Il cittadino digitale
Di Paolo Pisani
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Anteprima del libro
Il cittadino digitale - Paolo Pisani
famiglia
Introduzione
Anno 2016: si parla di tecnologie all’avanguardia e di cloud, con un touch (neanche più con un clic) mettiamo in linea su Facebook o qualsiasi altro social network immagini, file, posizioni e mille altre cose, ma quando parliamo di altri aspetti, quelli sì veramente utili, niente da fare, non ci siamo. Mi riferisco a qualcosa che in particolari momenti della vita può essere utile, se non addirittura indispensabile.
Sono le mie informazioni medico-sanitarie, alcune di una semplicità elementare come il gruppo sanguigno (io non ricordo mai quello di mia moglie e di mio figlio!), altre un po’ più complesse riguardo patologie o malattie pregresse, oppure, semplicemente, la mia storia clinica e le cartelle cliniche di eventuali precedenti ricoveri, di qualsiasi tipo esse siano.
Perché non posso trovare nel cloud anche queste informazioni? Perché ogni volta che vado al pronto soccorso o devo subire un ricovero mi devono fare sempre le stesse domande (a cui peraltro non so quasi mai dare risposta): l’ha fatta la scarlattina?
Lo sapeva mia mamma, io non lo so.
Perché se ho urgenza di avere queste informazioni, non posso accedervi? E se in un altro Paese dovessi avere un incidente? Esami del sangue routinari in queste circostanze ci fanno perdere tempo e denaro. Ci vuole così tanto a stendere un protocollo nazionale, o meglio internazionale, per far fronte ad emergenze di questo tipo? La tecnologia ce lo consente, già da un pezzo. Costa sicuramente di meno recuperarle nel cloud – ma che cosa è il cloud? –, di cui si parlerà più avanti.
Invece no, oggi possiamo recuperare le informazioni più futili tramite i social network, ma non quelle veramente utili.
Il cittadino digitale deve poter chiedere a gran voce che una sanità pubblica ponga rimedio a questa carenza nella Smart Country
del prossimo futuro, ovvero nell’accezione più ampia di quell’insieme di città, grandi e piccole, di cui da parecchio tempo tanto si parla e che pochi sanno di cosa si tratta: le smart city.
Il termine Smart associato a qualsiasi altro termine come phone, tv, city, è abusato da parecchi anni a questa parte; con esso si intende qualcosa di innovativo, di intelligente, di interessante, qualcosa che dia un valore aggiunto agli oggetti a cui si accoppia, più o meno come la lettera i per Apple, affiancata ad altri termini (pod, phone o pad), che definiva un oggetto collocato nel futuro (chissà poi perché non hanno prodotto l’iWatch, ma l’Apple Watch?).
Il titolo di questo libro potrebbe essere il cittadino smart
o l’i-cittadino
, o le sue varianti nella sola lingua inglese.
Il concetto di cittadino digitale
vuole essere invece più pragmatico, senza creare aspettative sull’abusato termine Smart
o sul prefisso i
, perché l’obiettivo di questo libro è condurre per mano chi abita il nostro Paese, all’interno del nostro mondo digitale, quello italiano.
Il contesto digitale italiano, seppure con i suoi limiti, può mostrare al cittadino consapevole tutti i vantaggi che in questo momento la tecnologia ci offre.
La consapevolezza del cittadino digitale non può non tenere conto di altri aspetti verso i quali dovremo impattare in un prossimo futuro: si comprenderà come l’utilizzo responsabile dei mezzi digitali vada coniugato con tanti altri aspetti come l’ambiente, la mobilità, la governance del sistema urbano, il contesto economico, la partecipazione alla vita sociale, la vivibilità di tutti i giorni.
Ecco qualche esempio.
La prima settimana del maggio 2015 le agenzie di stampa segnalano risultati importanti per il fotovoltaico siciliano; il prezzo unico nazionale dell’elettricità (il PUN) ed il prezzo zonale sono stati equivalenti: 0,051 euro a kilowattora. Significa che l’energia prodotta da fonti rinnovabili è concorrenziale, come costo, a quella prodotta in modalità classica. Se ci si pensa, è un passaggio epocale: significa che, potenzialmente, in un prossimo futuro potremo diminuire sempre più l’uso di combustibili fossili a favore di energia pulita. E nel frattempo non bisogna dimenticare che la tecnologia avanza: Solarwindows, società americana dal nome significativo, promette entro pochi anni di aumentare l’efficienza dei pannelli fotovoltaici di parecchie volte, senza nemmeno collocarli sui tetti delle case, ma sostituendo le finestre.
