Racconti arabi antichi
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Anteprima del libro
Racconti arabi antichi - Virginia Vacca
Via Lattea
6
Racconti arabi
antichi
a cura di Virginia Vacca
logo1In copertina:
Particolare di miniatura persiana (sec.XVI-XVII), collezione privata.
Racconti arabi antichi fu pubblicato nel 1958 da Edizioni Paoline nella
collana I Maestri
.
ISBN: 978-88-96720-21-9
© Copyright 2000
Edizioni Il leone verde
Via della Consolata 7, Torino
Tel/fax 011 52.11.790
leoneverde@leoneverde.it
www.leoneverde.it
Presentazione
Sono debitore a Virginia Vacca di parecchie emozioni davvero intense, ed è con vivo piacere che ho proposto e contribuito a realizzare questa riedizione di una delle sue opere, piccola di mole ma gradevolissima di stile e di contenuto.
Ricorderò per sempre la meraviglia che indusse in me la lettura della sua scelta dal Giardino dei fiori odorosi di Abdallâh al-Yâfi’i,¹ pubblicata nel 1965 dall’Istituto per l’Oriente di Roma. Quelle storie talora profondissime talora quasi ingenue, miste di sapienza e di leggenda popolare, echeggianti mondi arcani e sovraterreni, fecero sì che per giorni, affascinato e piacevolmente sospettoso, mi guardassi intorno e indagassi dentro di me, ricercando quei presagi e quelle segrete ispirazioni che trasformano la vita dei mistici in qualcosa che ha poco a che vedere con la vita delle persone ordinarie. Per la prima volta sentivo parlare in modo chiaro di una gerarchia occulta di Santi vivi, sconosciuti al volgo e non sempre noti gli uni agli altri
² e mi chiedevo ingenuamente come fosse possibile incontrarli, e conoscere i loro capi, quello terreno, il Qutb³ e quello soprannaturale, l’immortale e misterioso al-Khidr
.⁴
Quando più tardi, maggiormente informato di cose sufi,⁵ m’imbattei in questi Racconti arabi antichi nonché nell’altro simile volumetto Vite di sheikh⁶ musulmani ebbi modo di apprezzarne, oltre al significato, anche la concisione e la nitidezza dello stile, e — soprattutto nei Racconti — quel serpeggiante umorismo che non è altro che senso della misura, e segno di una saggezza che sa ben distinguere l’essere dall’apparire.
La scrittura di Virginia Vacca è sobria, essenziale. I suoi commenti non sono mai prolissi, ma sintetici ed efficaci. Talora anzi li si desidererebbe più diffusi. L’autrice fu infatti islamista e arabista di vaglia,⁷ sensibile ed attenta tanto sul piano spirituale quanto sul piano storico e letterario.
Voglio qui ricordare quant’altro di lei ho letto negli anni, in primo luogo la preziosissima Antologia del Corano, uscita da Sansoni nel 1943, introduzione veloce e corretta, e secondo me tuttora non superata affatto, sia per chi non abbia la pazienza di leggersi tutto il Corano e in essa trovi la risposta alle proprie principali curiosità, sia per chi la utilizzi come utile sommario e promemoria dei temi coranici più importanti.
Poco prima, nel 1941, aveva pubblicato presso l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale di Milano il volume L’India musulmana, trattando in modo assai diffuso e puntuale un tema che non verrà spesso ripreso da altri in Italia.
Nel 1948 uscì da Einaudi in quattro volumi la prima e finora unica traduzione italiana dai testi originali de Le mille e una notte, fatta da lei e da Antonio Cesaro, Costantino Pansera e Umberto Rizzitano sotto la direzione di Francesco Gabrieli.⁸
Con il Gabrieli collaborò anche nella stesura dell’opera Le più belle pagine della letteratura araba, che uscì nel 1957 presso la Nuova Accademia Editrice di Milano. Sue furono in tale volume le traduzioni di quasi tutti i testi in prosa.
Nel 1968 uscì, nei Classici delle religioni
della UTET, Vite e detti di santi musulmani, amplissima scelta dall’opera Al-tabaqât al-kubrà (Le massime categorie
) di ‘Abd al-Wahhâb ibn Ahmed al-Sha’râni al-Shâfì’i,⁹ stessa fonte del suo precedente volumetto Vite di sheikh musulmani, e fondamentale per chi voglia familiarizzarsi con l’agiografia islamica.¹⁰
Sempre nei Classici delle religioni
, infine, nel 1982 pubblicò, insieme a Sergio Noja e a Michele Vallaro, i Detti e fatti del Profeta dell‘Islâm, amplissima scelta dalla raccolta di hadîth¹¹ di al-Bukhârî.¹²
In questa riedizione dei Racconti arabi antichi si è lasciato il testo immodificato, con le eccezioni di qualche piccolo aggiornamento e della correzione di alcuni refusi.
Dario Chioli
Note
¹ Mistico e agiografo yemenita nato nel 1298 e morto nel 1367.
² Il giardino dei fiori odorosi, p. 71. Cfr. anche della stessa V.Vacca, Vite di sheikh musulmani, Edizioni Paoline, Bari 1960,
pp. 10-13, e Vite e detti di santi musulmani, UTET, Torino 1968,pp. 15-17.
³ Scriveva Laura Veccia Vaglieri nel suo libro Islàm, Pironti,Napoli 1946: "La dottrina mistica insegna che sulla terra in ogni epoca esiste un dato numero di santi viventi occulti e li classifica in una gerarchia di cui ogni grado porta un nome speciale e in testa alla quale è il qutb polo
, il quale provvede a migliorare le cose del mondo".
