Venezia chiama Boston: Costruire cultura, innovare la politica
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Anteprima del libro
Venezia chiama Boston - Maurizio Busacca
Maurizio Busacca, Antonio Rubini
Venezia chiama Boston
© 2016, Marcianum Press, Venezia
Progetto grafico della copertina: Small Caps, Venezia
Impaginazione e grafica: Linotipia Antoniana, Padova
ISBN 978-88-6512-509-0
ISBN: 978-88-6512-509-0
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)
un prodotto di Simplicissimus Book Farm
Indice dei contenuti
Prefazione
Biografie degli autori
Introduzione
CAPITOLO I
Politiche culturali: attori, scene, stili
Venezia e l'università: un innesto proficuo?
CAPITOLO II
Matera: innovazione sociale e cittadinanza culturale
Palermo, turismo, comunità. Il viaggio e l'ospitalità come strumenti di cambiamento sociale
Bologna come mente, tra tradizione e tradimenti
Innovare, infinito presente
CAPITOLO III
Fare ricerca nelle politiche urbane
Costruire politiche culturali
Conclusioni
Ringraziamenti
EMPOWERMENT
22
VENEZIA
CHIAMA
BOSTON
COSTRUIRE CULTURA,
INNOVARE LA POLITICA
a cura di
Maurizio Busacca
e Lucio Rubini
Prefazione
Prof. Michele Bugliesi
Rettore Università Ca’ Foscari Venezia
I temi e gli autori contenuti nel volume curato da Maurizio Busacca e Lucio Rubini mettono in evidenza la centralità crescente del ruolo delle università nelle strategie di sviluppo urbano. Le peculiarità e le fragilità di Venezia rappresentano un importante terreno di riflessione per quanti si interrogano sul rapporto tra politica e costruzione dello spazio pubblico e tali istanze sono di particolare attualità a seguito dell’istituzione di Venezia come città metropolitana.
I processi di sviluppo e innovazione manifestano una tendenza sempre più pronunciata a concentrarsi in alcune città e aree metropolitane. Le ragioni di tale fenomeno sono collegate soprattutto al rilievo dei processi di innovazione e apertura internazionale che caratterizzano l’evoluzione della società e dell’economia. Le città metropolitane tendono infatti a creare un ecosistema nel quale si sviluppano e diventano accessibili risorse fondamentali per imprese e organizzazioni che devono competere su scala globale. Tra queste risorse c’è innanzitutto il capitale umano qualificato, che nelle grandi città trova sia un più ampio spazio di opportunità occupazionali, sia la possibilità di condividere e sviluppare competenze critiche all’interno di comunità professionali specializzate.
È utile sottolineare che le conoscenze che si formano nelle fasi più delicate dei processi di innovazione – quando tali conoscenze rimangono ancora fluide e poco codificate – non sono facilmente trasferibili a distanza, e richiedono invece interazioni sociali ripetute, esperienze e linguaggi comuni, e fiducia reciproca. Condizioni simili sono richieste anche nello scambio di servizi avanzati fra imprese – ricerca, progettazione, consulenza tecnica e legale, finanza, comunicazione, formazione specializzata, ecc. – per i quali la prossimità tra fornitore e utilizzatore gioca spesso un ruolo decisivo.
In aggiunta a questo insieme di economie esterne, le città metropolitane tendono a concentrare anche i centri istituzionali che forniscono servizi pubblici, regolano la vita civile e assumono decisioni collettivamente vincolanti. La vicinanza a questi centri istituzionali – amministrativi, politici, associativi, di fornitura di servizi comuni, fra cui sanità, istruzione, università – costituisce un altro importante fattore di attrattività delle città metropolitane.
