Canto di morte
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Anteprima del libro
Canto di morte - Pietro Mencarelli
Glossario
Tsis-tsis-tas: Popolo Magnifico (Cheyenne, dal termine Lakota Sha-hi-ye-na: Popolo dalla lingua straniera)
Lakota, Dakota: Sioux
Inuna-ina: Arapaho
Calendario:
Primavera: anno
Luna: mese
Luna degli alberi che si spaccano: Gennaio
Luna degli occhi malati: Febbraio
Luna del grano che spunta: Marzo
Luna dei vitelli nuovi: Aprile
Luna dei temporali di primavera: Maggio
Luna dei lamponi: Giugno
Luna delle ciliege: Luglio
Luna delle prugne: Agosto
Luna degli alberi gialli: Settembre
Luna delle foglie cadenti: Ottobre
Luna dei vitelli che mutano il pelo: Novembre
Luna della brina sotto la tenda: Dicembre
Tipi: abitazione (capanna)
Travois: strumento utilizzato per il trasporto di oggetti ed utensili, in genere trainato da cani o cavalli
Squaw: donna, moglie
Papoose: bambini, figli
Kokopeli: Spirito della musica
Waga Chun: Albero sussurrante (Pioppo)
Waayatan: Uomo della Visione (Sciamano)
Tomahawk: scure
In cima ad una verde collinetta,
sotto un vecchio Ciliegio,
mentre piccoli Uccelli
dalle piume colorate
cantano beccando i frutti maturi,
è seduto un anziano Uomo,
gambe incrociate e
mani sulle ginocchia,
che contempla l’orizzonte,
rivolto verso il Tramonto.
Un leggero vento,
che gonfia i suoi lunghi capelli bianchi,
trasporta, da lontano,
l’odore delle foglie secche
e dei funghi umidi.
Dopo un violento temporale estivo
tutto brilla di tenui colori,
dal rossiccio del cielo
al verde opaco della vegetazione,
colpito dalla flebile luce del sole
tardo ed assonnato che si nasconde.
Una piccola Libellula dalle impazienti ali
torna a ronzare tra le lunghe ombre dei cespugli.
L’ultimo petalo bianco cade,
subito trascinato via dal vento,
da un debole Fiore profumato.
Cala la notte...
sotto il Ciliegio...
un respiro carezza il vento...
"All’Alba,
da una goccia di rugiada
poggiata su un filo d’erba
un’Ape si disseterà..."
La voce del Vecchio Ciliegio
YO-HEY-O-HEE
L’orizzonte, limpido, leggero
YO-HEY-O-HEE
il vento tiepido, la polvere
danzando attorno ai tipi
YO-HEY-O-HEE
il respiro della terra
terra dai molti profumi
YO-HEY-O-HEE
li assaporo danzando loro intorno
all’alba, al tramonto, sempre
YO-HEY-O-HEE
nel giorno, nella notte, ovunque
gli Spiriti danzano
YO-HEY-O-HEE
danzano attraverso l’aria
il sole brilla alto nel cielo
YO-HEY-O-HEE
la luna illumina la notte buia
sotto la pioggia, oltre il vento
YO-HEY-O-HEE
sulla sabbia, sull’erba
ammirando tutto
YO-HEY-O-HEE
ammirando la vita
il mio tomahawk
YO-HEY-O-HEE
m’immergo in tutto questo
pensando a loro
YO-HEY-O-HEE
penso ai Grandi Fratelli
gli Spiriti danzano
YO-HEY-O-HEE
danzano attorno a me
sono parte del cielo
YO-HEY-O-HEE
sono al suo interno
