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Le ombre nella nebbia
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E-book186 pagine2 ore

Le ombre nella nebbia

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Info su questo ebook

1976: Le gioiose vacanze di un gruppo di giovani nella Las Vegas della Brianza vengono segnate da un tragico evento che cambierà per sempre la vita di una di loro.

2013: Il dimenticato paese di Consonno sta per rinascere a nuova vita per mano di un grande speculatore edile con un progetto che dovrebbe segnare la sua carriera. Ma passato e presente si intrecciano, quasi per magia, stravolgendo ogni piano prestabilito ed il giovane architetto non immagina nemmeno quale grande influenza avranno sulla sua vita le solitarie ombre di questo paese dei balocchi abbandonato...
LinguaItaliano
Data di uscita24 ott 2013
ISBN9788868557959
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    Anteprima del libro

    Le ombre nella nebbia - Giovanni Fonteviva

    racconti.

    CAPITOLO 1

    30 Settembre 1976 – Mattino-

    Oh, ragazze! Sono così emozionata! Mi tremano le ginocchia! - fece la prima ragazza. Ma ci pensate? Tra poco saremo nella Las Vegas della Brianza! – rispose la seconda. La città dei balocchi! – disse la terza. Il paese dove è sempre festa – concluse la prima mentre tutte e tre scoppiavano in una risata.

     Il gruppo delle tre giovani era partito quella mattina presto col treno delle 7:30 da Brescia. Era la loro prima vacanza lontano dalle famiglie e dalla loro città. Le tre ragazze avevano trascorso gran parte della serata precedente a fare e disfare i bagagli che avevano preparato, provando e riprovando vestiti, abbinando scarpe e immaginandosi a danzare nelle eleganti sale di ballo di Consonno travolte dall’abbraccio di giovani stupendi. Inutile dire che anche la notte era trascorsa tra sogni e fantasie, nell’attesa che il sole sorgesse ed il loro viaggio potesse avere inizio. La partenza dalla stazione di Brescia era stata, forse, l’unico momento difficile di quella giornata gioiosa; quando, cioè, le tre ragazze avevano dovuto separarsi dai genitori. Ma il momento di tristezza era stato di breve durata. Non appena occupato il loro scompartimento e sistemate le innumerevoli valigie, borse e cappelliere che avevano con sé, la gioia e l’allegria avevano ripreso il sopravvento. Alla stazione di Bergamo, dove avevano dovuto cambiare treno, le tre ragazze si erano fermate a fare colazione al bar mentre aspettavano la coincidenza. Lì avevano letto i giornali e avevano discusso tra loro degli ultimi fatti di gossip tra le star del cinema. Era appena finita l’estate e sui giornali troneggiavano ancora le fotografie delle attrici in costumi da bagno. In particolare aveva destato scalpore la tenuta da mare della grande Gina Lollobrigida che aveva stupito molti con un due pezzi giallo con pizzi. In poco tempo, la conversazione delle ragazze era ritornata alla loro vacanza che era appena iniziata.

    Non posso credere che siamo state così fortunate da trovare una offerta con prezzi così bassi – disse una delle tre, di nome Margherita. In effetti ho sentito alcune voci che sostengono che il paese sia in difficoltà e che molte star inizino a preferire le nuove località di villeggiatura… Forse è per questo che abbiamo trovato posto subito all’hotel ed a prezzi così vantaggiosi! - le fece eco Susanna. Ragazze, ma cosa importa! – le riprese la terza di nome Elisa – Questa è la nostra vacanza e ce la godremo sino in fondo! Non dimenticate che stiamo andando a Consonno e che tutti i nostri amici ci invidiano per questa possibilità – risata emozionata delle tre. 

