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PELLEGRINI DI SHAMBALA
PELLEGRINI DI SHAMBALA
PELLEGRINI DI SHAMBALA
E-book375 pagine5 ore

PELLEGRINI DI SHAMBALA

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Info su questo ebook

Thomas, un giovane uomo che ha perso tutto, inizia un viaggio in India per cercare di reindirizzare il corso della sua vita. Presto troverà compagni interessanti con i quali condividerà momenti indimenticabili, conoscerà scuole di saggezza e  imparerà gli insegnamenti fondamentali. Tutto questo in un viaggio zaino in spalla, dove il caso e il karma sembrano giocare un'epica partita di scacchi, avendo come scacchiera, posti sia sacri che emblematici per il ricercatore spirituale. Un viaggio ricco di esperienze, pieno di incontri con personaggi saggi e pittoreschi, che poco a poco riveleranno piccole "perle di saggezza" per aiutare il protagonista a trovare la sua strada.

Il protagonista e il lettore quindi, potranno trovare le chiavi spirituali che permetteranno loro di andare avanti. D'altra parte, il viaggiatore vivrà altri incontri più banali, facendo posto all'amore, alla delusione e al dolore. Incontri che  poco a poco, si trasformeranno in un "romanzo mandala" che ci lascerà a bocca aperta.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita14 mag 2016
ISBN9781507139455
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    Anteprima del libro

    PELLEGRINI DI SHAMBALA - Rafael Téllez Romero

    DEDICATO

    ––––––––

    Alle tre donne della mia vita:

    Reyes, che mi ha dato alla luce;

    Beatriz, con la quale cammino nel labirinto

    e Ariadna, che tira del filo.

    ––––––––

    www.rafaeltellez.com

    PROLOGO

    L’origine di questa storia fu un viaggio che ho realizzato per India durante quasi quattro mesi. Un viaggio che ho cominciato da solo, con l’intenzione di realizzare un pellegrinaggio per conoscere la spiritualità di quel paese meraviglioso, rapidamente ho conosciuto altri viaggiatori con i quali ho condiviso tantissime esperienze, che appuntavo in un diario di viaggio. queste note furono solo principio, al mio ritorno, cominciai a lavorare in una novella, quindi, realtà e immaginario cominciarono a mischiarsi, dando come risultato una novella  immaginaria con colori autobiografici.

    Ora resta il dubbio: cos’è autobiografico e cosa non lo è?, questo neanche io posso dirlo con certezza, perché in realtà, tutto quello che racconto è successo, anche se una buona parte lo ha fatto solo nella mia testa, anche così pero queste esperienze soggettive fanno parte della vita e credo valga la pena  vivere la vita completamente.

    RINGARZIAMENTI

    Voglio dimostrare la mia gratitudine ai gruppi di persone che hanno aiutato a sviluppare il mio senso di spiritualità. In generale, a tutti i fratelli e le sorelle che dirigono il suo sguardo alla luce di Oriente e, molto in particolare, alla umile Sangha buddista che incontrai a Siviglia: dove sta Goyo mi ha insegnato a meditare sorridendo, Lola per valorizzare le parole, Marcos per credere nei miei sogni, Ana per guardare con occhi di bontà, e Isabel a perseverare.

    *

    *               *

    La scrittura creativa si sta rivelando per me come una strada spirituale e di autoconoscenza. Ringrazio di cuore tutte le persone che mi hanno aiutato a plasmare questa novella :

    Pablo R.B., che mi inizio alla scrittura creativa.

    I membri del Collettivo di Scrittori Guadaltintero: Maria, Julio, Reyes, Santi e Inma, con i quali condivido ore di dibattito e apprendimento, ottenendo sempre una critica amabile, che migliora e motiva le mie scritture.

