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Aria Acqua Terra Fuoco. Storie vere di uomini, donne, alberi, animali
Aria Acqua Terra Fuoco. Storie vere di uomini, donne, alberi, animali
Aria Acqua Terra Fuoco. Storie vere di uomini, donne, alberi, animali
E-book108 pagine1 ora

Aria Acqua Terra Fuoco. Storie vere di uomini, donne, alberi, animali

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Info su questo ebook

È questa una raccolta di racconti “di confine”. In equilibrio tra l’immaginazione e la scienza, tra il passato e il futuro, tra la tragedia e l’ironia. I protagonisti sono alberi solitari e intere foreste, uomini e donne, madri, bambini, ragazzi che studiano e viaggiano nel tempo. Uomini non della specie homo sapiens. Ci sono cani, gatti, dinosauri, l’acqua e l’aria e persino esseri magici. Sono racconti scritti per il futuro, perché finalmente l’umanità si occupi della Terra e la difenda invece di sfruttarla. Sono racconti per tutti, ma soprattutto per i giovani, perché chiedano di vivere in un mondo come si deve: né troppo freddo, né troppo caldo.

Ogni racconto è accompagnato una scheda scientifica e informativa. Perché a noi piace la contaminazione dei generi, non quella dell’aria.

Le immagini sono a cura di Francesca Musolino
LinguaItaliano
Data di uscita7 dic 2015
ISBN9788892527102
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    Anteprima del libro

    Aria Acqua Terra Fuoco. Storie vere di uomini, donne, alberi, animali - Paolo Ferrante

    Maria Rosa Panté, Paolo Ferrante

    Aria Acqua Terra Fuoco. Storie vere di uomini, donne, alberi, animali

    UUID: 5fd0fb32-9da4-11e5-b010-119a1b5d0361

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

    ARIA ACQUA TERRA FUOCO: AUTORI

    Acqua, acque

    SCHEDA - L’acqua dolce sulla Terra nel 2050

    1116.

    SCHEDA - L’isola di Tikopia e il controllo demografico

    Apologia immaginaria di un genocida

    SCHEDA - La Tasmania e i tasmaniani

    Ultimi

    SCHEDA – L’isola di Pasqua

    La preistoria non si fa con i se...

    SCHEDA – Gli uomini di Neanderthal

    Il villaggio dei mostri

    SCHEDA – La lenta Hiroshima indiana

    Giocattoli

    SCHEDA – Le mine antiuomo

    Un coro di Natale

    17 febbraio Giornata mondiale del Gatto

    SCHEDA – La domesticazione del gatto

    Lo Hobbit

    SCHEDA – Homo floresiensis

    Una favola semiseria

    Una questione di frecce

    SCHEDA – La gente di Clovis

    Cavalli

    Domani

    ARIA ACQUA TERRA FUOCO: AUTORI

    ARIA ACQUA TERRA FUOCO 

    Storie vere di uomini, donne, alberi, animali

    Racconti di Maria Rosa Panté

    Schede di approfondimento di Paolo Ferrante

    Illustrazioni di Francesca Musolino

    Maria Rosa Panté vive in provincia di Vercelli, è insegnante bibliotecaria, ha pubblicato poesie, racconti e un romanzo umoristico. Scrive sulle riviste online Gaianews.it, Persona&Danno, Griseldaonline. Scrive per il teatro, ha collaborato a varie edizioni della rassegna Teatro e Scienza di Maria Rosa Menzio. Col monologo Maria Gaetana Agnesi, scienziata di Dio ha vinto il premio Città di Trieste.

    Da anni collabora alla scrittura dei monologhi di Lucilla Giagnoni: Big Bang, Apocalisse, Ecce Homo, Pacem in Terris.

    Per Lucilla Giagnoni ha scritto anche i monologhi: Casorati: arte e scienza e Teresa d’Avila.

    Paolo Ferrante è ingegnere informatico nonchè giornalista pubblicista da diversi anni. Ha fondato e dirige la rivista online Gaianews.it e si interessa di divulgazione scientifica. Vive a Zurigo, in Svizzera, da qualche tempo.

    Francesca Musolino, vive in provincia di Vercelli, dopo l’Accademia di Belle Arti Brera, si è dedicata all’attività di restauro e all’insegnamento, oltre a una costante produzione pittorica.

    Acqua, acque

    La terra è riarsa, secca, si solleva nell'aria quando il vento arriva dal mare. Talvolta lo scirocco porta la sabbia del deserto. Strisce rosse affaticano il cielo e i respiri. L'isola è calda e secca.

    Affacciati sul mare, come giardini pensili, stanno i monti e, sui monti, i boschi. L'isola è verdeggiante.

    L'isola vive di contrasti e di bellezza pura e terribile. L'isola è la Sicilia.

    Siamo negli ani '40, c'è la guerra, la spaventosa seconda guerra mondiale. A casa sono restate le donne e, degli uomini, i vecchi e i bambini.

