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Canto di morte
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E-book335 pagine6 ore

Canto di morte

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Canto di morte racconta il percorso di vita affrontato da un membro dei Tsis-tsis-tas (Cheyen­ne) nel periodo storico che ha visto i nativi americani incontrare gli uomini dalla pelle bianca venuti da oltre l'oceano. Incontro caratterizzato da scontri cruenti che portò alla quasi totale scomparsa dei popoli pellerossa dal continente che li aveva da sempre ospitati. Il romanzo, pur ripercorrendo implicitamente alcune tappe storiche, non ha la presunzione di rappresentare la storia di un popolo, piuttosto di riscoprirne alcuni valori e parte del bagaglio culturale che lo contraddistingue. Si tratta prevalentemente di sensazioni, racconti, e visioni che raccolgono sentimenti personali misti a usi e costumi che caratterizzano e rappresentano un modo di vivere molto vicino ed attento al rispetto che l’uomo deve necessariamente avere nei confronti dell’intero pianeta e di tutte le creature che esso ospita, genere umano compreso.
LinguaItaliano
Data di uscita1 nov 2013
ISBN9788868558376
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    Anteprima del libro

    Canto di morte - Pietro Mencarelli

    Glossario

    Tsis-tsis-tas: Popolo Magnifico (Cheyenne, dal termine Lakota Sha-hi-ye-na: Popolo dalla lingua straniera)

    Lakota, Dakota: Sioux

    Inuna-ina: Arapaho

    Calendario:

    Primavera: anno

    Luna: mese

    Luna degli alberi che si spaccano: Gennaio

    Luna degli occhi malati: Febbraio

    Luna del grano che spunta: Marzo

    Luna dei vitelli nuovi: Aprile

    Luna dei temporali di primavera: Maggio

    Luna dei lamponi: Giugno

    Luna delle ciliege: Luglio

    Luna delle prugne: Agosto

    Luna degli alberi gialli: Settembre

    Luna delle foglie cadenti: Ottobre

    Luna dei vitelli che mutano il pelo: Novembre

    Luna della brina sotto la tenda: Dicembre

    Tipi: abitazione (capanna)

    Travois: strumento utilizzato per il trasporto di oggetti ed utensili, in genere trainato da cani o cavalli

    Squaw: donna, moglie

    Papoose: bambini, figli

    Kokopeli: Spirito della musica

    Waga Chun: Albero sussurrante (Pioppo)

    Waayatan: Uomo della Visione (Sciamano)

    Tomahawk: scure

    In cima ad una verde collinetta,

    sotto un vecchio Ciliegio,

    mentre piccoli Uccelli

    dalle piume colorate

    cantano beccando i frutti maturi,

    è seduto un anziano Uomo,

    gambe incrociate e

    mani sulle ginocchia,

    che contempla l’orizzonte,

    rivolto verso il Tramonto.

    Un leggero vento,

    che gonfia i suoi lunghi capelli bianchi,

    trasporta, da lontano,

    l’odore delle foglie secche

    e dei funghi umidi.

    Dopo un violento temporale estivo

    tutto brilla di tenui colori,

    dal rossiccio del cielo

    al verde opaco della vegetazione,

    colpito dalla flebile luce del sole

    tardo ed assonnato che si nasconde.

    Una piccola Libellula dalle impazienti ali

    torna a ronzare tra le lunghe ombre dei cespugli.

    L’ultimo petalo bianco cade,

    subito trascinato via dal vento,

    da un debole Fiore profumato.

    Cala la notte...

    sotto il Ciliegio...

    un respiro carezza il vento...

    "All’Alba,

    da una goccia di rugiada

    poggiata su un filo d’erba

    un’Ape si disseterà..."