    José Fernando, Noelia y Carlos con le loro correzioni orto-tipografiche

    0 Fango

    Stava sudando, la sua respirazione si accelerava e si trasformava in vapore al contatto con l’ aria. Un’aria fredda come il fango e le pietre che smuoveva. Lanciava pietre e piastrelle nere di ardesia all’indietro, frenetico senza guardare. Non si accorgeva che poteva ferire a Mauricio, che come lui stava inginocchiato sopra il mucchio di sassi che avevano sotterrato la casa. Gli bruciavano le punte delle dita e il suo sangue si mischiava con il fango. Gli occhi gli uscivano dalle orbite senza niente da vedere solo la desolazione e il fango nero che aveva raso al suolo tutto . Tomás guardava con le sue mani affondate nel fango, già non le sentiva più, sanguinanti, intirizzite, la coscienza lo abbandonava. Era successo di nuovo, aveva perso Shambala. tutto comincio un anno prima,  nel volo a New Delhi.

    1.0 Atterraggio a Delhi

    Guardava a sinistra dal finestrino dell’aereo, le miriadi di luci che la giù definivano la città. Irradiavano luce tra l’oscurità circondante, ricordava un neurone con le mille ramificazioni brillanti facevano sinapsi. L’aereo s’inclino qualche grado verso sinistra, ampliando l’angolo di visione e lasciando vedere nuove ramificazioni di luce prima nascoste. Lunghe linee, come filamenti bianchi, univano grumi luminosi gialli dorati. Quindi sentì che Mauricio gli si appoggiava addosso dal posto laterale.

    —¡Dai fammi vedere!, stiamo arrivando no?

    Avevo conosciuto Mauricio sull’aereo ¿caso o fatalità? anche lui era di Siviglia, e sembrava un buon tipo, anche se abbastanza chiacchierone. In dodici ore di viaggio, scalo a Milano incluso, non aveva smesso di parlare con una intensità di voce considerevole, questo si, cercando a volte l’approvazione di Tomás alle sue parole. Neanche mangiando aveva smesso di parlare, avrebbero potuto scegliere il menu stile indiano e Mauricio aveva scelto, parlando con la bocca piena, che era lo stesso cibo insipido degli aerei pero con spezie. Tomás annuiva, ingoiando la verdura fredda e fortemente condita, le spezie fredde non si esprimevano in tutta la loro magnificenza.

    Gli sarebbe piaciuto un viaggio più tranquillo, preparandosi per l’esperienza che cercava: immersione nell’India sognata, ricerca di risposte e pace, terminare con il tormento e la frustrazione che provava. Chissà se era un segnale: il destino gli aveva mandato un compagno di viaggio loquace, almeno su logorrea non gli permetteva di gongolare o perdersi nella pena.

    —¡OK spostati in la!, che mi soffochi —Si tolse di dosso il suo compagno di viaggio con una leggera gomitata.

    Mauricio torno al suo posto e si allaccio la cintura di sicurezza. Era alto, quasi due metri e magro, capelli neri e un po’ grassi, aveva dei jeans usati, scarpe sportive e una maglia rossa scolorita, come cintura usava un marsupio rosso con il simbolo Marlboro.

    Tomás tornò a guardare dal finestrino, si sentiva che scendeva verso la rete neurale, immergendosi sempre più nella sua luce, poteva cominciare a capire come qualcuno di questi elementi luminosi avesse un movimento relativo rispetto al resto della rete luminosa. I suoi occhi rifletterono un’allegria momentanea, subito inclinò il corpo e abbasso la testa, i suoi capelli ricci castani gli coprirono la faccia. Porto le mani alla testa, e rimase un momento avvilito —¡o Dio mio... Dio mio!—. Una scossa sulla spalla lo distorse dal lamento, Mauricio lo tirava dalla camicia verde acqua da esploratore.

    —¡Dai Su!, volta pagina!...

    Tomás si rialzò e butto i capelli indietro, i suoi occhi si erano arrossati.

    —Si, hai ragione: voltiamo pagina —fece un gesto con le sue mani cosi come scacciando l’appiccicoso velo di tristezza che l’imprigionava.

