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E-book311 pagine3 ore

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In un mondo sempre più veloce e interconnesso, anche le malattie virali si trasmettono con una aggressività maggiore che nei secoli precedenti. Alcuni esempi? L’epidemia di “Spagnola” agli inizi del ‘900, l’H1N1, l’HIV, la SARS e la più recente Ebola. #PandemIT racconta di una diversa ma non meno pericolosa pandemia che parte da un virus informatico, si diffonde attraverso i social media e si trasmette all’uomo. Fantascienza? No. La storia di Ned, don Carlo, Tommaso, Myriam, Natan e Diana è la trasposizione in forma romanzata di quello che è già possibile o che forse è già successo. Le avventure dei protagonisti iniziano sulle nostre bellissime Dolomiti e si sviluppano poi tra gli Stati Uniti e l’Australia. Il libro contiene anche una serie di appendici di approfondimento, realizzate insieme all’Associazione “Icaro ce l’ha fatta! ONLUS”. I temi trattati sono rivolti a chiunque utilizzi Internet, ma in particolare a genitori e ragazzi, per usare più consapevolmente quella risorsa meravigliosa ed esplosiva che è il World Wide Web e il mondo dei Social Media. In particolare oggi nessun educatore o genitore può permettersi di ignorare il mondo ricchissimo e caleidoscopico del World Wide Web, così fondamentale nella vita dei ragazzi. Così come non è possibile ignorare i rischi della condivisione dei propri dati e delle informazioni personali, soprattutto se non vi è una consapevolezza di base su cosa sia saggio fare o non fare. I ragazzi (e questo è espresso anche nelle appendici dell’Associazione Icaro) vorrebbero trovare nei genitori e negli educatori una guida. Purtroppo spesso chi dovrebbe “guidare” si rifugia dietro un: “i ragazzi ne sanno più di me, cosa posso dire sulle nuovo tecnologie?”. Così quando, prima che compiano i dieci anni – così dicono i dati raccolti nelle scuole dall’Associazione Icaro - regaleremo loro uno smartphone, pochi di noi si sentiranno in grado di dare anche i più semplici suggerimenti su come utilizzarlo. Ci sembrerà che la barriera tecnologica sia insormontabile, difficile da comprendere e ancor di più da spiegare a bambini che ne sanno già più di noi. Già, la tecnologia. Allora proviamo a chiederci: quanti di noi che si sentono in grado di aiutare i figli con la guida sono in grado di smontare e rimontare una macchina? Notate l’incongruenza? In un uomo, Voltaire dava più importanza alle domande che questo si pone rispetto alle risposte che questo è in grado di dare. All’interno del romanzo di risposte ne troverete poche, di spunti per riflettere invece molti. NOTA: i proventi derivanti dai diritti d’autore di questo libro saranno interamente devoluti all’Associazione “Icaro ce l’ha fatta! ONLUS” (www.associazioneicaro.org).
LinguaItaliano
Data di uscita20 dic 2015
ISBN9788869821646
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    Anteprima del libro

    #PandemIT - Giuliano Pozza

    POSTFAZIONE

    INTRODUZIONE

    In un mondo sempre più veloce e interconnesso, anche le malattie virali si trasmettono con una aggressività maggiore che nei secoli precedenti. Alcuni esempi? L’epidemia di Spagnola agli inizi del ‘900, l’H1N1, l’HIV, la SARS e la più recente Ebola. #PandemIT racconta di una diversa ma non meno pericolosa pandemia che parte da un virus informatico, si diffonde attraverso i social media e si trasmette all’uomo. Fantascienza? No. La storia di Ned, don Carlo, Tommaso, Myriam, Natan e Diana è la trasposizione in forma romanzata di quello che è già possibile o che forse è già successo. Il libro contiene anche una serie di appendici di approfondimento, realizzate insieme all’Associazione Icaro ce l’ha fatta! ONLUS. I temi trattati sono rivolti a chiunque utilizzi Internet, ma in particolare a genitori e ragazzi, per usare più consapevolmente quella risorsa meravigliosa ed esplosiva che è il World Wide Web e il mondo dei Social Media.

    NOTA: i proventi derivanti dai diritti d’autore di questo libro saranno interamente devoluti all’Associazione Icaro ce l’ha fatta! ONLUS.

    (www.associazioneicaro.org).

