L'Italia che comunica in digitale
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Anteprima del libro
L'Italia che comunica in digitale - Livio Gigliuto
Indice
Introduzione
L’era matura della comunicazione digitale
di Francesco Di Costanzo
1. La rivoluzione digitale del 2020
A cura di Livio Gigliuto
1.1 PA, così nel 2020 la comunicazione digitale ha blindato il presente e aperto le porte al domani
di Sergio Talamo
1.2 La comunicazione delle utilities e la sfida della pandemia
di Gian Luca Spitella
1.3 Lo sport e la sua rivoluzione digitale: la comunicazione nello Sport 4.0
di Paolo Carito
1.4 La cultura al tempo della pandemia
di Mattia Morandi e Fulvia Palacino
2. L’impatto della pandemia sulla società italiana
A cura di Livio Gigliuto
2.1 Sindaci e social, la pandemia e la comunicazione dell’emergenza
di Patrizia Minnelli
2.2 L’importanza di creare una storia migliore
di Pietro Biglia
2.3 Alla ricerca del new normal: l’esperienza di InfoCamere e delle Camere di Commercio attraverso la pandemia per la trasformazione digitale delle PMI.
di Carlo De Vincentiis
2.4 Una mobilità nuova per un nuovo modo di viverela città. Un turismo nuovo per un nuovomodo di fare vacanza.
di Gianni Martino
2.5 La comunicazione della scienza e la scienza della comunicazione durante la pandemia
di Lorella Salce
2.6 Tempo di relazione tempo di cura
.
Come il digitale cura il tempo di pandemia
di Marzia Sandroni
2.7 La scuola italiana nell’anno della Didattica a distanza
di Giuseppe Lanese
2.8 Lo sguardo dell’università sulla comunicazione pubblica digitale alla sfida della pandemia
di Michele Bergonzi, Gea Ducci, Alessandro Lovari e Letizia Materassi
2.9 I social media manager e l’Università nell’anno della pandemia
di Aurora Fantin e Agnese Baini
2.10 Informazione, giornalismo e comunicazione digitale: cosa cambia dopo la pandemia
di Francesca Anzalone, Fabio Malagnino e Duilio Rabottini
2.11 Il mondo delle relazioni istituzionali e la rivoluzione digitale
di Federico Serra
2.12 Parlare con le opinioni pubbliche.
La polifonia della digital media strategy di Cassa Depositi e Prestiti
di Marco Laudonio
2.13 Dati e digitalizzazione per rilanciare, davvero, il turismo
di Enrico Gori
3. Approfondimenti: il digitale che cambia l’Italia
A cura di Livio Gigliuto
3.1 La comunicazione interna: dall’ordinario allo straordinario
di Giuseppe Bonura
3.2 Il ruolo dei big data nello studio e nella gestione della pandemia
di Alessandro Cederle
3.3 Come cambia il lavoro della comunicazione digitale in Italia durante l’emergenza.
Il Web come sistema olistico.
di Pasquale Popolizio
3.4 Siamo come funamboli in un’epoca di transizione
di Marisandra Lizzi
3.5 Le community digitali per superare la pandemia
di Giovanni Sacchitelli
3.6 Focus: così l’industria della disiformazione e la fabbrica delle fake news alimentano la paura
di Francesco Pira
3.7 La nuova scuola? Nascerà dalla pandemia più digitale, aperta, comunicativa (anche grazie ai social)
di Alessandra Migliozzi
Conclusioni
La PA digitale salva un Paese in emergenza
di Livio Gigliuto
Introduzione
L’era matura della comunicazione digitale
di Francesco Di Costanzo ¹
Dall’emergenza alla nuova normalità un grande cambiamento culturale è in corso, opportunità fondamentale per il rilancio e la modernizzazione del nostro Paese
L’Osservatorio Nazionale sulla Comunicazione Digitale nasce nel novembre 2018 dall’intuizione di PA Social e Istituto Piepoli. Nessuno, ovviamente, poteva immaginarsi cosa sarebbe successo poco più di un anno dopo, con un’emergenza che stenta a mollarci e che influirà chissà per quanto tempo sulle nostre vite.