    La terra è tanta, le donne zappano come uomini e i bambini non sono più bambini, sono braccia da lavoro.

    Quella notte per il bambino, che si chiama Francesco, il risveglio è quasi violento, ma pieno di attese e curiosità, per la prima volta tocca uscire anche a lui.

    Francesco è magrissimo, ha capelli neri, diritti sulla testa e occhi scuri, arabi, vivissimi, pieni di intelligenza e fuoco. È piccolo, nervoso, forte per la sua età.

    Nel cuore della notte tutta la famiglia si prepara, Francesco ha dieci anni, restano a casa solo la madre e i fratellini più piccoli. Lui e il padre sono gli unici maschi: un bambino e un uomo ormai anziano. Almeno, loro non vanno alla guerra.

    Questa è la notte giusta per abbeverare i campi. Abbeverare è una parola bella, evoca gole aride che si dissetano, così come fanno le zolle. Abbeverare si dice degli animali, però Francesco lo dice della terra, che è cosa viva e animata anche lei.

    Ma perché una veglia tanto disumana per un bambino? Perché l'acqua c'è in Sicilia, ma è nei pozzi, è profonda. Si abbevera di notte quando gli altri dormono e nessuno tira l'acqua e così si fa prima e ne sgorga di più.

    Si abbevera di notte, a Francesco lo zampillare dell'acqua dai pozzi, la terra che veloce assorbe la frescura dell'acqua sono rimasti nel cuore. Anche la notte, alta sulla sua testa di bambino, nella campagna quieta, silenziosa, lontana dalla guerra. Tutto è rimasto nel cuore del bambino, anche la stanchezza e gli occhi che si chiudono, perché un bambino ha diritto al suo sonno. Ma la terra ha diritto alla sua acqua e la terra viene prima di tutto. E la notte è fresca e fa sognare.

    Perché l'acqua in Sicilia c'è.

    Così, molti anni dopo, continua ripetermi il bambino Francesco, che è cresciuto ed è mio padre. La Sicilia è ricca d'acqua.

    E io non posso scordare il letto del torrente davanti alla casa dei miei zii.

    Un corridoio di terra secca, stretto tra due muri pieni di buche, di falle e nel corridoio il letto del torrente: pietre e terra, poi i pollai delle famiglie, qualche timido orto. Maestosi i fichi d'India, irsuti.

    Io e mia cugina grande varcavamo un porticina aperta nell'argine del torrente e camminavamo in mezzo al letto del fiume, fino all'angolo dove stava il pollaio. Ero stupefatta: che razza di luogo era mai quello? Ma adoravo mia cugina e mi piaceva vedere il pastone mangiato dalle galline.

    Così dimenticavo dove mi trovavo.

    Ma poi venne una pioggia più violenta del consueto, le piogge torrenziali della Sicilia, il muro d'acqua, che blocca le auto, e il torrente che sale e l'acqua che esce dalle falle e gli orti portati dalla violenza della corrente al mare e le galline. Ancora oggi non so: che fine facevano le povere galline?

    Non ho mai osato chiederlo.

    L'acqua, dove abitava mia madre, invece era tanta. La casa di mia madre si specchiava nelle risaie. All'altro capo dell'Italia, nelle pianure quasi al confine tra Piemonte e Lombardia, l'acqua era tanta, il riso vi cresceva, debitamente pulito, mondato, appunto, dalle mondine.

    Delle mondine si parla nei libri, nei film, sono figure scomparse, ora ci son le macchine a pulire il riso. Le mondine, donne coi piedi nell'acqua e chine sotto il sole, sono entrate nella storia. Almeno in Italia, almeno per ora...

    Era loro proibito di parlare, c'erano i capi a controllare e a sbirciare le gambe delle più belle. Altra violenza, non c'è dubbio. Era quasi una schiavitù, anzi era una vera schiavitù. Per parlarsi cantavano ché cantare non è mai stato proibito nemmeno tra gli schiavi neri, chini a raccogliere il cotone.

    Le donne coi piedi a mollo nell'acqua impura del riso, dove guizzavano gli animaletti della palude, dove alloggiavano gli insetti, le donne chine sotto il sole, sul riso: erano le mondine, dai larghi cappelli e le gonne sollevate per non bagnarne i lembi.

    Un lavoro che ti sfianca, che t'ammazza, che ti accorcia la vita. Ma forse no, la madre di mia madre fece la mondina una sola volta, ma morì presto. Sua sorella, la zia di mia madre, invece fece la mondina per molti anni e campò curva e rinsecchita fino a tarda età.

    Un lavoro, i piedi nell'acqua putrida, nel caldo afoso e sotto il sole, che non sappiamo immaginare. Mia nonna lo fece per un solo raccolto, che mio nonno era disoccupato, per via della guerra. Non aveva voluto mai

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