Uccelli di fango - Racconti scelti alla Casa delle Traduzioni
Di AA. VV.
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Uccelli di fango - Racconti scelti alla Casa delle Traduzioni - AA. VV.
Uccelli di fango
Racconti scelti alla Casa delle Traduzioni
di
Andreas Karkavitsas, Endre Ady, Santiago Rusiñol, Raimon Casellas i Dou, Alphonse Allais, Louis Hémon, Léon Hennique, Joris-Karl Huysmans, Netta Syrett, Kate Chopin
nelle traduzioni di
Viviana Sebastio, Andrea Rényi, Tiziana Camerani, Ilaria Piperno, Paola De Vergori, Valentina Rapetti, Laura Franco
***
Casa delle Traduzioni - Dragomanni
Uccelli di fango - Racconti scelti alla Casa delle Traduzioni
di
Andreas Karkavitsas, Endre Ady, Santiago Rusiñol, Raimon Casellas i Dou, Alphonse Allais, Louis Hémon, Léon Hennique, Joris-Karl Huysmans, Netta Syrett, Kate Chopin
nella traduzione di
Viviana Sebastio, Andrea Rényi, Tiziana Camerani, Ilaria Piperno, Paola De Vergori, Valentina Rapetti, Laura Franco
Prima edizione: dicembre 2012
Per la traduzione: Copyright © 2012 delle rispettive traduttrici
Edizione a cura della Casa delle Traduzioni di Roma e dei Dragomanni (http://www.dragomanni.it)
Logo dei Dragomanni di Claudio Fiorini - Makelab
Ebook creato con Writer2ePub di Luca Calcinai e Sigil di Strahinja Marković e John Schember
Sommario
Uccelli di fango
Uccelli di fango. Sette traduttrici al lavoro alla Casa delle Traduzioni
Un quilt di storie e voci
Andreas Karkavitsas
La madre
La moglie
Note
Endre Ady
Gli occhi di Nini
I centomila fiorini
Note
Santiago Rusiñol
La poetessa
Raimon Casellas i Dou
La mano del mistero
Note
Alphonse Allais
Sancta Simplicitas
Accendiamo la baccante
Note
Louis Hémon
Il messaggero
Note
Léon Hennique, Joris-Karl Huysmans
Lo scettico Pierrot
Note
Netta Syrett
Una corrispondenza
Note
Kate Chopin
Rammarico
Croque-Mitaine
La storia di un’ora
Note
Uccelli di fango. Sette traduttrici al lavoro alla Casa delle Traduzioni
Uccelli di fango è il titolo di uno dei racconti dell’antologia curata da sette traduttrici che hanno deciso di incontrarsi e lavorare insieme, per circa un anno, alla Casa delle Traduzioni.
Da questi incontri periodici è nata una raccolta di quattordici testi in cui le traduttrici non solo danno prova della loro capacità ma propongono ai lettori e agli editori autori diversi, più e meno noti e tutti fuori diritti, riorganizzati in un insieme originale, attraverso la scoperta di paesaggi dell’immaginazione sorprendenti per ricchezza e varietà di stili e temi. Un inedito viaggio letterario che, iniziato con atmosfere fin de siècle, conduce il lettore fino al primo decennio del 1900, e percorre i territori linguistici di Ungheria, Grecia, Francia, Catalogna, Inghilterra e Louisiana.
La Casa delle Traduzioni, nata nel giugno del 2011, è un centro culturale comprendente una biblioteca specializzata e una residenza per traduttori stranieri, e ha lo scopo di promuovere e valorizzare il lavoro del singolo traduttore ma anche quello di gruppi che vogliano svolgere momenti di lavoro e approfondimento.
La scelta di pubblicare i racconti con i Dragomanni
, progetto nato alla fine del 2011 a opera di Daniele A. Gewurz e di altri traduttori, deriva dal comune obiettivo di far conoscere o valorizzare testi poco noti e fuori diritti e, più in generale, di dare una maggiore visibilità al traduttore.
Simona Cives
Casa delle Traduzioni
Istituzione Biblioteche di Roma Capitale
Un quilt di storie e voci
I non addetti ai lavori pensano che il solo responsabile di un libro tradotto sia l’autore della traduzione. In realtà la traduzione viene sottoposta a più riletture. Dal revisore, prima di tutto, il quale se è scrupoloso – e se i tempi editoriali glielo consentono – rivede tutto quanto con il testo a fronte. Il traduttore – che in solitudine ha negoziato con se stesso e con il testo le sue scelte – si confronta a questo punto con il revisore e dalla proficua discussione tra i due si giunge a un testo più rispettoso dello stile dell’autore e dell’intenzione estetica del testo. Se poi il testo ha una certa complessità, l’editor può decidere di affidarne la rilettura a uno specialista dell’argomento o del contesto culturale per verificarne l’accuratezza. Seguono infine le letture dei correttori di bozze, anche tre diversi se la casa editrice fa bene il suo lavoro. Ognuno mette, chi più chi meno, la propria creatività al servizio dell’Altro – l’autore del testo originario.
