L'ombra
Di Mario Gori
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Anteprima del libro
L'ombra - Mario Gori
Indice
Prefazione
Premessa
Lui, lei e l'ombra
La ragazza della valle
Il collezionista
L'amore non è dolore
Vorrei stare sempre con te
Guarda dentro il tuo cuore
L'impossibilità di stare insieme
L'amore è sacro
Io non ho la magia
Questo è amore?
La certezza dell'incertezza
Dal principio la fine
Dalla fine il principio
Il gioco e l'amore
Conclusione
Titolo: L'ombra
Autore: Mario Gori
Editore: Temperino rosso edizioni
Prima edizione 2016
© 2016 Temperino Rosso Edizioni Fortini
Grafica copertina: Afo-TR designer
ISBN 978-88-98894-73-4
Impaurita dalla mia follia
non ti sei accorta della tua pazzia
Prefazione
Ho conosciuto un uomo che, poco prima di morire, mi ha consegnato questo libro dedicato all'unica donna che ha amato, ma che non ha mai conosciuto.
Queste pagine sono diverse cose.
Un diario, un desiderio, un'esperienza, un sogno, un cammino di educazione sentimentale vissuti immaginandola accanto.
Un continuo gioco originario e originale, perché presente fin dall'inizio del tempo e che sarebbe durato per sempre.
E avrebbero voluto essere anche una speranza per la prossima estate che lui non vedrà.
È questa la storia di una ragazza molto bella e molti uomini ne sono affascinati.
I lineamenti del suo viso, gli occhi in particolare, destano interesse in quest'uomo che decide di scrivere e raccontare quell'amore.
Un giorno la ragazza è abbandonata dalla sua ombra perché lei non era riuscita ad amarlo, mentre l'ombra si era innamorata di lui.
Ora che lui non c'è più, la sua ombra è ritornata per sempre per raccontarle quella storia d'amore.
Quando legge quelle pagine o ascolta ciò che l'ombra le dice, la ragazza prova attrazione e invidia verso le parole che la descrivono in quella parte di sé che non ha mai rivelato a nessuno.
Mentre il libro non si trasforma con gli anni e le parole e le frasi non sbiadiscono, è la sua anima che sente i segni del tempo, mentre il libro diventa il suo specchio interiore.
Ciò che è scritto nel libro non cambia e, ogni volta che lei lo riapre, vi ritrova la bellezza di quel tempo in cui avrebbe potuto amare quell'uomo.
Come nella sua vita si era cimentato in tante attività diverse, così nel suo parlare e nel suo scrivere, lui non era restato legato a un solo genere letterario, ma li alternava tra loro passando continuamente dal racconto, al dialogo, alla poesia, al canto, alla fiaba, alla leggenda, al sogno, alla realtà.
Ciò che emerge dal libro è la storia di un amore singolare, dove le evidenti distanze di spazi e di tempi, sfumano in un rapporto che apparentemente sembra irrealizzato, ma che rivela l'unico modo possibile di amarsi.
Lei ricorda sempre quell'amore mai vissuto e la malinconia la tormenta a tal punto che decide di distruggere il libro, pur sapendo che scomparirà anche il ricordo della sua bellezza.
L'amore tra lui e la sua ombra durerà molto più a lungo di lei. Non serve distruggere il libro che è stato letto da tanta gente e può essere ritrovato in una biblioteca.
Sa che ormai nessuno potrà più innamorarsi di lei.
Mentre chi leggerà quel libro, continuerà a innamorarsi dell'ombra dei suoi occhi anche quando lei non ci sarà più.
L'uomo che l'amava e che lei non aveva avuto il coraggio di amare, l'aveva incisa su parole che l'avrebbero ricordata per molti anni a venire.
Il tempo che le rimane sarà solo il racconto che l'ombra le farà di quell'amore.
Lei aveva capito, ma rimandava ogni giorno la sua decisione perché, secondo i suoi schemi, non potevano incontrarsi generazioni diverse: i bambini giocano, i giovani amano, gli adulti lavorano, gli anziani riposano, ma lontani e divisi fra loro.
Lui sosteneva che in ogni età della vita siamo capaci non solo di comprendere, ma anche di decidere e continuare a giocare, ad amare, a produrre, a riflettere e a riposarsi.
E che la nostra vita non è una parabola.
Anche il sole, che per l'illusione dei sensi sembra percorrerla, ogni sera tramonta e ogni mattino ritorna in una ininterrotta circolarità.
Ogni giorno, anche noi un poco tramontiamo e sorgiamo.
Ogni sera la nostra ombra sembra lasciarci per riapparire al mattino come proiezione della nostra carne nel mondo.
Le nostre ombre sono un poco come le nostre anime, reali ma impalpabili, incorporee ma ineludibili.
