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I guerrieri Dike
I guerrieri Dike
I guerrieri Dike
E-book269 pagine3 ore

I guerrieri Dike

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Info su questo ebook

In una notte in cui la luna Mora splende, guardando fuori dalla finestra, Sophie si accorge che una stella cadente altro non è che un'autonave proveniente dallo spazio infinito. Trovato il coraggio per lanciarsi dalla sua finestra, e prendere la sua moto volante, conoscerà Josh un ragazzo senza memoria, proveniente da un'altra galassia: un guerriero Dike. Le svelerà l'esistenza del Regno delle Stelle e del principe delle stelle, Esaù, erede al trono scomparso da anni. Ha inizio così per Sophie un'avventura piena di misteri, enigmi da risolvere e oggetti magici da trovare. Sarà costretta a combattere per difendere il suo pianeta agricolo “Tkash” e conoscerà dei personaggi leggendari che l'accompagneranno in questa storia, tra cui la bellissima guerriera Caribea, nemica del regno. Altri guerrieri e amici si uniranno ai due ragazzi nella ricerca del principe. Molti eredi al trono per un unico e vasto regno, mentre il vero successore rimane celato nell'universo. Riusciranno Sophie e Josh a ritrovare Esaù?
LinguaItaliano
Data di uscita8 apr 2016
ISBN9788867825127
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    Anteprima del libro

    I guerrieri Dike - Massimiliano Vermi

    Massimiliano Vermi

    I guerrieri Dike

    Editrice GDS

    Massimiliano Vermi I guerrieri Dike ©EDITRICE GDS

    Editrice GDS

    di Iolanda Massa

    Via Giacomo Matteotti, 23

    20069 Vaprio d’Adda - Mi

    www.gdsedizioni.it

    Illustrazione in copertina di ©Massimiliano Vermi

    All’interno illustrazioni di: ©Riccardo Bagorda, ©Viviana Fontanari,

    ©Filippo Rondello, ©Roberto Rubini, ©Matteo Valdameri.

    Progetto copertina di ©Iolanda Massa.

    TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

    Il presente romanzo è frutto della fantasia dell’Autore. Ogni riferimento a persone, fatti e luoghi realmente esistenti e/o esistiti è puramente casuale e utilizzato in modo fittizio.

    PRIMA PARTE

    I La stella cadente - Sophie

    Il pianeta Tkash è situato a una distanza di 15 anni luce da Alpha Centauri. È un pianeta antico, ma, per le sue dimensioni ridotte, non evoluto. Le sue temperature oscillano tra i 35° di giorno e i -5° di notte. Le montagne dell’emisfero nord sono innevate, mentre quelle a sud verdissime. Vi è una piacevole alternanza di stagioni che rende la vivibilità del pianeta ottima. La flora è rigogliosa nella fascia equatoriale, mentre è assente ai poli.

    Gli abitanti, distribuiti uniformemente sulla fascia centrale del pianeta, coltivano la terra sfruttando al massimo ogni tipo di risorsa. L’energia è naturale. Esistono sistemi eolici e idraulici intorno alle città, che sono poche ma estese e non sovraffollate, perché ogni famiglia possiede vasti terreni da coltivare e molti animali da allevare secondo il regolamento del pianeta.

    Questo è controllato da un presidente che ha largo spazio sulle decisioni locali, ma che deve rendere conto al Re delle Stelle, unico governatore di ogni pianeta. Al tramonto della stella più vicina si intravedono dei pianeti, ma dopo 27 minuti, al calar della seconda stella più lontana, si distinguono tutte le stelle dell’universo con una chiarezza singolare. I giovani sono soliti restare lungo i fiumi a guardare le stelle…

    Sophie chiuse il libro di conoscenza geografica e lo appoggiò sulle gambe, guardò le stelle dall’alta torre del suo casolare di campagna, circondato da animali in libertà. Era una ragazza dallo sguardo malinconico. Appoggiata al davanzale della sua finestra ascoltava la musica di sottofondo, provenire da un asta in estasi dal pavimento dai colori cangianti, con la luce spenta della camera per vedere meglio il cielo. Viveva in quella casa con i suoi genitori aiutandoli in fattoria, non si lamentava del suo lavoro, anche se per una ragazza della sua età era faticoso stare sempre a contatto con gli animali e il sole. La sua pelle era così chiara che poteva risentirne, ma per fortuna non si era mai presa una scottatura. Era sempre attenta e dinamica, rinunciava al divertimento per salvare qualche animale in difficoltà. I suoi genitori erano fieri di lei, spesso la invogliavano ad andare in giro a divertirsi, ma lei rinunciava per chiudersi nella sua stanza a leggere qualche libro o dipingere e questo le riusciva benissimo.