Quel che è certo è che a quasi tre anni dalla sua nascita l’Osservatorio rappresenta una certezza e una realtà ormai consolidata nel mondo della ricerca e della comunicazione e informazione digitale italiana. Anche nel corso del lockdown, nei mesi di marzo e aprile 2020, l’Osservatorio ha saputo analizzare lo scenario che avevamo davanti e mettere a disposizione strumenti molto utili di analisi e monitoraggio, oltre a porre le basi per un’evoluzione ancora migliore della comunicazione, dell’informazione, dei servizi, del dialogo che PA, utilities, imprese possono e devono mettere a disposizione dei cittadini attraverso le piattaforme digitali.
Anche questa pubblicazione, la seconda edizione dell’Italia che comunica in digitale
, che mette insieme tante professionalità ed esperienze da vari territori e settori del Paese e non solo, rappresenta uno sforzo importante per capire il momento e interpretare al meglio le evoluzioni, sempre in un’ottica di innovazione, cambiamento, aggiornamento. D’altronde basterebbe vedere il confronto tra questi dati: nel 2016 il 26% degli italiani dichiarava di usare i social network per reperire informazioni e comunicazione di iniziative della pubblica amministrazione, nel 2018 il 47% si aspettava di essere informato dal settore pubblico tramite social network e chat, nel 2019 praticamente 8 su 10 (il 78%) ritengono importante che la PA dia servizi e informazioni tramite le piattaforme digitali (con un fenomeno ormai non più identificabile con la categoria giovani
, ma allargato sostanzialmente a tutta la popolazione), nel 2020 si arriva all’80% con un incremento dovuto all’emergenza, ma soprattutto alla sedimentazione di abitudini costruite negli anni precedenti.
La presenza sui social network delle nostre istituzioni è cresciuta nel 59% dei casi, mentre sul piano dell’interazione la metà delle PA italiane risponde in tempo reale ai cittadini. In questo contesto e negli anni è cresciuta anche la popolazione di professionisti dedicati alla comunicazione e informazione digitale e proprio l’Osservatorio, nell’ottobre 2020, ha certificato la presenza di quasi 10.000 social media manager al lavoro tra nord, centro e sud in enti e aziende pubbliche (nel campione sono considerati governo, regioni, province, comuni, aziende sanitarie, università, istituti di ricerca, camere di commercio, ordini professionali, consorzi, comunità montane, scuole). A questi, tra l’altro, si aggiungono quelli che lavorano per le utilities e le aziende pubbliche. Un universo globale stimabile in circa 20.000 persone. Rapportando questa dimensione al numero totale di pubbliche amministrazioni italiane, possiamo dire che circa 8 PA su 10 hanno una risorsa dedicata esclusivamente al presidio della comunicazione digitale.
Ad oggi il 38% dei social media manager (persona incaricata dall’amministrazione di gestire la presenza sulle piattaforme digitali) ha un inquadramento da impiegato generico, il 22% da addetto alla comunicazione, l’8% informatico, il 4% nell’ufficio stampa, il restante 28% sono dirigenti/direttori/responsabili che si occupano direttamente del lavoro. Nel 70% per cento dei casi non fanno parte di una categoria professionale specifica, il 41% per cento sono dipendenti a tempo indeterminato, il 35% collaboratori a tempo determinato, la restante percentuale è costituita da consulenti esterni. è ad oggi un quadro disordinato che non riconosce il giusto ruolo agli esperti della comunicazione digitale. Il riconoscimento di queste professionalità e una nuova organizzazione del lavoro che tenga conto delle competenze digitali, dei nuovi strumenti, linguaggi, opportunità, è fondamentale per un rapporto rinnovato con il cittadino all’interno del più ampio percorso di transizione digitale e semplificazione della pubblica amministrazione.
L’utilizzo professionale delle piattaforme digitali per il servizio pubblico, infatti, si incrocia perfettamente con gli obiettivi di riforma e rilancio della pubblica amministrazione inseriti nel Recovery Fund e in generale nei piani di rilancio del nostro Paese. L’utilizzo e l’impatto delle piattaforme digitali per la comunicazione pubblica è quindi, ormai da tempo, un elemento centrale nel dibattito e nelle politiche internazionali.
