l'Asia non è solo un sogno
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Info su questo ebook
Stefano Bardi, investigatore privato genovese dal passato avventuroso, è in Thailandia sulle tracce di un vecchio amico, Maurizio Righi detto “Cumpà” che, dopo tanti anni di silenzio, lo ha contattato per chiedergli aiuto.
Prima però che i due riescano ad incontrarsi, Stefano è incastrato per un omicidio che non ha commesso da un poliziotto della DEA corrotto, al soldo del ricco e potente petroliere cambogiano, Nok Trunk
Il petroliere deve riavere indietro dei documenti e foto che testimoniano il suo passato nei massacri commessi nel campo di sterminio khmer ”S.21”., questi documenti sono in mano a Maurizio Righi . I documenti provano anche il finanziamento al regime di Pol Pot da parte di una grossa società petrolifera, l’americana World Oil, da tempo intenzionata a estrarre petrolio in Cambogia. Alla vigilia del processo contro i crimini di guerra da parte del governo Khmer, la pubblicazione dei documenti provocherebbe uno scandalo internazionale. Dopo mille peripezie, l’investigatore genovese riesce a dimostrare la sua innocenza risolvendo il difficile caso
Finalmente Stefano potrà tornare in Italia libero dalla accusa di omicidio, ma alcuni interrogativi rimarranno senza risposta, ma soprattutto per l’investigatore nulla potrà più essere come prima...
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Anteprima del libro
l'Asia non è solo un sogno - Antonio Giuffrè
PREFAZIONE
Fin da bambino l’Asia ha rappresentato per meun mondo fantastico, ricco d’avventure emeraviglie. Nei miei venticinque anni digirovagare per l’Oriente ho avuto la fortuna diraccogliere testimonianze di viaggiatori,abitanti del luogo, turisti e avventurieri, cheho ritrovato scrivendo questo libro. Io stessoho vissuto in Asia situazioni sicuramente fuoridel consueto.A darmi la motivazione nello scrivere ilromanzo, fu la delusione provata a causa di unvecchio amico che, come spesso accade nellavita, aveva tradito un’amicizia ventennale.Quasi per esorcizzare la grossa amarezza, misono avventurato in un lungo e nuovo viaggio
il cui mezzo di trasporto non era un bus oun’aereo, ma la tastiera di un computer! Ilviaggio
è durato tre anni: dal 2004 al 2007,anno in cui ho terminato di scriverlo.In questo periodo, mi sono recato più volte inCambogia cercando di raccoglieretestimonianze che potessero aiutarmi a dareun contributo più realistico nei contenuti. L’Asia non è solo un sogno
coinvolge moltipersonaggi, alcuni nati dalla mia fantasia altriconosciuti nelle scalcinate guest house
diKathamndu o nei piccoli chai-shop sulle spiagge
di Goa; molto spesso erano persone cheavevano qualcosa da nascondere del loropassato.Il protagonista Stefano Bardi, durante le suevicissitudini, compie un viaggio all’interno disé, scoprendo sentimenti a lui sconosciuti chelo porteranno a modificare per sempre lapropria vita. All’inizio del romanzo ilprotagonista è allegro, scanzonato e romanticomentre alla fine del racconto lo ritroveremosofferente, profondo, con uno sguardo piùrealistico su di sé e sugli altri.Il suo viaggio, oltre ad essere un viaggiodentro di sé, è un viaggio nel cuore dell’Indocina con la tragica storia degli ultimiquarant’anni. La guerra in Vietnam, ed ilconseguente coinvolgimento degli Stati Uniti,creerà il terreno per quello che fu uno degliavvenimenti più terribili dell’umanità: la presaal potere dei Khmer Rouge comandati da PolPot.Le conseguenze di questo evento sono ancoravisibili in molte persone senza gambe o senzabraccia che mendicano per le strade di PhnomPenh o Siam Reap, frutto delle milioni di mineancora presenti sotterrate nelle campagnetrenta anni prima dai Khmer durante la lororitirata. Dopo tre decenni, inoltre, continuanoa nascere bambini deformi in conseguenzadelle bombe defoglianti e diserbanti sganciatedagli americani nelle zone di confine traVietnam e Cambogia.