    —Si può stare male a volte, ma non bisogna affogare!, anche io ho motivi per piangere, pero si deve andare avanti, ¡se no starei piangendo tutto il giorno! e questo no porta da nessuna parte no?...

    —Sì, ok, credo di no, pero non sto piangendo... piangere... quello che si dice piangere, non lo faccio mai: mi costa molto, mi intristisco mi fanno male occhi e bocca pero non piango. Mi succede lo stesso con il vomito: mi costa la mia stessa vita vomitare, anche se mi sento malissimo o abbia bevuto l’impossibile, vado a letto male, passo una notte terribile pero non vomito... magari è carattere, ingoio tutto..

    —¡Ah, beh io no! io mi faccio delle vomitate perfette, è la cosa migliore: bere come una spugna, e dopo infilarsi le dita e vomitare, vai a letto come un re.

    L’aereo s’inclino di nuovo e si stabilizzo scendendo sulle luci. Tra tutti le trame infinite di luci sembrava che l’apparecchio scegliesse e s’infilasse in un cammino dritto e ordinato marcando per pietre miliari luminose, qualcuna intermittente e certi segnali rossi. Intorno le luci ordinate, si intensificavano altre luci con toni pesca, dorati, arancioni: il tessuto luminoso di Delhi.

    Entrarono nella membrana di luci ambrata che ricopriva la città, scesero un poco ancora e dopo qualche istante si posarono a terra.

    1.1 Hotel 55

    ––––––––

    Mauricio guardava la fila sbuffando: centinaia di turisti con i loro bagagli si allineavano davanti al controllo passaporti, un uomo di mezza età gli sorrise.

    —Take it easy. —L’uomo parlava un inglese commerciale, con un forte accento indiano, pero con tocchi di corso formale di inglese. Tomás y Mauricio lo capivano meglio di qualsiasi inglese nativo . Continuarono ad ascoltare e capivano tutto, come se ascoltassero un compagno di classe ai tempi della scuola—. In India devi sempre aspettare. —Concluse quell'uomo.

    Tomás guardava fuori, schivando ostacoli con la vista, allungava la sua testa come cercando qualcosa. Mauricio si appoggiò sulla spalla.

    —¿Che hai?

    —Niente, cerco il tassista che mi hanno mandato dall’hotel.

    —Tassista dell’ hotel?, ¿che fai un viaggio di lusso?

    —Ha, ha... nooo mi consigliarono che almeno la prima notte mi alloggiare in un hotel riservato dalla Spagna e di farmi mandare un taxi.

    —Perché?, Quelli dell’hotel non ti inganneranno?

    —Non è questo, è per sicurezza, la guida di viaggio lo consiglia per sicurezza in qualsiasi viaggio internazionale. Può essere pericoloso prendere un taxi che non conosci all’aeroporto a quest’ora: ti possono portare all’hotel che scelgono loro e farsi pagare quello che vogliono tra l’altro...

    —Che Caproni!... A che hotel vai tu?

    —Io oggi vado al Hotel 55: nella guida del vagabondo dice che è un buon hotel, non so se è caro, pero vale la pena non cagarla il primo giorno.

    —Allora sai cosa ti dico: vengo col tuo Taxi!

    —¡Un momento! come dice quell’uomo lì, take it easy. —Tomás le mise il palmo della mano davanti—. Non mi dire che vieni perché si, chiedimi prima se ho voglia di condividere il taxi con te.

    —Vabbè, credevo fossimo amici: in più risparmi e hai un amichetto con cui parlare spagnolo: che c’è? Non ti convince?

    —Non si tratta di questo, io avevo un’idea di viaggio e questo è un’altra cosa. Mi va bene che condividiamo il taxi e vieni all’hotel se ne hai voglia, pero a partir da li io voglio farmi il viaggio da solo, mischiare con la gente del posto e cercare qualche lezione spirituale: quello che si chiama un viaggio di iniziazione.