Eppure, senza ombra e senza anima non saremmo mai giunti alla vita o saremmo ormai morti.
L'ombra è diventata la mediatrice, il collante, il filo conduttore, la voce narrante di quell'amore, dimostrando che possiamo oltrepassare il tempo e lo spazio delimitati dai nostri sensi, per incontrarci in quel mondo più vero che si trova ai confini tra la realtà e il sogno.
Come l'ombra. Come il gioco. Come l'amore.
Premessa
La vita, l'arte, la bellezza, l'amore, l'eternità, sono il palcoscenico, gli sfondi nei quali sono stato l'attore principale della mia vita, interpretando la parte che mi era stata assegnata e che ho scelto perché è quella che più mi apparteneva, alternando momenti di commedia, di farsa e di tragedia.
La maschera che ho indossato a lungo, andava gettata.
Ho cominciato a scrivere perché avevo un segreto.
L'ho custodito dentro di me per tanto tempo.
A un certo punto ho desiderato raccontare questa storia perché la gente conoscesse la verità.
Quella di un uomo e una donna che si sono amati senza incontrarsi mai.
L'amore ne è stato il filo conduttore attraverso silenziose parole scritte su lettere mai spedite.
Tu che eri stata scelta a riconoscerlo, l'hai rifiutato ed è questo il tuo sacrilegio, perché non l'hai gridato così forte che tutti potessero ascoltarlo e dirti quanto sei fortunata.
L'hai nascosto tra i rovi, le caverne più buie, le acque più profonde, i silenzi mortali, le parole formali.
Quel giorno in cui mi leggerai, sarò per te solo il ricordo di un'ombra.
Non ti ho mai conosciuto, ma ti ho sempre amato.
Eri presente già nei miei pensieri adolescenti e nelle mie immagini di allora.
Ogni tanto credevo di incontrarti, ma non eri tu.
Ti vidi da dietro le mie finestre nel palazzo davanti al terzo piano e mi sembrasti irraggiungibile.
Ti guardavo di nascosto d'estate da dietro un melograno, tu abitavi nella grande città ed io ero un ragazzo di campagna.
Scrivesti il tuo nome sulla sabbia del mare, ma prima che potessi leggerlo fu cancellato da un'onda.
Ti conobbi sul treno, ma scendesti alla prima fermata.
Mi iniziasti all'amore, ma per te era sesso.
Ti incontrai all'università, ma appartenevi a un'altra generazione.
Mi corresti incontro dopo un abbandono, ma ero solo un compenso.
Ti conobbi in una città estranea a entrambi, ma tu non mi riconoscesti.
Ho trascorso tutti i miei anni nel cercarti senza trovarti, mai.
Allora ti ho inventato, perché so che da qualche parte nel mondo, in una grande città o nel paese di una valle, tu esisti.
E se non potrò incontrarti, forse tu incontrerai le mie parole e, leggendole, dirai: Questa sono io.
E finalmente verrai.
Ho cominciato a scrivere di te, e continuo.
Sei tu, quella che attesi.
Sento di amarti, anche se non ci sei, anche se te ne andrai prima di arrivare, anche se non mi amassi.
La nostra storia è cominciata quando io sono nato e tu sei venuta al mondo perché fummo scelti da dio per dimostrare agli uomini che l'amore è possibile oltre la quotidianità del tempo che ci distrae e gli spazi che ci tengono lontani.
Ho scoperto un uomo e una donna amanti come nessun altro, senza aver mai realizzato l'incontro.
Sapevo con certezza che esistevi e vivevi da qualche parte, forse vicina, o lontana. Il tempo e lo spazio non sono stati importanti, come la presenza, ma ciò che ho vissuto veramente ogni giorno nei miei sensi, nei miei pensieri e nella mia anima. E sei tu.
Ti detti un volto, un'età, un corpo, una professione e quando mi sentivo solo, richiamavo la tua immagine alla mente e l'abbracciavo e le davo carezze.
Anche tu mi amavi, sapevi che da qualche parte esistevo e davi il mio volto e i miei pensieri agli uomini che incontravi. Non ti tradivi mai perché, non conoscendo il mio nome, non potevi chiamarmi nelle notti e nei giorni trascorsi tra le braccia di un altro.
Chi era disattento e non comprendeva il tuo silenzio, non capiva le tue parole e i tuoi gesti.
Conoscevamo l'uno tutto dell'altro e ci sentivamo completi nel nostro fonderci insieme.
Ci scrivevamo, ma le lettere restavano in un cassetto o nel computer.
Tu mi immaginavi sicuro, interessante, ironico, forte come uno scoglio su cui le onde si infrangono, o il tronco di una quercia abbarbicata alla terra.