Gli avvenimenti che Bardi affronterà sono dipura fantasia, ma il contesto storico egeografico in cui si svolgono sono reali. Alcunipersonaggi citati nella storia sono ancoraviventi. Il processo per crimini di guerra èiniziato esattamente il mese dopo che hoterminato di scrivere il romanzo.Credo che la contemporaneità della storianarrata e, gli avvenimenti di questi ultimi mesiin Cambogia, possa contribuire a dare unvalore aggiunto al romanzo.La mia non è una cronaca o una ricerca storica.Insigni scrittori e giornalisti hanno scrittopagine meravigliose e sicuramente molto piùaccurate, io non potrei aggiungere null’altro…Questo è un romanzo noire
scritto da unprincipiante, il cui solo merito è di avercercato di essere il più possibile attendibilenel miscelare fantasia e realtà. Tutti gliitinerari e i luoghi descritti nel racconto sonostati da me visitati.Mi ha accompagnato l’amore che ho sempreavuto per i film e i romanzi noire . Il racconto è ricco di citazioni che vanno da James Ellroy alle storie di Corto Maltese, da AphocalipseNow a La Traccia del Serpente. Ho creato una colonna sonora che accompagnail protagonista nelle sue vicende…la stessamusica che ancora oggi ascolto con immutataemozione.Alcuni nomi dei protagonisti sono facili daritrovare in altre storie o film: lo stesso
Stefano Bardi ha il cognome rubato
al filmI tartassati
con Totò e Fabrizi.Ho cercato di descrivere cosa harappresentato l’Oriente
per alcuni ragazzidella mia generazione e quanto abbia influito,su alcuni di noi e sulle nostre scelte di vita.Ho descritto persone che ho conosciuto e chemi hanno accompagnato in alcune tappe deimiei viaggi come spesso accade tra viaggiatori.Tutto questo mi è servito per rivisitare vecchiricordi che avevo accantonato. In fondo sonomolto grato al mio ex- amico per avermi dato la
possibilità di intraprendere una nuova avventura
…..
L’Asia non è solo un sogno
di
Antonio Giuffrè
1 PRESAGIO
La radiosveglia si era accesa sulla frequenza di Radio
Capital. La stazione trasmetteva Rock and roll dei Led
Zeppelin. Erano anni che non l’ascoltava alla radio;
svegliarsi con il riff di chitarra di Jimmy Page gli
sembrava un buon modo per iniziare la giornata.
Stancamente, si tirò giù dal letto, intontito ancora dai
residui di birra della sera precedente, urtando con i
piedi la solita pila di libri e giornali disseminati ovunque
e, lentamente, si avviò verso il bagno. Si accorse subito
che la sua ernia iatale gli avrebbe procurato problemi
quella giornata.
Passando di fianco al computer, vide che era acceso
dalla sera precedentell segnale di avviso di posta
elettronica lampeggiava, con la pazienza che solo una
macchina può avere.
- Le solite mail spazzatura – disse Stefano fra sé.
Alzò la tavola del water. Non si fidava della sua mira
appena sveglio. I residui della birra iniziarono a defluire
con immensa soddisfazione. Dopo, si infilò nella doccia
aprendo al massimo il miscelatore: un’onda fredda lo
colse sulla testa. Rimase sotto solo pochi minuti:
sapeva già che quella mattina avrebbe ritardato al
lavoro.
Non ricordava più dove aveva posteggiato la macchina
e questo gli avrebbe fatto perdere del tempo prezioso;
quindi meglio iniziare a recuperare qualche minuto. Di
corsa si asciugò con movimenti decisi, ma non troppo
per essere precisi. Si rasò il viso dalla barba del giorno
precedente.
Ripassando
davanti
al
computer,
gli
venne
l'inspiegabile desiderio vista la fretta, di aprire la casella
di posta elettronica. Si sedette sulla scomoda sedia e
cliccò. Non avrebbe mai pensato che da quel semplice
gesto sarebbe iniziata una incredibile storia.
2
SE UN AMICO TI CHIAMA
La casella di posta si aprì e tre nuovi messaggi
apparvero
sul
video:
due
propagandavano
le
fantastiche prestazioni sessuali che si potevano
ottenere con l’acquisto di un miracoloso balsamo
prodotto nella lontana Cina (ma l’aveva già visto in
vendita sulle bancarelle dei cinesi della sua città).
