Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Anche questo è un museo!: Perché il digitale nei musei italiani può essere un vantaggio?
Anche questo è un museo!: Perché il digitale nei musei italiani può essere un vantaggio?
Anche questo è un museo!: Perché il digitale nei musei italiani può essere un vantaggio?
E-book377 pagine4 ore

Anche questo è un museo!: Perché il digitale nei musei italiani può essere un vantaggio?

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

"Anche questo è un museo! Perché il digitale nei musei italiani può essere un vantaggio?" si pone l'obiettivo di indagare limiti, sfide ed opportunità delle nuove tecnologie nei musei italiani. Ma perché il settore museale è così riluttante all'adozione del digitale nelle sue strategie? un museo che introduce questi strumenti è pur sempre un museo, degno di questo nome.La tecnologia può diventare un mezzo utile ad attrarre diverse tipologie di visitatori tra cui i più giovani, ancora troppo distanti dai luoghi della cultura. È importante prestare attenzione a questo pubblico poiché costituirà la generazione del domani: appare dunque evidente che è necessario ascoltarne le esigenze, rinnovando la proposta museale non solo nel management ma soprattutto nelle modalità di fruizione e di comunicazione. Occorre rendere l'offerta più attrattiva, puntando su un'esperienza di valore, incentivando la partecipazione attiva, il dialogo e l'inclusione.Nel libro troverai:

- Un'analisi dell'azienda-museo (assetti giuridici, risorse, organizzazione, gestione, mission, catena del valore e sistema prodotto);

- Un approfondimento sul mercato e sul settore museale, sulla domanda e sull'offerta di cultura;

- Le principali ricerche condotte sul pubblico italiano;

- Le strategie di marketing, di comunicazione, di branding e digitali impiegate ed impiegabili con alcuni esempi concreti;

- Una rassegna di tutte le tecnologie e i canali ad oggi utilizzati e utilizzabili in futuro;

- Un focus sull'Interaction Design per i musei;

- Una breve ricerca che ho svolto su un piccolo campione di utenti per individuare i loro bisogni, le loro aspettative e motivazioni.
LinguaItaliano
Data di uscita3 feb 2023
ISBN9791221447460
Anche questo è un museo!: Perché il digitale nei musei italiani può essere un vantaggio?

Correlato a Anche questo è un museo!

Ebook correlati

Antiquariato e collezionismo per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Anche questo è un museo!

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Anche questo è un museo! - Ilaria Sciutto

    1. L’azienda-museo

    Al fine di comprendere al meglio il concetto di museo, occorre fare un passo indietro, analizzando come questo termine è stato interpretato nel corso del tempo. Per diversi anni, la concezione di museo predominante veniva espressa tramite due paradigmi contrapposti: il museo-tempio e il museo-scuola. Il primo, di tradizione umanista, vede il museo come un edificio di culto che nutre lo spirito e incarna perfettamente la cultura di un'élite. Sempre a questo filone appartiene il museo inteso come cattedrale del XX secolo, termine che sta ad indicare un luogo di emozioni collettive. Il visitatore guarda le opere con una distanza simbolica, fatta di rispetto, ammirazione e timore reverenziale, tendendo verso una dimensione sacrale. La concezione del museo-tempio presenta diversi limiti: privilegia la dimensione simbolica rispetto a quella culturale, la collezione rispetto al pubblico, la dimensione estetica rispetto a quella conoscitiva. Come sostiene Mario Perniola (2004, p. 94): a differenza delle altre merci, il valore di quelle culturali è inseparabile dall’ammirazione che suscitano. L'ammirazione è proprio ciò che trasforma l'innovazione in valore culturale (…). Il museo-scuola fa invece riferimento ai collezionisti del Seicento che destinarono le proprie collezioni all’utilità pubblica. Nell’Ottocento questo paradigma è orientato all'educazione della mente e del gusto del pubblico, nel Novecento diventa il riferimento della museologia anglosassone mentre nel secondo dopoguerra è la tendenza dominante. Anche in questo caso si evidenziano diversi limiti: l’attenzione è focalizzata solo sulla funzione educativa, la collezione è subordinata al pubblico, gli aspetti sensoriali ed emotivi a quelli razionali, l'accento è posto sul ruolo sociale e sulle responsabilità⁹.