    La gente del posto la conosceva per avere addomesticato i Lehmn, animali leggendari e feroci, forse perché mai entrati in contatto con l’uomo. Nessuno prima di lei era riuscito ad avvicinarne uno; si era persa in un bosco e, nel tentativo di ritrovare la strada, si imbatté dinanzi a un Lehmn. La paura fu tanta, che non riuscì a muoversi: lo guardò. Quello sguardo bastò al Lehmn per addolcirsi e farsi accarezzare. Quando arrivarono i soccorsi la trovarono addormentata protetta dal Lehmn, che non appena vide quelle persone fuggì via. Da allora venne considerata una ragazza speciale.

    Adesso stava guardando il cielo con tutte le stelle, ma si accorse di una stella che si faceva sempre più vicina. Spesso nel pianeta Tkash si vedevano piogge di meteoriti, spettacoli meravigliosi, forse più dei giochi pirotecnici, ma Sophie capì che quello non era un meteorite come gli altri. D’istinto si lanciò fuori dalla finestra, per saltare sopra la sua moto, la J5, che era arrivata in un attimo silenziosamente dal garage sollevata da terra. Sophie salì sulla moto e questa, per il peso della ragazza, raggiunse il suolo sottostante in meno di un secondo, fermandosi a pochi centimetri da terra, poi iniziò a inseguire l’oggetto cadente.

    Sophie seguì la caduta dell’oggetto volante, schivando gli alberi e i recinti, attraversando terreni non di sua proprietà. Corse senza perdere di vista la scia luminosa che si avvicinò sempre più fino a toccare terra con un tonfo attutito. Avrebbe ancora dovuto superare la cascata e, continuando a correre, andò oltre il ruscello e un dirupo, fino a quando non fu vicina al meteorite. Si fermò. Guardò stupita, spense la moto: aveva corso per venti minuti e ormai era abbastanza lontana da casa, si vedevano in lontananza le luci della città lontana.

    Tutt’intorno era buio, si sentivano solo girare le pale delle eliche della centrale eolica vicina, un brusio continuo che le metteva ansia. Si vedevano anche le luci del casolare confinante al suo. Si era allontanata di molto da casa sua e per di più a un’ora non consentita, ma ormai era là e voleva vedere meglio. Si accorse che si era formato un cratere sotto quell’oggetto e che c’era ancora tanta polvere nell’aria. Si mise un fazzoletto sulla bocca. Il vento allontanava quella polvere che le impediva di vedere e si accorse di essere dinanzi a una piccola navicella chiusa ermeticamente. 

    Si guardò intorno, nessuno doveva essersi accorto di niente, tutto taceva. Si sporse dal cratere, scivolo giù e si avvicinò, toccò con la punta dell’indice la navicella per paura che scottasse, invece notò che era fredda. Sapeva dell’esistenza di autonavi personali, ma quella che vedeva era la prima. Non era enorme, ma era molto più alta di lei; la guardò tutta e camminandoci attorno vide un’incisione su di un lato. Si rese conto di riuscire a leggere quelle parole, nonostante non fossero scritte nella lingua del suo pianeta:

    Per aprire senza recare danno alle persone: mettere la mano sulle cinque stelle e quando si accende la spia rossa, premere il pulsante verde che comparirà sulla vostra sinistra.

    Sophie eseguì tutto senza pensarci: la navicella si illuminò e si sollevò da terra, un ronzio cominciò a infastidirla, lo sportello si alzò verso l’alto e si sentì uno scricchiolio, l’apertura si allargò e cominciarono a formarsi dei gradini, dopo di che l’autonave ritornò a toccare terra cessando ogni tipo di rumore.

    Sophie, che nel frattempo si era nascosta dietro un masso, si avvicinò e, un po’ tra l’incoscienza e la curiosità, cominciò a guardare rendendosi sempre più conto di cosa si trattasse. Era una stanza criocongelata: dallo sportello usciva fumo bianco e freddo che scendeva giù dai gradini e arrivava fino a terra, Sophie mise la testa dentro lo sportello aperto e, oltre alla luce che l’abbagliava, vide un ragazzo che dormiva coperto da un lenzuolo bianco.

    Allungò la sua mano e toccò quella del ragazzo. In quell’istante una forte energia si sprigionò dalle loro mani illuminando la zona circostante, poi quell’energia ci concentrò emettendo un raggio di luce che partì dalle loro mani e proseguì in due direzioni: la prima e più veloce verso l’alto all’infinito, l’altra si perse nel bosco. Il ragazzo si svegliò e l’energia cessò all’improvviso. Si guardarono.