Cliccò su elimina
e le due mail finirono nel paradiso
della posta elettronica; l’altra non indicava il mittente,
ma solo un rigo -Se un amico ti chiama -. Dentro di sé
sentì un disagio strano. Schiacciò il tasto apri
e la
lesse.
Caro Stefano, mi rendo conto che sono passati molti
anni dall’ultima volta che ci siamo visti. Non c è
nessuna scusante per la maniera in cui sono sparito,
ma avevo dei motivi molto gravi per farlo. Così gravi da
non poterti mettere al corrente senza far correre dei
rischi a te a ai nostri amici comuni. Non posso spiegarti
adesso in questa semplice mail, ma ti chiedo, in nome
di un'amicizia antica e mai dimenticata, di venire qui.
Attualmente sono a Bangkok, alloggio presso il Miami
Hotel (tu lo conosci bene me ne parlavi sempre).Ti
prego. ho bisogno urgentemente di vederti, ne va della
mia vita. Non farne parola con alcuno, neppure ai nostri
amici. Inoltre ti chiedo se puoi anticiparmi qualche
migliaia di euro.Ti prometto che ti renderò più di quello
che mi presterai. Quando arrivi mi troverai alla stanza
405. Sono sotto falso nome. Ti saluto e spero che non
mi lascerai solo. Sei la mia unica speranza, con affetto
Maurizio.
p.s Spero che il tuo indirizzo di posta elettronica sia
sempre lo stesso, non posso fidarmi di chiamarti
telefonicamente.
Aveva terminato di leggere la mail e il pensiero più forte
che avvertiva, fra i tanti, fu quello di dire ad alta voce: -
Quel bastardo di cumpà dopo anni si fa risentire come
se nulla fosse solo per chiedermi di soldi! -
Per un attimo pensò a uno scherzo di qualche suo
amico. Ma nessuno avrebbe fatto una cosa così
stupida, quindi non poteva essere che lui. Che cosa
aveva combinato per trovarsi in quella situazione?
Mentre la sua mente correva a mille all'ora, continuava
a guardare la mail quasi come se, rileggendola,
potesse trovarci altre indicazioni. Ma era inutile anche
perché il suo amico non era mai stato un grande
scrittore. Si rese conto solo allora che i pochi minuti che
era riuscito a recuperare erano tristemente finiti, e che il
ritardo, oramai, era divenuto di proporzioni bibliche-
3 CHI HA DISEGNATO QUEL CAZZO SULLA
LAVAGNA? E’ STATO LUI!
Si ritrovò catapultato fuori. La gente del mattino
camminava con fare affannoso nella via Garibaldi, la
via nobile e antica di Genova. Il cielo era terso come
può esserlo in un mattino di giugno. Prese l’ascensore
di Portello, che collegava il centro con la collina di
Castelletto: la vista era stupenda, il mare era lì, a
portata di mano. La città sembrava quasi che vi fosse
appoggiata. Poche al mondo hanno il fascino di
Genova in una giornata di primavera. L’odore dei fiori
nei giardini si spandeva nell’aria. Un gruppo di bambini
giocava sul piazzale. Il profumo del mare si avvertiva
dentro le narici. Era una città da odiare o da amare
nella stessa maniera: l’amavi per la sua bellezza e il
suo miscuglio di razze e cultura, la odiavi per quella
caratteristica tipica della gente, quella di non osare mai
troppo. Era quasi una filosofia il maniman che voleva
dire non facciamolo che non si sa che può succedere....
Ed era una filosofia di vita che lentamente, ma
inesorabilmente, entrava a far parte del modo di essere
anche se non eri genovese. Così, pure gli immigrati da
molte le parti del mondo, dopo qualche tempo, si
ritrovavano ad avere la sindrome del maniman.
Riuscì
per
miracolo
a
ricordarsi
dove
aveva
posteggiato. Si infilò dentro l’auto e appena tirò su lo
sguardo vide quel foglietto che ben conosceva:
l’ennesima multa per divieto di sosta. E pensare che
doveva essere una buona giornata. Partì velocemente.
Accese la radio sulla frequenza di Radio Capital e le
note di Saturday in the Park dei Chicago, riempirono la
macchina. Mentre fissava un semaforo rosso, un flash
back
gli
apparve
nella
mente.
Poco
più
che
ventenni...lui insieme con Maurizio, invece di andare
all'università, preferivano chiudersi nel laboratorio di un
fabbro dove lavorava un loro amico come apprendista.
