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Carina
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E-book213 pagine3 ore

Carina

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Info su questo ebook

Questo libro racconta il destino di due emigranti: un anziano professore spagnolo con radici italiane e una giovane donna russa, Carina, che si incontrano per caso a Berlino. Entrambi, per motivi diversi, furono costretti ad emigrare dalla loro patria, affrontando molte prove per trovarsi in questo nuovo mondo “straniero”. Su questa strada hanno incontrato la loro anima gemella e sono stati travolti da una vera passione. Il libro ci porta in viaggio in diversi Paesi. Carina è un’immagine collettiva di giovani ragazze russe emigrate nei crudeli anni Novanta all’estero in cerca di una vita migliore, il cui processo di maturazione era avvenuto fuori dal loro Paese. La storia di Carina ci mostra il percorso di una donna verso se stessa e alla ricerca della propria vocazione nella vita, dove ha dovuto attraversare condizioni e circostanze che non erano a favore dell’eroina.

Sofia Lorenzo nacque nel 1978 nel territorio dell’ex Unione Sovietica.
Fin dall’infanzia si è interessata alla letteratura e per qualche tempo ha lavorato come giornalista.
Alla fine degli anni ‘90 emigrò all’estero, vivendo in Germania, Messico e Spagna. 
Dopo aver conseguito una laurea in relazioni internazionali, lavorò per qualche tempo nel campo delle relazioni internazionali, che la portò ad incontrare delle persone le cui storie di vita le sono state utili, in parte, come base per il suo primo romanzo: Carina.
LinguaItaliano
Data di uscita2 ott 2023
ISBN9791255371205
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    Anteprima del libro

    Carina - Sofia Lorenzo

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    Sofia Lorenzo

    Carina

    © 2023 Vertigo Edizioni s.r.l., Roma

    www.vertigoedizioni.it

    info@vertigoedizioni.it

    Traduzione dallo spagnolo di Alessia Venditti

    ISBN 979-12-5537-076-5

    I edizione giugno 2023

    Sofia Lorenzo - tutti i diritti riservati.

    Tutto il materiale utilizzato in questo libro proviene dall’archivio privato dell’autore

    Finito di stampare nel mese di giugno 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    Carina

    Dedicato alla mia amata sorella.

    Che questo mondo possa sempre prendersi cura di te.

    Che una mano invisibile ti possa guidare lungo il cammino pieno di saggezza, felicità e giustizia.

    Lei era la piccola finestra, il piccolo foro luminoso nella mia buia caverna dell’angoscia. Lei era la redenzione, la via della liberazione. Doveva insegnarmi a vivere o insegnarmi a morire; doveva, con la sua mano sicura e bella, toccare il mio cuore intorpidito perché a contatto con la vita fiorisse o si sbriciolasse in cenere.

    Herman Hesse

    Il lupo della steppa

    LUI

    L’ho conosciuta per caso. Quella notte tornai in hotel dopo un ricevimento ufficiale, durante il quale, come al solito, fecero delle promesse surreali, parlarono di niente di speciale e furono gentili senza una ragione particolare. Ero molto stanco di queste ostentate conversazioni vuote e volevo solo andare a letto. Era già abbastanza tardi.

    Lei era dietro il banco della reception e distribuiva le chiavi delle camere. Quando la vidi, mi colpì la stanchezza del suo volto e una misteriosa tristezza che la avvolgeva, ma rimasi affascinato dai suoi incredibili occhi verdi, che cambiarono completamente la mia prima impressione. Il fuoco della forza interiore e della saggezza vitale ardeva in loro. Mi resi conto che davanti a me c’era una donna che avrebbe potuto comprendermi perfettamente. Il fuoco nei suoi occhi diceva che il suo spirito poteva talvolta piegarsi, ma non era possibile spezzarlo.

    Inaspettatamente, venni catturato da questa forza e non riuscii a prendere semplicemente le chiavi e ad andarmene, comincia a parlare.