    Il ragazzo avrebbe voluto alzarsi, ma si accorse di essere debole. Sophie lo aiutò a uscire dalla navicella e gli avvolse il lenzuolo in vita. Camminava, ma cadde su di lei; allora lo adagiò per terra.

    «Chi sei? Come ti chiami?» chiese lei incuriosita.

    «Josh…, sono un messaggero del Regno delle Stelle…» si mise una mano sulla fronte «...un guerriero Dike, sono qui in cerca del principe Esaù…»

    Detto questo svenne.

    Sophie non sapeva cosa pensare: forse era matto? Magari era ricercato dalle guardie reali oppure era solo un astro-viaggiatore: non lo sapeva. D’un tratto si rese conto che il bagliore di poco prima aveva senz’altro richiamato l’attenzione di qualcuno e pensò sarebbe stato meglio andar via. Non avrebbe voluto ritrovarsi addosso le guardie del governatore e dover rispondere di quella stella cadente di cui lei non sapeva nulla. Mentre il ragazzo era ancora svenuto per terra, Sophie riuscì a collegare la navicella di Josh alla sua J5. Non appena vicine, l’autonave e la moto, fusero i loro metalli e si accesero insieme. Sophie sollevò Josh da terra, lo stese con fatica dentro la navicella e con la sua moto si avviò verso casa.

    Mora, la luna vicina, illuminava loro la via, il casco copriva i begli occhi della ragazza, ma lasciava fuoriuscire i lunghi capelli lisci, castano chiari, tra il biondo e la cenere. Stavolta il viaggio fu più lento, attraversarono ancora una volta il ruscello e al loro passaggio l’acqua saltellò tutt’intorno.

    Sophie sin da piccola aveva sempre reagito d’istinto senza farsi domande, non aveva mai sopportato le ingiustizie; andava spesso nella piazza della città e cercava di essere attiva grazie al comitato interspaziale che si era creato solo da qualche anno. Ma il suo era uno dei mondi più lontani e più piccoli del Regno delle Stelle, per cui non aveva voce in capitolo. Neanche la notizia di avere addomesticato un Lehmn fece scalpore.

    Adesso era sicura di aver infranto la legge, ma non poteva lasciare quel ragazzo nelle campagne sperdute a morire. Sarebbero arrivate le guardie scelte e lo avrebbero interrogato per poi arrestarlo. Avendo parlato del principe Esaù, sarebbe stato suo dovere consegnarlo alle guardie, ma lei voleva saperne di più. Il rapimento del principe aveva coinvolto gran parte dell’universo e ancora oggi non se ne sapeva nulla, ma si erano create delle fazioni turbolente.

    Non appena a casa, nascose la navicella nel seminterrato vicino alle gabbie dove teneva gli animali da curare e con molta fatica fece stendere Josh sulla base in metallo: una pedana circolare in ferro che si sollevò da terra senza nessun appiglio.

    Si fermò davanti alla finestra di camera sua. Si sedette sul davanzale e spalancò la finestra, poi si aiutò con la pedana per far scivolare giù il ragazzo fino al letto. Sophie tornò alla navicella nel seminterrato, cerco di nasconderla bene con quante più gabbie e coperte riuscì a trovare, ma si accorse che una spia rossa iniziò a lampeggiare. Si avvicinò e vide un tubo nero, un po’ più lungo della sua mano. Non sapendo che fare lo prese in mano e la spia si spense. Lo mise in tasca, pensando che avrebbe potuto essere qualcosa di utile per il ragazzo. Poi prese un grosso telo e coprì la navicella con tutte le gabbie.

    Una volta uscita fuori dal seminterrato inforcò gli occhiali presi dalla cassetta degli attrezzi e attese che il visore ottico cominciasse a emettere immagini: osservò la zona dell’atterraggio che era ancora vuota, nessuno si era accorto di nulla, e lei sperò di essere l’unica ad avere visto il tutto, ma era improbabile. Poi fece un giro completo su se stessa: nessuno nelle vicinanze. Quando si rassicurò di non essere stata seguita, rientrò in casa.

    Era tutto buio, i suoi genitori dormivano. Non avrebbe mai voluto dar loro un dispiacere, ma aiutare chi era in difficoltà superava ogni priorità. Però, per timore di un attacco notturno, azionò l’allarme in tutte le vie d’uscita, prese un vassoio dalla cucina e vi ripose acqua, frutta e biscotti. Esausta, tornò in camera e azionò le sicure gammatiche per la sua stanza: una serie di laser verdi che partivano dalla porta di ingresso per bloccare l’ingresso agli estranei, compresi i suoi genitori.