Passavano la mattina ad ascoltare musica e a farsi
qualche spinello, ovviamente il tutto mentre il titolare
era assente. Così, un giorno, mentre i fumi di hashish
inondavano l’ambiente, a Stefano venne in mente di
disegnare un pene enorme su una lavagnetta appesa al
muro. Mentre se la ridevano allegramente arrivò il
fabbro, un armadio da cento chili, il cui viso mostrava
tutta la forza che imprimeva al martello quando lo
batteva sul ferro.
- Chi ha disegnato questo cazzo? - urlò con una voce
degna del miglior tenore.
La paranoia totale si abbatté sull'allegra brigata. Si
guardarono in faccia, nessuno osò fiatare. Ovviamente
non si poteva fare la spia! Piuttosto, l’energumeno
sarebbe dovuto passare sui loro cadaveri. Già, ma
questa illusione durò poco...ma molto poco…
- E’ stato lui! –. Una mano indicò Stefano. La voce di
cumpà (era il soprannome che gli amici avevano dato a
Maurizio) si levò bella, chiara e forte.
4
MISTER HACCARINO
Via XX Settembre era intasata come sempre. Stefano
cercò di prendere la scorciatoia che portava alla collina
di Carignano. Aveva lasciato l’agenzia investigativa due
ore dopo aver ricevuto la mail. Aveva troppa fretta. Si
accese l’ennesima sigaretta. Non sapeva bene se
quello che stava facendo fosse giusto, in fondo cumpà
gli aveva detto di non fare parola con nessuno di
quanto gli aveva scritto. Ma non riusciva a tenersi
dentro quella cosa così importante, doveva pur parlarne
con qualcuno. L’ unica persona con cui l’avrebbe fatto
era il suo vecchio pard (come si chiamavano nei
momenti in cui il tasso alcolico era elevato imitando Tex
e i suoi pard): Haccarino, il vero nome era Yuri ma da
anni i suoi amici più intimi lo chiamavano col diminutivo
di hacca o haccarino. Tutto nasceva dal fatto che da
giovane Yuri era molto carino e le ragazze perdevano
la testa per lui. Allora appena lo vedevano dicevano
ah! che carino
...Così qualcuno gli trovò questo
nomignolo che continuava portarsi dietro. Anche
adesso, pur con le rughe conquistate con una dura
militanza tra i piaceri della vita, Yuri era sempre un
uomo affascinante, anche se il suo ciuffo ribelle si era
notevolmente ridotto per colpa di una incipiente
calvizie.
Arrivò sotto casa di Yuri. Come al solito l’ascensore non
funzionava. Stefano maledì le troppe sigarette mentre
scavalcava l’ultimo dei centoventi gradini. Suonò
ripetutamente il campanello mentre udiva la radio
accesa all’interno che blaterava fuori frequenza.
Finalmente l’amico gli aprì la porta.
- Cazzo ma sono solo le undici, cosa fai a quest’ora? E’
quasi l’alba? -. Hacca si presentò con l’aria di uno che
si era scontrato con un autocarro e ancora non se
rendeva conto. Il pigiama di flanella aderente, rendeva
più visibile il pacco in semieccitazione mattutina. I pochi
capelli si sparavano verso l’alto come germogli di soia,
le occhiaie erano di dimensioni da borsa Samsonite, i
suoi cinquant’anni li mostrava tutti. Insomma non era un
bel vedere!
- Ciao Hacca, ho notizie sconvolgenti, dovevo vederti
subito! Dai fatti una doccia e mentre ti riprendi ti aspetto
in studio -
Lo studio di Yuri era una stanza dove riceveva i suoi
clienti. Esercitava la professione di avvocato. Diciamo
che era un avvocato un pò fuori dai soliti schemi. Aveva
abbracciato la causa dei no global e durante il G8
aveva difeso molti compagni accusati di devastazioni
durante i tragici giorni di Genova. La cosa più buffa è
che anche lui ricevette una comunicazione giudiziaria
per sospetta partecipazione agli atti vandalici compiuti
nella città. Insomma difensore e accusato nello stesso
tempo.
- Belin! dovevo essere in tribunale stamattina alle otto e
mezzo e mi sono addormentato. Per fortuna la mia
assistente è riuscita a far spostare l’udienza preliminare
-.