sono parte della terra
YO-HEY-O-HEE
sono nel suo grembo
ammiro il volo dell’aquila
YO-HEY-O-HEE
guardo coi suoi occhi
ammiro le corse del bisonte
YO-HEY-O-HEE
respiro colla sua bocca
ammiro la tela del ragno
YO-HEY-O-HEE
tesso colle sue mani
ammiro il ronzio della libellula
YO-HEY-O-HEE
volo colle sue ali
la montagna dalla cima bianca
YO-HEY-O-HEE
sono lassù
la verde pianura lontana
YO-HEY-O-HEE
sono laggiù
la sorgente del grande fiume
YO-HEY-O-HEE
sono lassù
la foce del grande fiume
YO-HEY-O-HEE
sono laggiù
il mio tomahawk
YO-HEY-O-HEE
attraverso ogni cosa
cullato dalla voce della notte
YO-HEY-O-HEE
dormo abbracciato da Kokopeli
danzo, al suono dei tamburi
YO-HEY-O-HEE
danzo, alla melodia dei flauti
danzo, ascoltando il ruscello
YO-HEY-O-HEE
danzo, udendo la voce del vento
dodici piume di falco
YO-HEY-O-HEE
porto sulla capigliatura
le ho trovate sparse
YO-HEY-O-HEE
in dodici luoghi diversi
sei all’alba
YO-HEY-O-HEE
sei al tramonto
consigliato dal falco
YO-HEY-O-HEE
danzo all’alba e al tramonto
sono giorni che danzo
YO-HEY-O-HEE
perché mi piace farlo
sono notti che danzo
YO-HEY-O-HEE
semplicemente perché è bello
danzo coi Grandi Fratelli
YO-HEY-O-HEE
imparando da loro
bacio la terra
YO-HEY-O-HEE
carezzo il cielo
dormo sotto gli alberi
YO-HEY-O-HEE
respiro il loro sospiro
i fiori di pianura
YO-HEY-O-HEE
i fiori di montagna
l’ape
YO-HEY-O-HEE
la libellula
i colori
YO-HEY-O-HEE
i suoni
il tatto
YO-HEY-O-HEE
il gusto
gli odori
YO-HEY-O-HEE
i pensieri
la visione
YO-HEY-O-HEE
la percezione
la sensazione
YO-HEY-O-HEE
è dentro me
Grande Madre
YO-HEY-O-HEE
Grande Spirito
Grande Mistero
YO-HEY-O-HEE
Grande Mistero
il cerchio del sole
YO-HEY-O-HEE
quello della luna
lo splendore delle stelle
YO-HEY-O-HEE
il candore delle nuvole
il freddo della pioggia
YO-HEY-O-HEE
l’opaco della brina
l’odore del fiore
YO-HEY-O-HEE
il solletico dell’ape sulla pelle
caldi respiri
YO-HEY-O-HEE
su teneri petali
bocche dolci
YO-HEY-O-HEE
sui pollini colorati
mani delicate
YO-HEY-O-HEE
su una splendida corolla
sdraiato tra erba e fiori
YO-HEY-O-HEE
a guardare l’azzurro cielo
guancia a guancia con la terra
YO-HEY-O-HEE
ad ammirare le luminose stelle
all’ombra di Waga Chun
YO-HEY-O-HEE
odorando il circostante
nella buia foresta
YO-HEY-O-HEE
amica e sorella
nella frescura del bosco
YO-HEY-O-HEE
tra bacche e cespugli
nei pressi dell’acqua del ruscello
YO-HEY-O-HEE
affettuosa compagna
sotto la fredda pioggia
YO-HEY-O-HEE
col vento caldo sul viso
a piedi nudi
YO-HEY-O-HEE
sulla sabbia cocente
a piedi nudi
YO-HEY-O-HEE
sull’erba umida
con le mani umide
YO-HEY-O-HEE
bevendo dal ruscello
nudo nel nulla
YO-HEY-O-HEE
parte del tutto
"sotto un albero sussurrante
una lunga fila di formiche
trasporta piccoli semi..."
YO-HEY-O-HEE
YO-HEY-O-HEE
YO-HEY-O-HEE
YO-HEY-O-HEE...
