiamo una bella stanza luminosa al terzo

    piano -

    Con voce in falsetto e con modi gentili, l’impiegata

    allungò la chiave. Stefano salì sul vecchio ascensore e

    arrivò al piano. Nel firmare il registro, evitò di chiedere

    all’ impiegata se nell’ hotel ci fosse un italiano. Non gli

    sembrava la maniera migliore per contattare Maurizio, e

    poi era stravolto dal viaggio e dal fuso orario.

    Conosceva il numero della camera di cumpà e, nel

    caso l’avesse cambiata, l’avrebbe aspettato nell’atrio

    dell' hotel. Stefano entrò nella sua stanza; l’odore di

    muffa era sempre lo stesso di alcuni anni prima, ma la

    moquette era ancora più sbiadita e piena di bruciature

    di sigaretta. Buttò lo zaino in un angolo. Spostò la tenda

    dalla finestra. Sotto, si vedeva uno dei mille banchetti

    presenti sulle strade di Bangkok che vendeva riso fritto

    e altre prelibatezze culinarie. Si scostò dalla finestra,

    prese il telecomando e accese la tv. Aprì il frigo e

    allungò la mano per prendersi quella che per lui era una

    delizia del palato.

    - Finalmente un Singha beer!-

    Era la birra nazionale tailandese. Nulla di straordinario,

    ma per Stefano anche quello era uno dei mille motivi

    per cui valeva la pena farsi dodici ore di volo da un

    continente a un altro. Iniziò a spogliarsi e si infilò sotto

    la doccia. Uno dei più assidui abitanti delle fogne di

    Bangkok venne a dargli il suo saluto. L’enorme

    scarafaggio giocava gironzolando nella base della

    vasca, un po' scocciato dalla presenza di un nuovo

    intruso.

    - Dai amico, fammi posto che in due non ci stiamo! – Lo

    scarafaggio sparì velocissimo all’ interno dello scarico

    dell’ acqua.

    Finita la doccia si stese nudo sul letto. La temperatura

    era alta, ma visto il suo innato odio per l’aria

    condizionata, attese prima di accenderla. Lentamente,

    con l’aiuto della Singha beer e, soprattutto della doccia

    calda, sprofondò in un sonno - veglia sicuramente

    molto piacevole.

    Era stravolto dal viaggio e dal cambio di fuso orario,

    una cosa che aveva sempre accusato molto e che, con

    gli anni, gli creava ancora più disagio. Si alzò

    lentamente,

    non

    riusciva

    ad

    addormentarsi.

    Nel

    frattempo era di nuovo sudato. Si ricacciò sotto la

    doccia e aprì al massimo l’ acqua fredda. Si asciugò in

    fretta con i gomiti che ancora gocciolavano. Aprì la

    valigia per tirare fuori una camicia pulita. La indossò

    guardandosi allo specchio.

    Dopo aver superato i quarant’anni da tempo ed essere

    più vicino ai cinquanta, il suo rapporto con lo specchio

    era cambiato. Ci si guardava ancora, ma tendeva a

    farlo sempre meno; il suo fisico era ancora asciutto, pur

    non superando il metro e settantacinque conservava un

    aspetto giovanile. Non era un palestrato, ma l’essere

    snello e soprattutto l’assenza totale di pancia gli davano

    ancora un’aria piacevole. Le rughe gli solcavano il viso

    da cui spiccavano gli occhi rimasti come quelli di un

    tempo. Il naso regolare contribuiva a dargli un bel

    profilo, certo i capelli non erano più quelli di una volta.

    Oltre a essere più radi, il colore bianco ormai vinceva

    su quello nero. Tuttavia aveva imparato a conviverci,

    anche perché continuava a mantenere un certo fascino

    con l'altro sesso.

    Guardò l’ora. Erano già le dieci della sera. Si alzò e aprì

    la finestra. Il calore e gli odori gli arrivarono addosso

    come un treno. Provenivano dal banchetto giù in strada

    che aveva visto appena arrivato. Dentro i wok si

    friggevano riso con verdure e il fumo saliva alto verso il

    cielo. Spense la sigaretta dentro il posacenere. Aprì la

    porta e scese le scale. Farsi un giro a piedi per

    Sukhmvit Road poteva contribuire a svegliarlo. Erano

    quasi le dieci e mezza di sera. Per un attimo pensò che

    forse avrebbe dovuto subito cercare di prendere

    contatto con cumpà. Ma cambiò presto idea. Ne

    avrebbe avuto poi tutto il tempo. In fondo aveva tutto il

    diritto di rilassarsi un po’ dopo un viaggio così lungo.

    Maurizio avrebbe aspettato. Era il minimo per uno che,

    sparito per anni, di colpo si era fatto vivo.

    Uscito dall’albergo prese la direzione est, nella

    Sukhumvit Road. Le auto formavano lunghe file. Il

    traffico a quell'ora era impossibile. Stefano camminava

    lentamente sul marciapiede, dove mille bancarelle

    vendevano di tutto: orologi falsi, magliette di Armani,

    stereo, statuette di Budda e altre cianfrusaglie. La vista

    dei baracchini dove cocevano spiedini di maiale

    contribuiva a fargli aumentare la fame. Si fermò e ne

    comprò uno appena cotto.

    - Five bath! - disse la vecchia signora di origine cinese.

    Stefano era sempre più immerso in quell’adorabile

    deliro di rumori, colori, odori e voci dei venditori che si

    sovrapponevano l’una sull’altra.

    - Ehi, ehi... amico italiano!...vedere pietre preziose?

    very good very nice quality!! you want fuck fuck? lady?

    are you alone? -

    Con il loro particolare inglese, i ruffiani gli si

    avvicinavano per proporgli ogni cosa: da fantastiche

    pietre preziose (ottimi fondi di bottiglia) a spettacoli hard

    di donne che riescono a fare di tutto con i muscoli della

    vagina.

    -Ehi friend! Italiano? Mamma mia! -

    Stefano rimaneva sempre sorpreso quando questi

    procacciatori d’affari gli si rivolgevano in simil-italiano…

    Erano anni che visitava la Thailandia ma le uniche cosa

    che aveva imparato era kao pat che voleva dire riso, e

    salutare con il classico sawat-di.

    - No thank’s - continuava a rispondere a tutti quelli che

    lo fermavano.

    Arrivò quasi in fondo alla soi 5, girò in un vicolo dove

    sapeva esserci una sala di massaggi tradizionale. La

    gestiva una vecchia signora francese che si era

    sposata anni prima con un ufficiale tailandese.. Era uno

    dei pochi posti dove ancora si praticava il massaggio

    tradizionale thay, per lo più diventato una specie di

    marchio di fabbrica per turisti. La maggior parte delle

    sale da massaggio, serviva solo come pretesto per

    fissare degli appuntamenti con ricchi clienti occidentali.

    - Oh! monsieur Stefano! da quanto tempo!

    Stefano gli si fece incontro prendendole la mano e

    baciandogliela da perfetto gentiluomo d’altri tempi.

    - Madame siete sempre più bella, il

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