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Alla conquista delle stelle
Alla conquista delle stelle
Alla conquista delle stelle
E-book138 pagine1 ora

Alla conquista delle stelle

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Info su questo ebook

Il libro è stato scritto per portare il lettore ad una crescita personale. È suddiviso in due parti. La prima è una raccolta di dialoghi tra persone, tra animali, tra elementi della natura. Sono parole che portano a riflessioni, a far nascere intuizioni, a far emergere ricordi. Ogni singolo termine è stato scelto con cura per portare un’immagine in grado di far nascere un movimento interiore. Possono essere vissuti anche come dialoghi interiori, tra la parte più saggia di noi e quella più bisognosa di conforto, tra noi stessi e il nostro maestro interiore, tra la nostra essenza di adulti e quella bambina. I personaggi scelti nei dialoghi sono una nonna e una nipote, un maestro e un discepolo, un lupo e un cane ma anche altri animali ed elementi della natura come il sole e la luna. Nei dialoghi vengono utilizzate principalmente metafore e simboli per trattare varie tematiche della vita. La seconda parte del libro è caratterizzata principalmente da racconti e scritti che guidano il lettore, mediante un linguaggio più comune, a riflettere sul tema della solitudine, della pazienza, della tristezza.
LinguaItaliano
Data di uscita22 giu 2020
ISBN9788831680219
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    Anteprima del libro

    Alla conquista delle stelle - Elena Bernabè

    noi.

    Introduzione

    Da bam­bi­ni, ma so­lo da bam­bi­ni, av­vie­ne un in­con­tro ma­gi­co. Una sor­ta di pic­co­lo ful­mi­ne di con­sa­pe­vo­lez­za ci col­pi­sce per un bre­ve pe­rio­do di tem­po. Per un mo­men­to ci vie­ne con­ces­so di sa­pe­re qual è il no­stro ta­len­to da far sboc­cia­re, ci vie­ne mo­stra­ta la no­stra mis­sio­ne di vi­ta, il no­stro do­no in­te­rio­re, la no­stra ghian­da.

    La teo­ria del­la ghian­da è sta­ta for­mu­la­ta da Ja­mes Hill­man¹, fa­mo­so psi­coa­na­li­sta e sag­gi­sta sta­tu­ni­ten­se.

    Se­con­do Hill­man co­me la ghian­da rac­chiu­de in sé una quer­cia in di­ve­ni­re, ognu­no di noi na­sce con un ta­len­to in­na­to che pre­me per es­se­re sco­per­to e rea­liz­za­to. Co­me la ghian­da può non di­ven­ta­re quer­cia per va­ri ac­ca­di­men­ti (a cau­sa per esem­pio di ma­lat­tie o agen­ti at­mo­sfe­ri­ci av­ver­si), co­sì an­che il no­stro ta­len­to può ri­ma­ne­re la­ten­te a vi­ta. Per una mi­ria­de di mo­ti­va­zio­ni: fa­mi­lia­ri, so­cia­li, am­bien­ta­li, emo­ti­ve.

    L’uni­co pun­to fer­mo che ac­com­pa­gna ogni in­di­vi­duo è che la rea­liz­za­zio­ne o me­no di que­sto no­stro ta­len­to di­pen­de so­lo ed esclu­si­va­men­te da noi stes­si.

    L’in­fan­zia è an­co­ra un pon­te tra mon­di, si me­sco­la­no nel bam­bi­no ele­men­ti di real­tà con­cre­ta ad al­tri più so­gnan­ti e fia­be­schi. Ed è pro­prio in que­sto pe­rio­do del­la no­stra vi­ta che sen­za sfor­zo, ri­cer­ca o pre­oc­cu­pa­zio­ne ve­nia­mo co­me at­ti­ra­ti da qual­co­sa che vo­glia­mo fa­re. E, spes­so, lo fac­cia­mo.

    Dan­za­re, scri­ve­re, suo­na­re, di­pin­ge­re, co­strui­re, in­ven­ta­re. In mo­do con­ti­nua­ti­vo e ori­gi­na­le. Qual­co­sa nel­le no­stre gior­na­te da bam­bi­no si co­lo­ra di noi, di un aspet­to che ci con­trad­di­stin­gue, che non po­treb­be ap­par­te­ne­re a nes­sun al­tro. Non in quel mo­do al­me­no. Po­treb­be an­che non ri­guar­da­re un’at­ti­vi­tà ma so­lo una par­te del no­stro es­se­re co­me un mo­do di pen­sa­re, di re­la­zio­nar­ci, di vi­ve­re il tem­po li­be­ro.