Lunga Coda
Ottantasette dozzine di lune, pallide e delicate, lente e riflessive a viverle nel momento stesso della loro esistenza, eppur così veloci e lontane, evanescenti ed effimere a rammentarle adesso, sono scorse lungo la volta del cielo, hanno illuminato le notti sopra il mio tipi; grosse e tenebrose nubi, a volte, le hanno offuscate, ma anche molti e splendidi chiarori i miei occhi, ormai stanchi, hanno ammirato. Albe e tramonti ho udito ed al vento ed alla pioggia ho parlato. Ho percorso insieme a tanti fratelli un unico e difficile, ma bellissimo sentiero. Ho visto le foglie cadere e rinascere, i fiori sbocciare e appassire, l’aquila puntare verso ovest fino a sparire nell’orizzonte, l’acqua del ruscello farsi spazio delicatamente tra gli argini friabili del suo stesso scorrere. Molti messaggi di speranza e pace battuti sui tamburi e trasportati dal vento, timidi ma orgogliosi, ho udito parlare alla prateria ed ai boschi, ai fiumi e al bisonte. Dolci trecce nere ornate di piume di falco ho atteso sorridere serenamente e ho cercato di consolare quando piangevano malinconiche. Ho assistito al passaggio delle notti scandite dal grido acuto del coyote ed ho ascoltato il canto melodico del vento trascinarsi per le praterie alla ricerca di un posto tranquillo dove riposare. Sempre mi sono soffermato a contemplare il volo sicuro del falco e le sue discese sulla prateria quando il sole era ancora alto. Le danze degli insetti attorno ai fuochi estivi e le loro mille voci hanno accompagnato questo mio lungo cammino. La magia dei colori dell’aurora e del crepuscolo riflessi dai ruscelli che dipingevano le montagne ed il cielo, il bosco e la prateria sono stati i più bei miracoli a cui la mia anima abbia assistito. Il paesaggio notturno e quello diurno, lo stesso paesaggio, ma talmente diverso per i miei occhi da farlo sembrare un paesaggio surreale perché splendidamente vero, hanno costituito un dolce nettare per questo stanco corpo. Ogni giorno c’è stata una nuova scoperta: un nuovo messaggio udito, una nuova bellezza ammirata, un nuovo odore annusato; ogni dì un insegnamento donato dalla Grande Madre è calato sulla mia capigliatura. Ogni volta che il sole è sorto ed ha percorso il cielo c’è stato qualcosa da imparare, da ammirare e su cui meditare. Non c’è stata luce diurna durante la quale, completato l’arco celeste del sole, io non abbia percorso un tratto, breve o lungo che sia, del sentiero che conduce alla scoperta ed alla conoscenza del riguardo che la natura ci offre, ma soprattutto al rispetto che ella merita. Non c’è stata tenebra notturna durante la quale la luna non sia riuscita a portare consiglio e quietare possibili avversità o calmare pericolose animosità, grazie al suo musicale silenzio e alla sua magica luce. Non c’è stata superficie di lago o corteccia di albero, roccia o stella, granello di sabbia trasportato dal vento o goccia di pioggia caduta sui capelli che non abbia parlato a queste orecchie o udito le parole uscite da questa bocca. Il Grande Spirito ha voluto che la mia piccola anima fosse toccata da ognuna di queste cose e da molte altre; ha voluto che cavalcasse queste strade, che dimorasse sotto questo cielo e che si riparasse avvolta in questa coperta. Io, figlio di questi splendidi luoghi, gli sarò grato eternamente per il dono con cui mi ha omaggiato, perché a nulla di più bello e sacro la mia breve essenza avrebbe potuto mai unirsi e nulla di più intenso avrebbe potuto udire né vedere. Ancora Grazie al Grande Spirito e a ogni essere, vivente o no, che il mio soffio vitale abbia incrociato durante il suo breve viaggio nascosto in questa semplice creatura umana.