    —Ok, ok, quello che vuoi, pero pensa per adesso: ci va bene a tutti e due prendere il taxi e uscire dall’aeroporto?, allora punto! —Si mise lo zaino in spalla e cominciò a camminare.

    Quando uscirono dal controllo passaporti si ritrovarono in una sala grande dell’ aeroporto. Vari uomini qualcuno con vestito e turbante, aspettavano, cartello bianco in mano, i loro clienti. Tomás non trovava il suo autista, all’improvviso capì che era l’ometto con un pigiama marrone che manteneva un cartellino nelle sue mani con qualcosa di simile al suo cognome con lettere sbagliate.

    Arrivarono al parcheggio accompagnati dall’autista. L’uomo, avanti negli anni e carnagione scura, voleva a tutti i costi  portare gli zaini, ma tutti e due glielo impedirono. Nel parcheggio vari furgoni, macchine di lusso e taxi vivevano l’affluenza di turisti. L’autista si avvicinò a un motocarro e aprì la porticina indicando con il palmo della mano verso l’interno con una reverenza.

    —Please sir.

    Tomás guardò Mauricio con una smorfia.

    —Ti piace la limousine?

    —Io lo sapevo che seguendo il tuo sentiero andavamo lontano. —Si tolse lo zaino e lo buttò nel veicolo.

    Il Rick Shaw partì rumorosamente, l’ometto girava il manubrio con scioltezza tra il groviglio di traffico. Nella parte posteriore Mauricio y Tomás, incastrati con i loro zaini, guardavano la notte sulla strada: lunghe file di lucente automobili transitavano per quell’arteria verso il cuore di Delhi.

    L’autista guidò il veicolo intorno a una strada che circondava una piazza. Anche a quell’ora, c’era ancora gente che gironzolava alla luce fioca dei fari. Il motocarro si fermò davanti a una grande porta di legno con la pittura mezza rotta, su di essa un cartello luminoso di piccole dimensioni: Hotel 55.

    Mauricio strinse la mano la mano all’autista.

    —Grazie, un viaggio molto piacevole. —poi guardò Tomás—. Sei pazzo!, meno male che ti ho dato retta e sono venuto con te.

    Tomás si metteva lo zaino, sudava abbondantemente, la notte era così assurda come la situazione.

    —Retta a cosa? io non ti ho chiesto di venire, sei stato tu, ora sai cosa c’è ... io lo sapevo!

    Mauricio suonò il campanello:

    —No, vedrai, se veramente va bene, io venivo a questo...è molto autentico, preferisco una pensione a un hotel di lusso. Però che lo chiamino per nome!

    Un giovane magro, coi capelli pieni di gel li accompagnò alle stanze. Tomás entrò nella sua, il giovane lo seguì mostrandogli la televisione e accendendola. 

    —The toilette please? —Tomás chiedeva con voce tremante e sopracciglia arcuata.

    Il ragazzo, diligente, gli aprì la porta.

    —Off course sir: western style!—disse segnalando la tazza del w.c.

    La stanza non era niente dell’altro mondo, era relativamente pulita, con la parete ricoperta di moquette verde scolorita dal tempo e piena di macchie oleose. L’aspetto era accettabile e il letto comodo.

    Il giovane sparì per la porta portandosi dietro il passaporto, di mattina avrebbero fatto i conti, bussarono alla porta: era Mauricio.

    —Che forte! ... Sei un mostro!

    Entrò nella stanza con un bicchiere in mano e aprì il piccolo frigorifero con mini-bar.

    —Dai dobbiamo celebrare. —Prese un altro bicchiere dal lavandino del bagno e svuotò due bottigliette di whisky  alle quali seguirono due coca cola.

    Tomás prese uno dei bicchieri.

    —Venire in india per bere in uno squallido hotel...

    Mauricio avvicinò il bicchiere.