    La voce del Vecchio Ciliegio

    YO-HEY-O-HEE

    L’orizzonte, limpido, leggero

    YO-HEY-O-HEE

    il vento tiepido, la polvere

    danzando attorno ai tipi

    YO-HEY-O-HEE

    il respiro della terra

    terra dai molti profumi

    YO-HEY-O-HEE

    li assaporo danzando loro intorno

    all’alba, al tramonto, sempre

    YO-HEY-O-HEE

    nel giorno, nella notte, ovunque

    gli Spiriti danzano

    YO-HEY-O-HEE

    danzano attraverso l’aria

    il sole brilla alto nel cielo

    YO-HEY-O-HEE

    la luna illumina la notte buia

    sotto la pioggia, oltre il vento

    YO-HEY-O-HEE

    sulla sabbia, sull’erba

    ammirando tutto

    YO-HEY-O-HEE

    ammirando la vita

    il mio tomahawk

    YO-HEY-O-HEE

    m’immergo in tutto questo

    pensando a loro

    YO-HEY-O-HEE

    penso ai Grandi Fratelli

    gli Spiriti danzano

    YO-HEY-O-HEE

    danzano attorno a me

    sono parte del cielo

    YO-HEY-O-HEE

    sono al suo interno

    sono parte della terra

    YO-HEY-O-HEE

    sono nel suo grembo

    ammiro il volo dell’aquila

    YO-HEY-O-HEE

    guardo coi suoi occhi

    ammiro le corse del bisonte

    YO-HEY-O-HEE

    respiro colla sua bocca

    ammiro la tela del ragno

    YO-HEY-O-HEE

    tesso colle sue mani

    ammiro il ronzio della libellula

    YO-HEY-O-HEE

    volo colle sue ali

    la montagna dalla cima bianca

    YO-HEY-O-HEE

    sono lassù

    la verde pianura lontana

    YO-HEY-O-HEE

    sono laggiù

    la sorgente del grande fiume

    YO-HEY-O-HEE

    sono lassù

    la foce del grande fiume

    YO-HEY-O-HEE

    sono laggiù

    il mio tomahawk

    YO-HEY-O-HEE

    attraverso ogni cosa

    cullato dalla voce della notte

    YO-HEY-O-HEE

    dormo abbracciato da Kokopeli

    danzo, al suono dei tamburi

    YO-HEY-O-HEE

    danzo, alla melodia dei flauti

    danzo, ascoltando il ruscello

    YO-HEY-O-HEE

    danzo, udendo la voce del vento

    dodici piume di falco

    YO-HEY-O-HEE

    porto sulla capigliatura

    le ho trovate sparse

    YO-HEY-O-HEE

    in dodici luoghi diversi

    sei all’alba

    YO-HEY-O-HEE

    sei al tramonto

    consigliato dal falco

    YO-HEY-O-HEE

    danzo all’alba e al tramonto

    sono giorni che danzo

    YO-HEY-O-HEE

    perché mi piace farlo

    sono notti che danzo

    YO-HEY-O-HEE

    semplicemente perché è bello

    danzo coi Grandi Fratelli

    YO-HEY-O-HEE

    imparando da loro

    bacio la terra

    YO-HEY-O-HEE

    carezzo il cielo

    dormo sotto gli alberi

    YO-HEY-O-HEE

    respiro il loro sospiro

    i fiori di pianura

    YO-HEY-O-HEE

    i fiori di montagna

    l’ape

    YO-HEY-O-HEE

    la libellula

    i colori

    YO-HEY-O-HEE

    i suoni

    il tatto

    YO-HEY-O-HEE

    il gusto

    gli odori

    YO-HEY-O-HEE

    i pensieri

    la visione

    YO-HEY-O-HEE

    la percezione

    la sensazione

    YO-HEY-O-HEE

    è dentro me

    Grande Madre

    YO-HEY-O-HEE

    Grande Spirito

    Grande Mistero

    YO-HEY-O-HEE

    Grande Mistero

    il cerchio del sole

    YO-HEY-O-HEE

    quello della luna

    lo splendore delle stelle

    YO-HEY-O-HEE

    il candore delle nuvole

    il freddo della pioggia

    YO-HEY-O-HEE

    l’opaco della brina

    l’odore del fiore

    YO-HEY-O-HEE

    il solletico dell’ape sulla pelle

    caldi respiri

    YO-HEY-O-HEE

    su teneri petali

    bocche dolci

    YO-HEY-O-HEE

    sui pollini colorati

    mani delicate

    YO-HEY-O-HEE

    su una splendida corolla

    sdraiato tra erba e fiori

    YO-HEY-O-HEE

    a guardare l’azzurro cielo

    guancia a guancia con la terra

    YO-HEY-O-HEE

    ad ammirare le luminose stelle

    all’ombra di Waga Chun

    YO-HEY-O-HEE

    odorando il circostante

    nella buia foresta

    YO-HEY-O-HEE

    amica e sorella

    nella frescura del bosco

    YO-HEY-O-HEE

    tra bacche e cespugli

    nei pressi dell’acqua del ruscello

    YO-HEY-O-HEE

    affettuosa compagna

    sotto la fredda pioggia

    YO-HEY-O-HEE

    col vento caldo sul viso