    È la no­stra ghian­da che si è mo­stra­ta ed il bam­bi­no, sen­za con­di­zio­na­men­ti, ti­mo­ri o pen­sie­ri l’ha na­tu­ral­men­te ac­col­ta per­ché il ri­chia­mo al­la vi­ta per lui è trop­po for­te e vor­reb­be an­naf­fia­re tut­ti i gior­ni quel se­me co­sì par­ti­co­la­re e ap­pa­gan­te per far­lo sboc­cia­re e frut­ta­re.

    È un qual­co­sa che lo fa sta­re be­ne, che gli do­na cal­ma, gio­ia, bel­lez­za.

    Ma quan­te co­se ac­ca­do­no nell’in­fan­zia che non ven­go­no ascol­ta­te! Co­sì suc­ce­de spes­so che que­sto ful­mi­ne di con­sa­pe­vo­lez­za ven­ga spen­to e che que­sto se­me ric­co di vi­ta ven­ga se­pol­to trop­po in pro­fon­di­tà nel­la ter­ra.

    E ce ne di­men­ti­chia­mo.

    O me­glio: la no­stra esi­sten­za pro­se­gue co­me se que­sto in­con­tro non fos­se mai av­ve­nu­to. La no­stra men­te ci in­gan­na, gior­no do­po gior­no, an­no do­po an­no. Ma il no­stro cuo­re in­ve­ce fa di tut­to per far­si ascol­ta­re e per ri­por­tar­ci a quell’in­con­tro.

    Scri­ve­re un li­bro è un so­gno che ho nel cas­set­to da quan­do, a no­ve an­ni, chie­si ai miei ge­ni­to­ri per re­ga­lo una mac­chi­na da scri­ve­re. La scrit­tu­ra mi ha ac­com­pa­gna­to de­li­ca­ta­men­te in tut­ti que­sti an­ni tra­sfor­man­do­si con me e di­ve­nen­do lo spec­chio del­la mia in­te­rio­ri­tà.

    Du­ran­te la qua­ran­te­na im­po­sta per con­te­ne­re il dif­fon­der­si del CO­VID-19, la scrit­tu­ra si è im­pa­dro­ni­ta di me e dei miei sen­si. È co­me se tut­ta la mia vi­ta vis­su­ta pri­ma di que­sto iso­la­men­to fos­se ser­vi­ta per sfo­cia­re in mo­do tra­vol­gen­te in un li­bro.

    Gra­zie al­le mi­glia­ia di per­so­ne che han­no let­to i miei scrit­ti pub­bli­ca­ti sul mio pro­fi­lo Fa­ce­book ho com­pre­so che era giun­to il mo­men­to di rea­liz­za­re que­sto so­gno. Era ar­ri­va­to il tem­po di pub­bli­ca­re il mio pri­mo li­bro.

    Lo pen­so e lo scri­vo con im­men­sa emo­zio­ne. È sta­ta una lun­ga at­te­sa, stra­col­ma di espe­rien­ze, idee e pro­get­ti. Un’at­te­sa che pe­rò ave­va un po’ in­sab­bia­to que­sto mio de­si­de­rio in­fan­ti­le. Con­trad­di­stin­ta dal­la ri­cer­ca smi­su­ra­ta di chis­sà cos’al­tro che mi po­tes­se co­ro­na­re. Que­sto mio fer­mar­si ha spaz­za­to via ogni fu­ga da me stes­sa e ha fat­to emer­ge­re con pre­po­ten­za que­sto so­gno se­pol­to, for­se per pau­ra di non riu­sci­re a rea­liz­zar­lo. Ho ab­brac­cia­to amo­re­vol­men­te il sen­ti­re di me bam­bi­na e ho scel­to di ac­co­glie­re que­sta mia spin­ta che ar­ri­va da un pas­sa­to co­sì lon­ta­no, ma che rac­chiu­de in sé la sag­gez­za che ogni bam­bi­no cu­sto­di­sce den­tro.

    Que­sta qua­ran­te­na ha sca­va­to den­tro di me e ha por­ta­to al­lo sco­per­to il te­so­ro di una scrit­tu­ra nuo­va, crea­ti­va, pro­fon­da. Che ho vo­lu­to con­di­vi­de­re nel mio pro­fi­lo Fa­ce­book e nei miei ar­ti­co­li pub­bli­ca­ti su Eti­ca­men­te, il blog che ge­sti­sco dal 2011. I ri­scon­tri so­no sta­ti tal­men­te tan­ti e tra­boc­can­ti di emo­zio­ni che mi so­no fat­ta tra­vol­ge­re da una ma­rea di ener­gia co­strut­ti­va. E que­st’on­da mi ha por­ta­to a rac­co­glie­re tut­ti i miei scrit­ti in que­sto li­bro. Che vuo­le es­se­re un in­vi­to a viag­gia­re sem­pre den­tro di sé. Per­ché è pro­prio nel­le no­stre pro­fon­di­tà che si sco­pro­no i ve­ri te­so­ri, i ve­ri do­ni pre­zio­si, le no­stre gem­me.