    Good evening, fu il suo primo saluto in inglese. Aveva un accento britannico. In quel momento non riuscii ad immaginarla fuori dalla Russia. Non c’era niente in lei di russo. Solamente i capelli lunghi castani, raccolti alla maniera spagnola, che lasciavano trasparire un po’ delle sue radici slave. Subito dopo aver scoperto che io vivevo in Spagna, con grande sorpresa, iniziammo a parlare spagnolo. Ci fu solo il tempo di scambiare poche frasi quando di un tratto si spensero le luci. In una metropoli così ben organizzata come Berlino, questo accade raramente. I tedeschi solitamente mantengono tutto fedelmente in ordine. Per ragioni sconosciute tutto il vicinato era rimasto senza corrente. L’hotel accese le luci d’emergenza e iniziò a crearsi il panico tra alcuni ospiti. Uscirono dalle loro stanze e scesero alla reception iniziando a fare domande, alcune anche assurde. Lei cercò di calmare tutti e di chiarire la situazione. In quel momento mi si presentò la ragione perfetta per stare vicino a lei per le successive due ore e, alla fine, per alcuni anni.

    Alla nostra prima conversazione seguirono una serie di altre conversazioni, le quali si svolsero in ambienti inaspettati: durante la notte, seduti sul pavimento di un hotel a Vienna, nella cucina del mio appartamento a Madrid, nel quartiere ebraico di Parigi, nell’ambasciata Russa a Berlino… Solamente in Russia non potevo andare a trovarla. I russi trovavano sempre un motivo per non concedermi il visto. Quest’ultimo era legato alla mia attività professionale.

    Io le diedi il nome di Carina – carina in italiano significa graziosa e anche, in senso figurato il mio tesoro – perché, per me, lei era la cosa più cara del mondo. Sapevo bene che il mio tempo era già passato e la differenza di età era di oltre trent’anni. Le nostre famiglie, i miei figli e le circostanze della vita non ci avevano permesso di stare insieme, ma quando quella notte la guardai dritta negli occhi, non riuscii semplicemente ad alzarmi e andarmene. Fui sopraffatto dai sentimenti e accantonai nella mia mente tutte le argomentazioni che il mio cervello analizzatore cercava di urlarmi contro.

    Ogni volta che parlavo con lei il concetto di tempo, di età e tutto il resto, svaniva. Esisteva solo lei e il suo fascino. Mi assorbiva completamente e non mi permetteva di terminare la nostra storia, quella che in realtà esisteva solo nella mia mente. Ma io non riuscivo a fermarmi.

    Quella prima notte parlammo per ore. Scoprimmo che in un certo senso eravamo colleghi. Lei studiava ancora all’università, frequentava la specialistica in cui ero già un rispettabile professore. Scherzavamo riguardo la nostra scienza comune, scherzavamo sulla vita. Quello stesso senso dell’umorismo dava un tocco speciale alle nostre conversazioni. Spesso ricordavo alcuni suoi dettagli solo alcuni giorni dopo la nostra conversazione e ridevo di cuore al ricordo delle nostre battute comuni. Quella notte non avevo voglia di dormire, tuttavia, decisi subito di andarmene. Non volevo sembrare invadente. Sarei dovuto partire la notte successiva. Addio carina, addio Berlino, addio, sogni… Non pensavo di poterla vedere in altre occasioni e feci il possibile per incontrarla il giorno successivo.

    Mi sedetti vicino alla finestra in un vecchio caffè sulle rive della Sprea e presi un bicchiere di whisky per trovare il coraggio di dirle che non potevo permettermi di vederla per l’ultima volta. Già sapevo che avrei dovuto incontrarla ancora e ancora. Era una grigia giornata di primavera a Berlino. Umida e sgradevole. Il cielo era coperto da nuvole incolori, l’umidità che era nell’aria entrava nelle ossa, rovinando l’umore.