Credo che ormai il mio vecchio corpo stia per essere nuovamente accolto nel grembo della Grande Madre. Da esso nuova vita e nuovi corpi nasceranno ed in essi nuove anime abiteranno. Auguro loro di non dover combattere per la pace, ma di trovarla grazie al dialogo con ogni creatura e di raggiungere l’armonia e la serenità che i nostri fratelli umani da tempo hanno perso. Spero che durante la permanenza del mio corpo in questi posti io sia riuscito ad aggiungere un sassolino al tracciato di questo tortuoso sentiero che da sempre i nostri avi hanno battuto ed allungato, ma che ora trova grossi ostacoli di fronte. Mi auguro che questi ostacoli possano essere superati senza dover ricorrere alla violenza, madre di ogni dolore, che ha già provocato grosse ferite fra il Popolo degli Uomini
, fra i visi pallidi venuti dal mare ed alla Grande Madre. Confido che queste ferite possano rimarginarsi in breve tempo e possa tornare in ogni luogo l’armonia che dimora tra i nostri Grandi Fratelli: gli animali, gli alberi, i monti e i fiumi.
Chissà se un giorno riusciremo a vivere serenamente anche con gli uomini dalla pelle bianca? Spero che i nipoti dei miei figli giungano a questo meraviglioso intento, spero che guardando il volo dell’aquila anche essi riescano a comprenderne le parole ed il significato. Mi auguro che il falco riesca ad avvolgere di saggezza, con le sue poderose ali, tutti gli uomini ed anche i cuccioli di uomo bianco, quest’essere che sembra tanto crudele e senza rispetto nei riguardi persino della sua stessa madre. Sembra che il suo unico scopo sia la distruzione e intanto non si accorge che per i suoi figli non è certo questo un buon esempio: se egli ha spregiato tanto chi l’ha creato e nutrito, come può sperare nel rispetto delle creature che nutre ed alle quali ha dato vita? Ogni calcio tirato con tanta noncuranza e disprezzo a quella piccola lucertola; ogni pallottola esplosa senza motivo né bisogno contro quel bisonte; ogni coltello affondato con scherno e cattiveria nelle carni di quel giovane coyote, fra le risa assassine dei presenti, ed ogni sputo lanciato contro i petali candidi di quel piccolo fiore: ognuno di questi orribili gesti di cui ogni uomo si sarà macchiato non mancherà di ritorcersi contro di lui. Questo vale per ogni essere umano. E saranno i suoi stessi figli a restituirgli tanto odio e crudeltà. Purtroppo, se l’esempio dato dai visi pallidi adulti ai loro cuccioli continuerà ad essere tale non ci sarà mai un fuoco di speranza acceso per far luce nel buio che stanno creando. Spero che gli uomini venuti da lontano si rendano conto di quello che stanno facendo e muovano qualche passo indietro. Già ora i piccoli bianchi imitano i comportamenti di disprezzo dei loro genitori verso la Grande Madre e di questo passo finiranno con l’aprire la pancia del proprio padre umano, chissà, forse per cercare l’oro anche lì. Sarà difficile, per questi poveri piccoli, aver rispetto di un padre che sotto i loro occhi ha, con tanto odio e crudeltà, massacrato la propria Madre. Ma sono convinto che il ritmo di pace dei nostri tamburi riuscirà a penetrare anche nell’animo più assopito, che esso dimori in un corpo pallido o nativo, riportandolo alla ragione. Anche gli occhi più serrati, allora, si apriranno, non resteranno insensibili alla vera essenza della bellezza e cercheranno con ogni mezzo possibile di raggiungere la serenità e credo che il mezzo più adeguato per raggiungere tale scopo sia la tolleranza. Anzi, sono convinto che sia il solo mezzo. Non si può, infatti, tentare di raggiungere un fine violando, durante il percorso, gli ideali che formano il fine stesso: significherebbe non raggiungerlo mai. Sarebbe come percorrere una via con il corpo calpestando il proprio spirito e quindi, se il primo dovesse arrivare alla fine del percorso, l’anima sarebbe già stata plagiata e smarrita durante il lungo tragitto. Aver percorso quella via risulterebbe del tutto inutile a quel punto. Quindi le nostre convinzioni, quelle che con tanta dedizione abbiamo apprese dalla Grande Madre, vanno applicate ad ogni situazione: solo così potrà essere raggiunto il nobile fine di perfetta armonia, i cui semi si sono in ogni tempo nutriti della terra sulla quale da sempre poggio i miei piedi.
