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Passepartout: Storie di un portiere notturno
Passepartout: Storie di un portiere notturno
Passepartout: Storie di un portiere notturno
E-book149 pagine1 ora

Passepartout: Storie di un portiere notturno

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Info su questo ebook

Vi siete mai chiesti quali segreti nascondano le camere d’albergo? Nella pulita compostezza del loro silenzio, notte dopo notte, storie tristi, appassionate, romantiche, immorali si avvicendano.
Unico testimone, il portiere notturno, che tra savoir vivre e filosofia, regala un’identità a quei destini di passaggio, sottraendoli all’anonimato di una semplice firma.
“Passepartout” è un libro scritto, come scrive lo stesso autore, per “liberare tutte quelle voci che nella notte raccontavano vite, problemi, situazioni a volte al limite del credibile”.
Un insieme di racconti dunque, ma anche un insieme di riflessioni sui comportamenti umani e sul rapporto tra i sessi.
LinguaItaliano
Data di uscita19 set 2020
ISBN9788832144567
Passepartout: Storie di un portiere notturno

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    Anteprima del libro

    Passepartout - Luca Di Martino

    Leone

    Preludio

    La maggior parte di voi lavora durante il giorno: un impegno di otto ore o giù di lì, alle sette del pomeriggio a casa, la sera guarda la TV oppure esce e poi a letto.

    Magari pensate che i lavori notturni siano affascinanti: niente traffico, niente rumore, più tranquillità; magari pensate che lavorare di notte sia anche più facile.

    Vi dirò un segreto: cazzate, non è così.

    La magia della notte esiste solo per chi vive di giorno perché la notte vera, non da turista, sa di solitudine, di facce viste e poi perdute, di troppi caffè, di vestiti e occhi stropicciati, di capelli che puzzano di fumo, di discorsi incompiuti perché si è troppo stanchi per proseguirli.

    Di conseguenza il lavoro notturno è come una sbornia. All’inizio sei allegro, re di quella calma apparente, pensi che tutto fili via liscio e ci dai giù di brutto, senza risparmiarti; ma il giorno dopo la nottata ti presenta il conto, che, se lo fai per molto tempo, è ancora più salato.

    C’è poco di romantico o di esaltante in tutto questo, a parte il fatto che negli alberghi, lungi dall’essere al principio di una brillante ascesa, troverete tre tipi di portieri notturni: quelli molto giovani, che fanno la gavetta dell’istituto alberghiero, i vecchi, che soffrono d’insonnia e uniscono l’utile dello stipendio al dilettevole della non sopportazione coniugale, e quelli come me che l’hanno fatto solo per necessità.

    Se sei un giovane laureato siciliano con pochi mezzi - a proposito, piacere mio, mi chiamo Andrea Butticè – dicevo… se sei siciliano, con pochi mezzi e senza qualcuno alle spalle, non appena la tua mano destra stringe un titolo di studio, la sinistra stringe una valigia.

    I più lo vedono come una maledizione e pochi come opportunità, ma comunque si deve avere una naturale propensione all’avventura per riuscire ad accettare la sfida di riottenere quello che il tuo luogo di nascita ti ha tolto, ossia la possibilità di mettere radici proprie.

    Si deve anche possedere una buona dose di curiosità, tanto da avere a che fare con gente di tutti i tipi (uomini e donne, giovani e vecchi, signori e mascalzoni, gente del nord e del sud di tutto il mondo) per trovare un tuo spazio tra di loro.

    Intendiamoci, al di là dei miei studi, non era il lavoro per me e quando l’accettai non pensavo di intraprendere una carriera in ambito alberghiero: l’ho trovato a lungo andare monotono, ma ho sempre pensato che le diverse esperienze ti arricchiscono e che, per un certo periodo, puoi anche fartele piacere.

    Ho passato alcune delle serate più divertenti della mia vita con persone, suona strano a dirsi, che non erano amici ma semplici clienti. In tutte quelle notti mi sono reso conto in definitiva di una cosa: che per quanto viviamo in un mondo sovrappopolato, in fondo restiamo soli. E questa solitudine, per un bizzarro paradosso, fa aprire le persone più facilmente con uno sconosciuto, piuttosto che con le persone più vicine.

    Per tutto il tempo che è durata questa occupazione l’ho presa con entusiasmo e adesso che è finita, apprezzo di più la mia attività odierna e soprattutto il privilegio di poter dormire la notte.

    Ogni tanto però, quando la forzata insonnia di quei giorni mi cattura all’improvviso, ripenso alle storie che ho vissuto e anche se non sempre ricordo i nomi dei protagonisti, sento muoversi qualcosa dentro di me.

    Uomini

    Ho deciso di cominciare con le storie di uomini per rompere il ghiaccio. Sono un uomo e condivido con voi i punti di forza e debolezze. Al di là dei pregi, noi siamo non solo legati, ma quasi affezionati ai nostri difetti.

    Ridiamo delle nostre battute un po’ cameratesche, delle pance che si materializzano una mattina allo specchio, delle macchie sulla cravatta, di tutto quello che ci rende un po’ simili agli altri.

    Facciamo gruppo, sempre e comunque, contro le avversità e quando ascoltiamo le spinose vicende di un altro uomo, gli siamo vicini, perché dentro di noi sappiamo che ci potrebbe capitare la stessa cosa.