    a piedi nudi

    YO-HEY-O-HEE

    sulla sabbia cocente

    a piedi nudi

    YO-HEY-O-HEE

    sull’erba umida

    con le mani umide

    YO-HEY-O-HEE

    bevendo dal ruscello

    nudo nel nulla

    YO-HEY-O-HEE

    parte del tutto

    "sotto un albero sussurrante

    una lunga fila di formiche

    trasporta piccoli semi..."

    YO-HEY-O-HEE

    YO-HEY-O-HEE

    YO-HEY-O-HEE

    YO-HEY-O-HEE...

    Lunga Coda

    Ottantasette dozzine di lune, pallide e delicate, lente e riflessive a viverle nel momento stesso della loro esistenza, eppur così veloci e lontane, evanescenti ed effimere a rammentarle adesso, sono scorse lungo la volta del cielo, hanno illuminato le notti sopra il mio tipi; grosse e tenebrose nubi, a volte, le hanno offuscate, ma anche molti e splendidi chiarori i miei occhi, ormai stanchi, hanno ammirato. Albe e tramonti ho udito ed al vento ed alla pioggia ho parlato. Ho percorso insieme a tanti fratelli un unico e difficile, ma bellissimo sentiero. Ho visto le foglie cadere e rinascere, i fiori sbocciare e appassire, l’aquila puntare verso ovest fino a sparire nell’orizzonte, l’acqua del ruscello farsi spazio delicatamente tra gli argini friabili del suo stesso scorrere. Molti messaggi di speranza e pace battuti sui tamburi e trasportati dal vento, timidi ma orgogliosi, ho udito parlare alla prateria ed ai boschi, ai fiumi e al bisonte. Dolci trecce nere ornate di piume di falco ho atteso sorridere serenamente e ho cercato di consolare quando piangevano malinconiche. Ho assistito al passaggio delle notti scandite dal grido acuto del coyote ed ho ascoltato il canto melodico del vento trascinarsi per le praterie alla ricerca di un posto tranquillo dove riposare. Sempre mi sono soffermato a contemplare il volo sicuro del falco e le sue discese sulla prateria quando il sole era ancora alto. Le danze degli insetti attorno ai fuochi estivi e le loro mille voci hanno accompagnato questo mio lungo cammino. La magia dei colori dell’aurora e del crepuscolo riflessi dai ruscelli che dipingevano le montagne ed il cielo, il bosco e la prateria sono stati i più bei miracoli a cui la mia anima abbia assistito. Il paesaggio notturno e quello diurno, lo stesso paesaggio, ma talmente diverso per i miei occhi da farlo sembrare un paesaggio surreale perché splendidamente vero, hanno costituito un dolce nettare per questo stanco corpo. Ogni giorno c’è stata una nuova scoperta: un nuovo messaggio udito, una nuova bellezza ammirata, un nuovo odore annusato; ogni dì un insegnamento donato dalla Grande Madre è calato sulla mia capigliatura. Ogni volta che il sole è sorto ed ha percorso il cielo c’è stato qualcosa da imparare, da ammirare e su cui meditare. Non c’è stata luce diurna durante la quale, completato l’arco celeste del sole, io non abbia percorso un tratto, breve o lungo che sia, del sentiero che conduce alla scoperta ed alla conoscenza del riguardo che la natura ci offre, ma soprattutto al rispetto che ella merita. Non c’è stata tenebra notturna durante la quale la luna non sia riuscita a portare consiglio e quietare possibili avversità o calmare pericolose animosità, grazie al suo musicale silenzio e alla sua magica luce. Non c’è stata superficie di lago o corteccia di albero, roccia o stella, granello di sabbia trasportato dal vento o goccia di pioggia caduta sui capelli che non abbia parlato a queste orecchie o udito le parole uscite da questa bocca. Il Grande Spirito ha voluto che la mia piccola anima fosse toccata da ognuna di queste cose e da molte altre; ha voluto che cavalcasse queste strade, che dimorasse sotto questo cielo e che si riparasse avvolta in questa coperta. Io, figlio di questi splendidi luoghi, gli sarò grato eternamente per il dono con cui mi ha omaggiato, perché a nulla di più bello e sacro la mia breve essenza avrebbe potuto mai unirsi e nulla di più intenso avrebbe potuto udire né vedere. Ancora Grazie al Grande Spirito e a ogni essere, vivente o no, che il mio soffio vitale abbia incrociato durante il suo breve viaggio nascosto in questa semplice creatura umana.

