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Cyber Influence: Propaganda, persuasione e condizionamento psicologico online
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E-book221 pagine2 ore

Cyber Influence: Propaganda, persuasione e condizionamento psicologico online

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Info su questo ebook

La mescolanza delle nuove tecnologie, della rete Internet ha prodotto una nuova forma di life model che ha imposto nuovi modelli di interazione sociale, apprendimento, comunicazione e socializzazione. Essere costantemente online, per l’individuo, è diventata un’esigenza imprescindibile, una necessità imposta dall’accesso continuo ad informazioni di vario genere, le quali hanno assunto la forma del combustibile primario per la mente umana. L’individuo, nel tempo, ha sviluppato una sorta di intimità tecnologica con i dispositivi digitali che utilizza abitualmente, rendendolo inconsapevolmente e patologicamente dipendente dagli stessi. La soluzione al problema dell’assimilazione di messaggi ingannevoli può essere ricercata unicamente nella capacità dell’individuo di non limitarsi all’assunzione delle informazioni nelle modalità in cui ci vengono somministrate. La conoscenza la si ottiene mediante una continua e attenta analisi ragionata dei contenuti e delle fonti.

La soluzione al problema dell’assimilazione di messaggi ingannevoli può essere ricercata unicamente nella capacità dell’individuo di non limitarsi all’assunzione delle informazioni nelle modalità in cui ci vengono somministrate. La conoscenza la si ottiene mediante una continua e attenta analisi ragionata dei contenuti e delle fonti.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2023
ISBN9791254841167
Cyber Influence: Propaganda, persuasione e condizionamento psicologico online

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    Anteprima del libro

    Cyber Influence - Antonio Teti

    Capitolo 1

    Cyberpsicologia: stati mentali e comportamentali nell’ecosistema digitale

    Psicologia e mondo virtuale: il comportamento della mente nell’ecosistema digitale

    Negli ultimi due decenni l’inarrestabile evoluzione delle tecnologie digitali e la pervasività della rete Internet, cui va aggiunto l’utilizzo sfrenato dei social media, hanno prodotto l’azzeramento dei confini che delimitavano il mondo reale da quello virtuale, producendo la tragica conseguenza di una sostanziale mescolanza tra l’immaginario e l’esplicito, tra il fraintendimento e il percepito. È noto come le azioni di condizionamento psicologico siano in grado di produrre una modellazione del comportamento dell’essere umano ad un livello tale da produrre una concreta trasformazione delle interazioni interpersonali condotte. Durante il corso dei secoli, gli esseri umani hanno subìto una costante metamorfosi psicologica e comportamentale che ha prodotto la loro mutazione in creature sociali, al punto tale da fondare le loro stesse esistenze in funzione delle pulsioni generate dalle relazioni umane gestite.

    L’avvento del cyberspazio ha reso possibile la materializzazione delle potenzialità insite nel mondo virtuale all’interno delle relazioni sociali. Una di queste, e forse la maggiore, è stata la possibilità di acquisire e mantenere l’anonimato, ovvero l’occasione di adottare uno status in grado di consentire al soggetto di vivere una condizione di superiorità psichica costante all’interno del proprio ecosistema digitale, esigenza derivante dal fabbisogno di superare frustrazioni personali, difficoltà, insoddisfazioni, stress e disagi vissuti nella vita reale. Il mondo virtuale, di conseguenza, può rappresentare uno straordinario veicolo di fuga dai malesseri della propria esistenza ma può facilitare l’emersione di molteplici fenomeni psicopatologici e finanche l’amplificazione delle modalità disadattive di risposta al disagio individuale. Le forme più frequenti di utilizzo delle applicazioni presenti nel mondo virtuale sono due: la ricerca delle informazioni e la comunicazione. Entrambe in grado di produrre forti ripercussioni psicologiche, essenzialmente riconducibili al modo di esporre la propria immagine in funzione dei propri desideri o obiettivi prefissati verso il mondo reale, sono soprattutto fruibili per la conduzione delle diverse modalità adottate nella comunicazione, ovvero l’adozione di uno stile comunicativo che si adatti all’immagine di sé stessi che si intende trasmettere agli altri. Per l’individuo tutto ciò si traduce in un progressivo trasferimento dal mondo reale a quello virtuale, dando luogo alla creazione di un biosistema digitale in cui il reale si mescola con il virtuale, producendo un legame privilegiato ma disfunzionale che può produrre, nel tempo, la perdita del controllo sul proprio comportamento. Tale condizione viene definita come departure from reality, o allontanamento dalla realtà, una condizione psicologica che innesca una dipendenza patologica in cui l’individuo reitera sistematicamente e permanentemente stati dissociativi, finanche a scopo difensivo, giungendo alla creazione di un proprio mondo onirico e allusivo in grado di manipolare, sostituire, alterare il mondo reale. Il potenziale psicopatologico offerto dal mondo virtuale trova una naturale evoluzione nell’interdipendenza tra le peculiarità tipiche della comunicazione digitale e le caratteristiche dell’individuo, producendo in quest’ultimo la sensazione di potersi esprimere liberamente, azzerando tutti i vincoli e le costrizioni che scaturiscono dalle relazioni personali del mondo reale. L’individuo può quindi esprimere ogni pulsione in termini di accessibilità, controllo, eccitazione, esprimendo i propri desideri più intimi e riservati senza temere alcun rifiuto o giudizio esterno, superando persino i vincoli spazio-temporali.

