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Langer: La conversione ecologica
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E-book102 pagine1 ora

Langer: La conversione ecologica

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Info su questo ebook

A 20 anni (3 luglio 1995) dal suicidio di Alex Langer si ripropongono in questo volume alcuni dei suoi principali scritti che ne fanno uno dei più importanti “precursori della decrescita” del nostro tempo. In anticipo su larga parte del dibattito politico e giornalistico degli anni '70 e '80, Langer ha proposto con originalità e forza i temi della conversione ecologica, dei limiti dello sviluppo, della necessità di ribaltare il paradigma della crescita e dell'economia consumistica.
LinguaItaliano
EditoreJaca Book
Data di uscita21 ott 2021
ISBN9788816802599
Langer: La conversione ecologica
Autore

Giulio Marcon

Nato a Roma nel 1959 e laureato in Filosofia con una tesi sulla nascita del Welfare State in Gran Bretagna, Giulio Marcon è stato negli anni Ottanta segretario generale per l’Italia del Servizio Civile Internazionale e negli anni Novanta portavoce dell’Associazione per la Pace e presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà. Ha fondato l’associazione Lunaria ed è stato fino al 2013 portavoce della campagna Sbilanciamoci. Ha insegnato Politiche Sociali e Terzo Settore nelle università di Urbino e Cosenza. È stato deputato e membro della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati.

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    Anteprima del libro

    Langer - Giulio Marcon

    Parte prima

    ALEX LANGER

    L’AMBIENTALISTA CONCRETO

    di Giulio Marcon

    COSTRUTTORE DI PONTI

    Sicuramente Alexander Langer (1946-1995)¹ può essere considerato uno dei più convinti ed originali precursori della decrescita. Non sempre usò questo termine ma molte delle sue considerazioni e delle sue proposte possono essere fatte risalire a questo progetto. I suoi scritti, la sua azione politica e i suoi comportamenti sono incardinati sulla ricerca di una società fondata sulla convivialità e la sobrietà, sulla riconversione ecologica dell’economia e su una qualità della vita rispettosa dei diritti delle persone e del pianeta. Pacifista e ambientalista fu uomo del dialogo e della convivenza. Era un costruttore di ponti e non solo tra le persone e le comunità. Ma anche tra le culture politiche e sociali, tra movimenti e associazioni. Era cultore di una politica fondata sulla coerenza tra mezzi e fini, tra le parole e i comportamenti. Gli esempi sarebbero molti, l’elenco lungo. Eletto parlamentare con i Verdi, destinò costantemente parte della sua retribuzione a progetti, campagne, iniziative sociali ed ambientali. Rendeva pubblica la sua nota spese. A lungo si recò all’Europarlamento di Strasburgo in treno, evitando l’aereo troppo inquinante. Fu obiettore di coscienza alle spese militari e disobbedì al censimento etnico voluto dalla Südtiroler Volkspartei in Sud Tirolo.

    Proprio nella sua terra sperimentò le coordinate di un impegno a tutto campo che poi lo portò in Europa e in tutto il mondo. L’esperienza del rifiuto dell’esclusivismo e della segregazione etnica in Sud Tirolo e la conoscenza, l’esperienza del dramma in ex Jugoslavia lo portarono a elaborare una proposta di convivenza multietnica (un decalogo concreto e pieno di spunti originali) ancora oggi di grande attualità². Sempre in Alto Adige, l’amore per il suo territorio e il suo paesaggio, per l’equilibrio tra salvaguardia dell’ambiente e la dimensione locale, lo portò a mettere in campo un ambientalismo pragmatico, concreto (come lo era quello dei contadini e dei montanari di quelle terre), scevro da ogni ideologia e fondamentalismo. Fu un verde ecopacifista, come lo erano i Verdi in Sud Tirolo e in Germania. In Italia gran parte della leadership pacifista che aveva guidato nei primi anni ’80 il movimento contro l’installazione dei i missili a Comiso non aderì al movimento dei Verdi. E il movimento della pace nel suo complesso (dove c’erano componenti legate al PCI e alle forze della nuova sinistra) a differenza di ciò che avvenne in Germania, non si unì alla nuova forza politica. La dimensione inter-etnica dei suoi primi anni di impegno in Sud Tirolo lo portò sempre a una altissima sensibilità delle relazioni internazionali e delle peculiarità del rispetto di ciascun popolo: sapeva dire le principali parole che servono a entrare in contatto con le persone (grazie, buongiorno, come stai, mi chiamo… ecc.) di un altro paese in decine di lingue. D’altronde ne parlava correttamente molte: italiano, tedesco, spagnolo, inglese, francese… Langer aveva un interesse per le persone non strumentale. Nel «volto delle persone», nell’Altro, per dirla con Emanuel Levinas, riconosceva il rapporto con il mondo, la concreta e immediata trasfigurazione dell’umanità. Ricorda Langer:

