Una stagione
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Anteprima del libro
Una stagione - Danilo Bottiroli
Danilo Bottiroli
Una stagione
Danilo Bottiroli
Una stagioneDanilo Bottiroli
Una stagione
Editrice GDS
Via Matteotti 23
20069 Vaprio D’Adda-Mi
www.gdsedizioni.it
TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI
In copertina: La coppia
opera di Carlo Bottiroli
INTRODUZIONE
Per alcuni adulti, forse, l'adolescenza rappresenta un periodo strano e balordo, nel quale si fanno sciocchezze e stupidaggini, nel quale ci si ribella ai genitori e all'autorità in genere per partito preso, per esplosione ormonale, intanto – come si legge al termine dei primi tre capitoli di questo romanzo - prima o poi passerà
.
Io, per il mio mestiere di insegnante ed educatore, ma soprattutto per la mia esperienza personale, credo che l'adolescenza sia uno dei periodi più importanti della vita, la chiave per leggere se stessi e capire quale destinazione, più o meno definitiva, prendere.
Certo, l'adolescenza è quell'assurdità brufolosa di un corpo che esplode e diventa adulto in una mente ancora troppo inesperta e questo sconvolgente turbinio trasforma la vista della realtà in un caleidoscopio emotivo che non sa ancora che cosa mettere esattamente a fuoco.
Nel bene e nel male quegli anni, li ricordiamo tutti e spesso li rimpiangiamo; nel bene e nel male in quegli anni abbiamo deciso che cosa dovevamo fare, qualche volta siamo anche riusciti a decidere che cosa volevamo fare e fortunati quelli che hanno scelto giusto.
In quegli anni abbiamo anche scoperto i nostri corpi e i corpi altrui, sempre attraverso il caleidoscopio confuso e confusionario: per questo non può esistere un racconto dell'adolescenza che non narri anche delle pulsioni e del percorso sessuale.
Questo è un romanzo che, nella sua brevità, racconta una storia giovanile di come ce ne sono sicuramente tantissime simili e racconta le amicizie e gli amori acerbi, aspetti fondamentali della crescita; racconta le stupidaggini, ma anche le prime riflessioni di chi deve crescere e non sa se vuole farlo e non sa cosa gli aspetta dopo, volente o nolente; racconta inoltre le pulsioni e la sessualità che deve crescere attraverso quel caleidoscopio confuso.
Il racconto termina con la consapevolezza del raggiungimento della maturità in tutti i suoi significati, ma il finale è una scelta più o meno autobiografica; poteva esserci un altro finale e non avrebbe cambiato il senso e lo scopo di questo romanzo, non avrebbe cambiato ciò che, probabilmente, tutti pensiamo: che l'adolescenza è un pezzo determinante del nostro cammino esistenziale, la madre di ciò che siamo e saremo, più o meno, per sempre.
Il romanzo è interamente frutto della fantasia dell'autore: ogni riferimento a persone realmente esistite o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.
Per alcuni contenuti, la lettura non è adatta ai minori.
Dedico questo romanzo a mia figlia Maria Elena affinché possa un giorno, fra non molto, utilizzarlo per fare le scelte migliori.
L'autore
I
Settembre era arrivato.
Non serviva il calendario o il bugiardino per saperlo: si capiva dalla luce crepuscolare che giungeva inaspettata dietro le colline tinte di magiche sfumature, dalla lieve brezza che anticipava il desinare, dal ritorno inesorabile della fretta e della smania che Dennis coglieva infastidito nei frastuoni della piccola città, nei fari prematuramente accesi delle auto in coda, nell'umore nervoso della gente che cancellavano la quiete di qualche giorno prima.
Anche quest'anno, Dennis aveva trascorso l'estate in città: ormai ci era abituato, al punto da farsela piacere.
Fosse stato un bimbo, quel bimbo che era nell'età della scuola elementare, avrebbe pianto pensando al mare e a Deiva e a Samantha, la sua prima fidanzatina di dieci anni.
Ma ora era un diciassettenne e una strana curiosità lo aveva negli anni portato a voler scoprire tutti i dettagli della sua città deserta e assolata nel mese di Agosto: aveva quasi imparato ad amarla, almeno i luoghi, non le persone.
Perché la sua era una piccola città di provincia, dov'era nato da genitori di altrove: un borgo ibrido tra la pianura e la collina, tra le fabbriche e i vigneti, troppo lontano dal mare e dai monti, cacciato lì in un crocevia di piccole culture delle quali la gente era riuscita a far propri soprattutto i difetti; un po' torinesi, vagamente genovesi, poco emiliani e molto milanesi, i compaesani di Dennis vivevano di apparenza, bei vestiti e grandi auto e i loro cognomi nel puntuale elenco dei protesti cambiari
pubblicato dal giornale locale.
Dennis non capiva e all'inizio provò anche vergogna, a volte dolore, per non riuscire ad essere del branco, di un qualsiasi branco.
Alla fine, pur nella sua acerba età, si era rassegnato e aveva scelto la cosa più inappropriata per un adolescente: la solitudine.