    PREFAZIONE DI G. POZZA

        Ho pensato parecchio, durante la stesura del libro, a cosa scrivere nell’introduzione. Avrei voluto fare un’introduzione particolarmente originale, qualcosa di non convenzionale e interessante, per mostrare al lettore che vale la pena di andare avanti a leggere il resto del libro. Invece, a costo di perdere qualche lettore, farò una cosa assolutamente poco originale ma che sento dal profondo: vorrei partire ringraziando la mia famiglia. Una famiglia con due figli adolescenti e una bimba che fra poco sarà preadolescente e che quindi, anche solo per il fatto di essere così composta, mi ha dato innumerevoli spunti di riflessione per il libro e oltre. In realtà c’è molto di più di questo.

        Partiamo dai figli. Ebbene sì, come disse il compianto Robin Williams in Mrs. Doubtfire, io sono prole-dipendente. Martino, il più grande, ha appena fatto la patente ed è ormai più un giovane uomo che un adolescente. Un ragazzo speciale da molti punti di vista, come anche la sua carta di identità denuncia: un italiano nato a Dasmariñas! La sua adolescenza la definirei normale, con punte di burrasca, anche se non sono mancati i momenti toccanti. Ricordo quando, dopo una lite furibonda con me e mia moglie, ci trovò qualche ora dopo che discutevamo su come passare la serata del nostro anniversario di nozze il giorno dopo. Eravamo in dubbio se uscire a cena e lasciare il castello sguarnito oppure no. Martino ci disse con faccia seria e un po’ minacciosa: Non vi preoccupate, ci penso io. Ci fidammo, anche se non senza qualche preoccupazione visto il clima di quei giorni. Il giorno dopo Martino ci sorprese preparandoci una indimenticabile cena al lume di candela per festeggiare l’anniversario, con Federico che serviva al tavolo per la prima volta da anni vestito decentemente e Martino che cucinava insieme a nostro nipote Samuele. L’energia e il senso critico di Martino mi hanno dato più volte spunti di riflessione e di azione. Nello specifico di questo libro, non posso non pensare alla gita sul Legnone che abbiamo fatto insieme quest’estate. Erano anni che volevo andarci, dissi, e Martino si organizzò in modo da poterci raggiungere a Dervio e poi salire insieme sulla cima! Abbiamo parlato per ore di lavoro, economia, di società, ma soprattutto di adolescenti e social media. Le sue riflessioni mi hanno aperto uno squarcio in un mondo che intuivo solo dall’esterno. So che il suo senso critico lo porterà probabilmente a trovare tante cose che non condivide in questo libro, ma il suo feedback sarà sempre per me prezioso e ne farò tesoro per la prossima edizione!

        Il secondo figlio è Federico, o come spesso lo abbiamo chiamato, l’uomo dal pensiero laterale. La sua capacità di vedere le cose da angolature non convenzionali è leggendaria in famiglia. Spesso questo ha dei risvolti umoristici irresistibili, altre volte una profondità insospettata. Potrei pubblicare un libro sulle frasi o gli episodi celebri dell’infanzia di Federico (ma gli altri genitori mi farebbero probabilmente arrestare per istigazione a delinquere). Ricordo qui solo una frase che mi ha regalato alla fine di questa piovosa estate. In macchina, mentre lo scarrozzavo a un appuntamento con i suoi amici, mi disse: Secondo me la parte bella per voi genitori è quando un figlio arriva a 14-15 anni come me, che potete parlarci e non solo cambiargli i pannolini o pulire il suo vomito! Ci ho riso tanto, così come molti a cui l’ho raccontata, perché a quasi tutti i genitori che hanno figli adolescenti e che sentono questa frase passano davanti come un film tante scene tenere dell’infanzia dei propri figli (Federico, ti assicuro, non c’erano solo vomito e pannolini) e tante scene burrascose dell’adolescenza degli stessi. Eppure sì, riflettendoci credo proprio che in una qualche misura Federico abbia ragione. A 14-15 anni succede qualcosa, il figlio ti scappa di mano e perdi il controllo (che forse non hai mai avuto), ma è giusto che sia così, perché non hai più davanti solo un bambino ma un giovane uomo. Una persona che ragiona con la sua testa, che vuole fare i suoi errori, che ti si oppone a volte per partito preso ma con cui spesso puoi ragionare, che ti sorprende molto di più di un bambino, insomma che ti costringe a uscire dalle tue certezze. Questo credo sia il più bel regalo che un genitore possa ricevere dai suoi figli.