    Negli ultimi anni si parla invece di museo-intrattenimento o museo dell’iperconsumo per identificare un luogo in cui non si fruisce solo della collezione ma anche dei servizi accessori. La tendenza è quella di pensare a prodotti dell'industria culturale rivolti ad una cultura massa, introducendo così la visita al museo nel ventaglio dell'offerta per la gestione del tempo libero. Gli intellettuali si sentono minacciati da questa nuova visione in quanto le istituzioni sembrerebbero più preoccupate ad attirare il pubblico piuttosto che a trasmettere un messaggio. Pertanto, si è tentato di combinare intrattenimento e funzione educativa, coniando il neologismo inglese edutainment (education e entertainment).

    Altre proposte alternative sono il museo-piazza, inteso come luogo di incontro; il museo-laboratorio identificato come centro di elaborazione culturale; il museo-comunicatore che trasmette un messaggio e costruisce con il pubblico un processo comunicativo.

    Il museo tenta oggi di conciliare tutti questi aspetti. È più corretto quindi parlare di sistema di interpretazione per sottolineare come il museo diventi mediatore tra pubblico e collezione, generando significati sempre nuovi. Viene qui introdotto il concetto di partecipazione all'esperienza culturale che vede nel visitatore un utente non più passivo ma capace di valutare in modo critico ciò che vede. Come afferma Giovanni Pinna (1997, p. 20): Il museo deve precedere la società stessa nella creazione dei significati, e ciò può avvenire se il museo è in grado di interpretare non tanto la società nella sua forma momentanea quanto le sue aspirazioni.

    Il museo può anche essere inteso come sistema di relazioni in quanto è necessario intrattenere rapporti non solo con il pubblico ma anche con altri musei, con scuole e università. Questa consapevolezza nasce dal fatto che il museo fa parte del sistema del patrimonio culturale e quindi non può isolarsi dalla città, dal territorio e dell'ambiente di cui è portavoce. Francesco Bonaretti (2002) riconosce nel sistema museale italiano un vero e proprio circuito polarizzato che fa leva su risorse interne ed economie esterne. Inoltre, il pubblico deve essere inteso non solo come flusso turistico ma anche come utenza orientata alla ricerca e alla conoscenza. Il museo dovrebbe quindi candidarsi alla formazione del capitale umano attraverso istruzione e ricerca, un settore di investimento cruciale nel panorama odierno.

    Dopo aver analizzato tutte le accezioni possibili del termine museo, risulta necessario parlare di azienda-museo. In questo elaborato il museo verrà infatti analizzato sotto il punto di vista economico aziendale. Il museo produce servizi al pubblico per soddisfare un bisogno culturale, pertanto può essere considerato attività economica con caratteristiche di durabilità nel tempo, ordine e sistematicità, nonché parziale autonomia ed equilibrio economico (Chirieleison, 2002). In particolare, l’azienda-museo può essere definita come l'ordine economico dell'istituto museo (Bagdadli, 2000, p. 7) e viene inserita nel panorama delle aziende culturali, intese come tutte quelle imprese che svolgono combinazioni economiche al fine di creare e diffondere cultura. Il carattere aziendale delle organizzazioni culturali deriva quindi da due elementi oggettivi: essere ordine economico di un istituto e svolgere attività culturali. Tuttavia, solo da pochi anni, i professionisti del settore riconoscono il termine aziende culturali come termine neutro rispetto alle politiche di privatizzazione. Occorre dunque precisare cosa si intende per aziendalizzazione: questo termine, tradotto dall'inglese managerialization, fa riferimento ad un processo di trasformazione della pubblica amministrazione che ha lo scopo di accogliere le logiche e gli strumenti manageriali tipici delle imprese¹⁰. In tal senso, l'aziendalizzazione si contrappone alla privatizzazione in quanto incoraggia l'accountability del settore pubblico. Gli studi attinenti all'ambito dell'economia della cultura analizzano infatti l'esistenza di politiche pubbliche a sostegno della cultura, la relazione tra domanda e offerta, le modalità di scambio, la determinazione del prezzo di acquisto, il rendimento degli investimenti in arte o le funzioni di produzione. Secondo Chong (2009), si inizia a parlare di cultural management o art management a partire dagli anni ‘60 quando il mondo della cultura inizia ad avvicinarsi a quello della gestione manageriale. Il termine art management è strettamente correlato all'applicazione delle cinque funzioni tradizionali del management (planning, controlling, leading, staffing e organizing) e al mondo delle organizzazioni pubbliche e private che si occupano di visual e performing arts.