    Conversazioni come queste parrebbero dare l’idea di un gruppo di giovani superficiali, interessate solo a vestiti e flirt, ma le cose non stavano affatto così. Le tre giovani, infatti, erano tutte brillanti studentesse universitarie. Da poco diplomate alle superiori con il massimo dei voti, avevano appena superato due importanti esami per i quali avevano studiato a lungo ed avevano davanti una promettente carriera nel campo della medicina. Le tre giovani, infatti, stavano frequentando il primo anno della facoltà di chirurgia coltivando il sogno di diventare dottoresse. Erano, quindi, soltanto tre ragazze felici, che si godevano la loro prima vacanza senza i genitori, dirette verso un paese di cui avevano tanto sentito parlare e da tutti definito il paese dei sogni

    La più giovane delle tre, Elisa, era quella più eccitata. Lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo, viso ovale che incorniciava due stupendi occhi verdi, pelle abbronzata ed un sorriso che illuminava il volto: era il genere di ragazza che faceva senza dubbio voltare i giovani che la incontravano per la strada. Non a caso, infatti, era anche la ragazza più desiderata del suo corso. Nonostante tutto, Elisa era interessata unicamente allo studio, dedicando ad esso il meglio delle sue energie e del suo tempo. Fiduciosa che il vero amore un giorno sarebbe arrivato, Elisa non passava da una storia all’altra come molte delle star del cinema di cui esse parlavano. Al contrario, non aveva mai dato troppa confidenza a nessuno comportandosi sempre in modo irreprensibile; cosa che faceva impazzire ancora di più i ragazzi che la conoscevano e che desideravano conquistarla. Le sue amiche, anch’esse, senza dubbio molto carine, non avevano il suo fascino ma cercavano di sopperirvi curando attentamente la scelta dei loro vestiti, il trucco e la pettinatura sulla base dei loro modelli, le attrici di Hollywood e Cinecittà. Nonostante fossero consapevoli che molti dei ragazzi che si voltavano a guardarle lo facessero più per Elisa che per loro, l’amicizia che le univa non ne veniva in alcun modo intaccata. Si conoscevano sin dall’infanzia ed avevano condiviso assieme molte esperienze.

    Calolziocorte! Prossima fermata Calolziocorte! – ripeté più volte la voce del capotreno percorrendo i vagoni. Nello scompartimento occupato dalle ragazze l’attività si fece improvvisamente frenetica.

    Mentre Susanna scaricava le valigie dalla reticella sopra i sedili, Margherita ed Elisa le accumulavano fuori nel corridoio preparandosi ad avviarsi verso la porta. Il treno rallentò mentre entrava nella stazione e le tre giovani guardarono fuori dal finestrino la città che si avvicinava. Il verde delle montagne circostanti, non era molto differente dalle zone dove erano cresciute, ma la vista del monte Resegone che si innalzava sopra la cittadina, con le cime che raggiungevano quasi i 2000 metri di quota, catturò la loro attenzione, proprio mentre lo stridio dei freni del treno preannunciava l’arrivo alla stazione. Scaricare tutte le valigie e le borse non fu facile e costò diverse fatiche alle tre ragazze nonché le dita di un piede di uno degli altri passeggeri del vagone che aveva avuto la sfortuna di trovarsi sulla strada di Susanna. In ogni caso, proprio mentre il capostazione fischiava avvisando della prossima ripartenza del convoglio, le giovani riuscirono a scaricare l’ultimo beauty-case sul marciapiede. Il sole della tarda mattinata brillava alto nel cielo, rendendo quella giornata di inizio ottobre calda come una di fine estate. Carica sotto il peso di due borse ed una valigia, Margherita sbuffò nuovamente quando il bagaglio a rotelle le finì per la terza volta contro la gamba destra smagliandole la fine calza di rete, e lasciò cadere a terra il tutto.

    E adesso come arriviamo a Consonno? – chiese Susanna rivolgendosi ad Elisa che stava consultando un plico di fogli stampati ed una cartina. Credo che dovremo prendere un taxi – concluse guardandosi intorno. Beh, credo che sia il modo migliore per iniziare la nostra vacanza – ribatté allegra Margherita mentre si sistemava le pieghe dell’elegante gonna bianca che aveva acquistato pochi mesi prima – Scegliamo un bell’autista che ci scarrozzi sino in paese come vere signore!