Io ti immaginavo gentile, con gli occhi grandi, sorridente, amorevole, come il cielo sereno, il mare calmo, una madre con suo figlio al seno.
E ci siamo amati senza doveri, senza chiederci niente, senza bugie, senza emozioni improvvise di casuali incontri, senza sopportare i difetti, senza discussioni o tradimenti, senza inganni, senza abbandoni e ritorni.
Un amore libero, assoluto, senza limitazioni.
Perché questo deve essere l'amore, totale, senza conoscere niente dell'altro, perché non serve.
Il nostro incontro fu casuale, ma da quel momento tutto ciò che ci è accaduto è stato causato da noi.
Lancio dei dadi
La vita non è un lancio di dadi il cui risultato è aleatorio e ci prendiamo quello che accade.
Se la nostra vita è nelle mani del destino che qualche dio ha stabilito per noi o se è il risultato di avvenimenti casuali, possiamo solo subire passivamente ciò che ci accade.
Se riteniamo invece che siamo capaci di intervenire sulle scelte della nostra vita, dentro lo spazio e il tempo delimitati del nostro nascere e del nostro morire, scopriamo la libertà che ci rende responsabili di tutte le nostre azioni delle quali siamo chiamati a rispondere agli altri esseri umani e a dio, se uno ci crede.
Lanciare i dadi è quindi un diversivo, un allontanarsi dalla realtà, è fine a se stesso, sul quale non è neppure possibile individuare avvenimenti probabilistici o statistici, se non da un punto di vista matematico astratto, senza alcuna incidenza nella nostra vita.
Lanciare i dadi non è un gioco, ma un azzardo su cui si punta nella speranza casuale di vincere. Gli scommettitori accaniti rischiano la ludopatia, una vera e propria malattia da curare.
Queste attività ludiche generano illusione, come le scommesse, i gratta e vinci, il totocalcio, il lotto, il superenalotto, l'oroscopo...
Anche nei nostri incontri spesso lanciamo i dadi, affidandoci al caso, alla fortuna. Crediamo di vincere una partita, ma sono sempre i dadi a vincere e l'incontro finisce. Li rilanciamo di nuovo per affidarci al caso e alla fortuna mettendoci nelle mani del destino.
Niente nella nostra vita accade solo per caso.
In particolare l'amore non è mai un lancio di dadi.
Se l'inizio o la partenza di un incontro può essere casuale, il suo procedere è sempre causale del quale siamo totalmente responsabili essendone gli attori principali.
Lui, lei e l'ombra
Tanti anni fa conobbi una bella ragazza che viveva in una valle dove si estendevano filari di viti che continuavano, salendo verso la collina, in ampie coltivazioni di meli.
Eri tu. Avevi poco più di vent'anni, con dei grandi occhi espressivi e profondi, anche se lo sguardo aveva lampi di tristezza.
Anche tu avevi la tua ombra che ti accompagnava sempre, e si allungava e accorciava con il sole o si nascondeva quando il cielo era nuvoloso o il sole tramontava dietro le alte montagne.
Da bambina osservavi meravigliata la tua ombra, quella dei compagni e delle cose, giocavi con loro ad acchiappare le ombre o ne disegnavi il contorno in grandi fogli di carta mettendoti in tante posizioni diverse per poi costruire un alfabeto riproducendo le lettere e i numeri.
Anche quando eri adolescente ogni tanto la guardavi modificarsi ma, crescendo, finisti per abituarti e quasi non la considerasti più.
Diventata signorina, ti accorgesti di avere una magia, perché riuscivi a far innamorare tutti gli uomini che incontravi.
Ovunque andavi, in giro per la valle, all'università, in vacanza, a un corso di formazione, trovavi sempre qualcuno che cadeva nei tuoi incantesimi.
Anche l'uomo con cui avevi vissuto qualche anno ne era rimasto affascinato all'istante e ti aveva avuto la sera stessa. Forse si trattava di una relazione di comodo per entrambi: tu avevi un luogo dove rifugiarti lontana da casa e un uomo da presentare agli amici per dimostrare la tua maturità diversa e lui aveva una bella ragazza sempre a disposizione.
Tu lo avevi più volte tradito con altri, di ogni età. Con ciascuno ti bastava farci l'amore una volta promettendogli che non l'avresti più dimenticato. Volevi solo che ciascun uomo ti appartenesse perché eri superba della tua magia.
Credevi di compensare le violenze subite che ti avevano lasciato profonde ferite che ogni volta si riaprivano dolorosamente e che raccontavi a tutti, quasi a giustificare la tua impossibilità di amare e la tua richiesta di comprensione e di amore, ma contemporaneamente il piacere violento che avevi provato ti era rimasto dentro come una condanna che ti spingeva a voler gestire ogni uomo con la tua esperta sessualità.