    Credo che ormai il mio vecchio corpo stia per essere nuovamente accolto nel grembo della Grande Madre. Da esso nuova vita e nuovi corpi nasceranno ed in essi nuove anime abiteranno. Auguro loro di non dover combattere per la pace, ma di trovarla grazie al dialogo con ogni creatura e di raggiungere l’armonia e la serenità che i nostri fratelli umani da tempo hanno perso. Spero che durante la permanenza del mio corpo in questi posti io sia riuscito ad aggiungere un sassolino al tracciato di questo tortuoso sentiero che da sempre i nostri avi hanno battuto ed allungato, ma che ora trova grossi ostacoli di fronte. Mi auguro che questi ostacoli possano essere superati senza dover ricorrere alla violenza, madre di ogni dolore, che ha già provocato grosse ferite fra il Popolo degli Uomini, fra i visi pallidi venuti dal mare ed alla Grande Madre. Confido che queste ferite possano rimarginarsi in breve tempo e possa tornare in ogni luogo l’armonia che dimora tra i nostri Grandi Fratelli: gli animali, gli alberi, i monti e i fiumi.

    Chissà se un giorno riusciremo a vivere serenamente anche con gli uomini dalla pelle bianca? Spero che i nipoti dei miei figli giungano a questo meraviglioso intento, spero che guardando il volo dell’aquila anche essi riescano a comprenderne le parole ed il significato. Mi auguro che il falco riesca ad avvolgere di saggezza, con le sue poderose ali, tutti gli uomini ed anche i cuccioli di uomo bianco, quest’essere che sembra tanto crudele e senza rispetto nei riguardi persino della sua stessa madre. Sembra che il suo unico scopo sia la distruzione e intanto non si accorge che per i suoi figli non è certo questo un buon esempio: se egli ha spregiato tanto chi l’ha creato e nutrito, come può sperare nel rispetto delle creature che nutre ed alle quali ha dato vita? Ogni calcio tirato con tanta noncuranza e disprezzo a quella piccola lucertola; ogni pallottola esplosa senza motivo né bisogno contro quel bisonte; ogni coltello affondato con scherno e cattiveria nelle carni di quel giovane coyote, fra le risa assassine dei presenti, ed ogni sputo lanciato contro i petali candidi di quel piccolo fiore: ognuno di questi orribili gesti di cui ogni uomo si sarà macchiato non mancherà di ritorcersi contro di lui. Questo vale per ogni essere umano. E saranno i suoi stessi figli a restituirgli tanto odio e crudeltà. Purtroppo, se l’esempio dato dai visi pallidi adulti ai loro cuccioli continuerà ad essere tale non ci sarà mai un fuoco di speranza acceso per far luce nel buio che stanno creando. Spero che gli uomini venuti da lontano si rendano conto di quello che stanno facendo e muovano qualche passo indietro. Già ora i piccoli bianchi imitano i comportamenti di disprezzo dei loro genitori verso la Grande Madre e di questo passo finiranno con l’aprire la pancia del proprio padre umano, chissà, forse per cercare l’oro anche lì. Sarà difficile, per questi poveri piccoli, aver rispetto di un padre che sotto i loro occhi ha, con tanto odio e crudeltà, massacrato la propria Madre. Ma sono convinto che il ritmo di pace dei nostri tamburi riuscirà a penetrare anche nell’animo più assopito, che esso dimori in un corpo pallido o nativo, riportandolo alla ragione. Anche gli occhi più serrati, allora, si apriranno, non resteranno insensibili alla vera essenza della bellezza e cercheranno con ogni mezzo possibile di raggiungere la serenità e credo che il mezzo più adeguato per raggiungere tale scopo sia la tolleranza. Anzi, sono convinto che sia il solo mezzo. Non si può, infatti, tentare di raggiungere un fine violando, durante il percorso, gli ideali che formano il fine stesso: significherebbe non raggiungerlo mai. Sarebbe come percorrere una via con il corpo calpestando il proprio spirito e quindi, se il primo dovesse arrivare alla fine del percorso, l’anima sarebbe già stata plagiata e smarrita durante il lungo tragitto. Aver percorso quella via risulterebbe del tutto inutile a quel punto. Quindi le nostre convinzioni, quelle che con tanta dedizione abbiamo apprese dalla Grande Madre, vanno applicate ad ogni situazione: solo così potrà essere raggiunto il nobile fine di perfetta armonia, i cui semi si sono in ogni tempo nutriti della terra sulla quale da sempre poggio i miei piedi.