    Le ragazze si guardarono attorno alla ricerca di un taxi. L’uscita della stazione dava direttamente sulla larga via Galli, dove, all’ombra di alcuni alberi dall’altro lato della strada, sostava una Lancia Fulvia verde scuro con l’insegna Taxi sul tettuccio. Un giovane autista, che non doveva avere più di venticinque anni, era seduto al posto di guida, intento a leggere Il Manifesto, quel nuovo giornale di estrazione comunista, divenuto quotidiano da poco più un anno. Susanna lo chiamò ad alta voce ed il ragazzo, alzato lo sguardo dalla lettura, si accorse delle tre ragazze e di tutti i bagagli davanti all’uscita della stazione. Rapidamente le raggiunse attraversando la strada e le aiutò a portare le valigie sino all’auto sulla quale, per fortuna, aveva avuto la provvidenza di installare tempo prima un portapacchi. Impiegò non pochi minuti a sistemare tutta la roba che le tre ragazze si erano portate appresso. Soprattutto il bagaglio di Susanna dava l’impressione di contenere un intero guardaroba.

    Avevi dubbi su come vestirti ed hai vuotato tutto l’armadio? – chiese ironicamente Margherita all’amica mentre il giovane tassista lottava con una valigia che non voleva saperne di stare ferma sul portapacchi nonostante i diversi elastici che aveva teso per tenere insieme il tutto. Non so voi, ragazze… – rispose Susanna con fare civettuolo –…ma io ci tengo ad apparire al meglio

    La giovane indossava degli ampi pantaloni gialli a zampa d’elefante abbinati ad una maglietta verde che dava risalto al fisico magro e slanciato. I capelli corvini erano legati in una coda di cavallo fermata da un piccolo fiocchetto giallo che riprendeva la delicata tonalità del trucco attorno agli occhi. Susanna, delle tre, era quella più attenta al proprio aspetto. Mentre Elisa e Margherita si burlavano amichevolmente dell’amica ricordando divertenti episodi del passato, il giovane tassista, di nome Marco, aveva finalmente terminato di caricare tutti i bagagli e li aveva fissati al portapacchi.

    Bene, signorine, tutte le vostre valigie sono pronte. Se volete possiamo partire. Dove andiamo? Fu Elisa a rispondere per prima. Può portarci all’hotel Plaza di Consonno?. Dove il cielo è più azzurro, eh? – rispose Marco aprendo la portiera posteriore per far salire le passeggere. Come ha detto, scusi? – domandò Margherita sedendosi. E’ uno dei motti per definire il paese dei divertimenti – spiegò Marco – Li troverete scritti sui cartelli che costeggiano la strada per arrivare al belvedere. Da quelle descrizioni sembrerebbe che, se non si vive a Consonno, tanto vale morire… – concluse divertito. Beh, i nostri amici che ci sono stati dicono che è fantastico! – rispose Elisa. In effetti fino a qualche tempo fa era stupendo. C’erano così tanti divertimenti, svaghi e concerti che andarci anche solo per un picnic nel prato davanti all’immensa fontana era bellissimo. Ci sono stato diverse volte, gli anni passati, con la mia ragazza. Ma adesso… come dire… è decaduto. La gente non ci và più come una volta ed in tanti hanno iniziato a lamentarsi della devastazione della montagna. Adesso poi che è finita la stagione estiva, non troverete molti altri ospiti. Le ragazze si guardarono in silenzio. Un velo di preoccupazione aveva attraversato i loro sguardi ma l’eccitazione di essere comunque nel posto dei loro sogni, le rasserenò in pochi istanti. Beh, sarà comunque una vacanza stupenda! – disse decisa Margherita dal sedile posteriore ravvivandosi i ricci capelli castani.

    Come spesso accadeva, le sue amiche, dai capelli lisci, avrebbero dato tutto per poterli avere ricci come quelli suoi e, per ottenerli almeno simili, erano pronte a ricorrere nelle occasioni speciali a piastre e bigodini. Margherita, invece, odiava quella sua caratteristica e cercava di lisciarli per farli simili alle altre ragazze dedicando un tempo almeno uguale a quello delle amiche ai processi inversi di parrucchiere. In effetti Margherita era quella più differente del gruppo. Di origini meridionali, risaltava con la sua pelle più abbronzata e gli occhi scuri. Sebbene la sua famiglia fosse emigrata al nord prima che lei nascesse, non riusciva a perdere l’inflessione napoletana nel parlare che la distingueva e che le era stata inculcata dai genitori mentre cresceva.