    Il complesso ecosistema delle aziende culturali si suddivide in aziende che producono beni e attività culturali e aziende che conservano e tramandano cultura, come mostrato in Figura 1. In questo scenario, il museo può essere definito come azienda culturale che si occupa della conservazione e della valorizzazione dei beni culturali. Tuttavia, i confini di tale schema sono semplificati. Ad esempio, possiamo vedere come i musei d'impresa si occupino non solo della conservazione e della valorizzazione di beni artistici e culturali, ma anche della produzione degli stessi.

    Figura 1 - Mappatura delle aziende culturali

    Fonte: Riadattamento di Magnani (2017, p. 15)

    Figura 2 - Il sistema delle aziende culturali

    Fonte: Riadattamento di Magnani (2017, p. 17) da Kea (2006)

    I musei, insieme agli spettacoli dal vivo, possono essere intesi anche come aziende culturali in senso stretto: operano nei settori delle arti visuali, delle arti performative e del patrimonio culturale e hanno per oggetto la conservazione, la valorizzazione e la gestione del patrimonio culturale così come viene descritto dall'UNESCO e dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT). Questo tipo di aziende, prevalentemente erogative, sono caratterizzate dall'assenza di scopo di lucro, pertanto devono essere collocate nell'ambito delle aziende pubbliche o delle aziende no-profit. Le aziende culturali private sono comunque caratterizzate da una finalità non economica (riflessa nella mission e la vision) (Figura 2).

    Le aziende culturali in senso lato hanno invece caratteristiche simili alle aziende di produzione che operano in altri settori. Tali organizzazioni sono orientate al profitto, di conseguenza, sono presenti investitori a titolo di capitale di rischio e la loro finalità è massimizzare il reddito. Tipicamente si parla quindi di società di capitali o di persone che operano in quei settori individuati in letteratura come industrie culturali. In questo ambito, gli output sono standard e rivolti ad un pubblico di massa poiché derivano da un processo industriale ma sono comunque frutto della creatività. Questo tipo di aziende¹¹ vengono approfondite nei lavori di Santagata (2007): l’autore è convinto che, riqualificando questo settore strategico, attraverso la formazione e la valorizzazione di artisti e mestieri creativi¹², il mercato del lavoro e lo sviluppo di tutto il sistema Italia potrebbero raggiungere una posizione di spicco nella società globale della conoscenza¹³. Inoltre, il modello della conservazione dei beni culturali ha ormai esaurito la sua spinta innovativa in quanto rappresenta un modello chiuso di cultura, quella musealizzata e istituzionalizzata, che non crea sinergie con altri settori¹⁴. Contrariamente a quanto si possa pensare, il museo è una straordinaria macchina per la produzione di cultura soprattutto se viene inteso come centro culturale, promotore di eventi e soggetto attivo nello sviluppo locale.