    Mi rendo conto che questa sorta di solidarietà esiste non solo tra amici, ma anche tra padre e figlio, o tra semplici conoscenti in determinati momenti.

    Alla faccia di Topolino

    Avevo rotto da poco con la mia ultima ragazza e lei mi aveva cacciato di casa. Non scendo nei particolari - alcuni di voi ci saranno di certo passati – ma devo dire che mi sorpresi nel vedere la metamorfosi di quella che poteva essere una donna da sogno in un’avida arpia, attaccata perfino ai lucchetti delle valigie, che pretese le restituissi.

    Incassato il colpo, cercai di riprendermi, grazie anche a un’amica che mi aveva segnalato una piccola mansarda dove poter andare ad abitare: non era granché, ma almeno ero fuori dalle grinfie di quell’essere che ormai non mi rivolgeva neanche più la parola.

    In occasione del forzato trasloco, la mia ex mi aveva concesso la possibilità di prendere in prestito delle lenzuola per il letto, visto che di mie non possedevo neanche quelle. Tra tutte quelle che poteva prestarmi - e qui si nota la sua perfidia - mi diede le peggiori: striminzite e piene di disegni di Topolino.

    Non che avessi niente contro Topolino, ma le odiavo, perché in qualche modo rappresentavano un mio fallimento e quando fallisci, l’ultima cosa che vuoi vedere appena ti svegli è un topo in guanti gialli davanti ai tuoi occhi, che ti sorride con lo sguardo ebete e l’aria di chi ti sta prendendo per i fondelli.

    Mi davano così sui nervi, che a volte ero vittima di incubi, popolati da i tutti i personaggi Disney che mi inseguivano per farmi la pelle!

    Fino a quando però non mi sarei trovato una sistemazione migliore, avevo deciso di tenermi le lenzuola, con la promessa di restituirle.

    Passata una settimana, una sera in albergo vidi una ragazza bionda, intenta ad armeggiare con uno dei telefoni della hall. Non riusciva a mettersi in comunicazione con i genitori nel sud degli Stati Uniti. Le offrii di aiutarla spiegandole come fare e dopo un paio di tentativi, tutto filò liscio.

    Finita la chiamata, lei rimase a parlare un po’ al bancone. Mi raccontò che era venuta in Italia con un’ amica per visitare le principali città d’arte. Era decisamente in carne, ma come succede spesso per le ragazze abbondanti di origine anglosassone, aveva uno splendido viso, candido ed innocente. Portava una camicetta bianca e un’ ampia gonna. La camicetta sbottonata lasciava intravedere la curva di due enormi seni bianchi, che nella mia mente subito associai ad un paio di capezzoli rosa.

    Disse con voce cinguettante che le sarebbe piaciuto visitare un po’ la città di notte, ma che nessuno si era offerto di farle fare un giro. Le proposi perciò di portarla fuori la sera successiva, durante la quale, la informai, sarei stato fuori servizio.

    Una casa nuova e un appuntamento... la ruota ricominciava a girare, pensai, e la sera dopo lei si fece trovare puntuale fuori dall’albergo.

    La conversazione durante la serata oscillò tra la storia, la politica americana e le tradizioni italiane. Per fortuna, studi a parte, mi sono sempre interessato alla cultura degli altri Paesi, anche per semplice curiosità, e quindi riuscii a sorprenderla con alcune nozioni che neanche lei ricordava.

    Dopo aver bevuto qualcosa in un locale tipico, iniziammo una lunga passeggiata per il centro. Fermi nella piazza principale della città mi chiese se il mio appartamento fosse molto distante da dove ci trovavamo.

    Senza che lei lo sapesse, io in effetti già cercavo di girare intorno all’isolato dove abitavo, che grazie al cielo si trovava lì vicino.

    Alla vista del mio appartamento lei sorrise, commentando che era grande quanto lo sgabuzzino della sua casa in America. La sua risata divenne più sonora quando notò le lenzuola di Topolino.

    Trovai che questo era davvero troppo, specie per un uomo che negli ultimi tempi aveva solo ricevuto botte sui denti da parte di una donna, e perciò decisi di passare al contrattacco: l’afferrai, la baciai con forza, spingendole la mia lingua tra le labbra, e mentre la mia mano frugava sotto i vestiti la sospinsi verso il letto.

    Lei rimase piacevolmente sorpresa da tanto ardore italiano, ma mentre ci spogliavamo, incollati per le labbra, mi fermò per un attimo, comunicandomi di essere una battista praticante.

    Io risposi di essere cattolico non osservante, senza capire bene cosa comportasse questa differenza di credo religioso.

    Allora lei mi spiegò che la sua confessione le imponeva di rimanere vergine fino al matrimonio: udendo quelle parole, non potei trattenere tra i miei denti un’imprecazione.

    Lei spalancò un grande sorriso e con malizia mi suggerì che il fatto di rimanere vergine non prevedeva che non ci si potesse divertire in altra maniera.

    In men che non si dica si girò, afferrandomi per il membro e con decisione mi guidò verso le sue natiche.

    Una volta appoggiato, compì una specie di balzo all’indietro facendomi entrare in un sol colpo.

    Lo facemmo

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