L’Università ha come sue missioni primarie la ricerca scientifica e l’insegnamento ad alto livello, mentre le attività culturali rientrano tra le cosiddette attività di terza missione
, ossia quelle attività di valorizzazione e diffusione della ricerca e di produzione di beni pubblici sociali e culturali. In altre parole, agli atenei è richiesto, dal Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica (Miur), dall’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (Anvur), e ancor prima dello Stato italiano e dai suoi cittadini, di essere attiva nel cosiddetto public engagement, nella produzione e gestione di beni culturali, intesi nella massima varietà dei suoi prodotti. L’impegno pubblico dell’Università, sotto questo profilo, come suggerisce l’Anvur, è quello di «aiutare i territori a compiere i salti
che altrimenti non avrebbero le risorse per compiere», condividendo con il territorio la rete dei propri «contatti e opportunità di networking di scala internazionale»[1]. La terza missione
delle università indica, in buona sostanza, che l’università non è una torre d’avorio in cui si produce un sapere chiuso su sé stesso, accessibile a pochi.
Ca’ Foscari porta avanti la sua terza missione su molti fronti, prima di tutto su quello della disseminazione dei risultati della sua ricerca, negli ambiti della propria tradizione – gli studi giuridici, economici e aziendali, le scienze e le tecnologie chimico- ambientali e dei materiali, le scienze digitali e le tecnologie dell’informazione, le arti e le letterature, le lingue e le culture straniere, le relazioni internazionali, l’archeologia, gli studi storici e filosofici. Ma al di là del lavoro quotidiano della disseminazione della propria attività di ricerca e didattica, testimoniato dal numero di conferenze e convegni organizzati da Ca’ Foscari (oltre ai tanti workshop, seminari, lezioni pubbliche), il nostro Ateneo contribuisce a rafforzare il tessuto culturale della città. Gli eventi culturali prodotti a Ca’ Foscari mettono a frutto le competenze dei propri docenti e ricercatori per rivolgerle a un pubblico più vasto dei soli utenti universitari. Anche questo stesso volume è in larga misura il frutto di questo atteggiamento.
La vita culturale di Venezia è attiva come non mai, e lo è stata in modo crescente nel corso degli ultimi dieci anni. Lo dicono chiaramente i dati raccolti nelle tabelle del Rapporto sulla produzione culturale a Venezia[2], meritoriamente prodotto dalla Fondazione Venezia 2000 e dalla Fondazione di Venezia. I vari ambiti culturali veneziani sono attraversati da progettualità diffuse e variamente partecipate, che testimoniano della volontà dei vari attori culturali di cimentarsi in più aree e a vari livelli; molte volte mettendo a frutto operazioni di collaborazione e cooperazione.
Per questo motivo le attività culturali sono strategiche per Ca’ Foscari e anche per la nostra città, così bella e unica, ma anche così fragile. Se è vero che anche la cultura può essere considerata un’invariante socio-antropica del tessuto urbano, alla stregua delle classiche invarianti paesaggistiche e ambientali, la cultura tuttavia non è legata alla sola dimensione storico-monumentale: se vogliamo che la cultura abbia una funzione vitalizzante per il tessuto cittadino e per il territorio, essa deve diventare parte della dimensione produttiva sia in senso economico che sociale.
La parola cultura
deriva dal latino colĕre, che significa coltivare, proteggere, onorare e rispettare e anche abitare. Il suo senso profondo è dunque di carattere attivo: colĕre indica l’attenzione che si presta nel fare una cosa, nell’avere cura di qualcuno, e quindi anche nello stare in un dato luogo. Fare cultura significa pertanto conservare e insieme promuovere la comunità civile, la res publica[3]. È grazie alla cultura partecipata che si possono creare quegli ancoraggi motivazionali
grazie ai quali tutti i soggetti sentono di avere pari diritto di cittadinanza e pari doveri di lealtà costituzionale. In una società complessa come la nostra l’intolleranza e il settarismo si possono superare e sconfiggere solo creando un comune orizzonte interpretativo
, ovvero solo promuovendo uno spazio nel quale i cittadini possano accedere a un senso condiviso dei meccanismi per il riconoscimento reciproco e la promozione dei valori[4].