Dovrò suonare ancora il tamburo, fino a che le forze non mi abbandoneranno; dovrò soffiare ancora il mio canto fin quando la voce non volerà via; dovrò guardare ancora nel vuoto finché gli occhi non si chiuderanno; dovrò contemplare di fronte a me fino all’offuscamento della mia mente e sarà un immenso piacere sperare che questi normali e semplici gesti possano essere di esempio a quei cuccioli di uomo i quali vedranno uno strano vecchio seduto immobile sulla sua coperta a fissare l’orizzonte, affinché anche in loro si alimenti il desiderio di unire il proprio spirito alla meravigliosa euritmia del tutto e del nulla.
Ecco il Gufo che torna sul suo albero: sembra stanco; pesantemente si posa sul grosso ramo che punta ad ovest. Entra faticosamente attraverso la grossa fessura, provocata da un fulmine, all’interno del tronco della sequoia che da tempo è anche la sua accogliente tana. Al vecchio Gufo dalle piume grigie aggrada più la luce della luna che quella del sole, infatti è nell’oscurità che si aggira per i boschi alla ricerca di cibo, mentre durante il giorno riposa. Forse preferisce non guardare le strane cose che, sotto gli occhi del sole, l’uomo, senza vergogna né rispetto, fa o è costretto da se stesso a fare. Forse preferisce guardare gli uomini quando questi dormono, probabilmente perché sono meno minacciosi e meno crudeli alla luce della notte che non a quella del giorno. Chissà se anche prima della venuta dei fratelli bianchi il Gufo passava il giorno riposando e la notte in cerca di cibo? Anche se così fosse, il che è assolutamente probabile, ciò non toglie che bisogna trovare la via della pace. Non è certo a causa delle guerre che il Gufo dorme durante il giorno, ma è sicuramente per colpa dell’uomo se le piante e gli animali, i sassi e i ruscelli soffrono tremende pene. Al Gufo non importa se il genere umano sta smettendo di ascoltarlo, egli più che dare esempio non può. Mi piace il carattere del vecchio Gufo.
"Addio, vecchio Gufo dalle grigie piume, so che non smetterai mai di comunicare i tuoi messaggi di armonia e per questo io ti sono estremamente grato. Addio."
Spero che i suoi insegnamenti possano penetrare nei cuori di tutti quei piccoli corpi che un giorno saranno uomini e donne, fratelli e sorelle gli uni delle altre e indipendentemente dal colore della loro pelle e dal luogo in cui sono nati.
Scompaiono anche le ultime stelle più brillanti dal cielo che si tinge di un azzurro appena luminoso, venato d’arancio, ad est. Nuvole rosa assumono l’aspetto di dune di sabbia che corrono spinte dal leggero vento da sud verso nord. La vallata accoglie i brillanti colori del giorno lasciandosi alle spalle le fredde e silenziose tinte del tenue astro che affievolisce l’oscurità della notte. Il grosso scudo di fuoco spunterà proprio là, fra quelle due grosse montagne che dominano la visuale a levante e subito il riflesso rosso tingerà le veloci acque del ruscello.
Una grossa libellula si libra in un audace volo proprio sotto il mio naso: il suo ronzio rompe il silenzio portando via le ultime ombre notturne.
È l’alba, uno dei tanti miracoli a cui da sempre assisto, ed ogni volta il sole che sorge è sempre diverso pur essendo sempre lo stesso; ogni volta nuvole nuove lo ornano e lo salutano mentre intraprende ancora una volta il suo sentiero. Gli stessi uccelli, e saranno sempre gli stessi ma mai uguali, che iniziano il loro canto del mattino, lieti di aspettare che i caldi raggi luminosi asciughino dalla umida rugiada notturna le loro variopinte piume. Ogni volta questo stesso meraviglioso colore nasconde una nuova bellezza da scoprire e da assaporare. Ogni alba lascia il suo sassolino. In ogni occasione offre qualcosa di nuovo da guardare, in ogni circostanza porge un nuovo consiglio, diverso per ciascuna anima. Oggi ha guardato dritto nei miei occhi: ha capito. Udirò ancora una volta la sua suadente voce. Oggi il suo messaggio per me è:
"Non temere!".