    Dovrò suonare ancora il tamburo, fino a che le forze non mi abbandoneranno; dovrò soffiare ancora il mio canto fin quando la voce non volerà via; dovrò guardare ancora nel vuoto finché gli occhi non si chiuderanno; dovrò contemplare di fronte a me fino all’offuscamento della mia mente e sarà un immenso piacere sperare che questi normali e semplici gesti possano essere di esempio a quei cuccioli di uomo i quali vedranno uno strano vecchio seduto immobile sulla sua coperta a fissare l’orizzonte, affinché anche in loro si alimenti il desiderio di unire il proprio spirito alla meravigliosa euritmia del tutto e del nulla.

    Ecco il Gufo che torna sul suo albero: sembra stanco; pesantemente si posa sul grosso ramo che punta ad ovest. Entra faticosamente attraverso la grossa fessura, provocata da un fulmine, all’interno del tronco della sequoia che da tempo è anche la sua accogliente tana. Al vecchio Gufo dalle piume grigie aggrada più la luce della luna che quella del sole, infatti è nell’oscurità che si aggira per i boschi alla ricerca di cibo, mentre durante il giorno riposa. Forse preferisce non guardare le strane cose che, sotto gli occhi del sole, l’uomo, senza vergogna né rispetto, fa o è costretto da se stesso a fare. Forse preferisce guardare gli uomini quando questi dormono, probabilmente perché sono meno minacciosi e meno crudeli alla luce della notte che non a quella del giorno. Chissà se anche prima della venuta dei fratelli bianchi il Gufo passava il giorno riposando e la notte in cerca di cibo? Anche se così fosse, il che è assolutamente probabile, ciò non toglie che bisogna trovare la via della pace. Non è certo a causa delle guerre che il Gufo dorme durante il giorno, ma è sicuramente per colpa dell’uomo se le piante e gli animali, i sassi e i ruscelli soffrono tremende pene. Al Gufo non importa se il genere umano sta smettendo di ascoltarlo, egli più che dare esempio non può. Mi piace il carattere del vecchio Gufo.

    "Addio, vecchio Gufo dalle grigie piume, so che non smetterai mai di comunicare i tuoi messaggi di armonia e per questo io ti sono estremamente grato. Addio."

    Spero che i suoi insegnamenti possano penetrare nei cuori di tutti quei piccoli corpi che un giorno saranno uomini e donne, fratelli e sorelle gli uni delle altre e indipendentemente dal colore della loro pelle e dal luogo in cui sono nati.

    Scompaiono anche le ultime stelle più brillanti dal cielo che si tinge di un azzurro appena luminoso, venato d’arancio, ad est. Nuvole rosa assumono l’aspetto di dune di sabbia che corrono spinte dal leggero vento da sud verso nord. La vallata accoglie i brillanti colori del giorno lasciandosi alle spalle le fredde e silenziose tinte del tenue astro che affievolisce l’oscurità della notte. Il grosso scudo di fuoco spunterà proprio là, fra quelle due grosse montagne che dominano la visuale a levante e subito il riflesso rosso tingerà le veloci acque del ruscello.

    Una grossa libellula si libra in un audace volo proprio sotto il mio naso: il suo ronzio rompe il silenzio portando via le ultime ombre notturne.