Un giorno, avevi poco più di vent'anni, ti accorgesti che non avevi più la tua ombra. La cercasti a lungo, provasti a cambiare posizione rispetto al sole e ad altre sorgenti di luce, ma non la trovasti: la tua ombra era scomparsa.
Non ti abituasti mai a stare senza la tua ombra e talvolta provavi a cercarla, ma la cosa non ti dette fastidio più di tanto anche perché gli altri non si erano accorti che l'avevi persa.
Qualche tempo prima che la tua ombra sparisse, mi ero innamorato di te.
Ricordo il nostro primo incontro durante una lezione all'università.
Entrai nell'aula poco prima che arrivassero gli studenti.
Cominciai la lezione parlando della comunicazione che avviene attraverso la mimica e la gestualità.
Il mio sguardo scorreva sui volti dei presenti, da una parte all'altra della stanza, soffermandosi un istante per cogliere l'anima di ciascuno.
Stavo cercando di spiegare che anche la comunicazione con il corpo va appresa ed è sempre volontaria, anche se più o meno consapevole. Poiché siamo responsabili dei nostri gesti e delle nostre azioni, occorre conoscersi meglio e diventare sempre più competenti, consapevoli e responsabili anche su questo nostro linguaggio.
Dovremmo insegnare tutto ciò agli altri per evitare false giustificazioni basate sull'istinto, io sono così, non me ne sono accorto, mi è venuto impulsivamente e così via.
Intanto il mio sguardo si era fermato a lungo sugli occhi di una ragazza e vi tornavano continuamente.
Come facevo sempre, proposi un esempio pratico per sostenere la congruenza tra l'ipotesi affermata e la realtà comunicativa del nostro corpo.
Ti chiamai perché tu mi raggiungessi.
Ti sorridevo, mentre stavi di lato accanto a me. Improvvisamente il mio braccio si mosse velocemente e la mia mano arrivò aperta vicino ai tuoi occhi che, come se fosse stato un riflesso, si chiusero di scatto.
Poi li riapristi e ti chiesi: Perché hai chiuso gli occhi?
Per istinto di difesa. Rispondesti.
Nell'essere umano non esiste l'istinto. Ora riproviamo.
Questa volta i tuoi occhi si chiusero appena. Alla terza prova rimasero aperti avendo ormai compreso che tra lo stimolo della mano che arriva improvvisamente e la risposta degli occhi che si chiudono, c'è sempre un brevissimo tempo in cui possiamo elaborare la nostra scelta decidendo se chiuderli o se mantenerli aperti.
È un po' come i riflessi arcaici dei neonati che se pur necessariamente presenti nei primi mesi di vita, si trasformano rapidamente in comportamenti volontari come risultato di una scelta tra più possibilità che avviene fin dall’inizio.
Poi feci un altro esempio. Ti chiesi di metterti alle mie spalle e di stringermi con forza al torace con le braccia e le mani. Lo facesti ed io commentai: Sei molto forte.
Allora ti pregai un'altra volta di stringermi come prima, pensando però che stavi spingendo i tuoi seni su di me.
Ci rimanesti male e ti rifiutasti dicendomi: Prima non ci avevo pensato.
Anche in questo caso volevo dimostrare che occorre pensare prima di agire per essere in grado di gestire la comunicazione con il nostro corpo, non casualmente, ma intenzionalmente e con responsabilità.
Tornasti più volte a lezione e i nostri occhi si incontravano sempre più spesso.
Avevo l'abitudine di uscire nel cortile dell'università per fumare una sigaretta tra una lezione e l'altra.
Qualche giorno dopo anche tu ti trovavi già nel cortile.
Ci guardammo per lunghi istanti, mi avvicinai e ti dissi: Hai degli occhi particolari.
Mi innamorai di te.
Andammo avanti per alcuni mesi. Io impegnato a cercare di convincerti ad affidarti, tu sempre alla ricerca di ragionamenti contorti e conflittuali che si riassumevano nella frase: Io ti amo, ma non potrò mai stare con te.
L'ultima volta che ci vedemmo fu il giorno della discussione della tua tesi di laurea che era un lavoro di grande spessore e innovativo. Sapevamo che avevamo parlato della nostra vita.
Subito dopo io sparii, tu mi cercasti a lungo perché avresti voluto che fossi presente alla tua festa. Non mi feci trovare. Sarei stato uno dei tanti, una presenza per te gratificante, ma per me anonima. Tu eri già assente ed io non volevo essere presente.
Quando non tornai più all'università perdemmo qualunque contatto per alcuni anni, fino a quando arrivò un