    Per completare lo schema, le aziende che operano nel settore della creatività sono invece imprese che producono output differenti dalle aziende culturali ma adottano processi creativi o utilizzano competenze e professionalità appartenenti al mondo della cultura: è il caso, ad esempio, della comunicazione pubblicitaria o dell’interior design. Tra le aziende del cosiddetto indotto a monte consideriamo invece tutti i fornitori di beni o servizi che rappresentano degli input nei processi core delle aziende culturali come le aziende specializzate negli allestimenti museografici. In termini quantitativi, il 53% delle aziende culturali è rappresentato dalle imprese creative, il 43% dalle aziende culturali in senso lato mentre il 4% è riconducibile alle imprese di servizi che operano come fornitori di aziende culturali in senso stretto.

    Il museo è quindi una realtà complessa che si fonda su quattro elementi essenziali:

    1. La collezione, intesa come un insieme di oggetti normalmente non destinati al museo¹⁵, donazioni, acquisti o lasciti ereditari. E’ la componente caratterizzante del museo poiché ne determina la tipologia e le dimensioni. Tuttavia, è bene ricordare che il numero delle opere non è sempre proporzionale alla loro importanza e che la loro acquisizione non è casuale ma dipende da fattori come la coerenza che esse hanno con la collezione già esistente e le modalità di conservazione delle stesse. Oggi, grazie all’impiego di nuove tecnologie, i musei non si basano sempre su collezioni ma anche sul racconto e sulla testimonianza di fatti storici o comunità minoritarie¹⁶;

    2. Il pubblico, che fruisce della collezione, a patto di non comprometterne la sicurezza e la durata nel tempo;

    3. Il personale, ovvero l’insieme delle risorse umane (sia esterne che interne) che concorrono al funzionamento del museo, occupandosi sia della collezione che dei visitatori. Il suo ruolo è quindi quello di mediatore che tenta di costruire un equilibrio fra le esigenze conflittuali di questi due elementi;

    4. La sede, uno spazio (chiuso o aperto) che deve essere organizzato ed allestito. Esistono edifici convertiti a museo o appositamente costruiti per tale funzione. In Italia è stato necessario confrontarsi con problematiche date dalla compatibilità estetica e funzionale tra collezione e sede monumentale, come nel caso degli Uffizi di Firenze, museo che prende nome dal palazzo nel quale viene ospitato. L’organizzazione spaziale del museo incontra poi pareri contrastanti: architetti come Louis I. Kahn suddividono il museo in spazi serviti (sale espositive, aree di accoglienza, biblioteche e centri di documentazione) e spazi che servono (uffici, laboratori, depositi, magazzini, locali per gli impianti) mentre altri preferiscono distinguerlo in aree deputate prevalentemente alla collezione, aree destinate al pubblico e aree riservate al personale. Molto spesso i bisogni dei progettisti e dei direttori dei musei si scontrano, proprio perché è difficile conciliare la complessità delle strutture fisiche con le funzioni essenziali di conservazione, studio ed esposizione.

    Nei prossimi paragrafi e nel capitolo successivo, andremo ad analizzare in che modo interagiscono tra loro questi elementi. Anzitutto, occorre concentrarsi sugli aspetti istituzionali e organizzativi.

    1.1 Gli assetti istituzionali

    La rilevanza delle scelte di assetto istituzionale è data dal fatto che questo aspetto è in grado di influenzare tutta la vita dell’azienda-museo.

    La tradizione europea propone un modello misto in cui coesistono musei privati e pubblici. In Italia prevale storicamente la forma pubblica¹⁷ in quanto lo stato deve rispettare uno dei suoi doveri, quello di educare i propri cittadini: in questo scenario il museo è un’istituzione volta a soddisfare l’interesse pubblico. Il sistema statale italiano nasce a fine Ottocento mettendo in relazione i beni culturali e il territorio: il nostro Paese è infatti un museo generale (Quatremère de Quincy, 1796 citato in Clarelli, 2015) coordinato da una rete di uffici distribuiti sul territorio. Il modello pubblico rimane comunque legato a quello privato anche perché molto spesso le collezioni esposte prendono vita da lasciti testamentari o donazioni a capo di soggetti privati, mecenati o collezionisti che nel tempo hanno acquisito opere dal valore inestimabile. Il dibattito che si è creato tende a privilegiare un economia mista in quanto non è possibile ignorare il dovere dello stato di sostenere la cultura ma, al contempo, è necessario applicare strategie promozionali che facciano leva anche su una visione imprenditoriale¹⁸. E’ un modello ancora sperimentale nel nostro Paese che mira alla coesistenza tra diversi livelli di autonomia. Questo approccio risulta fondamentale in quanto le realtà museali si rivolgono ad un mercato globale e il patrimonio culturale ha una dimensione sia locale che nazionale. Un’altra soluzione alla carenza di risorse e competenze in ambito museale sembra essere la costituzione di reti o network museali in cui ogni azienda corrisponde ad un nodo. I legami possono basarsi su relazioni interpersonali, accordi formalizzati o vincoli di proprietà andando a definire rispettivamente reti sociali, burocratiche o proprietarie (Grandori e Soda, 1995).