Fare cultura dunque è ricordarsi di essere cittadini proattivi, difensori della libertà altrui e propria, attori della democrazia partecipata, è essere persone che sanno condividere il proprio sapere e la propria capacità di decidere assieme agli altri. È ciò che propongono i due autori del volume quando invitano i lettori all’azione, proponendo la cultura quale via per «rifondare lo spazio pubblico inteso come spazio politico». Così intesa, l’attività culturale non è, quindi, solo la terza
missione dell’Università ma la sua missione principale dal punto di vista morale e civico. E come per noi, lo è per tutti i soggetti che operano nella nostra città di Venezia.
Da parte loro, le università del Veneto dovranno sapersi aprire al territorio con le proprie competenze e le proprie eccellenze, riconosciute a livello nazionale ed internazionale. Dovranno saper operare in un panorama di crescente competitività, da un lato caratterizzandosi nella ricerca e nella didattica, e dall’altro sapendo operare in rete, condividendo infrastrutture, piattaforme tecnologiche, e servizi. Dovranno saper coordinare la capacità complessiva del sistema territoriale di attrazione di fondi per la ricerca e l’innovazione, di ricercatori eccellenti e di studenti brillanti e motivati.
Gli interventi dovranno portare allo sviluppo di una rete di alta formazione, attrattiva a livello internazionale, che sappia incidere sui processi di innovazione tecnologica, delle competenze digitali, del management internazionale, della sostenibilità ambientale, della conservazione e della valorizzazione dei beni artistici e culturali, e più in generale della crescita culturale del territorio.
Si tratta di temi che il volume propone di mettere in cima all’agenda politica locale. Se l’Università è dunque un attore fondamentale per lo sviluppo di un sistema metropolitano competitivo, nel processo di formazione di questo sistema le Università dovranno contribuire alla crescita di un’offerta universitaria di qualità, incrementando l’investimento pubblico nella ricerca di base, nelle infrastrutture, nelle piattaforme tecnologiche e di servizio, e coinvolgendo l’impresa privata nelle attività di ricerca, integrando meglio i livelli formativi lungo una filiera che va dall’istruzione superiore ai dottorati di ricerca, coinvolgendo gli studenti in nuove forme di didattica, stimolando le capacità creative e le attitudini imprenditoriali, combinando le conoscenze tecnologiche e culturali in modo trasversale.
[1] La valutazione della terza missione nelle università italiane, a cura dell’Anvur, Roma, 15 febbraio 2015, documento online: www.anvur.org.
[2] La produzione culturale a Venezia. Gli eventi, i produttori, i fruitori. Dodicesimo rapporto, a cura di Francesco Sbetti e Manuela Bertoldo, Venezia, Fondazione Venezia 2000 e Fondazione di Venezia, 2015.
[3] Derek B. Heater, A Brief History of Citizenship, Edinburgh, Edinburgh University Press, 2004.
[4] Jürgen Habermas, Lotta di riconoscimento nello stato democratico di diritto, in C. Taylor e J. Habermas, Multiculturalismo: lotte per il riconoscimento, trad. it. di L. Ceppa, Milano, Feltrinelli, 1998, pp. 94-5.
Biografie degli autori
Maurizio Busacca
Nel suo percorso ricerca e pratica imprenditoriale si sono intrecciate sui temi dell’innovazione sociale e delle politiche attive per il lavoro. Dal 2000 attivista culturale e imprenditore sociale, dal 2013 al 2015 è stato assegnista di ricerca all’università Ca’ Foscari Venezia; attualmente è dottorando Iuav in Pianificazione e Politiche Pubbliche del territorio e cultore della materia in Critical Management Studies all’università Ca’ Foscari.
Lucio Rubini
Dal 2010 lavora come libero professionista con Enti e Istituti di ricerca nel campo delle politiche per la città e per il territorio; dal 2012 collabora con l’università VIU di Venezia nel settore della