Ancora una volta, col lento ritmo delle mie dita sulla pelle del tamburo voglio salutare questa splendida aurora. I miei occhi, con lo schiarirsi del cielo, ora vedono la vita dei piccoli fratelli che popolano il cielo basso: api, zanzare e altre piccole creature volanti. Non c’è danza più bella e tribale di quella che si può ammirare alla prima luce dell’alba nei pressi di piccoli e grandi corsi d’acqua. Danze ritmiche e asfissianti che provano spirito e corpo. Instancabili e perpetue, passionali e pure, straripanti di colori tenui e suoni continui, appena udibili, ma profondamente incisivi, appena visibili, eppure così piacevoli.
Una coccinella si posa su di un tenero filo d’erba. Centinaia di piccoli insetti saltellano sul pelo dell’acqua del ruscello. Innumerevoli formiche percorrono instancabilmente, in entrambe le direzioni, il loro sentiero in cerca di semi da portare nei loro tipi sotterranei, ammassandoli gli uni sugli altri per poi fuggire al minimo riflesso umano che appaia sulle liquide scaglie della corrente.
Mi viene in mente, in proposito, un aneddoto di quando ero molto piccolo. Dovevano essere trascorse circa quattro dozzine di lune dal giorno in cui nacqui. Ricordo che era un caldo giorno della Luna delle prugne: ero seduto da molto tempo sotto un grosso albero ed ammiravo affascinato l’andirivieni di formiche lungo la loro via. Passò di lì mio nonno ed io, incuriosito, gli chiesi:
"Nonno, perché le formiche, anziché percorrere un sentiero dritto per arrivare dal formicaio sino al campo dove raccolgono semi, hanno tracciato una via tanto storta, piena di curve e molto più lunga e scomoda?"
Mio nonno allora si sedette vicino a me, proprio sotto il grande albero, ed anche lui passò qualche istante ad osservare attentamente i piccoli insetti, poi disse:
"Piccolo mio, le nostre minuscole sorelle formiche hanno molto rispetto per la Grande Madre che con tanta gioia le ospita e le nutre. È per questo che loro preferiscono seguire l’andamento del terreno nel tracciare il loro piccolo sentiero. Elle cercano di recare il minor danno possibile alla Terra anche se ciò costerà loro una via molto più lunga e faticosa. Sanno che la Grande Madre sono loro stesse e quindi cercano di non disturbarla con tracciati che risulterebbero vistosi e danneggerebbero la superficie di terreno."
Seguì un lungo silenzio, durante il quale guardai ancora le operose sorelle trasportare il loro cibo all’interno del formicaio, poi il nonno mi fece cenno di seguirlo. Camminammo per tutta la mattina con molta, a me sembrava anche eccessiva, attenzione e circospezione, sempre controvento, fino ad arrivare alla cima di una piccola collinetta. Lassù ci sedemmo in terra dietro la bassa vegetazione costituita da grossi cespugli di bacche ed il nonno mi indicò, col dito, di guardare giù, verso la valle. Laggiù l’uomo dal viso pallido aveva costruito un sentiero in ferro e legno su cui passava un grosso cavallo d’acciaio che sbuffava in continuazione e che più tardi scoprii essere chiamato da quegli uomini treno. Quindi mio nonno mi disse:
"Vedi, i nostri fratelli bianchi non amano la Grande Madre come le nostre sorelle formiche. Essi, senza alcun rispetto, hanno costruito la loro via togliendo grosse quantità di terreno, tagliando alberi e spaccando pietre. Hanno persino forato le montagne. Essi non si sono mai soffermati a guardare le formiche come noi abbiamo fatto stamane. Non sanno che anche le più piccole sorelline hanno molto da insegnarci. Prima di fare qualunque cosa ricorda di consultare chi, come le formiche, sa molte più cose di te e impara, dal suo comportamento, la saggezza che deve costituire il punto di partenza e di arrivo del tuo cammino. Se l’uomo dal viso pallido non si è mai soffermato ad ammirare il percorso delle formiche e la loro saggezza, ebbene sarà compito anche tuo farglielo notare, perché tu sei rimasto colpito dall’operosità di quelle piccole sorelle e dovrai cercare di fare da tramite cosicché altri fratelli possano comprendere i messaggi e gli insegnamenti della natura."