    Il museo può configurarsi quindi come impresa, istituto no-profit o istituto pubblico. Il museo inteso come impresa si definisce come istituto che svolge la funzione di produzione di beni privati (Bagdadli, 2000, p. 10). L'economicità di un'impresa si misura in relazione alla sua capacità di remunerare il capitale di rischio: nell'economia classica, l'impresa ha infatti l'obiettivo di massimizzare il profitto. Questo concetto può essere applicato integralmente ai musei for profit che basano le proprie entrate sul numero dei visitatori, focalizzando le loro analisi sull'elasticità della domanda al prezzo, sui servizi complementari e sugli orari di apertura. Tuttavia, come abbiamo visto nella definizione proposta dall’ICOM, il museo viene identificato come istituzione no-profit. L’obiettivo principale dei musei pubblici non è quindi riconducibile all'orientamento al profitto. Nonostante ciò, per garantire la sopravvivenza di tali istituzioni, risulta necessario che queste non trascurino l'ottimizzazione di costi e ricavi e non rinuncino ad agire secondo la logica di mercato, se non altro per minimizzare le perdite. Il patrimonio è comunque inalienabile, pertanto lo stato ha il dovere morale di sovvenzionare i musei pubblici. Il museo come istituto no-profit viene infatti classificato da Hansmann come azienda no-profit mutual, proprio perché finanziata da sussidi pubblici e donazioni private.

    Tuttavia, i musei no-profit registrano una maggiore inefficienza e godono di privilegi fiscali o sovvenzioni. Si servono di volontari come risorsa chiave e propongono tariffe di ingresso più basse rispetto a quelle del museo for profit poiché basano la loro esistenza sulle attività formative. D’altra parte, i musei for profit presentano problemi legati ai condizionamenti imposti dai finanziatori anche se godono di grande autonomia e flessibilità rispetto al museo pubblico. I musei pubblici trascurano dunque tutte le possibili strategie volte ad incrementare il numero di visitatori. La loro mancanza di autonomia e risorse determina anche il fallimento dell'obiettivo del museo come istituto che incoraggia il godimento del patrimonio culturale da parte dei cittadini. Inoltre, le raccolte d'arte di proprietà dello Stato o di altri enti pubblici territoriali sono composte da beni demaniali caratterizzati da inalienabilità, incommerciabilità e imprescrittibilità. I proprietari di musei privati¹⁹ possono invece disporre liberamente dei propri beni anche se con vincoli e autorizzazioni da parte dello Stato.

    Un'ulteriore distinzione funzionale delle scelte di governance vede contrapposta la gestione diretta in cui l’ente fondatore dirige l'azienda e quella indiretta in cui viene costituito un veicolo giuridico ad hoc oppure se ne utilizza uno preesistente ma autonomo. La prima fattispecie mette in atto un fenomeno di diversificazione che dà luogo ad una pluralità di ASA (Aree Strategiche di Affari) in cui opera l'istituto di partenza, sia esso un ente pubblico, un'impresa o un'organizzazione no-profit. Nel secondo caso si assiste ad un processo di esternalizzazione dell'attività di direzione ad un soggetto con diversi livelli di autonomia. Nella Figura 3, Magnani (2017) elabora una tassonomia che incrocia modalità di gestione e natura della persona giuridica.

