...e vissero per sempre tristi e depressi
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Anteprima del libro
...e vissero per sempre tristi e depressi - Massimo Pellacani
Raperonzolo
PREFAZIONE
Questa raccolta di racconti (ho troppo rispetto della vera letteratura per definirlo libro) è rivolta a tutti quei genitori che hanno letto favole ai propri figli e si sono chiesti almeno una volta: Ma possibile che nelle favole le mamme devono sempre morire? e perché i mariti rimasti vedovi si risposano puntualmente con delle vecchie arpie che si rivelano essere poi delle odiose matrigne?
.
Certamente apprezziamo tutti ciò che le favole sono in grado di insegnare ai nostri bimbi, visto che con brevi ed avvincenti (almeno per loro) storie essi dovrebbero imparare i valori importanti della vita: l’amore, l’amicizia, il senso della giustizia, il rispetto per la verità…
Ammettiamolo però: l’aspetto più utile per un genitore, nella maggior parte dei casi, sta nel fatto che la lettura di una favola alla sera concilia il sonno ai nostri figli, anche a quei piccoli diavoletti
che, dopo aver saltato per tutta casa, a mezzanotte ancora non ne vogliono sapere di andare a letto. E’ ovvio che in simili condizioni, la valenza formativa passa in secondo piano, anche perché il livello di attenzione di un genitore in quei momenti non può che rasentare lo zero. Tanto più che i bimbi hanno l’incredibile capacità di appassionarsi a storie che hanno ascoltato decine e decine di volte, per cui, quando un genitore attacca a leggere Cenerentola
per la venticinquesima volta in un mese, il cervello sviluppa un sistema di auto-difesa per evitare la distruzione completa delle cellule cerebrali!
A quel punto, mentre si legge la favola, può succedere che la nostra mente voli lontano verso altri pensieri, mentre gli occhi e la bocca continuano a lavorare per conto proprio, scollegati dal cervello… Oppure può accadere che la mente rifiuti l’assurdità delle situazioni descritte nella favola che si sta leggendo e cominci una sorta di analisi critica, derivante da un profondo senso di spossatezza, che sfocia spesso in vero e proprio odio verso i protagonisti delle fiabe stesse: un’analisi che porta a porsi tante domande del tipo: ma possibile che questo sia così cretino?
, ma questo che cacchio di nome è?
e via via di questo passo.
E’ proprio questa sorta di analisi critica che mi ha portato e riscrivere le favole più famose in una moderna chiave umoristica, un po’ cattiva (lo confesso, a volte anche un po’ sboccata
), che le rende molto più godibili per un pubblico adulto. Chiedo scusa fin d‘ora ai vari autori (Perrault, Andersen, i fratelli Grimm, ecc.) per aver manipolato indegnamente le loro opere e, anzi, li ringrazio vivamente per averci lasciato in eredità dei piccoli capolavori che stanno contribuendo alla crescita emotiva e intellettuale dei nostri figli (e a farli addormentare la sera!).
Mi permetto solo un’ultima annotazione, che spero non suoni come una predica: ovviamente questa raccolta non ha pretese di insegnare niente a nessuno, vuole solo essere l’occasione per portare un po’ di buon umore e un sorriso in chi la leggerà. Ma, sarò cinico o troppo legato alla filosofia leopardiana
, forse è giusto che i nostri figli imparino fin da piccoli che le cose non hanno sempre un lieto fine sul genere e vissero per sempre felici e contenti
come nelle favole. Sappiamo tutti che purtroppo a volte la vita riserva delle delusioni e una delle doti migliori per un individuo consiste proprio nel saper reagire alle difficoltà che si presentano. Ricordiamoci che i nostri figli saranno gli uomini e le donne di domani: insegniamo loro che a volte le cose non vanno come si crede o si spera, per cui è importante essere pronti ad affrontare i problemi in modo da evitare un finale del tipo e vissero per sempre tristi e depressi
.
1. Cappuccetto Rosso
C'era una volta una ragazzina insopportabile, odiata da tutti e soprattutto dalla nonna, che se ne era andata ad abitare da sola nel bosco pur di non averla più tra i piedi. Una volta, per farle uno sgarbo, la nonna le regalò un cappuccetto di velluto rosso, il più brutto che riuscì trovare, e disse alla bambina: Se mi vuoi bene, devi indossare questo cappuccetto sempre, anche d’estate…
. Fu così, che la piccola da quel giorno venne chiamata sempre Cappuccetto Rosso, anche se il soprannome più appropriato sarebbe stato Cappuccetto Sudato.
Un giorno sua madre la chiamò e le disse: "Vieni, Cappuccetto Rosso, eccoti un pezzo di