Nuovi servizi per i cittadini, lotta alla disinformazione, analisi e gestione delle policy della comunicazione digitale, a livello governativo e non solo, sono ormai temi importanti del dibattito europeo e mondiale. La pandemia ha impresso una chiara accelerazione su tante tematiche legate al mondo del digitale e proprio l’analisi Ocse a livello mondiale delle politiche di comunicazione dei Governi per il contrasto all’emergenza ha portato alla nascita di gruppi di lavoro dedicati, seminari e approfondimenti a cui hanno partecipato presidenti, ministri, esperti, esponenti del mondo della politica, della pubblica amministrazione, delle imprese, della società civile. Non è un caso, come sottolineato dal Segretario Generale Ocse Angél Gurria nel convegno del 10 febbraio 2021, che l’idea di riforma italiana, con svolta digitale, della comunicazione e informazione pubblica sia considerata un ottimo esempio da seguire anche in altri contesti. Nello stesso contesto il ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta ha detto che "la comunicazione ha un ruolo essenziale. È essenza stessa della qualità dei servizi che fornisce la Pubblica amministrazione.
Di questo farò il centro del mio mandato, in un momento in cui il Paese è affetto da due crisi: quella pandemica e quella economica. Voglio fare del capitale umano pubblico e della comunicazione della sua azione il centro della nostra rinascita". Per colmare il significativo divario di politiche dedicate a livello mondiale, l’OCSE ha inoltre sviluppato il primo rapporto internazionale sulla comunicazione pubblica, basato su un’analisi delle politiche e delle pratiche in oltre 40 paesi. Parallelamente, l’OCSE sta lavorando con un gruppo di esperti nei settori dell’open government e della comunicazione pubblica per costruire percorsi sulle esperienze collettive e identificare le aree di intervento. Stiamo, quindi, parlando di temi mondiali, di un dibattito che vede ormai al centro il digitale e la comunicazione come protagonisti di quella che sarà la nuova normalità e il rilancio anche dell’Italia. Fortunatamente, e l’Osservatorio ha saputo costantemente rappresentarlo negli anni, il nostro Paese è arrivato all’emergenza con tante buone pratiche di comunicazione e informazione digitale e, su questo piano, ne sta uscendo ulteriormente rafforzato dagli eventi della pandemia con tanti nuovi servizi, maggiore qualità e un’esperienza ancora maggiore nel saper gestire il rapporto con il cittadino. La comunicazione e informazione digitale di qualità recita un ruolo fondamentale ed è necessaria per un rapporto sempre più semplice, trasparente, efficace, utile tra enti e aziende pubbliche e cittadini. Penso anche ai tanti servizi digitali già esistenti a livello nazionale e locale, con una comunicazione forte e vicina al cittadino, fatta non solo di informazioni ma anche di dialogo e interazione diretta, possiamo aumentarne l’utilizzo e l’incidenza. Il digitale è utile se ci semplifica la vita e la migliora. Stiamo attraversando le prime fasi dell’era matura della comunicazione digitale, dobbiamo cogliere le molte opportunità.
In questo percorso, che è prima di tutto culturale, il ruolo, il contributo e le esperienze che l’Osservatorio nazionale sulla comunicazione digitale ha saputo interpretare e rappresentare negli anni, sono sempre più centrali. Alcune analisi e buone pratiche le troverete in queste pagine, ben sapendo che il nostro è un work in progress costante, un lavoro da start up quotidiano.
Buona lettura!
¹ Presidente PA Social
1. La rivoluzione digitale del 2020
di Livio Gigliuto ²
Nelle prossime pagine, insieme ad alcuni dei protagonisti della comunicazione digitale italiana, cercheremo di raccontare l’impatto degli ultimi 16 mesi, segnati dalla di pandemia da Covid-19, sulla vita del nostro Paese.
Cosa succederà nei prossimi mesi, se davvero usciremo dall’emergenza come pare, è abbastanza prevedibile: il tempo, allenterà le nostre paure e con la diminuzione dei rischi di contagio restituiremo a noi stessi le piccole libertà delle quali, fino al febbraio del 2020, non avevamo percezione.
Siamo già tornati a compiere gesti che fino a qualche giorno fa ci sembravano avventati e pericolosi.
I cambiamenti negativi, col tempo, lasceranno spazio, nella nostra memoria, a quelli positivi. È una forma di autodifesa che le attuali generazioni avevano visto in chi racconta l’esperienza di convivenza con la guerra con toni quasi nostalgici.
Provando a fare uno sforzo, possiamo già immaginare i cambiamenti portati della pandemia cui in futuro potremmo associare sensazioni non del tutto negative: le serate davanti al divano a guardare serie televisive in streaming, l’attesa della pizza ordinata dall’app del nostro servizio di delivery, le videocall con parenti che prima frequentavamo troppo poco.