Restammo un po’ di tempo a fissare quella ferrovia, poi tornammo al villaggio. Non ricordo quale fu la reazione del bambinetto che ero, sono passate troppe lune, ma posso dire con certezza che fu un grosso insegnamento. Quell’esperienza formò le basi della mia conoscenza. Era tempo che non rimembravo il grande significato di quella mattina, anche se sono sempre stato perfettamente consapevole, e spesso senza neanche rendermene conto, che quello fu l’inizio del mio sentiero. Da allora imparai che da qualsiasi essere, sia pure esso piccolissimo, è possibile imparare le cose più profonde ed i comportamenti più saggi.
Intanto metà dello scudo rosso è apparso tra le due montagne. Il vento ha diminuito la sua velocità e sembra diventare più tiepido, o forse è semplicemente il calore dei colori dell’alba.
Nell’aria scorre la musica del ruscello, accompagnata dal suono del tamburo che entra in ogni poro della pelle di chiunque lo ascolti, portando messaggi di serenità e di pace. Tante volte ho udito questa melodia, ma mai come oggi mi ha donato tanta profondità. Una profondità che è stata la meta della mia vita e che credevo di non poter mai raggiungere ed ora, invece, così come il mio corpo perderà la mia anima, così il mio spirito avrà in possesso, per pochi istanti, la saggezza e l’armonia totale. Molte cose che prima ritenevo inspiegabili ora sembrano semplici e naturali, è come se nuovi occhi stiano spuntando sotto i vecchi, come il serpente che durante la Luna delle ciliegie perde la pelle e sotto ne ha una nuova. Occhi che riescono a vedere nei comportamenti umani ed a comprendere il susseguirsi di tante strane vicende, occhi che vedono le anime e riescono a comprendere situazioni ed avvenimenti che solo fino a ieri mi erano parsi incomprensibili.
Il Grande Spirito: Colui che tutto avvolge.
La Grande Madre: Colei che tutto è.
Mille volte mia madre mi ha ripetuto questi due semplici concetti, moltissime altre volte li ho sentiti dai vecchi saggi del villaggio e dagli sciamani, eppure mai li avevo compresi a fondo, mai avevo compreso che in queste due frasi c’è il tutto ed il nulla e che sono proprio questi due principi a costituire l’essenza. Ora lo so e tutto può essere spiegato molto semplicemente. Riuscire a guardare fuori e dentro di sé con gli occhi dell’anima e non con quelli del corpo sembra, ora, essere una realtà. Tutto è l’unità dei due principi e tutto può essere ricollegato al rapporto che corre tra essi. La fusione del tutto e del nulla in un’unica grande armonia costituisce l’essenza di essi stessi. Ed ogni cosa è parte dello stesso principio, ma è essa stessa principio di unità, armonia ed essenza. Il movimento ciclico e costante dei due principi nel tempo e nei luoghi è lo stesso movimento eterno che muove ciò che essi avvolgono. Al loro interno tutto e nulla sono la stessa cosa e costituiscono ulteriore parte dell’essenza di nuove creature. Il vento ed il fiume sanno tutto questo: ecco perché ai bambini viene insegnato ad udire la voce di questi fratelli. È semplice la vita di chi percorre l’armonia dell’essenza, il quale quindi può dare ottimi consigli a chi ne ha bisogno e può impartire lezioni di pura saggezza a chi le sa osservare; è per questo che la squaw insegna al suo piccolo ad ascoltare con attenzione il canto del lupo e del coyote. L’esempio di chi ha conoscenza della semplicità e della bellezza della Grande Madre e del sottile e profondo respiro del Grande Spirito non va ricercato con avidità sforzandosi di carpirlo ad ogni costo, ma è visibile in ogni semplice gesto dei Grandi Fratelli. È per questo che anche l’uomo o la donna