    Riprese il libro di conoscenza geografica, si sedette sulla poltrona e, invece di leggere, si addormentò lasciando cadere il libro.

    ***

    Un oblò con vista nello spazio profondo e uno specchio rotondo nella cabina. Erano le cose di cui aveva bisogno. La sua partenza era stata improvvisa. I dettagli della missione le sarebbero stati comunicati durante il viaggio. Non riusciva a credere che sarebbe stato un viaggio lungo sette giorni. Possibile che ci fossero ancora dei pianeti così remoti? Non volle pensarci e s’infilò nella vasca in marmo. La sua pelle olivastra risaltava sul quel marmo bianco. Aveva tolto tutti i vestiti, tranne l’elmetto che le aderiva perfettamente alla testa. Faceva parte di lei. Mentre era in acqua ricordava i suoi giochi di bambina. Adesso voleva godersi il bagno senza pensieri, aveva in mente solo le parole del suo signore.

    «La tua è una missione segreta, nessuno dovrà sapere dove stai andando, né chi ti manda, sei la nostra unica via di comunicazione Caribea!»

    E così, dopo neanche un’ora, era già dentro la sua piccola cosmonave, dotata di tutti i comfort necessari, senza i quali non sarebbe partita. In più aveva in dotazione armi adatte alla missione nel caso avesse subito qualche attacco da navi pirata.

    Era maestra di arti somate e comandava le forze della natura. Non amava la compagnia.

    La sua piccola cosmonave fece dei sobbalzi. Si sollevò dalla vasca piena di schiuma e sporse la testa fino all’oblò.

    «Una pioggia di meteoriti» pensò.

    Restò a guardare quelle scie luminose che attraversavano lo spazio attorno a lei: rosse, gialle e bianche, era uno spettacolo.

    Quando fu soddisfatta uscì dalla vasca: indossò un lunghissimo accappatoio di piume bianche che arrivava fin sotto i suoi piedi, i capelli neri che uscivano dall’elmetto le coprivano la schiena fin sopra le natiche. Si sedette su una poltrona di legno, imbottita di una stoffa morbida e rossa, con i piedi intarsiati e, mettendo le mani su due punti estremi del suo elmo, si appoggiò allo schienale della poltrona e attese.

    Al centro della stanza si materializzò una figura scura, alta e magra, coperta da un mantello porpora lungo fino a toccare per terra e il cappuccio che gli nascondeva il volto.

    «Caribea, siamo in stato d’allerta. Dopo la tua partenza anche altri hanno notato l’anomalia. Non so quale sia il loro piano, ma alla riunione del consiglio che ci sarà a breve dovrò far finta di non avere preso nessuna decisione. Prosegui per la tua strada, anche se non vorrei avere commesso un errore…»

    «Mio signore» l’interruppe lei, degustando una bevanda cristallina «lei non commette mai errori. Vedrà che tutto andrà bene. Se qualcosa dovesse complicarsi, potrei sempre tornare indietro».

    «Hai ragione piccola mia. Adesso ascolta: il pianeta è piccolo, dimenticato dal resto delle galassie. Non sarà facile conquistarlo, soprattutto se sono vere le nostre intuizioni. Sono riusciti a creare una barriera intorno al pianeta per anni. Non esitare a contattarmi in qualsiasi momento. Il tuo intervento sarà prezioso per capire come comportarci.»

    «Grazie mio signore. L’unica mia preoccupazione sarà non poterle stare accanto in questa spedizione.»

    Con queste parole l’uomo sparì dalla stanza, mentre Caribea si stese sulla poltrona, da un bracciolo all’altro, sollevando le gambe e guardando fuori dall’oblò a testa in giù.

    ***

    Sophie dopo un paio d’ore si svegliò a causa di rumori che non conosceva: era Josh in piedi seminudo che adesso guardava fuori.

    «Aspetta, ti aiuto» disse lei alzandosi dalla poltrona.

    Lui si lasciò aiutare, si sedette. Sophie gli avvicinò dell’acqua che lui bevve tutta d’un sorso.

    «Grazie» sorrise «come ti chiami?»

    «Sophie!» Gli sorrise anche lei «Ti trovi a casa mia. Non fare rumore perché potrebbero svegliarsi i miei e denunciarti alle guardie».

    «Va bene!» sussurrò lui «portami alla F71 e risolviamo il problema».

    «La F71 è la tua navicella?» chiese lei.

    «Sì!»