    È l’alba, uno dei tanti miracoli a cui da sempre assisto, ed ogni volta il sole che sorge è sempre diverso pur essendo sempre lo stesso; ogni volta nuvole nuove lo ornano e lo salutano mentre intraprende ancora una volta il suo sentiero. Gli stessi uccelli, e saranno sempre gli stessi ma mai uguali, che iniziano il loro canto del mattino, lieti di aspettare che i caldi raggi luminosi asciughino dalla umida rugiada notturna le loro variopinte piume. Ogni volta questo stesso meraviglioso colore nasconde una nuova bellezza da scoprire e da assaporare. Ogni alba lascia il suo sassolino. In ogni occasione offre qualcosa di nuovo da guardare, in ogni circostanza porge un nuovo consiglio, diverso per ciascuna anima. Oggi ha guardato dritto nei miei occhi: ha capito. Udirò ancora una volta la sua suadente voce. Oggi il suo messaggio per me è:

    "Non temere!".

    Ancora una volta, col lento ritmo delle mie dita sulla pelle del tamburo voglio salutare questa splendida aurora. I miei occhi, con lo schiarirsi del cielo, ora vedono la vita dei piccoli fratelli che popolano il cielo basso: api, zanzare e altre piccole creature volanti. Non c’è danza più bella e tribale di quella che si può ammirare alla prima luce dell’alba nei pressi di piccoli e grandi corsi d’acqua. Danze ritmiche e asfissianti che provano spirito e corpo. Instancabili e perpetue, passionali e pure, straripanti di colori tenui e suoni continui, appena udibili, ma profondamente incisivi, appena visibili, eppure così piacevoli.

    Una coccinella si posa su di un tenero filo d’erba. Centinaia di piccoli insetti saltellano sul pelo dell’acqua del ruscello. Innumerevoli formiche percorrono instancabilmente, in entrambe le direzioni, il loro sentiero in cerca di semi da portare nei loro tipi sotterranei, ammassandoli gli uni sugli altri per poi fuggire al minimo riflesso umano che appaia sulle liquide scaglie della corrente.

    Mi viene in mente, in proposito, un aneddoto di quando ero molto piccolo. Dovevano essere trascorse circa quattro dozzine di lune dal giorno in cui nacqui. Ricordo che era un caldo giorno della Luna delle prugne: ero seduto da molto tempo sotto un grosso albero ed ammiravo affascinato l’andirivieni di formiche lungo la loro via. Passò di lì mio nonno ed io, incuriosito, gli chiesi:

    "Nonno, perché le formiche, anziché percorrere un sentiero dritto per arrivare dal formicaio sino al campo dove raccolgono semi, hanno tracciato una via tanto storta, piena di curve e molto più lunga e scomoda?"

    Mio nonno allora si sedette vicino a me, proprio sotto il grande albero, ed anche lui passò qualche istante ad osservare attentamente i piccoli insetti, poi disse:

    "Piccolo mio, le nostre minuscole sorelle formiche hanno molto rispetto per la Grande Madre che con tanta gioia le ospita e le nutre. È per questo che loro preferiscono seguire l’andamento del terreno nel tracciare il loro piccolo sentiero. Elle cercano di recare il minor danno possibile alla Terra anche se ciò costerà loro una via molto più lunga e faticosa. Sanno che la Grande Madre sono loro stesse e quindi cercano di non disturbarla con tracciati che risulterebbero vistosi e danneggerebbero la superficie di terreno."

    Seguì un lungo silenzio, durante il quale guardai ancora le operose sorelle trasportare il loro cibo all’interno del formicaio, poi il nonno mi fece cenno di seguirlo. Camminammo per tutta la mattina con molta, a me sembrava anche eccessiva, attenzione e circospezione, sempre controvento, fino ad arrivare alla cima di una piccola collinetta. Lassù ci sedemmo in terra dietro la bassa vegetazione costituita da grossi cespugli di bacche ed il nonno mi indicò, col dito, di guardare giù, verso la valle. Laggiù l’uomo dal viso pallido aveva costruito un sentiero in ferro e legno su cui passava un grosso cavallo d’acciaio che sbuffava in continuazione e che più tardi scoprii essere chiamato da quegli uomini treno. Quindi mio nonno mi disse:

    "Vedi, i nostri fratelli bianchi non amano la Grande Madre come le nostre sorelle formiche. Essi, senza alcun rispetto, hanno costruito la loro via togliendo grosse quantità di terreno, tagliando alberi e spaccando pietre. Hanno persino forato le montagne. Essi non si sono mai soffermati a guardare le formiche come noi abbiamo fatto stamane. Non sanno che anche le più piccole sorelline hanno molto da insegnarci. Prima di fare qualunque cosa ricorda di consultare chi, come le formiche, sa molte più cose di te e impara, dal suo comportamento, la saggezza che deve costituire il punto di partenza e di arrivo del tuo cammino. Se l’uomo dal viso pallido non si è mai soffermato ad ammirare il percorso delle formiche e la loro saggezza, ebbene sarà compito anche tuo farglielo notare, perché tu sei rimasto colpito dall’operosità di quelle piccole sorelle e dovrai cercare di fare da tramite cosicché altri fratelli possano comprendere i messaggi e gli insegnamenti della natura."