    Contrariamente a quanto si possa immaginare, la realtà virtuale presenta non poche similarità con i meccanismi che governano la nostra mente. Se il mondo virtuale è uno strumento che ci consente di sperimentare delle simulazioni che vorremmo condurre nel mondo reale, allo stesso tempo la nostra mente è congegno biologico che persegue la medesima finalità, ovvero tentare di simulare la realtà per riuscire a prevedere opportunità e pericoli. Non è quindi un caso che la realtà virtuale rappresenti una sorta di strumento tecnologico trasmutativo capace di alterare e trasformare pulsioni, atteggiamenti, pensieri, comportamenti, e finanche l’identità dei suoi utenti. Il fenomeno della convergenza dei media con le tecnologie digitali rappresenta un ennesimo elemento di rafforzamento del potere trasmutativo del mondo virtuale. Lo scenario descritto risulta propedeutico per l’introduzione al Metaverso¹, ovvero la nascita di un nuovo ambiente digitale tridimensionale in cui gli utenti si spostano liberamente, mediante l’utilizzo di avatar, per condurre attività formative, professionali, lavorative e ludiche. L’ennesimo ecosistema digitale in cui celebrare l’ibridazione dell’esperienza fisica con quella virtuale, munito di interfacce in grado di leggere, interpretare e persino predire i nostri stati cognitivi ed emotivi che possono consentire alle informazioni di fluire in modo bidirezionale, ovverosia dal mondo fisico a quello digitale e viceversa. Il Metaverso potrà consentirci di condividere ed estendere una indefinibile gamma di esperienze individuali, portandoci all’interno di un meccanismo di realtà virtuale aumentata che potrà soddisfare desideri personali attualmente irrealizzabili. Se fino ad un ventennio fa era impensabile gestire molteplici videoconferenze quotidiane con l’ausilio di un semplice smartphone, entro pochi anni sarà normale sperimentare la sensazione di abbracciare una persona residente in un continente diverso utilizzando un avatar robotico. L’evoluzione incontrollabile delle tecnologie produrrà una nuova e totale trasformazione sul piano dell’interazione sociale ed in particolare per la conduzione di attività lavorative. L’esperienza della pandemia dovuta al COVID-19 e i ripetuti lockdown che l’intero pianeta ha subìto, a distanza di quasi tre anni, ha prodotto nella comunità mondiale una sorta di trauma psicologico tale da influenzare lo stesso modus vivendi dell’individuo. L’isolamento sociale, imposto da restrizioni internazionali, ha generato ansie e timori che ancora oggi continuano ad influenzare la nostra quotidianità. L’utilizzo massivo delle piattaforme tecnologiche per lo svolgimento di attività lavorative da condurre lontano dagli abituali ambienti di lavoro ha consentito l’acquisizione della consapevolezza di poter disporre del proprio tempo in maniera diversa, ma ha altresì permesso di sviluppare doti di creatività e intraprendenza che sono state ampiamente condivise nel modo virtuale, in particolare nei social media. Ancora oggi, buona parte della popolazione mondiale sembra vincolata all’utilizzo della comunicazione digitale quale unico strumento di contatto con gli altri. Il tempo trascorso online è aumentato in maniera esponenziale, come dimostrato dall’indagine Digital 2021² condotta da We Are Social, e sintetizzata nei seguenti cinque punti:

    Popolazione. La popolazione mondiale registra 7,83 miliardi di persone ad inizio 2021. Le Nazioni Unite riportano un tasso di crescita dell’1% annuo, che si traduce in un incremento della popolazione mondiale pari a circa 80 milioni di persone nel corso del 2020;

