Salvi! Appunti per una teoria e una pratica dei rifugi per animali
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Anteprima del libro
Salvi! Appunti per una teoria e una pratica dei rifugi per animali - a cura di Valentina Sonzogni
© 2015 goWare, Firenze
In collaborazione con Gallinae in Fabula onlus
Il testo è disponibile secondo la licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo.
ISBN 978-88-6797-404-7
Copertina: Lorenzo Puliti
Redazione: Valentina Sonzogni
Sviluppo ePub: Elisa Baglioni
goWare è una startup fiorentina specializzata in digital publishing
Fateci avere i vostri commenti a: info@goware-apps.it
Blogger e giornalisti possono richiedere una copia saggio
a Maria Ranieri: mari@goware-apps.com
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Presentazione
Un animale non umano liberato da qualsiasi tipo di industria – che sia alimentare, del divertimento (zoo, circhi) o dell’abbigliamento (animali da pelliccia) – è un individuo che con molte probabilità non sarà in grado di reinserirsi, o essere reinserito, in natura.
L’esigenza, dunque, di provvedere a un rifugio dove gli animali possano vivere nella migliore condizione possibile, data la situazione di disagio di partenza, ha fatto sì che sorgessero numerosi luoghi dove si può, finalmente, ricominciare a vederli davvero.
Ma cos’è un rifugio per animali? Dove si trova e come funziona? Chi ci lavora e chi ci vive?
Questo ebook, strutturato come una serie di conversazioni con chi si occupa dei rifugi, si propone come un momento di approfondimento e di dialogo sui santuari per animali, la prossima frontiera teorica e pratica del movimento di liberazione animale.
Gli autori
Roberto Bennati inizia le sue battaglie per il riconoscimento dei diritti degli animali nel 1988 quando si iscrive alla LAV – Lega Anti Vivisezione onlus. Dopo anni di volontariato attivista si occupa della campagna contro le pellicce e contro lo sfruttamento degli animali allevati per la macellazione. Si occupa di formazione sull’applicazione della norma sul trasporto degli animali e dei rapporti con le ONG estere. Dal 2006 è vicepresidente della LAV e membro del Consiglio Direttivo.
Domenica Bruni è ricercatrice in Filosofia del linguaggio all’Università di Messina, dove insegna Filosofia della mente e Psicologia evoluzionistica. Tra le sue pubblicazioni come autrice, Storia naturale dell’amore (Carocci, 2010), Politici sfigurati. Comunicazione politica e scienza cognitiva (Mimesis, 2012) e, come curatrice, Like me? Mente e diritti negli altri animali (Novalogos, 2013); (con G. Ruggiero), Il ritmo della mente. La musica tra scienza cognitiva e psicoterapia (Mimesis, 2015).
Leonardo Caffo è assegnista di ricerca in Filosofia teoretica presso l’Università degli studi di Torino dove è membro del Labont: laboratorio di ontologia. Socio fondatore della onlus Gallinae in Fabula è editorialista del Corriere della Sera
e de Il Garantista
ed è collaboratore di Rai Cultura. Tra i suoi ultimi libri Il maiale non fa la rivoluzione (Sonda, 2013), Margini dell’umanità (Mimesis, 2014), A come Animale: voci per un bestiario dei sentimenti (con F. Cimatti, Bompiani 2014) e Il bosco interiore: consigli per una vita non addomesticata secondo H. D. Thoreau (Sonda, 2015). Per goWare, oltre a dirigere la collana Noi animali
, ha pubblicato alcuni libri tra cui Un’arte per l’altro, con V. Sonzogni con la quale ha fondato e dirige la rivista Animot: l’altra filosofia
.
Rita Ciatti è laureata in Lingue e letterature straniere, attivista, blogger, cofondatrice dell’associazione Gallinae in Fabula, ha scritto di cinema, letteratura e antispecismo su varie riviste, lavora per l’agenzia Ghost writers Roma che si occupa di scrittura professionale e comunicazione.
Alessandra Colla è laureata in Filosofia, giornalista pubblicista e ricercatrice indipendente nell’ambito delle scienze umane; ha tradotto e curato testi di letteratura e saggistica (dal francese, inglese, spagnolo e tedesco). Da sempre impegnata sul fronte della questione animale, in un’ottica di radicale ripensamento dei rapporti fra umano e non-umano, negli ultimi anni ha privilegiato lo studio del pensiero ecofemminista nelle sue declinazioni europee e statunitensi. Collabora con l’associazione Gallinae in Fabula.
Alessandro Fazzi è laureato in Giurisprudenza e ha perseguito un master in Diritto ambientale e del cambiamento climatico, con una tesi dal titolo Cambiamento climatico e benessere animale: una prospettiva di diritto internazionale
. È stato assistente di Scienze delle finanze presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza
di Roma. Fa parte dell’ufficio legale della LAV – Lega Anti Vivisezione onlus.