    Il suo sorriso all’entrata della caffetteria illuminò tutta la strada e il mio cuore. Subito mi sentii caldo e confortevole. Sì, il whisky stava facendo effetto. Il suo cappotto blu primaverile lungo fino alle ginocchia e la sua sciarpa rossa e blu, i suoi occhi verdi e i suoi capelli castani ricordavano i colori dei disegni di Marc Chagall. Ci salutammo educatamente. Si sedette di fronte a me e ordinò tè e croissant. Così iniziò la mia storia con lei…

    Inoltre, lei aveva solo ventiquattro anni, ma, secondo le mie sensazioni, non c’era alcuna differenza di età. Il suo spirito era così forte e maturo che a volte sembrava che fosse più grande di me. Il segreto era nella storia della sua vita. Carina mi raccontò molto di lei, la sua storia mi sorprendeva sempre di più. Non si lamentava mai della sua vita. Solo in rare occasioni mi diceva qualcosa o quando le facevo qualche domanda. A soli vent’anni aveva già vissuto tanto quanto vivono molti in tutta la loro vita. In un primo momento, rimasi sorpreso dal racconto di come arrivò in Europa e cosa la lasciò qui. Così, per me la parola Russia venne associata a qualcosa come la foresta oscura. A causa del lavoro, fui costretto però a mantenere i rapporti con i russi. Ma non parlai mai direttamente con loro, non fui costretto a farlo in nessun modo. Inizia a scoprire un mondo nuovo, cominciando con la melanconia russa già espressa con la nota musicale La minore, con la tragedia dell’essere e terminata con un enorme e caldo cuore russo che mi scaldava in tutte le parti del mondo in cui mi trovavo, indipendentemente dal tempo che trascorreva tra i nostri incontri. Per tutti quelli che non conoscevano la loro storia, lei era una giovane donna di successo, con una buona educazione, veniva da una famiglia meravigliosa. Questo pensavano loro. Molti la invidiavano, credendo che potesse ottenere tutto nella vita molto facilmente. Lei sorrideva e non rispondeva. Per un attimo solo un’ombra di profonda tristezza attraversava il suo volto.

    In generale, non importava che fossi un italiano che aveva trascorso la maggior parte della sua vita vivendo e viaggiando in molti Paesi e che, alla fine, fossi rimasto a Madrid. Mio figlio maggiore, quando ancora era molto giovane, raccontava con orgoglio ai suoi compagni che suo padre lavorava in aeroporto. Arrivò a questa conclusione perché lui e sua madre dovevano costantemente venire a prendermi e accompagnarmi lì. Carina era russa, lei anche stava cercando la sua felicità nei paesi spagnoli, ma incontrò il suo rifugio a Berlino. Entrambi eravamo come nomadi, che si incontravano in un punto lungo la strada, dove all’epoca non avevamo idea di come arrivare all’inizio della nostra storia. Le nostre vite assomigliavano a un treno in corsa. Lungo il percorso i passeggeri temporanei salivano sul treno nelle varie stazioni e ci accompagnavano per un po’. Poi andavano via nelle stazioni delle loro vite quello che, secondo loro, era il posto che gli spettava. Ne entravano di nuovi. Il circolo continuava. Anch’io, come lei, speravo di poter scendere un giorno in una stazione prestabilita solo per me e di restarci per sempre. Così, diventammo passeggeri dello stesso treno della stessa vita, che ci ha portato allo scopo designato, come abbiamo ritenuto opportuno.