    Mobile. Oltre 5,22 miliardi di persone utilizzano telefoni cellulari, vale a dire il 66,6% della popolazione mondiale. È una crescita che si attesta all’1,8% annuo, pari a 93 milioni di persone che nel corso del 2020 hanno avuto accesso ad un telefono cellulare per la prima volta;

    Internet. Oltre 4,66 miliardi di persone accedono ad Internet, con un incremento del 7,3% (o 316 milioni) rispetto a gennaio 2020. La penetrazione Internet mondiale si attesta al 59,5%, ma i valori potrebbero essere ancora più alti in virtù di problematiche legate al corretto tracciamento degli utenti Internet riferite alla pandemia da COVID-19;

    Social media. Sono 4,20 miliardi gli utenti delle piattaforme social, un incremento del 13% rispetto al 2020, o di 490 milioni di persone. La penetrazione delle piattaforme social si attesta quindi al 53% della popolazione mondiale.

    Dai dati evidenziati si evince la crescita esponenziale del numero di utenti di piattaforme social, con quasi mezzo miliardo di nuovi profili, pari a 1,3 milioni di persone al giorno. I quasi 4,2 miliardi di utenti social trascorrono circa 4 ore nell’utilizzo del proprio smartphone, un tempo di gran lunga maggiore di quello speso per guardare i canali televisivi. L’utente medio dedica circa 7 ore al giorno all’utilizzo di applicazioni online, vale a dire circa il 42% del tempo di veglia di un individuo, se attribuiamo al medesimo un riposo di circa 7-8 ore. La motivazione principale che spinge l’individuo ad essere costantemente online è la ricerca di informazioni. Dalle interviste contenute nello studio citato, si evince che quasi due persone su tre confermano la voracità informativa quale elemento fondamentale delle loro navigazioni nel cyberspazio. Si registrano, purtuttavia, delle evoluzioni sul piano dell’utilizzo delle applicazioni fruibili per il reperimento dei dati. Se i motori di ricerca tradizionali rimangono gli strumenti maggiormente utilizzati per il 98% della popolazione online, ben 7 su 10 utenti dichiarano di utilizzare almeno una tecnologia diversa dalla ricerca testuale. Le interfacce di tipo voice, ad esempio, rappresentano l’alternativa più popolare per il 45% degli utenti, mentre quasi un utente su tre utilizza strumenti di image recognition sui propri dispositivi mobili (come Lens di Pinterest o di Google). La social search registra la crescita più importante, con il 45% degli utenti che dichiarano di visitare le piattaforme social quando hanno bisogno di informazioni su prodotti o servizi; la Generazione Z addirittura supera la soglia del 50%, anche per quanto concerne l’utilizzo dei motori di ricerca tradizionali. ll 98% degli utenti attivi su una piattaforma social è attivo almeno su un’altra piattaforma: l’84% degli utenti TikTok tra i 16 e i 64 anni dichiara di usare anche Facebook, mentre il 95% degli utenti Instagram nella stessa fascia d’età dichiara di usare anche YouTube.

    Appare oltremodo evidente come il cyberspazio sia riuscito ad assumere la connotazione di complesso astratto di elementi multidimensionali, che paradossalmente assolve al compito di realizzare uno spazio comunicativo senza limiti e potenzialmente in grado di suscitare sensazioni che oscillano tra l’onnipotenza e il disorientamento. La creazione di comunità virtuali, in grado di aggregare con straordinaria rapidità e senza limitazioni geografiche e temporali individui diversi, concede alla mente la possibilità di fuggire dalla propria identità e persino di costruirne una completamente nuova. Contestualmente, soddisfa anche il bisogno di socializzare e di acquisire maggiore identità e sicurezza personali. Non risulta quindi eccessivo definire il cyberspazio come un’autentica estensione del proprio io interiore, ove condurre una nuova esperienza in una dimensione del subito e ovunque, grazie soprattutto all’immediatezza del reperimento di informazioni, all’interazione online con altri individui, alla partecipazione nelle attività condotte nelle comunità virtuali. Appare oltremisura evidente come l’ecosistema digitale in cui siamo immersi possa rappresentare un terreno fertile per la conduzione di attività di manipolazione mediatica. A tal proposito occorre citare uno dei precursori di tali studi, il giornalista statunitense Walter Lippmann, che orientò le sue ricerche, a partire dalla Prima guerra mondiale, proprio sull’utilizzo della propaganda e della persuasione per mezzo dei media. Nel 1922 Lippmann pubblicò un libro, dal titolo Public opinion, che ancora oggi rappresenta uno dei classici degli studi internazionali sulla comunicazione. La tesi che guida l’analisi dell’autore sulla possibilità di condurre attività di propaganda e persuasione sulle masse si basa sul limite umano di non poter avere conoscenza diretta di tutto ciò che accade al di fuori di un ambito di vita associativa circoscritto e limitato. In altri termini, non può esserci esatta corrispondenza tra il mondo e le immagini che gli individui si fanno del mondo; in sostanza "il bisogno di rappresentazione del mondo determina ‘pseudo-ambienti’, attraverso cui si agisce nell’ambiente reale"³. Lo pseudo-ambiente che si viene a creare tra i fatti e l’individuo non è reale; si tratta di una sorta di ambiente invisibile, costituito dalle immagini che l’individuo riceve da diverse fonti, tra le quali i mezzi di comunicazione. Nel testo, Lippmann enfatizza tre questioni importanti che riguardano il suo studio:

    gli ostacoli che governi e istituzioni dello stato democratico pongono alla conoscenza di alcuni fatti di grande interesse pubblico;

    le barriere economiche, sociali e culturali che impediscono a tanti cittadini di accedere alle fonti di informazione;

    le novità introdotte nel campo della comunicazione dalla psicologia del profondo, che permettono di analizzare più dettagliatamente le motivazioni psicologiche che spingono individui e gruppi sociali a seguire ciò che succede al di là del microcosmo all’interno del quale si svolge la vita della maggior parte dei cittadini di un paese.

    Da questi punti è possibile desumere quale sia il rilevante livello di difficoltà dei cittadini di entrare in contatto diretto con i fatti reali. Lippmann introduce, quindi, il discorso sui modelli cui fanno riferimento tutti coloro che ricevono le informazioni, cercando di cogliervi la parte che sia in armonia con tali modelli. In questo fenomeno un ruolo fondamentale è quello dei media, "che partecipano insieme dell’allargamento del campo informativo individuale e della distorsione nell’autodefinizione della realtà attraverso le dinamiche della censura, della segretezza, della propaganda, dell’affermazione degli stereotipi"⁴. In altri termini, la società è diventata troppo complessa per consentire all’uomo una conoscenza diretta del suo ambiente. A causa di questa complessità l’individuo è costretto a rappresentare il suo habitat con degli pseudo-ambienti. Il contenuto degli pseudo-ambienti veniva, secondo Lippmann, alimentato dai mezzi di informazione (a quell’epoca solo stampa e radio), che potevano così manipolare e distorcere i messaggi a beneficio delle politiche di pace o di guerra dei loro paesi. Lo pseudo-ambiente è oggi identificabile con il mondo virtuale, un biosistema digitale in cui la simbolizzazione ci consente di vivere una vita fatta maggiormente da rappresentazioni piuttosto che da fatti o eventi ai quali assistiamo direttamente. Al paradigma critico di Lippmann, basato sulle rappresentazioni di realtà, si affianca oggi un nuovo paradigma sociologico che attribuisce, in particolare ai social media, la capacità non solo di rappresentare ma finanche di creare la realtà. Attraverso i new media fruibili nel mondo virtuale, è possibile stabilire dei canali di comunicazione personalizzabili per condurre azioni persuasive per mezzo del simbolismo. Il discorso di persuasione, per essere efficace, deve prestarsi a una pluralità di interpretazioni, distribuire emozioni e impressioni al maggior numero di interlocutori possibile e fornire elementi di adesione agli stereotipi degli individui. Più il discorso distribuisce simboli che abbiano il valore di unificare, più il discorso di persuasione sarà efficace. Per capire in che modo un simbolo si radichi nella mente di un individuo, occorre spostare l’attenzione sulla fonte, ovvero su chi comunica, la quale deve essere considerata oltremodo autorevole; si tratta, infatti, dello strumento attraverso il quale si viene a conoscenza degli eventi di cui l’individuo non ha esperienza diretta. Lippmann sostiene altresì che, ad esempio, le scelte che riguardano i governi e vengono proposte a un ampio gruppo di individui sono formulate e decise da un numero ristretto di persone, facendo riferimento a forme oligarchiche di organizzazione. L’attività di produzione dei contenuti spetta al comunicatore, il leader, che secondo Lippmann deve diventare egli stesso un simbolo. Così facendo produrrà

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