Yuri era un avvocato molto bravo. Onesto nelle parcelle
ma completamente inaffidabile negli appuntamenti. Non
si sa ancora come non l’avessero radiato dall’albo
professionale. Aveva ricevuto molte ammonizioni dai
vari giudici, ma per lui arrivare puntuale era impossibile.
Narra la leggenda che fosse nato con dieci giorni in
ritardo.
- Allora cosa succede per piombarmi in casa in questa
maniera? -
Stefano non disse una parola, tirò fuori dalla tasca la
stampa della mail ricevuta e gliela porse. Nel frattempo
si sedette e iniziò a guardare la finestra che mostrava il
porto di Genova. Una nave stava uscendo dal porto. Il
lento movimento della ciminiera che sembrava uscire
dai tetti delle case era da sempre una scena che lo
ipnotizzava.
-Tu ci andrai? - gli chiese Yuri.
- Se ci vado è solo perché sono quattro anni che non
vado in Asia e due che non prendo ferie. Mi hanno
appena dato un anticipo su un caso di infedeltà
matrimoniale, e l’idea di dare duemila euro alla mia
amministratrice come anticipo per i lavori straordinari
del mio palazzo non mi fa impazzire. Io ci andrei. Tu
cosa fai? -
Stefano guardò l’amico con quello strano sorriso che
aveva sempre quando voleva provocare qualcuno.
- In verità ho un’udienza mercoledì, e poi sono un po' in
bolletta, la mia ex moglie continua a chiedermi soldi. Mi
spiace non posso farlo... Ma per i soldi che ti ha chiesto
come fai? Dove li trovi? -
- Io ho ancora qualcosa della parcella che mi aveva
pagato il nostro amico marchese
Guido per avergli
fatto intascare l’eredità della zia. Ti ricordi quando
scoprii che l'altro suo cugino aveva cercato di far
rinchiudere la zia, così che non potesse cambiare il
testamento? Anche se pensavo di non toccarli, se non
come
ultima
risorsa,
forse
sto
facendo
una
cazzata…anzi, sicuramente la sto facendo. Tu puoi
darmi una mano?
Yuri si avviò verso un cassetto, lo aprì e tirò fuori una
mazzetta di banconote da cinquecento euro.
- La mia scorta di riserva - disse sorridendo
innocentemente.
- Ascolta e se venissi anch’io? Mi dai tempo dieci giorni,
risolvo due udienze che ho e dopo partiamo insieme.
Cosa ne dici? -
Stefano stava guardando la poppa della nave che si
allontanava sempre di più. Oramai era un punto
lontano. Aveva riconosciuto la stella bianca su sfondo
nero sulla ciminiera. Sapeva dove andava quella nave.
Da bambino c’era stato tante volte con suo padre.
Pensò che era un buon segno per partire.
- Prenoto il primo volo per Bangkok, ma non mi fermerò
più di una settimana. Anche io ho degli impegni di
lavoro e, se non mi do da fare il prossimo mese, non ho
neanche i soldi dello stipendio da dare a Giovanna. Mi
spiace, ma non posso aspettare dieci giorni, inoltre
prima parto e meglio è. Credo che davvero cumpà sia
in difficoltà. Ma sia ben chiara una cosa: se mi accorgo
che è solo un trucco per fotterci dei soldi è la volta
buona che gli rompo la faccia e lo rimando in Italia
vestito con un gesso made in Thailand. Ti terrò al
corrente via mail. Non credo che mi porterò il cellulare,
dopo tanti mesi di scocciature, staccare un po’ non può
che farmi bene.
- Yuri si avvicinò verso il suo mandir dove erano
esposte le immagini degli dei Shiva, Ganesh,e Kali,
accese un incenso e disse - Om padme um….buona
fortuna vecchio pard sicuramente sarà una buona
avventura! -
Erano un po’ fuori dal mondo. Anche se più cinici e
disincantati di un tempo, amavano ancora sentirsi come
Corto Maltese alle prese con la cricca delle lanterne
rosse. In fondo era la loro maniera per sentirsi ancora
adolescenti.
5
SUKUHMVIT ROAD
Appena uscì dall'aeroporto fu investito del calore dei
tropici. Il sudore iniziava a formarsi sui peli delle
braccia. Quella sensazione gli dava una felicità
immensa. Gli sembrava di riprendere vita dopo mesi di
letargo
italiano.