    «Meglio di no, allora! L’ho nascosta nel seminterrato, qui siamo al sicuro dalle guardie, sai come funziona qui? È vietato accogliere estranei in casa e andare in giro la notte, quindi, se non vogliamo problemi, devi restare nascosto. Ho attivato le sicure gammatiche».

    «Capisco, ma devi andare a prendere un oggetto per me».

    Sophie, ricordandosi, mise una mano in tasca e gli porse il tubo nero di prima:

    «Forse questo?»

    Josh stupito la guardò. Poi prese l’oggetto e controllò che fosse proprio quello che cercava.

    «Brava! È il mio ofelimos, come l’hai trovato?»

    «Ero lì che coprivo la tua autonave quando mi sono accorta di una spia rossa e...»

    «Ti sei avvicinata e l’hai visto…»

    «Sì, giusto».

    Il ragazzo mise le due mani aperte una di fronte all’altra sopra le sue gambe: l’ofelimos nero iniziò a fluttuare a mezz’aria illuminandosi. Josh l’afferrò con la mano destra e si alzò dalla poltrona. Si avvicinò al muro: tracciò quattro linee, che andarono a formare una grande porta, che si illuminò a sua volta aprendo un varco verso una stanza tridimensionale.

    «Vieni, qui dentro non saremo captati da nessun segnale», le disse.

    I due si avvicinarono alla porta disegnata sul muro ed entrarono. Sophie non era stupita, sapeva dell’esistenza di quegli oggetti, ma non era facile trovarli tra la gente comune. Non fece domande, capiva di essere nei guai, ma era curiosa di sapere.

    Si trovava per la prima volta in una stanza senza spazio né tempo. Le sembrava quasi di essere nel vuoto, rimaneva in piedi ma i piedi non poggiavano su nulla. Vedeva oggetti sparsi.

    «Sono tuoi?» chiese lei.

    «Sì, mi servono per la missione, anche se ancora non mi sono stati utili.»

    Sophie si avvicinò, vide delle mappe, dei libri.

    «Da dove vieni?»

    «Esattamente non lo so.» cominciò Josh, «devi sapere che quando vieni scelto per queste operazioni devi avere un forte carisma: firmi un contratto in cui, di comune accordo con il mandante, decidi di perdere gran parte della tua memoria per non avere problemi affettivi.»

    Prese un grosso libro e glielo porse.

    «A quanto pare io ho rinunciato a una vita misera, in cambio della serenità per i miei genitori: se leggi bene è scritto tutto lì!». Con la mano le indicò i punti da leggere: «E anche se non so bene dove siano e cosa stiano facendo, c’è una lettera di mia madre che approva tutto quello che andrò a fare e mi assicura che a missione finita ricorderò tutto e torneremo a vivere insieme».

    Diede a Sophie una lettera che lesse con calma. Dopo averla letta, Sophie la restituì al ragazzo.

    «Spero tu riesca nel tuo compito e a riabbracciare i tuoi! Ma come farai?» rispose perplessa «Mi dicevi che cerchi il principe Esaù. Non vorrei ricordartelo, ma essendo sparito da anni si pensa che i ribelli lo abbiano ucciso. Il Regno di Afanès vuole assolutamente il trono del Regno di Dèlos. Anche se dovesse essere vivo, dove pensi di trovarlo? »

    Josh si avvicinò a una libreria che prima non c’era e che si materializzò a un cenno della sua mano. Prese alcuni libri, cominciò a sfogliarne qualcuno. Quando trovò quello che cercava lo girò verso Sophie.

    «Vedi? Una profezia ha annunciato la distruzione del Regno delle stelle il giorno della nascita di Esaù, ma quella profezia non si è mai avverata. Un’altra profezia dice anche che il Regno di Dèlos sarà in balia di anni oscuri per poi trovare la serenità.» Guardava la ragazza: «Come vedi non c’è nulla di certo, le profezie sono discordanti tra loro.»

    «Ma non vuol dire nulla, sono solo parole» sorrideva lei «le profezie possono dire tante cose, la distruzione potrebbe ancora essere lì in agguato, non c’è una data precisa.»

    «Certo che c’è».

    «E dove è?», chiese Sophie

    Josh prese il libro e lo aprì in due il più possibile.

    «Come puoi vedere la pagina è stata strappata, ed è così in tutti i libri delle biblioteche che ho visitato in molti pianeti in questi anni. Anche la memoria di tutte le persone che dovrebbero ricordare è stata cancellata. C’è qualcosa che sfugge, che manca.»

    Sophie prese il libro in mano, vide la pagina mancante. Era incuriosita, voleva capirci qualcosa. Con l’indice toccò il taglio della pagina strappata.

    «Tu quindi pensi che in questa pagina sia svelato il mistero

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