Il protagonista occulto, l’eroe silenzioso di questa guerra
, è il digitale. Al cambiamento che questa pandemia ha impresso al nostro modo di trattare il fenomeno digitale è dedicato lo sforzo intellettuale dei tanti leader del mondo della nuova comunicazione che hanno deciso di raccontare qui, ciascuno dal proprio unico punto di vista, la rivoluzione digitale del 2020.
In particolare, il lavoro dell’Osservatorio, in questa seconda edizione de L’Italia che comunica in digitale, vuole approfondire l’impatto della pandemia sul nostro Paese, con focus dedicati a Pubblica Amministrazione (area di cui è responsabile Sergio Talamo), Utilities (responsabile Gian Luca Spitella), Sport (responsabile Paolo Carito), Cultura e Turismo (responsabile Mattia Morandi).
Lo farà grazie al contributo decisivo di partner istituzionali come InfoCamere, Anci Comunicare, gli Istituti Fisioterapici Ospitalieri, l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena e Istituto Dermatologico San Gallicano, Federsanità Anci, FormezPA partner tecnologici come L’Eco della Stampa, iPressLive, Cittadini di Twitter, Gastone Crm, IlGiornaledellaProtezioneCivile.it, e con la supervisione e l’apporto del Comitato Scientifico formato da Pietro Biglia (L’Eco della Stampa), Stefania Lenci (InfoCamere), Patrizia Minnelli (Anci Comunicare), Alessandro Bellantoni (OCSE), Alessandra Migliozzi (Ministero dell’Istruzione), Gianni Martino, Letizia Materassi (Università di Firenze), Aurora Fantin (Università degli studi di Trieste), Alessandro Cederle, Marco Laudonio (CDP, CoRiS Sapienza), Federico Serra (IPPAA), Alessandro Lovari (Università di Cagliari), Fabio Malagnino (Consiglio Regionale del Piemonte), Giovanni Sacchitelli (Comunicazione Italiana), Marisandra Lizzi (IPressLive), Pasquale Popolizio, Giuseppe Lanese (USR Molise), Gea Ducci (Università degli Studi di Urbino), Francesco Pira (Università di Messina), Duilio Rabottini (Regione Abruzzo), Lorella Salce (IFO Istituto Nazionale Tumori Regina Elena – Istituto Dermatologico San Gallicano), Michele Bergonzi (IULM), Marzia Sandroni (Ausl Toscana Sud Est), Giuseppe Bonura (Fondazione Penta), Francesca Anzalone.
Un collettivo formato da alcuni tra i massimi esperti di comunicazione italiani, integrato dalla preziosa collaborazione di Domenico Bova, Giulia Coli, Mirko Palmieri, Sara Rossi.
A tutti loro va il mio personale ringraziamento per l’entusiasmo e la dedizione con cui hanno accettato di aderire al progetto di un questo lavoro di analisi, contribuendo all’attività dell’Osservatorio, che sempre più spesso vedrà la partecipazione di ulteriori protagonisti, come accaduto già in questi mesi con Pierluigi Pardo, Marcel Vulpis, Enzo Morelli, Andrea De Mauro, Cristiana Capotondi, Andrea Pennacchioli, Nicola Bonaccini e molti altri attori della vita pubblica del Paese.
Grazie all’alto impegno di questo gruppo di protagonisti, nelle prossime pagine passeremo in rassegna i punti salienti di un nuovo modo di vivere l’innovazione tecnologica e il ruolo nuovo di social network e servizi digitali.
1.1 PA, così nel 2020 la comunicazione digitale ha blindato il presente e aperto le porte al domani
di Sergio Talamo ³
Il giorno in cui il mondo si capovolge è sabato 7 marzo 2020. Nei giorni precedenti, l’Italia era stata scossa da quella che sembrava una tempesta passeggera: rinviato il referendum sul numero dei parlamentari, concorsi pubblici con distanza di sicurezza e disinfettanti, scuole chiuse fino al 15 marzo, mentre ancora fioccano annunci fra il polemico e il festoso: l’Umbria non si ferma
, il tuo cinema è aperto
e via rassicurando. Sulle chat di PAsocial, la rete associativa che riunisce comunicatori e giornalisti digitali di tutto il Paese, le domande sono già segnate da un crescente allarme. I comunicatori digitali, dalle loro postazioni di trincea, trasecolano: possibile che non sia chiaro a tutti cosa sta per accadere? Possibile che le associazioni di artigiani e commercianti spieghino come devi fare per non farti influenzare
? Possibile che si propaghino decine di serate di socialità anticoronavirus
?