    —Bravo, brindiamo per l’India e le indiane, ancora non ne ho visto una bona!

    Tomás prese il telecomando.

    —Vediamo che c’è in tele...

    I differenti canali offrivano la stessa cosa: o telegiornali incomprensibili, o una successione di video musicali con cantanti e colorate coreografie.

    —Che forte!, sono più pacchiani di quello che pensavo ... —La risata di Mauricio risuonava in tutto l’hotel.

    Tomás si stese sul letto, stanco, mentre Mauricio si dedicava a fare zapping da una sedia di fronte al televisore. Le sue risa impedivano a Tomás di addormentarsi. Quando finì il whisky passarono al gin.

    —Guarda che bestie: Sembrano I Camela dell’India —Mauricio non sembrava stancarsi dei video.

    Tomás sorrise:

    —Sono ubriaco, credo che è ora di dormire.

    Mauricio andò al mini-bar.

    —Restano due birre indiane! Facciamo il controllo di qualità e dopo me ne vado.

    Tomás guardò le macchie della moquette della parete: gli ricordavano il mappamondo, le zone dell’Europa erano sfocate.

    —Ok dai, beviamo per dimenticare!

    Mauricio si sedette ai piedi del letto con lo sguardo fisso alla tele e passò la birra all’indietro.

    —Ci sono cose che non si dimenticano, se ti contassi... io ero un tipo formale, con un lavoro, mi dovevo sposare etc. ... Pero non ti voglio affliggere!, beviamo!

    Tomás guardava il tetto, che risaltava bianco sulle pareti verdi ricoperte di moquette, solo un mese fa il suo mondo era caduto, ricordò quell’occasione guardando il tetto e la dolce voce di Sara:

    —Mi spiace, non ti capisco, anche se ci provo: Non ci riesco!, e neanche tu a me. Già non è come all’inizio, non ci baciamo alla stessa maniera, tutto è più freddo, più triste, non posso continuare così!

    Rivisse la sua propria confusione, come se quel tetto bianco girasse e la devastazione spazzasse quella che sembrava una vita stabile.. Il suo cuore si accelerò e la sua respirazione pesante sembrava ripetere le ultime parole che disse quella notte:

    —Non dire così!, davvero non senti niente?, davvero non mi ami?—cercò di vederlo nei suoi occhi, pero lei, che pure stava guardando il soffitto, schivò il suo sguardo e si girò bruscamente nel letto, restando in posizione fetale dandogli le spalle.

    —Non mi toccare! —si strinse su di se ulteriormente— Vedi che ti dico!, non ne posso più! —la sua voce si ruppe—. Mi spiace, non ne posso più.

    La senti singhiozzare per un po’, cercò di accarezzarla, pero lei era chiusa, la sua pelle s’irrigidiva e il suo corpo lo respingeva. La notte passò in bianco, nessuno si mosse per spegnere la luce. Tomás guardava il tetto con gli occhi fissi. Era come un foglio in bianco, no! era una schermata Word in bianco dove qualcuno ha cancellato tutto: amore vero, spiritualità, fiducia... tutto era sparito, non c’era verso di ripristinare. Mentre, Sara sembrava congelata e curva su se stessa. E sopra il bianco, non era vuoto, ma un bianco che faceva male agli occhi, spietato e terrificante.

    Sara si alzò, l’orologio del comodino segnava le 6:30 del mattino:

    —Vado al chiosco dei tassisti, sarà già aperto, ho bisogno di una sigaretta.

    Lui si alzò e cercò i suoi occhi, ma lei gli diede le spalle mentre si vestiva con la sua salopette, quella a righe violetta, azzurre e rosse che Tomás comprò a quegli hippies quando fecero insieme  il Camino de Santiago.

    —Mi spiace, davvero, ti ho amato molto, però non credo che possa seguire con questo, non per il resto della mia vita, è da tempo che mi sto soffocando.