Gallinae in Fabula è un gruppo di ricerca e un’associazione onlus che si occupa di teoria della diversità, con lo scopo di diffondere l’antispecismo e i suoi principi nelle società contemporanee.
Tiziana Pers è laureata in Lingue e letterature straniere e dottore di ricerca in Letterature comparate all’Università di Udine. Lavora sul tema dell’altro con differenti media, quali azioni pubbliche performative, fotografia, video, installazione, disegno e pittura. Ideatrice e direttore artistico del primo festival del biocentrismo Gaia@menTe e coideatrice del progetto RAVE East Village Artist Residency.
Leonora Pigliucci è giornalista professionista, laureata in Estetica alla facoltà di Filosofia dell’Università La Sapienza
, attivista per la liberazione animale. Ha lavorato come responsabile ufficio stampa di un centro di seconda accoglienza per rifugiati politici e collaborato con emittenti radiofoniche, quotidiani e riviste occupandosi sopratutto di ecologia e movimenti di liberazione della terra, decrescita, antispecismo. È direttrice responsabile di Animot
e fa parte dell’associazione Gallinae in Fabula.
Smilla Fjordafsolgudendottir, meticcio islandese di anni 12 circa. Dopo un’infanzia di stenti, abbandoni e violenze, viene salvata da Paolo Susana che la coinvolge in ogni sua attività. Diventa presto famosa nell’ambiente antispecista per la sua partecipazione alla liberazione dei cani di Green Hill. A seguito del tour Sidecar Smilla
nei rifugi d’Italia raggiunge la notorietà internazionale. Ha partecipato a numerose conferenze universitarie, da La Sapienza di Roma all’Università di Trieste. Tiene presentazioni del suo libro in giro per tutta la penisola, dai circoli anarchici alle librerie fighette e radical chic. Membro onorario di Gallinae in Fabula, di se stessa dice: sono un colonnello dell’Animal Liberation Front.
Valentina Sonzogni è storica dell’arte e dell’architettura e lavora presso il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Con Leonardo Caffo dirige la rivista di studi animali Animot. L’altra filosofia
. Fa parte dell’associazione Gallinae in Fabula, per la quale segue progetti di ricerca sull’animalità.
Paolo Susana, di origine corsa, tedesca ed ebrea sefardita, è stato educatore in comunità terapeutiche e in gruppi famiglia per malati psichiatrici. Ha collaborato con carcerati in semilibertà accompagnandoli in percorsi di riabilitazione sociale e lavorativa. Viaggiatore vegano e liberatore di animali a viso più o meno scoperto, ha viaggiato con i cani che hanno vissuto con lui in mezzo mondo e con i mezzi più disparati, a piedi, in bicicletta, in treno, in auto, in sidecar.
Questo libro è dedicato a chi ce l’ha fatta,
con il pensiero a chi invece non c’è più.
E a tutti quelli che verranno, ognuno da salvare.
Laboratori filosofici
di Valentina Sonzogni
L’ospitalità assoluta esige che io apra la mia dimora e che la offra non soltanto allo straniero (provvisto di un cognome, di uno statuto sociale di straniero, eccetera), ma all’altro assoluto, sconosciuto, anonimo, e che gli dia luogo, che lo lasci venire, che lo lasci arrivare e aver luogo nel luogo che gli offro, senza chiedergli né reciprocità (l’entrata in un patto) e neppure il suo nome[1].
Jacques Derrida
A partire da questa immagine che ritrae due attiviste mentre accudiscono gli agnellini Timo e Zenzero, appena salvati dalla squadra investigativa di Animal Equality a seguito di un lavoro di denuncia sui trasporti destinati ai macelli, mi sembra opportuno riflettere su cosa significhi liberare
gli animali e quali siano le responsabilità che derivano da questo gesto, talvolta spontaneo, talaltra pianificato ma sempre, infine, politico. Se qualche anno fa le fotografie che fissavano i momenti dell’attivismo a favore dei diritti animali avevano come caratteristica quella di raffigurare operazioni a volto coperto e immagini dall’aura rubata
, oggi la situazione è cambiata. Molte associazioni condividono con un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo i risultati del proprio lavoro e i destini degli animali salvati divengono storie esemplari che riescono a scavalcare il muro del silenzio.
A tutti gli effetti, un animale liberato da qualsiasi tipo di industria – che sia alimentare, del divertimento (zoo, circhi) o dell’abbigliamento (animali da pelliccia) – è un animale che con molte probabilità non sarà in grado di reinserirsi, o essere reinserito, in natura, luogo massimamente astratto nel quale non è mai davvero stato, e che ha visto forse solo attraverso le sbarre dell’allevamento o quelle del camioncino dal quale è stato liberato.