        Infine c’è Letizia, detta anche Principessa Occhineri. Anche su Letizia potrei pubblicare un libro, sulla sua storia bellissima e sulla gioia che ci ha portato. Letizia ha rafforzato il nostro legame con l’Oriente. Anzi, a dirla tutta, Letizia ha portato nella nostra famiglia un Oriente molto speciale perché mescolato con la freschezza, la mimica, la gestualità e la simpatia della Puglia, che ha preso dalla mamma Patrizia. Le auguro di conservare sempre la sua voglia di vivere, il suo perenne cinguettare e la sua freschezza di ora. E spero che conservi anche il suo talento culinario: i suoi dolci sono una delle sorprese più belle la sera quando rientro a casa! Letizia ancora non è un’utente dei social network, ma recentemente mi ha chiesto con impazienza quando potrà avere un proprio sito, oppure un canale YouTube o per lo meno un blog! L’ho delusa dicendole che ne parleremo in terza media e per ora ha accettato la cosa, ma il fatto interessante è che solo pochi anni fa gli altri figli alla sua età mi chiedevano il cellulare, lei mi chiede la presenza sui social (oltre allo smartphone naturalmente).

       Last but not least, come dicono in Brianza, vorrei ringraziare mia moglie Patrizia. Mi ha veramente toccato vedere come, in un momento non facile della sua vita, sia riuscita a essermi vicino in quest’avventura, correggendomi con grande attenzione e con matita rossa inflessibile le prime bozze del manoscritto, ma soprattutto incoraggiandomi e condividendo con me i suoi pensieri sui temi trattati. Più andiamo avanti e più mi rendo conto che la amo ora più che mai, senza sconti e senza condizioni, anche nelle difficoltà della vita che abbiamo affrontato e affronteremo insieme.

        Estendendo i ringraziamenti alla famiglia allargata, non posso non citare Samuele e Silvia, mio nipote e la sua ragazza. Entrambi laureati in lettere, ma con una vocazione da editor professionista secondo me fortissima! Hanno letto la prima bozza del romanzo e a mio parere hanno contribuito in modo sostanziale a correggere alcune lacune, limitazioni ed errori. Lo confesso, quando ho visto le 34 pagine di commenti e suggerimenti sulla trama e sulla forma di Samuele e le 722 note puntuali sul testo di Silvia, mi sono messo le mani nei capelli (metaforicamente parlando). Poi ho letto attentamente il loro lavoro e mi sono reso subito conto del valore delle loro revisioni. Ho tolto le mani dai capelli e le ho messe sulla tastiera. Ho lavorato a testa bassa per due settimane, ma credo che la versione che state leggendo sia decisamente migliore della prima bozza. Ho recepito quasi la totalità dei loro suggerimenti, ovviamente nei limiti delle mie personali caratteristiche e capacità. Ricordo solo, a parziale discolpa, che sono uno scrittore per sbaglio e che nella vita faccio l’ingegnere, quindi la cosa più discorsiva che mi trovo a scrivere di solito è una relazione sulle strategie di Business Continuity e Disaster Recovery, o sul modello di Governance dei Sistemi Informativi. Ci disegnano così. Non posso non ringraziare anche il gruppo dei primi lettori, tra cui l’immancabile Luciano Bray, che mi hanno dato feedback preziosi e un altrettanto prezioso incoraggiamento.

        Ma veniamo ora al contenuto specifico del libro. Da tempo mi frullava in mente l’idea di scrivere un libro sui social media, utilizzando lo stesso approccio non convenzionale che ho adottato per The Fifth Domain: un libro che fosse un romanzo e un testo di approfondimento insieme, che si leggesse come un thriller ma che facesse riflettere come un saggio. Non so se ci sono riuscito, probabilmente molti più bravi di me potranno fare meglio in seguito, ma fino ad ora non ho trovato nulla di questo tipo nelle tante librerie fisiche e on-line che frequento e quindi ho deciso di provarci. In particolare, credo che il tema dei social media sia di una attualità bruciante, sia a livello personale che globale. È stato di recente pubblicato un interessante libro, Using Social Media for Global Security di R. Gupta e H. Brooks, che nell’introduzione dice: Mentre scriviamo, siamo nel Far West selvaggio dell’uso dei social media. Attenzione che questa situazione non durerà per molto: adattatevi e siate creativi [nell’uso dei social media per scopi etici], perché i «cattivi» certamente lo faranno. Ecco, credo che i social media siano, per impatto sociale e pervasività, un esempio chiarissimo delle contraddizioni della tecnologia. Sono un bioingegnere e lavoro nell’informatica con entusiasmo ormai da 20 anni, quindi dovrebbe essere chiaro che credo nella tecnologia. Da quanto ho scritto nella prima parte dell’introduzione sulla mia famiglia, credo sia altrettanto chiaro che credo nei ragazzi e negli adolescenti! Penso che la tecnologia possa aiutarci enormemente (e già lo fa, non serve elencarne i meriti qui) e che gli adolescenti di oggi abbiano, insieme talvolta a una fragile confusione, un’energia e una freschezza che cambierà il mondo. Tuttavia ritengo che la tecnologia non governata, sia a livello personale che aziendale e sociale, possa essere molto pericolosa. Questo vale in particolare in quell’età fantastica ma complessa che è l’adolescenza. La mia esperienza mi dice che un pre-requisito perché ci sia un governo consapevole degli strumenti, è che ci sia appunto una consapevolezza. Questo libro vuole essere un piccolo passo verso una maggiore consapevolezza di genitori e adolescenti verso un tema, quello dei social media, che è diventato ormai uno degli ingredienti base della vita di ciascuno di noi. Nessuno che abbia una vita sociale può sottrarvisi. L’ho capito quando, qualche settimana fa, mia moglie (che ha sempre utilizzato un vecchio cellulare a caratteri e si è sempre vantata di essere immune dalle vostre fisime tecnologiche) mi ha chiesto un po’ imbarazzata un cellulare su cui poter usare Whatsapp! Nella sua cerchia sociale è diventato uno strumento così comune che non averlo diventa un fattore di esclusione. Purtroppo spesso noi adulti, di fronte alla complessità, ci rifugiamo in posizioni stereotipate. Vale per la tecnologia o per il rapporto con gli adolescenti, fa lo stesso. È il momento di uscire dai nostri pregiudizi (e lo dico anche a me stesso come genitore) e di confrontarci in modo onesto soprattutto con i ragazzi su temi che sono in primis di relazione e di comunicazione e solo in seconda battuta di tecnologia.