    Si allontanò a passo leggero e chiuse con un forte colpo la porta principale dietro di lei. Tomás sentì come se si fermasse la respirazione e si contraessero le spalle. Qualcosa era cambiato: lei, così delicata e così yogica, non aveva mai sbattuto la porta.

    —Questa birra ha il suo perché! —Mauricio brindò improvvisamente facendo si che parte della bottiglia di Tomás si rovesciò sul letto.

    Lo sguardo di Tomás si staccò dal tetto dell’hotel, Sara, così spirituale e contemporaneamente così instabile, si sbiadì. L’amore vero era stato una truffa. Bevve per sciogliere il nodo in gola e rise guardando la televisione.

    Finita la birra, Mauricio abbandonò la stanza sbattendo la porta. Tomás restò un po’ sveglio, con la luce spenta, guardando video musicali. I lampi di colore rallegravano l’oscurità sulla logorata moquette che la avvolgeva, il mappamondo di macchie si offuscava a tratti.

    1. 2 Rickshaws

    Tomás si alzò e scese dalle strette scale, il ragazzo con i capelli oleosi lo salutò con diligenza mostrandogli il passaporto. Lo prese e pagò la stanza, le sembrò economica: sette euro al cambio e altri sette per il taxi. Lo informò delle bibite: la testa gommata oscillò con un sorriso. Furono altri dieci euro.

    La strada era viva: una moltitudine di macchine verdi fluiva sopra e sotto, un autista  scarno e senza denti avvicinò il suo veicolo al marciapiede alzando la polvere:

    —Sir!, Sir!, Rick Shaw? —Tomás negò con la sua mano

    —No thanks. —Il motocarro lo seguì a breve distanza.

    —Sir, Sir!  —Tomás negò di nuovo, anche se il suo inseguitore insisteva.

    Girò l'angolo ed entrò da un portico, dove brulicavano diverse aziende:  agenzie di viaggi, qualche ristorante, negozi di vestiti, un cinema. Fuori al portico, lo sdentato lo seguiva con insistenza

    —Sir!, sir!

    Entrò in un piccolo locale, un giovane, vestito di bianco e con la testa coperta da un piccolo cappello dello stesso colore lo assistette. Tomás apri la sua guida del giramondo:

    —Lassi please.

    Il giovane servì al momento un bicchiere grande pieno di yogurt fatto in casa. Tomás lo bevve di fretta e all’improvviso i suoi occhi si riempirono di lacrime. Guardò lo sporco tetto del locale e lasciò il bicchiere sopra al banco, dando un forte colpo che spaventò il cameriere. Senza dire una parola mise delle rupie sul banco e uscì dal locale. Si inclinò in avanti mentre con un fazzolettino di carta si asciugava le lacrime e si soffiava il naso. «Cazzo —pensò—, con il lavoraccio che faccio per  piangere, oggi piango a dirotto per un cazzo di yogurt ».

    Si alzò e sospirò, lo sdentato del Rick Shaw era sparito, sentì quindi una mano sulla spalla, un ragazzo sorridente con camicia gialla di seta gli mostrava una cartina:

    —E’ un regalo sir, sono dell’agenzia statale di viaggi. —Il ragazzo parlava quest’inglese che usavano tutti per parlare con i turisti che era facile da capire.

    Tomás rifiutò, senza esito, finì con la cartina in mano. Il ragazzo in pochi istanti seppe tutto su di lui, era uno spagnolo, era appena arrivato, si alloggiava nell’ Hotel 55, dove c’era un altro spagnolo...

    Tomás ritornò sui suoi passi, il ragazzo lo accompagnava, il sole che sorgeva splendeva sulla seta gialla della camicia promuovendo il suo sorriso. Si avvicinò un motocarro guidato da un uomo bassino vestito con una maglietta del F.C. Barcelona che gli tagliò la strada, le linee accentuavano la sua enorme pancia.

    —Rick Shaw sir?!