    *

    La conobbi in quella tappa della mia vita quando stava per nascere il mio secondo figlio e la mia seconda parte, come la chiamarono successivamente in tribunale, si ammalò di cancro e non riuscì più a prendersi cura dei nostri bambini. A quel tempo non mi rendevo ancora conto che la malattia di solito serve per farci capire qualcosa nella vita, per farci rendere conto che stiamo sbagliando, per far girare la nostra nave nella giusta direzione e non navigare nel miraggio della nebbia, dove continuiamo a dirigerci, quasi infrangendoci sugli scogli; al contrario, ci serve per raggiungere la nostra giusta direzione. Nel caso della mia seconda parte, tutto accadde al contrario. Si arrabbiò con il mondo, divenne irascibile e nei miei confronti e dei bambini il suo comportamento era semplicemente insopportabile, come purtroppo accade a molti in uno stato di malattia. Molto spesso, invece di analizzare i propri errori e rendersi conto di quale errore si sta commettendo, si inizia a cercare un colpevole esterno. E quando si trova una vittima, si inizia a scaricare su di essa tutto il loro malcontento, cercando di sfuggire alla consapevolezza dei propri errori nella vita. È molto più facile dire che la colpa è di qualcun altro, piuttosto che lavorare su sé stessi. Il lavoro interiore implica il riconoscimento e la consapevolezza dei propri errori. Questa situazione era ulteriormente complicata dal fatto che, a causa del mio lavoro a livello internazionale, dovevo costantemente viaggiare per lavoro e quindi non potevo prendere parte quotidianamente alla vita della mia famiglia. Di conseguenza, venni scelto da lei come vittima.

    La mia seconda parte proveniva da una famiglia spagnola molto ricca, che possedeva molte proprietà immobiliari e oggetti d’antiquariato di valore. Ma, paradossalmente, per lei era sempre insufficiente in termini materiali. Quando, qualche tempo dopo, lei mi lasciò, si portò quasi tutto: la mia Mercedes, i miei preziosi dipinti originali, rimuovendoli dalle pareti del mio appartamento, il denaro, e tutto ciò che poteva prendere. All’inizio, cercai di resistere, ma lei mi minacciò dicendomi che avrebbe potuto vietarmi di avere contatti con i miei figli. Secondo la legge spagnola, questo sarebbe potuto accadere, quindi mi riconcilia con il mio destino e decisi di seguire la via della minor resistenza.

    In verità, io non volevo avere figli, non perché non mi piacessero, semplicemente presi la cosa così seriamente che avevo paura di commettere qualche errore. Mi domandavo se mi fossi potuto convertire in un vero padre, dando a un bambino tutto quello di cui avesse bisogno. Questa pura mi bloccò completamente. Ero un professionista nel portare via mogli e fidanzate ai miei amici. Con il mio aspetto, non ho mai avuto problemi con le donne. Il mio temperamento italiano e il mio senso dell’umore inusuale attraevano sempre le bellezze. Tra le donne ero famoso per la mia pelle delicata, che loro consideravano femminile, e per quello che riuscivo a fare con loro a letto. Tuttavia, non avrei potuto immaginare di avere un figlio con nessuna di loro. Ho fatto in modo che ciò non accadesse, così il primo figlio nacque quando avevo già cinquantaquattro anni. Sì, il mio primo figlio. Questo è successo solo perché ho sedotto la donna di un mio caro amico, e poi non ho potuto fare a meno di cedere alla sua persuasione di avere un figlio. La mia età e il mio senso di colpa nei confronti del mio amico mi dissero: Adesso o mai più. Quindi decisi di arrendermi.

    Probabilmente, dovuto al fatto che idealizzai troppo tutto, Dio mi fece uno scherzo crudele e la vita mi diede una madre per i miei figli completamente opposta a quella che volevo. Lei desiderava ardentemente partorire. Con i suoi trentadue anni già era in ritardo. I figli erano ciò che la società e i suoi parenti volevano da lei. Non credo che lei li volesse davvero. Avendo fatto proprie le idee altrui, le inserì nella sua vita come una maschera, sotto la quale nascondeva la sua incapacità di prendersi cura degli altri e di scendere a compromessi. Tutta la sua vita fu semplicemente una decorazione per la società che la circondava. Avendo appena partorito non era in grado di prendersi cura dei bambini. Già in ospedale io inizia a proteggere e a prendermi cura dei nostri figli, mentre lei sorprendeva le infermiere e le assistenti con il suo comportamento indifferente nei confronti dei suoi bambini. Così iniziò la vita dei miei due figli. Il padre divenne automaticamente anche la madre. Ma io non mi lamentai della mia vita. Al contrario, i bambini divennero il senso della mia vita. L’unica cosa che mi rattristava era che non avevo più tempo. Sebbene sembrassi più giovane per la mia età, il tempo si faceva sentire. A volte, durante le notti insonni, mi sdraiavo a letto e pensavo che non avrei avuto il tempo di dare ai miei figli tutto ciò che avevo sognato. Quando conobbi Carina, vidi in lei tutto ciò che avrei voluto in una donna e che la madre dei miei bambini non aveva.