        Su questo tema credo che l’Associazione Icaro ce l’ha fatta! ONLUS stia facendo un lavoro stupendo. Me ne avevano parlato in diversi, poi ho assistito a una loro conferenza e li ho conosciuti. Corrado, Steve, Michele: se non ci foste bisognerebbe inventarvi! Dal primo incontro in pizzeria, durante una pausa pranzo rubata al caos quotidiano quando vi ho proposto di lavorare insieme al libro, alle serate in cui abbiamo discusso dei temi trattati nel libro e di molto altro, mi avete aperto un mondo! Un grazie in particolare al Presidente, Corrado Lonati, senza il quale non avrei mai scritto questo libro. Il suo incoraggiamento è stato fondamentale, così come le sue revisioni puntuali da esperto di sicurezza informatica e di adolescenti insieme. Inoltre, il materiale che l’Associazione mi ha fornito per le appendici è, a mio parere, un condensato di saggezza utile per i ragazzi ma soprattutto per i genitori. Consiglio a ogni genitore di leggere attentamente le appendici del libro e di farne oggetto di confronto con i propri figli. Sul sito dell’Associazione Icaro ce l’ha fatta! ONLUS (www.associazioneicaro.org) potete trovare tanto altro materiale aggiornato da utilizzare. Per i genitori, propongo un semplice test: partite leggendo il Glossario alla fine del libro. Sono tutti termini che i vostri figli adolescenti conoscono e usano. Quanti ne conoscete voi? Se ne padroneggiate la metà o meno, probabilmente avete bisogno di colmare un gap di conoscenza e linguistico prima di comunicare con loro in modo efficace. Se li conoscete tutti o quasi, forse siete pronti per comunicare con loro sul tema dei social media a partire da una lingua comune. In entrambi i casi, spero #PandemIT vi aiuti a riflettere sul mondo dei social e degli adolescenti e a stabilire un link empatico con i ragazzi con cui condividete la splendida avventura dell’adolescenza.

        Non dico di più perché altrimenti l’introduzione rischia di diventare più lunga del libro! Buona lettura e… aspetto di ricevere i vostri feedback al mio indirizzo e-mail:

    giuliano.pozza@gmail.com

    PREFAZIONE DI C. LONATI (PRESIDENTE DELL’ ASSOCIAZIONE ICARO CE L’HA FATTA! ONLUS)

    In questi anni di lavoro con Icaro ce l’ha Fatta! non ho ancora trovato una risposta semplice per chi mi chiede – e capita spesso - perché io dedichi il mio tempo all’Associazione. In realtà i motivi sarebbero molti e, alla fine, mi capita sempre di provare a raccontarli tutti riuscendo a far pentire le persone di avermi fatto la domanda.