    Il ragazzo in giallo andò avanti e cominciò a discutere con l’autista, Tomás approfittò per scappare e affrettare il passo verso l’hotel. Immediatamente sentì come una pietra sulla spalla.

    —Sir, non faccia caso agli autisti dei Rick Shaw, cercano sempre di agganciarti. 

    Tomás guardava i suoi piedi, alzando la polvere dal pavimento di piastrelle rotte.

    Il ragazzo gli scosse la spalla:

    —Dove andiamo ora sir? Ho sconti per tutto, taxi, treni, deluxe bus.

    Tomás gli spostò gli artigli con una manata:

    —Basta! Non andiamo da nessuna parte!

    Il ragazzo guardò con gli occhi e la bocca sgranati:

    —Che succede sir?

    L’insegna dell’hotel era vista come l’obbiettivo, Tomás accelerò mentre il ragazzo del giallo splendente parlottava al suo lato.

    Attraversò l’entrata dell’ hotel senza salutare il ragazzo che, gli aveva dato un biglietto da visita.

    —See you later sir!

    1.3. Chandni Chowk

    Mauricio si svegliò bagnato di sudore: gli faceva male la testa, rumori e voci si mescolavano con le voci dei suoi sogni: bambini che gridavano! Il cuore gli usciva dal petto. Guardò al tetto e le pareti di moquette, si spaventò, quello non era il suo letto.

    «Ah ok!... ¡sono in India!».

    Qualcuno batteva alla porta... la voce era di Tomás. Si alzò dal letto traballante e si mise i jeans.

    —Arrivo ...che postumi!... —I colpi alla porta continuavano.

    —Addio, me ne vado di qui, questo posto è opprimente...

    —Dai su, aspetta, che sto ancora addormentato, facciamoci un giro e mi racconti.

    Si mettono d’accordo per lasciare le valigie nell’hotel mentre decidevano cosa fare. Uscirono per strada, Tomás lanciava ai lati sguardi fugaci.

    —Usciamo dalla Piazza velocemente! E non fermiamoci: ¡se ci vedono siamo persi!

    La priorità era attraversare la strada, una moto stava per buttare sotto Mauricio. Tomás lo tirò da un braccio evitando che succedesse.

    —Attento: qua guidano al contrario!, come in Inghilterra.

    —Al contrario... diritto e in tutti i modi!, hai visto che pazzi?

    Tomás guardava lo spettacolo: vetture fatiscenti, motorickshaws, Rick Shaw tirati da biciclette, moto moderne, carretti...tutti fluivano caoticamente. Ogni autista sembrava suonare il clacson in continuazione come un modo normale di guidare.

    —Sì, una pazzia: però funziona...¡corri!, andiamo dietro a questo!

    Tutti e due si gettarono nella corrente, seguirono il passo di un esperto pedone locale.. Tomás prese la mappa dalla tasca:

    —Siamo qui!

    Mauricio guardò la cartina:

    — E come arriviamo a Olda Delhi?

    Tomás indicò una grande strada: penso che sia tutto dritto e poi arriviamo a Chandni Chowk: la strada dell’antico bazar.

    Cominciarono a camminare provando ad ignorare gli autisti di moto-rickshaws.  Attraversarono un gruppo di baracche, intorno al quale erano stipati molti Rick Shaw a pedali, alcuni uomini in abiti logori e accovacciati ne aggiustavano uno.

    —Guarda, questo si è fermato nel box.

    Tomás indicò in avanti.

    —Corri!, non ti fermare, che non ci vedano!

    —Rilassati, che stanno facendo le loro cose...mangiamo qualcosa?

    —disse, indicando un anziano accovacciato che scaldava in mezzo al marciapiede una padella di lenticchie con un fornello portatile. L’anziano, in pantaloni corti, lasciava all'aria delle gambe magre con i gemelli ipertrofici. 

