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24 GIORNI IN INDIA. Diario di un viaggio interiore
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24 GIORNI IN INDIA. Diario di un viaggio interiore
E-book163 pagine1 ora

24 GIORNI IN INDIA. Diario di un viaggio interiore

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Info su questo ebook

Un viaggio da sola in India, alla scoperta di luoghi, culture e tradizioni, ma anche un viaggio nella Coscienza: un'avventura per mettersi alla prova, rimuovere blocchi, paure e contraddizioni interiori, per attivare il coraggio e alimentare il fuoco dell'aspirazione a progredire lungo il Cammino. La conoscenza con nuovi Maestri (Aurobindo, Mère, Sri Ramana Maharshi), nuove Guide e nuovi simboli, lo sbocciare di nuove comprensioni. Da nord (Delhi, Raiwala, Rishikesh) a sud (Auroville, Pondicherry, Tiruvannamalai), l'incontro con altri viaggiatori, lo scambio di esperienze, la visione di una Nuova Umanità che cresce tenace e paziente in seno alla Vecchia, senza fare troppo rumore, senza fare notizia, ma col fermo intento di prenderne il posto e ristabilire l'armonia in Terra.
LinguaItaliano
Data di uscita16 ago 2016
ISBN9788892623316
24 GIORNI IN INDIA. Diario di un viaggio interiore

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    Anteprima del libro

    24 GIORNI IN INDIA. Diario di un viaggio interiore - Valentina Garozzo

    chiamando.

    1

    Parto di buonora la mattina, le valigie sono pronte, ho deciso di portare con me il minimo indispensabile per lasciare spazio al nuovo in tutti i sensi. Sono sincera con me stessa, in questo istante in cui sono qui seduta in macchina assieme alle persone che in questo periodo mi stanno accompagnando non solo all'aeroporto ma anche nella vita di tutti i giorni, sono nell'incertezza più totale.

    Non so assolutamente cosa mi aspetta… quasi un mese lontano da casa, dal lavoro, dagli obblighi della quotidianità, dal tempo che normalmente dedico più alle altre persone che a me stessa. Sono allo stesso tempo elettrizzata e spaventata. Ce la farò da sola a farmi capire senza sapere l'inglese come si deve, a starci dentro con le spese senza avere tanti soldi nel conto in banca, a prendere 7 aerei in nemmeno un mese, a stare senza le mie zone comfort, le mie sicurezze? E gli altri ce la faranno senza di me?.

    La mente fa i suoi giri vorticosi, sento i pensieri che si affollano e richiedono la mia attenzione, ma cerco di lasciarli fuori da tutto questo. Sei qui per servirmi, cara mente, non per servirti di me e fare di me il tuo burattino. L'autosabotaggio della mente è sempre lì pronto a farmi lo sgambetto, ma da qui non si torna più indietro. Questo viaggio rappresenta per me una sfida oltre che un piacere, uno smacco a tutte le mie insicurezze personali e alle mie paure più grandi: è un viaggio utile per affermarmi di fronte a loro facendo loro capire chi è al comando della nave. Il momento dei saluti è abbastanza difficile, ora sono i sentimenti che fanno capolino e vogliono impadronirsi della situazione, stare per tutti questi giorni lontano dalle persone a cui vuoi bene. Scende qualche lacrima, mi osservo da distante: Come siamo bravi a complicarci le cose. Perché non siamo mai in grado di goderci la gioia dell'istante presente?. Anche i sentimenti fanno parte del pacchetto, con pazienza cerco di ristabilire l'equilibrio riprendendo i comandi della situazione. Stai andando in India, ma te ne rendi conto? Vogliamo fare di tutto questo una piccola tragedia personale o vogliamo assaporare e godere fino in fondo l'esperienza?. Di gran lunga è la seconda opzione che mi fa più gola.

    Quando salgo sull'aereo scompare tutto, mi godo il viaggio e stavolta non si è manifestato nemmeno il cagotto pre-partenza che di solito è compagno fedele. Chi mi conosce da tempo sa che amo viaggiare, ma fino a pochi anni fa avrei considerato follia pura dover stare tutte quelle ore su un aereo per raggiungere un luogo, piuttosto avrei guidato personalmente la macchina per giorni. Mi è capitato anche di farlo davvero in passato, dieci ore per raggiungere Berlino in auto al posto di un’ora e quarantacinque minuti di volo. Una volta la consideravo ragionevolezza, ora invece ci vedo tutta la malattia profonda che si nasconde dietro a queste paure.