Basta aspettare poche ore. Sabato 7 sera questa ansia di normalità italiana sa già di piccolo mondo antico. Attorno alle 20 si diffonde la notizia che un decreto in uscita blinderà la Lombardia e altre 11 province. Gli italiani imparano cosa si intende oggi per zona rossa
. Dieci anni prima segnava il cratere del terremoto aquilano, dove chiunque poteva dare una mano era il benvenuto, oggi è quello di un terremoto
da segregare rispetto al resto del mondo, perché può infettarlo. Fino a tarda notte, la rete di PAsocial attende la firma e il testo ufficiale del decreto. Subito dopo inizia un’altra storia. Tutto il Paese prova a trasferirsi sulla scialuppa delle nuove tecnologie comunicative. Non solo film in streaming o audiolibri, ma soprattutto campagne social che promuovono i comportamenti obbligatori per tutti. Già, perché nel frattempo l’Italia intera è diventata zona rossa. La comunicazione social accompagna e spesso anticipa ogni passaggio. Già domenica 8 marzo parte la notizia di una task force regionale in Veneto, che nelle pagine web e social delle pa spiega quando i sintomi vanno ritenuti sospetti, cosa bisogna fare e non fare, quali sono le aree più a rischio. Il logo ufficiale della Regione è la garanzia che c’è da fidarsi. Sin dalle prime ore di una maratona comunicativa che continua ancora oggi, si comprende che i nemici sono due: i comportamenti devianti dei cittadini e le fake news. La comunicazione digitale, quindi, proprio perché così potente per la sua velocità e per la sua capacità di interazione con tutti i segmenti sociali, cerca di continuo riferimenti all’istituzione. Informazioni in tempo reale e incisive, ma solo se sicure. Perché c’è sempre chi fa girare che bisogna bere molta acqua per non lasciare il virus a lungo nella gola, che tutti i cinesi stanno per essere messi in quarantena, che con la vitamina C siamo tutti al sicuro… E succede anche che per le troppe anticipazioni, molti cittadini del Sud assaltano i treni che li riportano a casa, creando un rischio di espansione del virus che è esattamente il grande incubo di quei giorni.
Da sabato 7 marzo non esistono più festivi né tantomeno notte e giorno. Il rullo della comunicazione d’emergenza non si ferma mai. L’8 marzo, per chi se lo ricorda, diventa Lotto Marzo
. Si risponde ai singoli cittadini, che di volta in volta sono malati o persone preoccupate dei sintomi, parenti di malati o partecipanti a concorsi, genitori preoccupati dei bambini senza scuola o semplici cittadini che vogliono capire cosa possono fare e non fare. La ministra della PA Fabiana Dadone lancia lo smart working, che in due successive circolari viene definito come la modalità di lavoro ordinaria del settore pubblico per tutto il periodo dell’emergenza. Una rivoluzione di azioni e mentalità, che ha enorme bisogno di supporto di comunicazione e formazione. Del resto, per imparare a lavorare in modo agile e tecnologico, bisogna iniziare ad essere agili e tecnologici anche nell’apprendere.
Decine di messaggi, scambi, consigli, imitazioni di buone pratiche. Praticamente ogni minuto. Regioni, Comuni, Ministeri, Camere di commercio, enti, agenzie e naturalmente aziende sanitarie diventano un unico luogo
della comunicazione pubblica digitale. Si intuisce, ad esempio, che il claim io resto a casa
è più efficace se viene legato alle opportunità che la sosta forzata dischiude. La fantasia creativa della comunicazione si esprime con grafiche, tutorial, card e video penetranti e suggestivi: Nessun posto è bello come casa tua
, dice il Comune di Reggio Calabria, mentre dai Castelli Romani si annuncia che è arrivato il tuo momento
. La Regione Lombardia punta a mettere il virus alla porta
mentre la Regione Piemonte fa leva sulla responsabilità che ci farà vincere insieme, e la Regione Abruzzo dice evita
certe cose mentre per altre basta un accento e l’invito cambia del tutto: è vita
. Formez PA prima usa toni duri