    Restammo un po’ di tempo a fissare quella ferrovia, poi tornammo al villaggio. Non ricordo quale fu la reazione del bambinetto che ero, sono passate troppe lune, ma posso dire con certezza che fu un grosso insegnamento. Quell’esperienza formò le basi della mia conoscenza. Era tempo che non rimembravo il grande significato di quella mattina, anche se sono sempre stato perfettamente consapevole, e spesso senza neanche rendermene conto, che quello fu l’inizio del mio sentiero. Da allora imparai che da qualsiasi essere, sia pure esso piccolissimo, è possibile imparare le cose più profonde ed i comportamenti più saggi.

    Intanto metà dello scudo rosso è apparso tra le due montagne. Il vento ha diminuito la sua velocità e sembra diventare più tiepido, o forse è semplicemente il calore dei colori dell’alba.

    Nell’aria scorre la musica del ruscello, accompagnata dal suono del tamburo che entra in ogni poro della pelle di chiunque lo ascolti, portando messaggi di serenità e di pace. Tante volte ho udito questa melodia, ma mai come oggi mi ha donato tanta profondità. Una profondità che è stata la meta della mia vita e che credevo di non poter mai raggiungere ed ora, invece, così come il mio corpo perderà la mia anima, così il mio spirito avrà in possesso, per pochi istanti, la saggezza e l’armonia totale. Molte cose che prima ritenevo inspiegabili ora sembrano semplici e naturali, è come se nuovi occhi stiano spuntando sotto i vecchi, come il serpente che durante la Luna delle ciliegie perde la pelle e sotto ne ha una nuova. Occhi che riescono a vedere nei comportamenti umani ed a comprendere il susseguirsi di tante strane vicende, occhi che vedono le anime e riescono a comprendere situazioni ed avvenimenti che solo fino a ieri mi erano parsi incomprensibili.

    Il Grande Spirito: Colui che tutto avvolge.

    La Grande Madre: Colei che tutto è.

    Mille volte mia madre mi ha ripetuto questi due semplici concetti, moltissime altre volte li ho sentiti dai vecchi saggi del villaggio e dagli sciamani, eppure mai li avevo compresi a fondo, mai avevo compreso che in queste due frasi c’è il tutto ed il nulla e che sono proprio questi due principi a costituire l’essenza. Ora lo so e tutto può essere spiegato molto semplicemente. Riuscire a guardare fuori e dentro di sé con gli occhi dell’anima e non con quelli del corpo sembra, ora, essere una realtà. Tutto è l’unità dei due principi e tutto può essere ricollegato al rapporto che corre tra essi. La fusione del tutto e del nulla in un’unica grande armonia costituisce l’essenza di essi stessi. Ed ogni cosa è parte dello stesso principio, ma è essa stessa principio di unità, armonia ed essenza. Il movimento ciclico e costante dei due principi nel tempo e nei luoghi è lo stesso movimento eterno che muove ciò che essi avvolgono. Al loro interno tutto e nulla sono la stessa cosa e costituiscono ulteriore parte dell’essenza di nuove creature. Il vento ed il fiume sanno tutto questo: ecco perché ai bambini viene insegnato ad udire la voce di questi fratelli. È semplice la vita di chi percorre l’armonia dell’essenza, il quale quindi può dare ottimi consigli a chi ne ha bisogno e può impartire lezioni di pura saggezza a chi le sa osservare; è per questo che la squaw insegna al suo piccolo ad ascoltare con attenzione il canto del lupo e del coyote. L’esempio di chi ha conoscenza della semplicità e della bellezza della Grande Madre e del sottile e profondo respiro del Grande Spirito non va ricercato con avidità sforzandosi di carpirlo ad ogni costo, ma è visibile in ogni semplice gesto dei Grandi Fratelli. È per questo che anche l’uomo o la donna

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