    Faccio anche scalo ad Abu Dhabi: quando il mio vicino di posto tira su la tendina del finestrino ho una visione spettacolare di un tramonto che non ho mai visto così prima d'ora, dei colori meravigliosi, sfumature nette che vanno dal nero al rosso, al giallo, all'azzurro. È tutto così orizzontale e così si mostra anche la città sotto ai miei piedi: dall'alto le luci disegnano un paesaggio pulito e squadrato, ogni lucina ha il suo posto… mi viene da pensare a Delhi, chissà il casino che ci troverò!

    Il mio compagno di sedile è italiano e sta andando ad Abu Dhabi per lavoro; mi dice che tra un terminal e l'altro ci sono un sacco di chilometri di distanza, così mi sale un po' d'ansia per raggiungere in tempo il terminal della nuova partenza. Incrocio una signora nella navetta che ci porta dall'aereo all'uscita, l'avevo già adocchiata al bar dell'aeroporto di Milano, mi racconta che sta andando in Sri Lanka perché ha pensato che per la sua pancia l'India non era un buon posto. Il suo volo è prima del mio e mi propone di andare con lei Che in due è meglio, ci si fa più forza.

    Ok.

    La signora, però, ha molta fretta e mi ritrovo in pochi minuti a doverla inseguire con tutte le cose tra le mani dopo il controllo della sicurezza. Penso tra me e me: Ecco, ancora per dare ascolto alle necessità altrui mi tocca correre, quando è a me che devo pensare in questo momento. Mi fermo, è il mio viaggio, mi sistemo in un minuto e riprendo il cammino: alla fine il gate non era così distante.

    Mi siedo nella sala d'attesa e noto praticamente solo uomini per lo più indiani e arabi; le donne arabe sono poche e sempre accompagnate, velate e vestite di nero, ma sotto l'abito portano scarpe elegantissime sgargianti e al gomito la borsa firmata e alla moda. I bambini sono curiosi nei loro mini abiti tradizionali. Le poche donne indiane invece sono quasi tutte di una certa stazza, coloratissime e dal grande orecchino di filigrana al naso.

    Accanto a me c'è un tedesco molto hippie che legge il suo e-book e si ficca le dita nel naso, mentre, dall'altro lato, c’è un ragazzo con una ferita sull'occhio e qualcosa in me lo giudica subito male: è la classica persona da cui starei lontana in Italia. Ascolto questo pensiero e mi rammento quanti pregiudizi abbiamo nella testa e quanto lavaggio del cervello ci è stato fatto da più parti verso i mediorientali. Cerco di allontanare il pregiudizio e comincio a creare il silenzio dentro di me. Il ragazzo si alza e se ne va.

    Improvvisamente, all'attenzione collettiva si palesa una visione curiosa: due giovanissime ragazze russe vestite molto new age, la foggia e l'abbinamento degli abiti è alquanto improbabile, grandi stampe del Fiore della Vita ovunque, un cappello con la piuma e la testa di un elefante in acciaio, mi chiedo dove stiano andando e quale sia il programma della loro vacanza. Finalmente è ora di imbarcarsi, mi siedo; nella mia fila c'è un posto libero tra me e una coppia di indiani di una certa età, la signora mi fa grandi sorrisi.

    Indovina chi arriva a sedersi nel posto libero? Il ragazzo di prima con la benda sull'occhio, nulla è a caso. Il ragazzo è davvero alto e ingombrante, mi tocca fare il viaggio tutta spostata da un lato verso il corridoio e schiacciata da quello davanti a me che ha abbassato il sedile al massimo. Vedo le hostess un po' in difficoltà questa volta, molti passeggeri sono parecchio pretenziosi e confusionari.

    Poco prima di atterrare ci forniscono due moduli per il controllo del passaporto all'Immigrazione. Il ragazzo a fianco a me ha alcune difficoltà a scrivere, probabilmente per l'occhio ferito, mi chiede se posso aiutarlo a compilare; mi racconta che sta andando all'ospedale e che è già la quarta volta che si reca a Delhi per questo motivo. Lo aiuto volentieri, poi, quando arriviamo in aeroporto, lo perdo di vista. Il passaggio alla dogana è infinito, la coda è lunga, prima di trovare il rullo coi bagagli del mio volo ci metto un po': non un'indicazione, non trovo nemmeno uno schermo con le informazioni. Comincio a calcolare se il tassista è ancora lì fuori che mi aspetta o si è stufato e se n'è andato. Sono quasi le tre di notte e sono qui a Delhi da sola. Sì, sono le tre di notte ma sembrano le tre del pomeriggio per la confusione che regna, eppure nulla a che fare con l'immagine che mi si proietta di fronte uscita dalla porta principale: un muro di tassisti con una miriade di cartelli con sopra scritti i nomi più improbabili, li guardo e la mia faccia deve aver parlato chiaro perché se la stanno ridendo tutti e iniziano a chiamare Miss, Madame, With me. Sembra di stare sul tappeto rosso di una prima cinematografica, ma nessun cartello ha sopra scritto il mio nome; sento sbuffare una signora dietro di me, non mi sono accorta che sto ostruendo il passaggio, mi levo di mezzo e incrocio lo sguardo di un ragazzo europeo: scoppiamo a ridere, mal comune mezzo gaudio! Però poi lui trova il suo tassista in fretta. Penso: Devo affidarmi, secondo te l'Universo ti manda qui per farti disperare? Calma Vale, il tassista arriverà. Mi metto buona in un angolo e attendo. Dopo una decina di minuti vedo comparire dall'altra parte delle barricate il mio nome, incrocio di sguardi col tassista, ora posso superare il muro di persone che mi separa dalla città.