E in quest’ottica, per esempio, a Milano, il superamento del limite dei 35 giorni del Pm10 stabilito dai parametri europei, anziché venire superato tra febbraio e marzo, come avviene da quando tali limiti sono stati definiti, potrebbe slittare molto più in là, o non riproporsi nemmeno; dobbiamo fare in modo che una situazione come quella dei continui sforamenti del limite avvenuti tra novembre e dicembre 2015, non solo a Milano, diventi un ricordo da non ripetere più.
Insomma, il cittadino moderno e digitale deve sapere che la tecnologia può dare una mano, e di fronte a scelte antiquate da parte dell’Amministrazione pubblica o di chicchessia, può decidere, consapevolmente, se e come far valere la propria voce, col supporto di dati oggettivi.
La parola smart, quindi, non va intesa solo come strettamente legata all’Information Technology, ma è lecito usarla ogni volta che si crea un valore aggiunto da associare ad una attività esistente che viene reinterpretata, con l’obiettivo di migliorare le condizioni dell’essere umano in senso lato: l’utilizzo di energia pulita determina una riduzione dell’inquinamento che si traduce in un miglioramento generico della qualità della vita, ma anche in un minor numero di malattie polmonari con minori costi a carico della sanità pubblica.
La smart city, sulla quale mi dilungherò nel quarto capitolo, non è fatta di sola tecnologia, ma di cittadini che svolgono un ruolo essenzialmente proattivo; dice Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab al MIT di Boston: Il mondo dei dati in tempo reale sta trasformando le nostre città. Una città intelligente non è fatta di tecnologia, ma di cittadini che svolgono un ruolo essenziale: la funzione cardine di raccogliere, condividere ed elaborare dati. I cittadini connessi sono il motore del cambiamento del tessuto urbano per la città del domani
.
Un’ultima nota: sono un informatico sensibile alle tematiche ambientali e mi definisco sul mio profilo Twitter bike addicted
; questo libro è quindi naturalmente orientato a privilegiare queste tematiche rispetto ad altre, per passione e per deformazione professionale.
Paolo - @paolopisani
1. Alfabetizzazione digitale
"Non quia difficilia sunt non audemus,
sed quia non audemus difficilia sunt."
"Non è perché le cose sono difficili che non osiamo farle,
è perché non osiamo farle che diventano difficili."
Seneca
Dare consapevolezza digitale ai cittadini non significa insegnare loro l’utilizzo di Word o di Excel (quelli che una volta si chiamavano videoscrittura e foglio elettronico), nel più classico degli schemi dell’insegnamento dell’informatica di base, ma renderli consapevoli che, a fronte dell’evoluzione dei dispositivi che maneggiamo quotidianamente, telefonini in primis, è possibile fare un’infinità di cose utili. Anche Word ed Excel sono strumenti ancora utili, ma i tempi sono cambiati: ora bisogna guidare il cittadino verso la conoscenza della Rete perché la usi e sfrutti a proprio vantaggio.
È tramite internet che si conosce, è per mezzo di internet che si fruisce di moltissimi servizi.
Internet e i dispositivi che consentono l’accesso alla Rete sono elementi abilitanti ai processi di partecipazione.
Chi non ha mai utilizzato internet può fare scoperte straordinarie, non immaginando la vastità delle informazioni disponibili.
Ricordo ancora le mie prime esperienze sulla rete nel 1995: mi sembrava di avere il mondo in mano, con il collegamento lento di allora e una disponibilità di informazioni irrisoria rispetto ad oggi ma che già pareva infinita!
La formazione digitale è in divenire; chi era alfabetizzato
dieci anni fa, ma non si è più tenuto al passo con l’evoluzione digitale, non è detto che lo sia ancora: è necessario aggiornarsi continuamente.
Le tecnologie informatiche evolvono rapidamente: per questo, bisogna imparare ad essere curiosi e proattivi nei confronti della tecnologia. Chi può essere considerato un cittadino pro-attivamente tecnologico? Per esempio chi non indugia ad installare sul proprio smartphone una nuova app su un tema di suo interesse, oppure, banalmente, chi non ha ritrosie nell’adottare sistemi per la velocizzazione della spesa (per esempio l’utilizzo del sistema Presto Spesa
di Esselunga o del Salvatempo
di Coop o l’equivalente di altre catene commerciali).