Il
traffico
davanti
all'uscita
dell’aeroporto era come se lo ricordava. Il nuovo
Suvamabhumi
quattordici,
era
davvero
immenso.
Erano
le
ora
locale,
Stefano
doveva
ancora
aggiornare l’orologio che segnava le otto del mattino in
Italia. Fermò un taxi di quelli regolari (prenderne uno
abusivo
avrebbe
poteva
costargli
di
meno
in
ma
sicuramente
hotel
rischiato
finire
qualche
scomodissimo fuori dal centro. A tutto vantaggio
dell’autista che avrebbe intascato qualche decina di
bath dall’hotel).
- Miami hotel in Sukhunvit Road -
- Yes I know! - rispose il grasso taxista con un sorriso.
Il Miami hotel era quasi un’istituzione a Bangkok. Negli
anni sessanta ci andavano in licenza i militari americani
impegnati in Vietnam. L’ultima volta che c’era stato era
in uno stato pietoso, ma lui adorava quel posto. Non
assomigliava ai soliti grandi hotel lussuosi ma privi di
anima. Lì c’era una storia. Ragazzi americani si
rifugiavano per tre o quattro giorni di licenza per
dimenticare una guerra che non gli apparteneva, salvo
poi ripartire e ritornare nella giungla a combattere. E
forse morire… Arrivò all’interno del soi 13, a fianco del
grande Hotel Ambassador. Il Miami hotel si trovava in
una stradina laterale della grande Sukumvit road, in un
angolo nascosto, quasi impossibile da immaginare nella
caotica Bangkok! Era composto da quattro piani che
nulla erano in confronto agli immensi grattacieli che
avevano offuscato, negli anni seguenti, il cielo della
citta degli angeli
. Su un lato dell’ingresso c’era ancora
una vecchia palma rinsecchita dallo smog mefitico della
città.
- Buongiorno, vorrei una stanza singola con bagno -
- Certo! Abbiamo una bella stanza luminosa al terzo
piano -
Con voce in falsetto e con modi gentili, l’impiegata
allungò la chiave. Stefano salì sul vecchio ascensore e
arrivò al piano. Nel firmare il registro, evitò di chiedere
all’ impiegata se nell’ hotel ci fosse un italiano. Non gli
sembrava la maniera migliore per contattare Maurizio, e
poi era stravolto dal viaggio e dal fuso orario.
Conosceva il numero della camera di cumpà e, nel
caso l’avesse cambiata, l’avrebbe aspettato nell’atrio
dell' hotel. Stefano entrò nella sua stanza; l’odore di
muffa era sempre lo stesso di alcuni anni prima, ma la
moquette era ancora più sbiadita e piena di bruciature
di sigaretta. Buttò lo zaino in un angolo. Spostò la tenda
dalla finestra. Sotto, si vedeva uno dei mille banchetti
presenti sulle strade di Bangkok che vendeva riso fritto
e altre prelibatezze culinarie. Si scostò dalla finestra,
prese il telecomando e accese la tv. Aprì il frigo e
allungò la mano per prendersi quella che per lui era una
delizia del palato.
- Finalmente un Singha beer!-
Era la birra nazionale tailandese. Nulla di straordinario,
ma per Stefano anche quello era uno dei mille motivi
per cui valeva la pena farsi dodici ore di volo da un
continente a un altro. Iniziò a spogliarsi e si infilò sotto
la doccia. Uno dei più assidui abitanti delle fogne di
Bangkok venne a dargli il suo saluto. L’enorme
scarafaggio giocava gironzolando nella base della
vasca, un po' scocciato dalla presenza di un nuovo
intruso.
- Dai amico, fammi posto che in due non ci stiamo! – Lo
scarafaggio sparì velocissimo all’ interno dello scarico
dell’ acqua.
Finita la doccia si stese nudo sul letto. La temperatura
era alta, ma visto il suo innato odio per l’aria
condizionata, attese prima di accenderla. Lentamente,
con l’aiuto della Singha beer e, soprattutto della doccia
calda, sprofondò in un sonno - veglia sicuramente
molto piacevole.
Era stravolto dal viaggio e dal cambio di fuso orario,
una cosa che aveva sempre accusato molto e che, con
gli anni, gli creava ancora più disagio. Si alzò
lentamente,
non
riusciva
ad
addormentarsi.