    La pri­ma par­te del li­bro è una rac­col­ta di dia­lo­ghi che af­fron­ta­no le più sva­ria­te te­ma­ti­che del­la vi­ta. La se­con­da è un viag­gio nei vis­su­ti emer­si du­ran­te il pe­rio­do del­la qua­ran­te­na, che pos­so­no pe­rò an­che es­se­re tra­spor­ta­ti a tut­te le si­tua­zio­ni di iso­la­men­to che ogni per­so­na può vi­ve­re nel­la pro­pria esi­sten­za co­me il car­ce­re, un pe­rio­do lun­go di ospe­da­liz­za­zio­ne ma an­che un sen­so di so­li­tu­di­ne o un tem­po par­ti­co­la­re de­di­ca­to al­la ri­cer­ca del­le pro­prie ve­ri­tà.

    La mag­gior par­te de­gli scrit­ti so­no dia­lo­ghi. Tra un mae­stro e il suo di­sce­po­lo, tra una non­na e sua ni­po­te, tra ani­ma­li. In ognu­no vi è qual­co­sa che ho vis­su­to per­so­nal­men­te: sen­sa­zio­ni, ri­fles­sio­ni, even­ti ve­ri. Per­ché so­no con­vin­ta che so­lo l’espe­rien­za di­ret­ta pos­sa por­ta­re ad una ve­ra e pro­pria ela­bo­ra­zio­ne. Che può av­ve­ni­re tra­mi­te un di­pin­to, un can­to, un ri­ca­mo. Nel mio ca­so, tra­mi­te la scrit­tu­ra.

    Io so­no riu­sci­ta a viag­gia­re tra­mi­te i miei scrit­ti. Pur ri­ma­nen­do in ca­sa per ol­tre due me­si. Non ho mai viag­gia­to tan­to in vi­ta mia. Spe­ro che an­che il let­to­re rie­sca ad in­tra­pren­de­re me­ra­vi­glio­si cam­mi­ni. E a sco­pri­re pre­zio­si te­so­ri.

    Dialoghi sulla vita

    Que­sta pri­ma par­te del li­bro è una rac­col­ta di dia­lo­ghi tra per­so­ne, tra ani­ma­li, tra ele­men­ti del­la na­tu­ra. So­no pa­ro­le che por­ta­no a ri­fles­sio­ni, a far na­sce­re in­tui­zio­ni, a far emer­ge­re ri­cor­di. Ad ac­ca­rez­za­re l’ani­ma di ogni per­so­na che li leg­ge.

    Ogni sin­go­lo ter­mi­ne è sta­to scel­to con cu­ra per por­ta­re un’im­ma­gi­ne in gra­do di far na­sce­re un mo­vi­men­to in­te­rio­re.

    Pos­so­no es­se­re vis­su­ti an­che co­me dia­lo­ghi in­te­rio­ri, tra la par­te più sag­gia di noi e quel­la più bi­so­gno­sa di con­for­to, tra noi stes­si e il no­stro mae­stro in­te­rio­re, tra la no­stra es­sen­za di adul­ti e quel­la bam­bi­na.

    Cosa si fa quando si è disperati?

    Non­na, co­sa si fa se si è di­spe­ra­ti?

    Si cu­ce bam­bi­na mia. A ma­no, len­ta­men­te. Gu­stan­do­si ogni on­da crea­ta con le pro­prie di­ta.

    Cu­ci­re fa al­lon­ta­na­re la di­spe­ra­zio­ne?

    No. Cu­cen­do tu la de­co­ri. La guar­di in fac­cia. L'af­fron­ti. Le dai for­ma. L'at­tra­ver­si. E vai ol­tre.

    Dav­ve­ro è co­sì po­ten­te cu­ci­re a ma­no?

    "Cer­to ca­ra. La gen­te non cu­ce più e per que­sto è di­spe­ra­ta. Le sar­te san­no che con ago e fi­lo puoi af­fron­ta­re qual­sia­si si­tua­zio­ne buia riu­scen­do an­che a crea­re dei me­ra­vi­glio­si ca­po­la­vo­ri. Men­tre muo­vi le tue ma­ni è co­me se muo­ves­si la tua ani­ma in mo­do crea­ti­vo. Se ti la­sci

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