Come, perché e comunque sia: Storie e filastrocche davanti al camino
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Info su questo ebook
Sono i brillanti, imprevedibili, simpatici protagonisti dei racconti e delle filastrocche di Alessandro Bencini.
L’importanza della memoria, il valore della diversità, l’amicizia, la solidarietà tra fratelli, molte le tematiche affrontate dall’Autore con l’obiettivo di contribuire a stimolare nel giovane Lettore la curiosità e il confronto.
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Anteprima del libro
Come, perché e comunque sia - Alessandro Bencini
Una storia memorabile
Sabato 24 dicembre 1943, mattina
Ricordo ancora il freddo di quella giornata d’inverno.
Eravamo io, la nonna e tutti i parenti nella grande aia davanti a casa. Ci avevano raccolti come si faceva con le bestie nei giorni di festa prima di andare in corteo verso il paese.
Ma quel giorno non era festa. Stavamo lì invece che nei campi a fare le nostre bricciche di tutti i giorni, perché qualcuno era scappato. Facevano così quegli uomini che non parlavano la nostra lingua. Io non capivo niente delle cose che urlavano nei miei orecchi già sordi per il freddo dell’inverno e per l’umido dell’autunno.
La campagna è bella ma la terra è bassa. Non è amica del popolo.
Su una pagina ingiallita di una piccola agenda dalla copertina nera si leggevano queste parole semplici, scritte con la mano indecisa di un bambino alle prime armi. Si trovava dentro una scatola di latta dai disegni antichi raffiguranti ragazzi senza schermi da osservare e con cose da sognare. La vecchia casa dei nonni, da tempo disabitata, l’aveva custodita in un’intercapedine del muro, protetta da un mattone mobile, poco sopra la porta di accesso alla grande sala da pranzo.
Dopo tanti anni, avevo sentito il bisogno di entrare in quell’edificio ricco di ricordi e di storie, quelle della mia infanzia.
Salendo le grandi scale esterne che abbracciavano la facciata della casa, davanti al fienile che delimitava la grande aia dove un tempo scorrazzavano liberamente polli, galline e i sogni delle persone che in quel posto avevano abitato, mi fermai al portone. Era socchiuso, non sapevo a chi appartenesse in quel momento l’edificio, ma era così grande il desiderio di entrare che non esitai un attimo di più. Sapevo dove trovare quello che cercavo. La scatola con l’agenda era sempre al proprio posto, dietro quel mattone descritto tante volte dal nonno e dalla nonna nei racconti della sera quando fuori fa freddo e i genitori tardano a rientrare. Un tesoro custodito in quella casa, così bene che neppure gli anni e i numerosi padroni avevano potuto scovarlo.
Stavamo zitti e fermi, circondati da uomini in divisa grigia con un’aquila grande sopra il taschino.
Noi contadini non s’era studiato. Si parlava poco l’italiano figuriamoci una lingua sentita solo qualche volta ascoltando la radio del priore. Ricordo le parole asciutte come il caldo di agosto e i finali secchi e violenti come la pallottola del cacciatore.
Tutti al centro dell’aia, umiliati. La gente della campagna tenuta a bada come