    *

    Spesso pensavo a quale fosse la ragione della mia strana vita che mi aveva portato al punto in cui mi trovavo ora, sia fisicamente che emotivamente. Tutto iniziò con le mie radici, con la famiglia dei miei genitori. Mio padre ai tempi di Mussolini era della parte falsa e dopo la vittoria sulla Germania fascista e sul fascismo in Italia, dovette fuggire in Brasile per non cadere sotto il coltello dei vincitori. Fortunatamente, nella sua testa non c’erano solo idee fasciste, ma anche commerciali. Mio padre aveva dodici fratelli e sorelle sparsi in tutto il mondo. A quei tempi il Brasile non era un paradiso terrestre e sei mesi dopo ci trasferimmo in Argentina, dove si erano già stabiliti i miei zii. Durante questi sei mesi frequentai una scuola brasiliana, senza conoscere per niente il portoghese, cercando di comunicare con questo mondo completamente nuovo per me con le mie mani mostrando ciò che volevo dire. Quando iniziai a parlare più o meno il portoghese, mi portarono via da quel contesto e mi avvicinarono a una nuova lingua spagnola, fui costretto a ripetere la stessa storia dall’inizio. Però alla mia età apprendevo velocemente e, in generale, questo mi aiutò a adattarmi rapidamente alle nuove circostanze.

    Mio padre aprì la sua fabbrica a Buenos Aires. Quando fuggì dall’Italia dopo la vittoria sul fascismo, naturalmente portò con sé tutto ciò che aveva acquistato e saccheggiato. Aveva abbastanza denaro. La sua fabbrica si stava ingrandendo e dopo una crisi emotiva dovuta a idee politiche sbagliate e al cambiamento forzato non solo del Paese, ma anche del continente, l’unico piacere della vita per lui era il lavoro. Dopo aver avuto tre figli, era contento che la moglie fosse impegnata con la prole e, pur dandole del denaro, non espresse desideri particolari. Lui assecondava ogni suo capriccio, perché voleva semplicemente che lei lo lasciasse in pace e non interferisse con i suoi affari. I figli erano solo un’aggiunta obbligatoria alla sua vita, niente di più: li mostrava alla società quando ne aveva bisogno, ma in realtà non gli interessavano molto e questo era solo un modo per tenere occupata la moglie. A parte i soldi, non ho ricevuto molto da mio padre. Veniva raramente a casa nostra e dava tutto il denaro che gli veniva richiesto, solo per non dover affrontare il problema per il quale le monete erano necessarie.

    Nell’animo odiavo mia madre. Era una donna emozionalmente fredda e, per questo motivo, nel mostrare le sue emozioni spesso esagerava, mostrando a tutti che era piena di emozioni. Essendo molto intelligente e educata, scelse una vita dove tutto girava intorno a suo marito. Mia madre non si realizzò mai. Lei era solo una moglie, questo è tutto. Io non riuscii mai a perdonarla per questo. Mio padre, che era costantemente assente e sempre occupato, non si interessava ai suoi figli, questo, unito a una madre che si limitava a seguire la corrente e a mostrare false emozioni, mi faceva spesso infuriare. Volevo scappare da loro, il più lontano possibile. Questo mi ha spinto a vivere in sette paesi diversi, vivendo per un po’ in ciascuno di essi. Nacqui in Italia, dopo qualche anno andai in Brasile, Argentina, Cile, Francia, Austria, Stati Uniti, fino a quando, finalmente, mi fermai in Spagna.

    La mia prima fuga dai miei genitori fu in Cile, un paese vicino. Prima scappai a una corta distanza fino a quando decisi di scappare più lontano e per sempre. In Cile iniziai la

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