    Figura 3 - Tipologia di gestione e natura delle persone giuridiche di un museo

    Fonte: Magnani (2017, p. 49)

    E’ interessante osservare come una recente riforma del MiBACT ha introdotto un'importante novità con riferimento ai musei statali. Con questo provvedimento i musei pubblici non sono più sotto il controllo delle Soprintendenze ma sono divisi tra:

    ● Musei dotati di autonomia speciale, autonomi dal punto di vista tecnico-scientifico e gestionale. Vengono considerati sotto l'autorità della Direzione Generale dei Musei, che fa capo al Mistero, e posti sotto la direzione del direttore di museo;

    ● Musei che afferiscono ai poli museali regionali, sottoposti all'autorità della Direzione Generale dei Musei e del proprio direttore.

    Inoltre, si ricorda la tendenza, sempre più attuale, a costituire vere e proprie reti museali, fondate su collaborazioni strategiche in grado di valorizzare un determinato sistema territoriale ottimizzando le risorse e raggiungendo una maggiore efficienza²⁰.

    1.2 Le risorse

    In questo paragrafo si vogliono analizzare le risorse coinvolte nel funzionamento dell’azienda-museo prendendo in considerazione la Resource Based View. In questa prospettiva le risorse caratterizzano l'azienda e ne costituiscono il patrimonio (Magnani, 2017). Queste possono essere tangibili (materiali e finanziarie), intangibili e umane. Il patrimonio, dal punto di vista aziendale, è quel complesso unitario di condizioni produttive che rappresenta la ricchezza di cui dispone un'organizzazione in senso lato. Ha un compito strumentale nello svolgimento delle attività economiche e nel raggiungimento della mission. In ambito culturale, la ricchezza è rappresentata dalle opere e dai beni artistici o culturali detenuti dal museo: viene quindi distinto il patrimonio culturale da quello aziendale (Figura 4).

    Figura 4 - Il patrimonio di un museo

    Fonte: Magnani (2017, p. 139)

    Nelle risorse tangibili rientrano anche quelle finanziarie, che come abbiamo già detto, sono spesso insufficienti. Le risorse intangibili sono invece i marchi e i brevetti ma anche l'immagine. Quest’ultimo elemento sarà poi approfondito nel capitolo 3 in relazione alle strategie di comunicazione finalizzate ad aumentare l’engagement: è bene ricordare che anche nel settore museale, la notorietà e la reputazione sono elementi che influenzano notevolmente i processi di scelta dei consumatori e dei finanziatori che percepiscono il brand sulla base di valutazioni proprie o dei cosiddetti opinion leader. Inoltre, è utile evidenziare anche che la visita ad un museo è un experience good ovvero un prodotto la cui qualità viene riconosciuta solo dopo il consumo (Magnani, 2017). Proprio per tale motivo, è importante curare al massimo l’esperienza che il pubblico vive quando decide di recarsi al museo.

    Le aziende-museo sono considerate organizzazioni labour o human capital intensive, pertanto il ruolo delle risorse umane risulta fondamentale: con le loro conoscenze tacite ed esplicite, determinano il valore ed il raggiungimento della mission del museo (Chirieleison, 2002). In questo settore, è interessante la combinazione che si verifica tra risorse umane, risorse materiali e immateriali di carattere artistico o culturale. Inoltre, la centralità delle risorse umane è tipica della gestione di tutte le aziende di servizi. La qualità di un museo dipende infatti dai collaboratori coinvolti nelle attività core ma anche da quelli coinvolti in mansioni a contatto col pubblico.

    In Italia, nel settore della cultura, risulta difficile ottenere remunerazioni elevate o ricoprire ruoli di prestigio: talvolta, le limitate risorse finanziarie, la carenza di incentivi e l’assenza di possibilità di carriera nel lungo periodo hanno un impatto sulla scarsa professionalità delle risorse umane. Questa situazione innesca un’inerzia comportamentale che include la scarsa volontà riposta nell’agire per il cambiamento. Tra le leve per migliorare il contributo del personale vi è la selezione, l'addestramento, la pianificazione della carriera e la remunerazione.

