Il meraviglioso regno di Orion
Di Anna Stissi
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Anteprima del libro
Il meraviglioso regno di Orion - Anna Stissi
633/1941.
1° Capitolo
I piccoli fiocchi di neve, cadevano silenziosi come bianchi coriandoli sul viso di Ester raggrinzito dall’età, le gote e il naso resi rossi dal freddo, contrastavano fortemente con i suoi bellissimi occhi azzurri che il tempo non aveva intaccato. Il silenzio surreale del bosco, l’avvolgeva come un manto grigio, infatti, banchi di nebbia si spostavano da un punto all’altro limitando la visuale, chiunque si sarebbe perso in quel labirinto naturale, ma non Ester, conosceva il bosco meglio di se stessa e non lo temeva. Si era avventurata in esso, come faceva ogni mattina in cerca di legna da ardere, ne trovò abbastanza sotto alcuni alberi di faggio. Infatti, i rami appesantiti dalle stalattiti formati dalla gelata notturna, stanchi si spezzavano ad ogni istante, lasciandosi cadere a terra con un piccolo tonfo. Ester sorrise, ringraziò quella generosità insperata e si mise all’opera. Mezz’ora dopo, aveva già raccolto abbastanza legna, tanta quanto il suo fisico minuto le permetteva di trasportare, avere ottant’anni e fare quel lavoro per non morir di fame e di freddo non era facile. Si, perché per Ester, raccogliere legna nel bosco, più che una necessità per se stessa, era anche un lavoro, infatti, la vendeva in paese, guadagnandosi quel poco che le bastava per vivere.
Legò la legna con dello spago e se la caricò sulle spalle, con quel peso addosso sembrava ancora più minuta. Raggiunse con fatica il ponte di legno che attraversava il fiume ridotto ormai a un rigagnolo. Lo oltrepassò e si incamminò verso il sentiero, che di là a un’altra buona mezz’ora, l’avrebbe portata in paese.
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Il carro si fermò in mezzo alla piazza principale del paese, le case tutte in legno e dal tetto spiovente, erano allineate a semicerchio a ridosso di una rupe e sembravano tutte uguali e silenziose, solo i comignoli fumanti lasciavano capire che il paese non dormiva, la gente se ne stava rintanata in casa per colpa del gelo pungente. All’improvviso, un po’ di sole filtrando con forza attraverso le nuvole, accarezzò i tetti e fece scintillare le grondaie ricoperte di stalattiti, tutto divenne argenteo e Ester si fermò ad ammirare il fenomeno con un sorriso sulle labbra, riusciva ancora a stupirsi e ad emozionarsi come una bambina.
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Il fischio di uno era un segnale per tutti, altri ragazzini uscirono fuori dalle case e chiassosi si fecero intorno a Ester sotto gli occhi divertiti di Antonio. Lei tagliò lo spago che teneva legata la fascina di legna e divise la stessa in cinque mucchietti che consegnò a altrettanti bambini, erano i suoi aiutanti nella distribuzione della legna, lei li ripagava donando loro dei biscotti freschi, due per ciascuno era il patto che avevano stabilito.
Era quasi mezzogiorno quando Ester ritornò a casa, Antonio aveva insistito parecchio per accompagnarla e lei aveva accettato, il tempo era peggiorato e minacciava una tormenta. Mentre salutava Antonio con la mano, Ester si volse a guardare la sua misera casetta ai margini del bosco, aveva la facciata bianca e le persiane verdi e tutto attorno un basso steccato di legno. Fece un lungo sospiro, aveva tanto desiderato che dei bambini giocassero dentro di esso. Durante la sua gioventù, quando era una felice sposa, aveva sperato che il buon Dio le desse questa gioia, ma non era stato così. Poi gli anni erano passati, il suo sposo dopo una lunga malattia se ne era andato per sempre e lei era rimasta da sola, in quella piccola casetta, con i suoi due gatti, un cane e un canarino che cinguettava dalla mattina alla sera riempiendole il cuore di allegria.
Quella sera, Ester consumò la sua magra cena dividendola con i suoi amici animali, e mentre sparecchiava la tavola disse al suo canarino:<
Nuvola era il suo cane, gli aveva dato quel nome perché aveva il pelo lungo e bianco come una candida nuvola. Ai gattini invece aveva dato nome: Cenerina e Fumognolo. Cenerina aveva il pelo grigio cenere, due occhi verdi e una macchia bianca sul musetto. Fumognolo invece era nero come il fumo del camino e aveva il pelo lungo e lucido che lo faceva apparire più grasso di quel che era. Al canarino Ester aveva dato nome Piruè, ma questo non si sa perché. I due micetti le fecero le fusa per farsi perdonare e lei sorrise stringendoli a se, poi si accorse che nuvola continuava a leccare la sua scodella nonostante fosse lucida e pulita, gliela tolse davanti dicendogli:<
Nuvola sembrò aver capito, alzando il muso le leccò il viso e lei rise divertita. Dopo un po’, sistemate le proprie cose, Ester pensò di essersi meritata un po’ di riposo, era ancora troppo presto per andare a letto e quindi decise di rilassarsi per qualche ora sulla sua sedia a dondolo; attizzò il fuoco nel camino, si mise addosso il suo grande scialle di lana color amaranto, si sedette e appoggiò sul cuscino dello schienale la sua ricurva e stanca schiena. Ciò le provocò un meraviglioso senso di benessere in tutto il corpo e incominciò a cullarsi dolcemente. Intanto, Nuvola si era accucciato accanto al camino, i due gattini vollero fare lo stesso, ma i dissapori avuti con lui durante la giornata, impedirono loro di avvicinarsi, infatti, Nuvola li guardò minaccioso, tanto, da scoraggiare qualsiasi loro iniziativa di rappacificarsi. Ripiegarono come un nemico in fuga saltando sul grembiule di Ester, la quale sorrise, li coprì con il palmo delle mani e appoggiando il capo sul cuscino dello schienale chiuse gli occhi…
Tic, tac, tic, tac, tic, tac… il rumore della sua sedia a dondolo un po’ sgangherata, era quasi come il ticchettio di un orologio a pendolo, e lei, cullata da esso, incominciò a sonnecchiare. Intanto, fuori era sopraggiunta la tormenta. Il forte vento ululava minaccioso e sferzava le pareti della piccola casetta minacciando di buttarla giù, ma essa resisteva magnificamente. Era stata costruita con del buon legno di quercia, ed era solida come il marmo. Ester aprì gli occhi, sorrise e pensò:<