Tradurre e rivedere un libro è dunque un lavoro di squadra, esattamente come lo è fare un film. Lo è in particolare questo libro, curato da sette traduttrici che per dodici mesi si sono riunite alla Casa delle Traduzioni di Roma e insieme hanno lavorato e discusso i problemi posti dalle traduzioni. Ciascuna di loro ha tradotto due racconti e ha poi letto e rivisto quelli tradotti dalle altre, e di nuovo insieme hanno verificato gli esiti e approntato la stesura finale.
Come in un quilt ogni riquadro di stoffa racconta la storia dell’indumento al quale apparteneva e della persona che lo indossava, così in questa antologia ogni racconto narra una storia e nel contempo un frammento di vita dell’autrice o dell’autore che l’ha composta. Ma un quilt si impregna pure delle voci delle donne che per lunghi mesi ci hanno pazientemente lavorato. Allo stesso modo, in queste pagine le voci dei testi s’intrecciano a quelle delle traduttrici e insieme narrano il farsi stesso dell’antologia. Oltre al piacere di scoprire autori poco o per nulla conosciuti, di tradizioni culturali anche lontane tra loro, e di assaporarne le parole, un altro piacere aspetta chi prende tra le mani Uccelli di fango. È quello che deriva dalla lettura delle attente, informative, e spesso gustose, note del traduttore disseminate nel volume, in cui le autrici delle traduzioni hanno generosamente condiviso i loro saperi con i lettori.
Franca Cavagnoli
Andreas Karkavitsas
La madre
Traduzione dal greco moderno di Viviana Sebastio
Quella notte – in quella spaventosa notte di dicembre – mi coricai in un mulino a vento di Troumpè. Mi coricai, ma non dormii. Fuori il temporale infuriava da un capo all’altro del villaggio e rendeva le strade impraticabili. Migliaia di suoni e innumerevoli rumori si susseguivano rapidi e improvvisi. Gli alberi dimenavano le chiome e appena il tuono si placava, iniziava il gemito del vento e appresso il lamento delle tegole.
All’improvviso, si udì il verso sinistro della civetta che a intervalli, copriva il rintocco della campana. Ma verso l’alba, tutto si calmò e quando mi alzai, vidi seduto al sole, il mugnaio che accanto alla sua gatta cinerina, stava rattoppando un sacco bucato.
«Nottataccia, eh?» dissi.
«Credi che una madre non farebbe altrettanto se le strappassero via il figlio?», chiese incuriosito.
Lo guardai sorpreso: cosa c’entrava una notte burrascosa con una madre alla quale era stato strappato via il figlio?
Ma Giannakis Xintaràs, il mugnaio, fu pronto a dimostrarmi che c’entrava, eccome! E fu così che mi raccontò questa storia:
«Guarda a destra la rocca di Santameri e guarda anche a manca il castello di Chlimoutsi.
I due castelli appartengono, da molto tempo ormai, a due sorelle, due fate. Ognuna delle due, però, porta con sé una gioia e un dolore. Colei che ha preso Chlimoutsi è felice perché è bella, ma è triste perché non ha figli. Colei che ha preso Santameri è triste perché è brutta, ma è felice perché ha molti figli e i figli, sai, sono la sola vera gioia di una casa. Quando la madre li osserva – uno che si rotola sul pavimento, l’altro che salta e ride senza motivo, l’altro ancora che con una canna vuole arrivare a Dio –, dimentica ogni cosa, persino la sua bruttezza. E se le capita di guardarsi allo specchio e di vedere il suo volto vizzo e rugoso, allora indietreggia e tra le risa dice: Ah, ah! La mia giovinezza l’ho data ai miei figli!
.
E in effetti, ha cinque maschi belli come il sole e una femmina che è l’incarnazione stessa della bellezza!
Ma l’altra fata, la bella, cosa può dire e come può consolarsi? Come, anche se è avvenente e con gli occhi azzurri? Come, anche se con i suoi averi potrebbe andare in sposa al Sultano di Avlakià? Come, anche se i folletti di Lintzi scatenano il finimondo con le loro nacchere e i tamburelli per cantare la sua bellezza?
E spesso, molto spesso, l’infelice si ritrova a pensare a quanto è sola, totalmente sola in quel suo castello, pensa a quanto sono deserti i cortili, immobili le porte e vuote le stanze. Allora un brivido la coglie e quasi sviene dal dolore. E poi piange, piange. E ripete: Perché mai non ho un figlio anche io? Perché Dio mio, dannazione perché! Perché non ho un bimbo, piccolo, paffuto, un bimbo roseo a cui carezzare i riccioluti capelli, un bimbo che mi getti le braccia al collo e che giocherellando con le sue prime parole, mi dica: ‘Mamma, mammina mia dolce!...’
.
Un giorno, andò a far visita alla sorella e quando vide la felicità che regnava in quella casa, per poco non impazzì dal dolore.
Dimmi, sorella mia, perché non mi dai uno dei tuoi figli?
implorò con le lacrime agli occhi.
E perché lo vuoi?
Per compagnia, vivo così male da sola, mi sto ammalando!
"Ma va! E ringrazia Dio per averti risparmiato una