L’esigenza, dunque, di provvedere a un rifugio dove l’animale possa vivere nella migliore condizione possibile, data la situazione di disagio di partenza, ha fatto sì che sorgessero, a configurazione variabile e inaspettata, numerosi luoghi dove è possibile, finalmente, ricominciare a vedere gli animali non umani.
In Italia, le diciture santuario
o rifugio
vengono usate in modo alterno, come ad esempio dalla Rete dei Santuari di Animali Liberi in Italia, che in questo e-book è presentata da una mia intervista a Maria Cristina Polzonetti, dal Rifugio degli asinelli e dalla Fattoria della pace Ippoasi, di cui ci racconta qui Leonardo Caffo. Alcuni luoghi scelgono nomi evocativi o letterari come, ad esempio, La collina dei conigli, titolo di un celebre libro di Richard Adams del 1972 e rifugio per animali reduci dalla sperimentazione animale. La scelta del termine per indicare questi luoghi riveste molta più importanza di quanto si sia portati a credere, e su questa riflessione si basa molta della teoria che si sta elaborando attorno a questi primi esempi di coabitazione interspecifica. La parola santuario
deriva dalla parola inglese sanctuary, in particolare dal Farm Sanctuary da uno dei primi rifugi per animali sorto negli Stati Uniti nel 1986. Il termine santuario
, che nella lingua italiana ha una particolare accezione religiosa o sacra, in lingua inglese invece può sfumare nel termine rifugio
o riparo
anche indicato con la parola shelter. Questa parola dunque presenta un indubbio vantaggio: mentre indica un luogo in cui l’animale può trovare rifugio dallo sfruttamento o dai maltrattamenti, allo stesso tempo afferma la sacralità della vita degli ospiti non umani. La scelta di altri nomi come Fattoria delle coccole, ripropone in chiave antispecista l’idea di fattoria didattica dove, al contrario, gli animali vengono effettivamente sfruttati per attività di ricreazione e produzione, seppur apparentemente differenziandosi dall’industria agroalimentare intensiva. Sul portale delle fattorie didattiche in Italia ad esempio si legge: «Una fattoria didattica è un’azienda agricola o agrituristica in cui si fanno attività educative attive
, in particolare per bambini e ragazzi. L’azienda resta una realtà produttiva a tutti gli effetti, la didattica è un’integrazione alle normali attività. Le attività proposte della fattoria sono tenute da personale specializzato.[2]» Sul portale, inoltre, gli animali della fattoria sono collocati nella categoria Educazione alimentare
, confermando dunque la loro appartenenza alla schiera di iniziative che cercano di mascherare lo sfruttamento animale efficacemente descritti dall’etichetta di carne felice
.
Ad ogni modo, la presenza della parola fattoria
nei nomi di questi luoghi porta alla luce una problematica molto importante per coloro che gestiscono i rifugi, ovvero lo status giuridico degli animali salvati. Al contrario di ciò che suggerisce la loro mutata situazione esistenziale, essi rimangono animali da reddito
cosicché, ad esempio, la marca auricolare gialla che li identifica con un numero non può essere rimossa. Se agli animali nella loro nuova vita di rifugiati è attribuito un nome individuale, il permanere di questa targhetta – che ne ricorda la provenienza e li associa a una filiera
che si concluderà nel carrello di qualche consumatore – li accomuna paradossalmente ai loro fratelli ancora imprigionati in qualche allevamento e ne regola lo status giuridico e la gestione da parte della ASL veterinaria. La targhetta gialla li rende testimoni della propria storia e di quella degli altri senza nome che aspettano il giorno della loro liberazione. Questo è uno dei motivi per i quali i rifugi si impongono come la prossima frontiera teorica e rappresentano la radice emotiva del movimento: accogliendo i visitatori con le loro lingue gentili, i loro manti morbidi e gli occhi curiosi, coloro che ce l’hanno fatta sono la cassa di risonanza per il messaggio forte della liberazione animale.
I rifugi sembrano però già essere al centro della speculazione teorica e filosofica, soprattutto in ambito anglofono. Nel suo recente saggio Entangled Empathy, la filosofa e attivista Lori Gruen, già iniziatrice dello straordinario progetto "The first 100 si sofferma nell’analisi dell’
empatia intrecciata che descrive come: «un tipo di percezione piena di cura, concentrata sul partecipare all’esperienza di benessere dell’altro. Un processo esperienziale che coinvolge una miscela di emozione e intelletto, in cui ci riconosciamo essere in relazione con gli altri e in cui siamo chiamati a essere reattivi, responsabili e presenti rispetto ai bisogni degli altri, ai loro interessi, desideri, vulnerabilità, speranze e sensibilità.[3]» Superando l’utilitarismo di Peter Singer, Gruen si orienta nella direzione definita da Marti Kheel come quella della
narrativa tronca", nella ri-esplorazione della classica opposizione vittima-carnefice, in cui si scopre che il carnefice è a sua volta ingranaggio di un sistema di sopraffazione la