Nel
frattempo era di nuovo sudato. Si ricacciò sotto la
doccia e aprì al massimo l’ acqua fredda. Si asciugò in
fretta con i gomiti che ancora gocciolavano. Aprì la
valigia per tirare fuori una camicia pulita. La indossò
guardandosi allo specchio.
Dopo aver superato i quarant’anni da tempo ed essere
più vicino ai cinquanta, il suo rapporto con lo specchio
era cambiato. Ci si guardava ancora, ma tendeva a
farlo sempre meno; il suo fisico era ancora asciutto, pur
non superando il metro e settantacinque conservava un
aspetto giovanile. Non era un palestrato, ma l’essere
snello e soprattutto l’assenza totale di pancia gli davano
ancora un’aria piacevole. Le rughe gli solcavano il viso
da cui spiccavano gli occhi rimasti come quelli di un
tempo. Il naso regolare contribuiva a dargli un bel
profilo, certo i capelli non erano più quelli di una volta.
Oltre a essere più radi, il colore bianco ormai vinceva
su quello nero. Tuttavia aveva imparato a conviverci,
anche perché continuava a mantenere un certo fascino
con l'altro sesso.
Guardò l’ora. Erano già le dieci della sera. Si alzò e aprì
la finestra. Il calore e gli odori gli arrivarono addosso
come un treno. Provenivano dal banchetto giù in strada
che aveva visto appena arrivato. Dentro i wok si
friggevano riso con verdure e il fumo saliva alto verso il
cielo. Spense la sigaretta dentro il posacenere. Aprì la
porta e scese le scale. Farsi un giro a piedi per
Sukhmvit Road poteva contribuire a svegliarlo. Erano
quasi le dieci e mezza di sera. Per un attimo pensò che
forse avrebbe dovuto subito cercare di prendere
contatto con cumpà. Ma cambiò presto idea. Ne
avrebbe avuto poi tutto il tempo. In fondo aveva tutto il
diritto di rilassarsi un po’ dopo un viaggio così lungo.
Maurizio avrebbe aspettato. Era il minimo per uno che,
sparito per anni, di colpo si era fatto vivo.
Uscito dall’albergo prese la direzione est, nella
Sukhumvit Road. Le auto formavano lunghe file. Il
traffico a quell'ora era impossibile. Stefano camminava
lentamente sul marciapiede, dove mille bancarelle
vendevano di tutto: orologi falsi, magliette di Armani,
stereo, statuette di Budda e altre cianfrusaglie. La vista
dei baracchini dove cocevano spiedini di maiale
contribuiva a fargli aumentare la fame. Si fermò e ne
comprò uno appena cotto.
- Five bath! - disse la vecchia signora di origine cinese.
Stefano era sempre più immerso in quell’adorabile
deliro di rumori, colori, odori e voci dei venditori che si
sovrapponevano l’una sull’altra.
- Ehi, ehi... amico italiano!...vedere pietre preziose?
very good very nice quality!! you want fuck fuck? lady?
are you alone? -
Con il loro particolare inglese, i ruffiani gli si
avvicinavano per proporgli ogni cosa: da fantastiche
pietre preziose (ottimi fondi di bottiglia) a spettacoli hard
di donne che riescono a fare di tutto con i muscoli della
vagina.
-Ehi friend! Italiano? Mamma mia! -
Stefano rimaneva sempre sorpreso quando questi
procacciatori d’affari gli si rivolgevano in simil-italiano…
Erano anni che visitava la Thailandia ma le uniche cosa
che aveva imparato era kao pat che voleva dire riso, e
salutare con il classico sawat-di.
- No thank’s - continuava a rispondere a tutti quelli che
lo fermavano.
Arrivò quasi in fondo alla soi 5, girò in un vicolo dove
sapeva esserci una sala di massaggi tradizionale. La
gestiva una vecchia signora francese che si era
sposata anni prima con un ufficiale tailandese.. Era uno
dei pochi posti dove ancora si praticava il massaggio
tradizionale thay, per lo più diventato una specie di
marchio di fabbrica per turisti. La maggior parte delle
sale da massaggio, serviva solo come pretesto per
fissare degli appuntamenti con ricchi clienti occidentali.
- Oh! monsieur Stefano! da quanto tempo!
Stefano gli si fece incontro prendendole la mano e
baciandogliela da perfetto gentiluomo d’altri tempi.
- Madame siete sempre più bella, il