    Qui però mi sembra importante dirne almeno uno, ovvero che il volontariato mi permette di incontrare ogni giorno persone come Giuliano. È in lui, e nelle persone come lui, che la nostra ONLUS trova conferma di essere sulla buona strada e che stiamo veramente facendo qualcosa di buono. La sua voglia di mettere il proprio talento a supporto dell’Associazione (a proposito, leggete la sua storia, ne vale davvero la pena) è stata una delle tante gratificazioni che abbiamo raccolto in questi anni. È il segnale dato da un genitore che si vuole mettere in gioco, che non accetta di mettersi da parte e che non permette alla tecnologia di estraniarlo dal mondo dei propri figli. Ancora, è il segnale di un genitore che vuole fare il genitore e rifiuta di avvicinarsi ai suoi ragazzi copiando l’uso che questi fanno della tecnologia. Per capirci, Giuliano se è in cucina non risponde uozzappando al messaggio del figlio che sta nella sua cameretta a due porte di distanza ma lo chiama e ci parla direttamente. Magari si incontrano nel corridoio, in ogni caso si parlano a voce. In realtà, in tante altre famiglie, capita spesso il contrario. Più spesso di quanto immaginiate.

    Questo libro, a mio avviso, è il modo che Giuliano ha scelto per capire un po’ di più dove stia andando il mondo e cosa si possa fare per essere comunque e sempre a supporto della crescita dei propri figli. Che poi è uno dei messaggi della nostra ONLUS. Mi spiego meglio con un esempio. A diciotto anni, quando i nostri figli ci chiederanno di prendere la patente, tutti noi genitori gonfieremo il petto e saremo pronti a insegnare loro come si guida bene e a elencare puntualmente i pericoli cui dovranno stare attenti sulla strada. Quando invece, prima che compiano i dieci anni – così dicono i dati da noi raccolti nelle scuole - regaleremo loro uno smartphone, pochi di noi si sentiranno in grado di dare anche i più semplici suggerimenti su come utilizzarlo. Ci sembrerà che la barriera tecnologica sia insormontabile, difficile da comprendere e ancor di più da spiegare a bambini che ne sanno già più di noi. Già, la tecnologia. Allora provo a chiedere: quanti di voi che si sentono in grado di aiutare i figli con la guida sono in grado di smontare e rimontare una macchina? Notate l’incongruenza?

    I nostri ragazzi invece sono estremamente coerenti nel loro comportamento e la tecnologia non fa loro paura, anzi. Vi sarà capitato di incontrare un bambino al ristorante, seduto nel seggiolone o sopra un’improbabile pila di cuscini. Guardatelo: allarga le dita sullo schermo per ingrandire le immagini, tocca l’icona per aprire il gioco che gli interessa, scorre la mano per passare da una pagina all’altra: la cosa più naturale del mondo. Lo smartphone, il tablet, la smartTV, sono le automobili con cui i nostri figli sfrecciano a mille all’ora sull’autostrada del WEB, ma non c’è nessuna scuola guida che dica loro come si guidano bene questi strumenti. Come la maggior parte delle autostrade, anche Internet ci può portare in posti nuovi e bellissimi, prima irraggiungibili. Come tutte le strade ad alta velocità, però, anche il web richiede che si faccia attenzione ai pericoli e ai rischi. Là si chiamano alta velocità, nebbia, ghiaccio, imprudenze, colpi di sonno. Qui si chiamano cyber bullismo, adescamento on-line, cyber crime, gestione dell’identità digitale, dipendenza patologica dal web, gioco d’azzardo on-line e digital divide sociale. Come nell’autostrada reale anche nell’autostrada digitale tutti noi, adulti e ragazzi, facciamo errori a causa delle nostre debolezze, o perché siamo convinti che gli incidenti possano capitare solo agli altri, o perché ci convinciamo che per una volta non succede mica nulla, o perché pensiamo di essere più bravi degli altri, o anche solo perché vogliamo far veder al mondo quanto siamo fighi. Ecco perché mi piace molto #PandemIT, perché è un libro sulla tecnologia usata male in cui le vittime sono vittime delle loro debolezze prima che della tecnologia.

    Intanto i nostri ragazzi corrono, corrono e non ci aspettano. Loro stessi, in questi anni passati insieme in aula o all’oratorio, o nei centri sociali, hanno insegnato ai volontari di Icaro che la tecnologia per loro è trasparente. Noi siamo preoccupati di non saper spiegare cosa c’è dietro allo screen ma a loro di fatto interessa poco. Per loro la tecnologia è solo lo schermo nero su cui digitano costantemente: in metropolitana, a tavola, in bagno, sul divano mentre guardano la tele, a scuola mettendo le mani nell’astuccio per nascondersi dai professori. Non importa come funzioni la tecnologia, importa invece imparare dagli amici come usarla e copiarne i comportamenti senza farsi troppe domande. Così. Semplice. D’altra parte se le domande non se le fanno i genitori, perché mai se le dovrebbero fare loro? Ecco un altro motivo per cui vale la pena

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