Accettare e seguire un processo di continuo apprendimento dovrebbe essere una cosa scontata, esattamente come il sapere umano: come si dice, non si finisce mai di imparare
.
Più si diffondono servizi o iniziative su internet utili e stimolanti, più sarà facile che l’interessato acceda nuovamente a internet, su quelle stesse pagine o tramite app.
Una volta che un cittadino ha imparato che internet è uno straordinario strumento di comunicazione e di condivisione, basta che riproponga ad altri ciò che ha appena appreso: utilizzare internet per comunicare e condividere.
Partiamo da questi dati¹:
- popolazione italiana: 59,8 milioni
- utenti internet attivi: 37,67 milioni
- account social media attivi: 28 milioni
- account social media mobile attivi: 24 milioni
Il gap da colmare nel nostro Paese è, potenzialmente, la differenza tra la popolazione italiana, bimbi esclusi, e gli utenti internet attivi.
Parliamo di quasi 20 milioni di persone.
In realtà il gap è addirittura maggiore perché tra gli utenti internet attivi, dovremmo distinguere utenti digitalmente consapevoli
e utenti internet a basso livello di consapevolezza
. Si stima quindi che la differenza tra popolazione e utenti internet consapevoli non sia lontana – a inizio 2016 –dai 35/40 milioni: una vera enormità.
Porto un esempio a supporto di queste cifre: l’utilizzo dell’internet banking e dei servizi postali online consente di risparmiare molto tempo e di accedere a servizi che tradizionalmente si svolgono in orari lavorativi in qualsiasi momento del giorno e della notte, festivi inclusi. Si tratta ormai di servizi in essere da molti anni, ai quali però non corrisponde un utilizzo intenso come potremmo pensare: dati Eurostat 2012 attestano che poco più di un terzo degli utilizzatori di internet italiani erano anche utilizzatori di servizi di banking online, mentre dati non ufficiali più recenti considerano comunque che tale valore non ha ancora superato il 50%.
Queste percentuali così basse confermano proprio la mancanza di consapevolezza da parte degli italiani sui servizi internet disponibili: se ogni cittadino sapesse che il servizio di internet banking permette di risparmiare parecchio tempo per alcuni servizi essenziali, probabilmente quella percentuale crescerebbe rapidamente.
La stessa consapevolezza ci farebbe vivere meglio in relazione ad un’infinità di altri servizi; al tempo stesso, la proattività e curiosità ci spingerebbero a provare nuovi servizi e nuove app.
Risparmiare? Sì, grazie!
Il semplice consiglio di verificare anche online i prezzi di tutto ciò che si acquista potrebbe sembrare scontato. In realtà quante persone lo seguono?
Personalmente, tutte le volte che mi reco in un centro commerciale ad acquistare prodotti di importo non trascurabile reperibili anche online, eseguo al volo un confronto con qualche comparatore² di prezzi online (Trovaprezzi, Amazon o eBay) e verifico la concorrenzialità del costo del prodotto.
Nella maggior parte dei casi i prezzi del negozio fisico sono superiori, anche fino al 30%, dei prezzi di vendita applicati online a prodotti identici.
Certo, provando un paio di scarpe sportive in un negozio e acquistandole poi on line potremmo sentirci fuori posto
ma così eliminiamo semplicemente il problema – che su questo tipo di articoli può verificarsi abbastanza spesso – di un eventuale reso.
Come acquirente online ho ottenuto i risparmi più elevati comprando elettrodomestici: dal microonde alla televisione, dal frigorifero all’asciugatrice...
Vai al centro commerciale, studi il prodotto, magari ti fai dare qualche consiglio, e poi lo compri online, sapendo anche che le spese di consegna, in genere, le hai sia nel caso in cui lo acquisti nel negozio fisico, sia nel caso dell’acquisto online. Solo una volta mi è capitato di comprare (il mio ultimo tv) nel centro commerciale: la verifica online mi aveva confermato che la vendita straordinaria con lo sconto valido solo nel weekend era effettivamente interessante.
La possibilità di effettuare un rapido check in tempo reale sui prezzi di un prodotto mi fa risparmiare il tempo di eventuali verifiche in altri negozi e, francamente, non mi farei particolari problemi etici; da sempre, e a maggior ragione con l’aumentare del costo del prodotto che si vuole acquistare, è naturale mettere in competizione canali di vendita diversi.
Con internet i confronti si possono eseguire in tempi brevissimi, anche su articoli poco costosi.
Io ho preso l’abitudine a queste verifiche praticamente per tutti i beni di