    L’auto superò il lago di Olginate ed iniziò ad inerpicarsi sulle colline. La strada realizzata diversi anni prima dal conte Mario Bagno per portare agevolmente i turisti festosi nel suo paese delle meraviglie stava cominciando a dare segni di decadenza. La deforestazione causata dalla cementificazione, dagli sbancamenti e dall’edilizia senza un progetto preciso e dettagliato, stava cominciando a far sentire le sue conseguenze e l’erosione del suolo stava diventando evidente nelle diverse chiazze brulle nei boschi circostanti. Numerose crepe si erano aperte nell’asfalto della strada ed alcune frane isolate stavano solcando i verdi pendii attorno alla città dei balocchi come ferite. Per le tre giovani, l’atmosfera che si cominciava a respirare, però, man mano che si avvicinavano alla sommità della montagna sulla quale sorgeva il paese, era talmente elettrizzante da non accorgersi di questi segnali del trascorrere del tempo. Arrivati all’ingresso della cittadina, le tre ragazze rimasero senza parole dalle grandi torri medievali che segnavano l’inizio di Consonno. Sembrò loro di entrare nel set di un film guardando le merlature ed il ponte che collegava le due torri. Mentre l’auto passava sotto il grande portale in pietra, le giovani emettevano gridolini eccitati alla vista dei due pupazzi vestiti da armigeri in alta uniforme che presidiavano la porta. Grandi striscioni metallici che sovrastavano la strada, proclamavano la bellezza del paese con le loro frasi poetiche, mentre il taxi si inerpicava lungo la salita: Consonno è il paese più piccolo ma più bello del mondo, diceva uno. Alla curva successiva un altro striscione diceva: A Consonno il cielo è sempre più azzurro. Alla loro sinistra, la stupenda vista del lago di Olginate, un punto azzurro nei boschi verdi, sembrava dare ragione a queste pretese di splendore. Superato un altro cartello che pareva promettere lunga vita ai visitatori della cittadina - Chi vive a Consonno, campa più a lungo, diceva - alla vista delle tre ragazze apparve la punta dell’improbabile minareto, la costruzione principale del paese. Improvvisamente, infatti, la vista si aprì davanti al gruppo ed il paese si mostrò loro in tutto il suo decadente splendore. Sulla destra faceva da padrone un ampio parco, nel quale troneggiava una fontana con stupendi zampilli a più piani, alti una decina di metri e con uno stagno attorno. Una dozzina di persone passeggiava tranquilla nei vialetti non troppo curati, conversando tra loro oppure avviandosi verso la grande galleria commerciale che occupava l’intero piano terra del grande minareto che sorgeva dietro al parco. Marco prese la strada di sinistra, costeggiando il parco e la fontana e lasciando alle ragazze la possibilità di ammirare il paese ora completamente visibile sulla destra.

    Guardate, la pista da ballo! – grido improvvisamente Elisa indicando l’edificio che sorgeva subito dopo il parco.

    La costruzione, a forma di U rovesciata, era costituita da un corpo centrale, sul cui frontale faceva gran mostra di sé l’invitante scritta Salone delle feste, e da due ali laterali che avvolgevano la piazza, decorata con mosaici a pavimento, con le loro tettoie coperte sotto le quali gli ospiti potevano cenare comodamente seduti a tavolini mentre al centro della piazza la gente ballava. Poche coppie erano sedute ai tavolini, sorseggiando qualche bibita. Di fronte a loro si apriva una vista stupenda, quella delle prealpi lecchesi ora visibili grazie all’opera di sbancamento che il conte Bagno aveva attuato sul poggio di fronte, abbassandolo di una quarantina di centimetri.

    Cos’è quella? – chiese Margherita indicando una piccola costruzione nel parco, mentre l’auto svoltava alla fine della strada di fronte alla vecchia chiesetta, unica superstite del paesino originale, per attraversare il paese nella parte interna. Quello è il ‘missile Bagno’ – rispose Marco scuotendo lentamente il capo. "L’ultima invenzione del conte. Un’assurda pagoda con un affusto di cannone messo sopra a

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