    Anche in ogni processo della catena del valore, che vedremo in seguito, la componente umana è centrale. Nella Figura 5 sono evidenziate le competenze prioritarie nelle diverse attività di supporto.

    Figura 5 - Competenze relative alle attività di supporto presenti nella catena del valore

    Fonte: Magnani (2017, p. 143)

    La carta delle professioni museali dell'ICOM riporta le numerose figure professionali che operano nei musei. Al centro delle competenze museali c'è sicuramente quella del direttore, caratterizzata dalle forti competenze interdisciplinari. Accanto al direttore, si snodano altre figure professionali fondamentali, suddivise in quattro ambiti principali:

    1. Ricerca, cura e gestione delle collezioni: in questo ambito rientra il conservatore che studia e cura le opere, il catalogatore, l'assistente tecnico alle collezioni, il restauratore e il registar che gestisce il servizio di prestito e la movimentazione delle opere;

    2. Servizi e rapporti con il pubblico: qui troviamo il responsabile dei servizi educativi, l'educatore museale, il responsabile della biblioteca e del centro documentazione, il coordinatore e l’operatore dei servizi di accoglienza e custodia;

    3. Amministrativo, finanziario, gestionale e delle relazioni pubbliche: vengono coinvolti i responsabili amministrativi e finanziari, della segreteria, responsabili per lo sviluppo, del sito web, dell'ufficio stampa e delle relazioni pubbliche;

    4. Strutture e sicurezza: in questo caso si intende il responsabile della sicurezza, delle strutture e dell'impiantistica, della rete informatica.

    Molto spesso queste figure possono essere esterne oppure può accadere che un solo professionista ricopra più mansioni.

    Occorre anche citare le discipline che studiano e si occupano quotidianamente del museo ma sotto due lenti diverse. La museologia tratta il museo come un’istituzione, definendone la natura, la teoria, la storia, il funzionamento, il ruolo culturale e sociale. La disciplina odierna tenta di far coesistere diversi approcci: quello italiano, orientato alla dimensione storica, alla conservazione, al rapporto tra musei e patrimonio culturale, quello anglosassone che si concentra sul museo come servizio e l’approccio francese, fortemente innovativo e focalizzato sulla ricerca. Questo sapere complesso tende ad aprirsi sempre più ad altre discipline come la comunicazione, la sociologia o l’estetica. Tutte le prospettive appaiono oggi complementari e necessarie allo studio e gestione del museo. La museografia si dedica invece alla struttura architettonica, all’organizzazione e all’allestimento degli spazi, alla dimensione urbanistica.

    E’ importante che le figure professionali siano costantemente formate, al fine di mantenere standard professionali elevati ma anche perché possano rispondere prontamente alle problematiche che una macchina tanto complessa può presentare: la direzione, la responsabilità della collezione esposta, conservata o in restauro, la sicurezza, lo studio, la catalogazione, l’ordinamento, l’allestimento, le procedure di acquisizione, i prestiti, la biblioteca e gli archivi, i servizi educativi e di accoglienza, la manutenzione della struttura e degli impianti, nonché le attività amministrative sono tutte mansioni che necessitano di una continua oscillazione fra teoria e pratica. Al giorno d’oggi lo scenario appare più complesso in quanto a questi compiti si affiancano la gestione della comunicazione, il marketing, la ricerca dei fondi e la gestione di attività commerciali aggiuntive come la caffetteria, la libreria o il negozio. Le figure professionali del museo che normalmente il pubblico incontra sono l’accoglienza, gli addetti alle informazioni e la vigilanza. Tuttavia, le figure professionali tipiche del museo sono: il direttore, il responsabile delle collezioni e dell’organizzazione delle mostre (anche detto curator o conservateur), il restauratore, il catalogatore e il responsabile

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1