    —Guarda li avanti già comincia l’Old Delhi, sicuro che trovi qualcosa di buono per la colazione —Lo sguardo di Tomás oscillava tra la guida e l’intorno.

    Si addentrarono per delle stradine strette, potevano toccare le due pareti se allargavano le braccia: nella penombra apparvero motociclette, una donna che, con una bacinella azzurra, lavava a un bambino in mezzo alla strada, annusarono il fumo profumato e penetrante di qualche piccolo santuario con dei colorati ripieni di fiori e oli aromatici. Tomás si fermò un momento vicino a un barbiere, che esercitava la sua professione su di una sedia messa in mezzo alla strada. L’ambiente saturava i sensi: si mischiava l’oscurità con il colore, l’umidità con l’incenso, stufati speziati e carburante.

    Tomás si fermò un momento a guardare la cartina. Mauricio gliela tolse.

    —Vediamo dove siamo... Porca zozza!, non ci sono indicazioni per strada —Camminò un poco vagando, guardando in alto. Le pareti, sporche scrostate, erano tappezzate da grovigli di cavi, che come liane  si arrampicavano e pendevano da un muro all’altro, tra questi riconobbe una scritta —. Tomás guarda!, qui c’è un cartello, pero è scritto in arabo!

    —Hindi, questo è devanagari, la scrittura hindi...pero per noi è come se fosse cinese.

    Mauricio gli restituì la mappa.

    —Meglio se chiediamo a qualcuno.

    —No, che ci intrappolano!, tu non sai quanto sono pesanti! È meglio continuare  avanti e vedrai che qualcosa troviamo.

    Dopo aver camminato un poco tra stradine, il paesaggio si apriva in un’ampia strada multicolore di gente, ai due lati di essa c’erano portici e gallerie con negozi: Tomás cacciò la sua guida.

    —Questo deve essere Chandni Chowk.

    La presenza davanti a loro di un uomo basso e pienotto, con maglietta del F.C. Barcellona e un bigliettino nella mano, gli confermò che erano nella zona commerciale.

    —Non può essere!, quello di stamattina?, o sono un franchising?

    —Tomás mise entrambe le sue mani in testa.

    Mauricio prese il bigliettino: Vestiti e Sari su misura... L’uomo si spiegò:

    —Sir, è il posto migliore, se vi accompagno vi faranno uno sconto...

    —Vai avanti Mauricio!, non volevi fare colazione...? —l’uomo li seguiva, tirando fuori un altro bigliettino.

    —Conosco un ristorante con prezzo speciale per turisti —I viaggiatori continuarono a camminare.

    —Si molto speciale... —mormorò Tomás.

    Mauricio guardava il bigliettino del negozio di vestiti.

    —Per lo meno il negozio sarà elegante: sto tipo ha stile nel vestirsi.

    —Strizzava l’occhio a Tomás, guardando la combinazione della maglietta che mostrava i rotoli di grasso  sopra i pantaloni grigi, che finivano quasi a terra in dei rammendati sandali di gomma. Il tassista relazioni pubbliche avvisò ai  turisti:

    —vado a prendere il mio Rick Shaw, non muovetevi. —Quando tornò non trovò nessuno.

    Tomás y Mauricio si trovavano al coperto: in un piccolo locale che puzzava di frittura. In una delle pareti brillava spento un girarrosto di pollo imbrattato con spezie rosse, che gli dava un bagliore quasi fluorescente. Mauricio rileggeva mille volte il menu scritto in hindi, mentre Tomás nascondeva, coprendo con la mappa, un altro menu tradotto in inglese:

    —Lascia perdere Mauricio, ti ordino una colazione tipica della India. —Si alzò andando al bar, dietro al quale uno chef mescolava in una grande padella nera.

    Mauricio lasciò il menu a un lato.

    —Ok: mangerei in questo momento Falete impanato.

    Tomás rise guardando l’olio bollente pieno di panzerotti triangolari.

    —Falete non

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