Era una solitudine fatta di libri, di film, di musica e di natura, quella poca che riusciva a cogliere appena fuori dai palazzi grigi di una periferia qualsiasi, come ce ne sono tante.
Sì, con qualche ragazzina, ci era uscito: un po' di bacetti, la scoperta di corpi immaturi, tracce quasi insignificanti, forse solo prove della propria capacità di stare insieme ad un suo simile dell'altro sesso.
Si trattava di tentativi fiacchi: per lui che leggeva Le affinità elettive
di Goethe, avevano poca importanza le serate al fast food e duravano poco, quelle piccole storie di saliva.
Dennis, così, divenne per i coetanei quello un po' strano
; ma carino, simpatico e intelligente, aveva sempre più o meno qualcuna che si sarebbe lasciata andare ad una confidenza corporea.
Quella sera di settembre, mentre il sole iniziava a declinare, interruppe la lettura, chiuse il romanzo dopo aver fatto un'orecchia sul segno e lasciò la solita panchina di un giardino nascosto della città.
Si accese una sigaretta, sapeva che era sbagliato ma ormai aveva preso il vizio, tirò forte e raggiunse casa.
Mamma, come sempre, aveva preparato la cena, abbondante per tutti, nonostante i soldi fossero pochi.
La tavola era apparecchiata, lo scroscio della doccia faceva capire che babbo era già tornato dal lavoro e il televisore, ancora in bianco e nero, teneva calma Camilla, la sorellina più piccola, con un cartone animato di Tom & Jerry.
Nessuno si accorse del suo arrivo.
Dennis accarezzò la testa bionda e riccioluta di sua sorella: Ciao, Cami
.
Ciao
rispose lei senza togliere lo sguardo dalle funambole rincorse tra gatto e topo.
Lui andò in cucina: sua madre stava spignattando quasi con affanno.
Vuoi una mano?
le chiese.
Oh,
rispose ciao, Dennis, non ti ho sentito entrare!
Ti do una mano?
insistette il ragazzo.
Sì, grazie, vai giù a prendere il vino, riempi il bottiglione
.
Vado
rispose Dennis e, prima di voltarsi, scrutò velocemente quella figura che tanto amava: era bella, mamma, nonostante il grembiule pieno di patacche che nascondeva un corpo esile e dolce, nonostante i capelli non fossero più quelli corvini di un tempo, nonostante quella ruga in più.
Ti voglio bene, ma'
disse Dennis.
Anch'io, piccolo,
rispose lei senza smettere di smanettare pentole e vettovaglie il bottiglione vuoto è sotto il lavandino
.
Lui lo prese, scese in cantina e lo riempì di liquido violaceo.
Tornò in cucina giusto in tempo: suo padre si era appena seduto a tavola e aspettava di essere servito.
Ciao, papà
.
Ciao, Dennis
rispose lui strappando un pezzo di miccone e versandosi il primo bicchiere.
Tutto bene al lavoro?
Ne parliamo dopo
disse l'uomo corpulento e affaticato: vestiva una barba incolta, quasi una grattugia che ricopriva la mascella, il mento forte e le ganasce pronunciate; più in basso le spalle enormi erano a stento trattenute da una camicia di flanella e la pancia dichiarava la sua obesità da cinquantenne.
Allora, è pronto?
disse alla moglie con tono severo.
Sì, amore, solo un attimo,
rispose lei scolando la pasta nel lavandino e tu, Dennis, chiama tua sorella
.
Il ragazzo tornò in sala: Cami, a tavola! È pronto!
No, lasciami in pace, voglio vedere i cartoni
si oppose la piccola.
Come vuoi, allora viene a prenderti papà
.
La bimba balzò dal divano e si affrettò a raggiungere la cucina.
Dennis sorrise.
La solita pastasciutta: il rosso del pomodoro ungeva la barba ruvida del babbo che aveva iniziato a divorarla.
Dennis, invece, la mangiò senza fretta.
Camilla tirò fuori un altro capriccio: Non la voglio!
urlò.
Mangia
ordinò il padre senza alzare la voce e lei ubbidì.
Il bottiglione si svuotava a una velocità incredibile.
Mamma assaggiò due spaghetti in piedi, intenta a preparare il secondo; a cena terminata, il caffè in tavola, finalmente si sedette insieme agli altri e Dennis capì: c'era qualcosa di importante da sapere.
Il babbo si accese una sigaretta e poi cominciò, fissando soprattutto Dennis, sapeva che il più duro da convincere sarebbe stato lui: Allora, ci sono dei problemi
.
Quali problemi, papà?
chiese il ragazzo.
Se mi fai parlare! Stanno mettendo in cassa integrazione un po' di persone giù in fabbrica...
Papà, ma tu sei bravo, non ti licenzieranno
.
No, non lo faranno,
continuò l'uomo ma mi hanno chiesto di andare a lavorare in un altro stabilimento
.
Beh,
disse Dennis puoi dire di no
.
Il padre