⁴ Il giardino dei fiori odorosi, p. 72. Cfr. V. Vacca, Antologia del Corano, Sansoni, Firenze 1943, p. 117: el-Khadir o el- Khidr, essere sovrumano della tradizione musulmana, per solito invisibile, che si rivela di tanto in tanto con salvataggi o grazie divine, specialmente nelle tempeste del mare. Venerato dal popolo, è considerato dai Sufi il capo della gerarchia mistica
.La tradizione islamica lo identifica con il personaggio di cui si parla al versetto 65 della sura della caverna: E s’imbatterono in uno dei Nostri servi, cui avevam dato misericordia da parte Nostra, e gli avevamo insegnato della Nostra scienza segreta
(da Il Corano, a cura di Alessandro Bausani, Sansoni, Firenze 1961, p. 215). Il suo nome significa il Verde
e si dice di lui che dovunque egli stia verdeggia la terra, o che fa diventar verde qualsiasi cosa tocchi
(Bausani op. cit., p. 588). Di al- Khidr si parla anche nel presente volume, nel racconto L’eterno viandante.
⁵ Sûfî sarebbe, a rigore, colui che ha raggiunto la conoscenza ultima, ma nell’uso comune in occidente indica chi persegue una via di conoscenza spirituale perlopiù all’interno di una delle molte confraternite mistico-ascetiche islamiche. La più probabile derivazione di tale termine sembra quella dalla parola sûf, che significa lana
, a indicare che i primi sufi si vestivano soltanto di lana. Esistono comunque molte altre spiegazioni più o meno convincenti.
⁶ Shaykh (sheikh nella trascrizione di V. Vacca), sceicco
, è un termine che indica l’anziano, il capo religioso, il saggio. Usato anche in senso molto generico, come titolo onorifico, vale altresì ad indicare i capi delle confraternite e i maestri spirituali.
⁷ Francesco Gabrieli la definiva così nel 1982: Virginia Vacca, decana oggi, con mirabile freschezza di spirito, di tutti gli arabisti italiani
(in: Al-Bukhârî, Detti e fatti del Profeta dell’Islâm, UTET, Torino 1982, p. VII).
⁸ Di tale opera esiste anche una scelta pubblicata da Mondadori nel 1958 con il titolo 22 racconti d’amore da Le mille e una notte
.
⁹ Studioso e mistico egiziano nato nel 1493 nel villaggio di Sâqiyat Abi Sha’rah e morto al Cairo nel 1565.
¹⁰ Dello stesso Sha’râni pubblicò altresì nel 1972 a Napoli una scelta dall’opera Il libro dei doni, che non ho visto ma che è citata da Michele Vallaro nella bibliografia dei Detti e fatti del Profeta dell’Islâm, p. 53.
¹¹ Hadîth sono i detti attribuiti dalla tradizione a Muhammad.
¹² Nato a Bukhârâ nell’810, passò la vita a raccogliere hadîth e morì presso Samarcanda nell’870. Viene ritenuto, insieme a Muslim, uno dei due migliori tradizionisti.
Introduzione
I
Quando Muhammad cominciò a predicare l’Islàm verso il 610 dell’èra nostra, l’Arabia era un paese barbaro e quasi isolato, in massima parte deserto. Il deserto è dei beduini, pastori e briganti, e la tribù beduina è uno Stato senza territorio, una famiglia senza casa. Si sposta tutto l’anno, in cerca di pascoli e di prede; tutto quel che ha — bestie, roba, idee — se lo porta dietro, conservando con esasperato orgoglio le memorie degli avi. Ecco dunque il primo strato delle antiche novelle arabe: le guerre delle tribù, i loro eroi e poeti.
La narrativa araba di questo periodo precedente l’Islàm, ricca, anonima e trasmessa oralmente, fu raccolta con amore dai letterati delle generazioni successive, e l’ideale della virtus pagana continuò ad ispirare la formazione del carattere e la letteratura anche dopo l’islamismo, come si vede in alcuni dei racconti che seguono. L’ospitalità e la munificenza, virtù eroiche del povero beduino pa gano, continuarono nell ‘arabo musulmano, sedentario e arricchito, che rimase generoso per temperamento ed anche per ragioni nuove: il precetto religioso della carità, l’ostentazione megalomane. A questo nobile personaggio l’aneddotica contrappone l’avaro, e ne fa una figura quasi romanzesca.
II
Il secondo strato della narrativa araba deriva dalla Bibbia. L’Islàm, afferma il Corano, è la religione di Abramo e di Gesù, formulata e completata da Dio per gli Arabi, rivelandola ad un profeta arabo. Questa tesi è documentata nel Corano con molte narrazioni derivate dalla Bibbia, dalla letteratura ebraica postbiblica e dai Vangeli apocrifi. Nelle grandi figure di Abramo e di Salomone, Muhammad vedeva prefigurata la propria missione; lo strato biblico dei racconti arabi, benché di seconda mano, non è il meno vivo e attraente; questa raccolta ne dà qualche saggio, gocce da un mare.
III
Il grande impero arabo dei Califfi si affacciava sul Mediterraneo e sul Golfo Persico. Se per la geografia fisica il continente è uno spazio ben definito, invariabile, il continente della storia è un fatto umano ed elastico. Rinunciando a vedere limiti netti fra Europa, Asia, Africa, consideriamo piuttosto il continente formato da tutte le sponde del Mediterraneo: di fronte al fervore di scambi che