    C'è nebbia fuori e al parcheggio è tutto un brulicare di turisti e tassisti: mi sembra di essere in un sogno, di quelli strani, il sonno contribuisce a creare quest'atmosfera. Il mio autista vuole le rupie per pagare il parcheggio, ho soldi nascosti ovunque e sono rallentata nei movimenti, quindi ci metto una vita a darglieli, tirando fuori di tutto e di più; nove ore di aereo hanno il loro effetto e in più la notte prima non ho dormito un granché per raggiungere Milano in tempo.

    Sul mini van assaporo la mia prima esperienza nel traffico indiano, la prendo a ridere, finché il mio tassista sta per andare dritto dritto contro delle barriere dei lavori in corso e fa una brusca frenata con relativa derapata. Signur!, penso, ma ancora va bene, il problema vero si pone quando lo vedo deviare dalla strada principale e fermarsi in un luogo dove ci sono altri uomini. Non mi accorgo subito che è una pompa di benzina; il tassista scende e mi apre la portiera dall'altro lato, capisco solo Indian... e mi sale una paura fottuta, merito di tutti gli avvisi terroristici scritti sulle guide turistiche al capitolo Donne che viaggiano sole.

    Il peggior incubo si sta avverando, penso. Il tassista continua a dire Do you understand?. A quel punto lo guardo negli occhi e gli dico in italiano Oh, portami in albergo!. Credo ora gli sia chiaro che non ho proprio compreso, così fa intervenire il benzinaio che ha una parlata più comprensibile e mi fa capire che per legge i passeggeri devono scendere quando le auto fanno rifornimento. Ah, ok. Dopo questa scena il mio autista capisce di avere una persona spaventata a bordo, quindi rallenta la sua guida sfrenata e mi dice che a breve arriveremo in hotel.

    La strada dell'albergo è in una via interna tutta disastrata. Alla reception luci spente e gente che dorme davanti al bancone nel sacco a pelo. Il tassista provvede a bussare e a urlargli qualcosa in indiano. Prima che vada mi scuso per il misunderstanding precedente, certamente in italiano avrei potuto spiegargli di più, ma il messaggio arriva lo stesso e lui mi risponde di non preoccuparmi.

    L'albergo è molto diverso rispetto alle immagini viste sul loro sito, sembra la brutta copia di quelle foto. Il più giovane dei tizi che dormono per terra si sveglia e, tutto assonnato, ci apre, mi chiede i documenti. Si sveglia poi anche il capo, un omone panciuto che mi fa segnare i dati su un registro cartaceo gigante, mentre in due cercano infruttuosamente di fotocopiare fronte retro il mio passaporto. Da uno dei sacchi a pelo giunge un rutto sonoro. Mi sto leggermente spazientendo, sono le quattro passate ormai e ho molto sonno. Finite le operazioni di registrazione il ragazzo mi accompagna alla stanza, mi porta la carta igienica e un asciugamano; gli chiedo subito il codice Wi-Fi per comunicare a casa che sono tutta intera. Quando va via mi guardo attorno… sembra tutto pulito ma scolorito rispetto alle immagini viste da casa, anche il bagno è pulito; manca il riscaldamento e lo split funziona solo per l'aria fredda. Certo che il sacco a pelo me lo potevo portare!. Quando finalmente tocco il letto, inizia la processione dei clacson e dei cani che abbaiano. Una coppia nella stanza a fianco litiga. Delhi si sta svegliando, la mia adrenalina è in circolo e temo di non riuscire a dormire, ma alla fine il sonno si impossessa di me e i rumori in sottofondo svaniscono.

    Sogno, sicuramente c'era un bambino che veniva a chiedere dei soldi, ma dico a chi è con me di ignorarlo perché sennò diamo solo alimento al racket dei bambini che vengono mandati a chiedere l'elemosina. Evidentemente il mio inconscio

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