    In passato ho forse imparato di più dai libri. Nei tempi più recenti mi sembra di imparare di più dagli incontri (ma forse era così anche prima e il ricordo mi inganna). Tra le maggiori fortune che mi sono state date in sorte, considero i rapporti con le tante e diverse persone che ho potuto incontrare e conoscere. In gran parte si tratta di incontri che non mi sono stati regalati in virtù di qualche posizione o ruolo (essere figlio di… frequentare la casa di… ricoprire la carica di…) ma conquistati e costruiti, per così dire, in proprio. Cosí mi è concesso, fino ad oggi, di conoscere persone di indole, posizione e cultura assai differente, e di stabilire scambi e amicizie su tanti piani e in tante direzioni. E se può essere emozionante conoscere da vicino Kreisky o Pertini o Gheddafi o Ingrao o Sofri o Illich, non è certo meno gratificante e fonte di arricchimento interiore coltivare amicizie e scambiarsi idee e affetto con chi non scriverà mai sui giornali né vi troverà mai stampato il suo nome. Posso dire che rifuggendo drasticamente dai salotti e dalle persone che mi cercano in funzione di qualche mio ruolo, vivo come una delle mie maggiori ricchezze gli incontri – già familiari o nuovi che siano – che la vita mi dona. Vorrei continuare ad apprezzare gli altri ed esserne apprezzato senza secondi fini. Forse anche per questo converrà tenersi lontani da ogni esercizio di potere³.

    Lontano dall’esercizio del potere, fu un artigiano della politica e un innovatore dell’azione sociale e ambientalista. Praticò sempre l’azione collettiva, ma non fu mai «uomo di partito» o di organizzazione: fu sempre indipendente e autonomo, fino alla ricerca di una sua dimensione individuale – in alcuni casi solitaria – dell’impegno. Non si risparmiò mai, non ebbe mai per lui quella coscienza del limite che invece rivendicò sempre per il rispetto del pianeta e delle sue risorse materiali e naturali. Fu considerato naturalmente leader, aveva un carisma innato, non ricercò mai il facile consenso, non usò mai scorciatoie populiste e non si circondò di falsi estimatori in cerca di qualche vantaggio. Come rappresentante dei Verdi fu uomo di cerniera con altre culture politiche: non solo quella del cattolicesimo progressista e della sinistra ambientalista del PCI, ma anche quella radicale (con i radicali di Pannella e della Bonino il dialogo fu sempre buono ed intenso, radicali che lo sostennero nella sua esperienza politica in Sud Tirolo⁴) e socialista. Come Berlinguer disse che i comunisti avrebbero dovuto essere conservatori e rivoluzionari, così Langer disse che i Verdi dovevano essere politicamente radicali, ma anche conservatori (6.85)⁵. Dovevano cioè essere in prima fila per conservare l’integrità del pianeta messa in discussione dall’economia mercantilista; per conservare i valori vernacolari di una società messa in pericolo dal consumismo; per conservare il pianeta alle future generazioni. I Verdi per Langer non dovevano essere semplicemente un appendice o una riedizione della sinistra, ma dovevano fare di tutto per «sviluppare piena autonomia e per recuperare un saldo rapporto con elementi della tradizione e della «conservazione»⁶. Soprattutto negli ultimi anni del suo impegno politico fu probabilmente non compreso e isolato nel movimento dei Verdi. Forse Langer ne percepì il fallimento come movimento che avrebbe dovuto cambiare la politica e le istituzioni e che invece da queste fu progressivamente imbrigliato. Gli ultimi anni della sua azione politica sono soprattutto all’insegna della solitudine e di un lavoro individuale, anche se sempre accompagnato da tanti compagni di viaggio: associazioni, gruppi, amici, persone singole.

    Ebbe una vita ricca e piena di occasioni di impegno politico, sociale e culturale. Da giovane sposò la causa del movimento studentesco, dei cristiani delle comunità di base e dei cosiddetti «cattolici del dissenso»: a Firenze, dove studiò dopo la fine del liceo, conobbe don Lorenzo Milani, padre Ernesto Balducci, don Enzo

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