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Dal Micro al Macro e ritorno
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E-book306 pagine3 ore

Dal Micro al Macro e ritorno

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Tramontata l’epoca del predominio dell’agire economico nella definizione dei modelli di sviluppo dei sistemi locali, si sono affermati i paradigmi della crescita dei distretti industriali orientati alla riconversione (Florida 2008) e incentrati sul valore del talento, della creatività e di un approccio sistemico che vede coinvolti tutti gli attori sociali presenti sul territorio (Porter 2011, Sen 2010), ma si può “osare” ancora di più. È oramai tempo di far scendere – o meglio ridiscendere – in campo, in maniera decisiva, una dimensione essenziale e quanto mai “originale”, pur nella sua apparente ovvietà ed ineluttabilità: il valore della relazione.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2012
ISBN9788896771457
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    Dal Micro al Macro e ritorno - Barbara Mazza

    Discussion

    Introduzione.

    Il valore della relazione in tempi di recupero,

    di Barbara Mazza

    Tramontata l’epoca del predominio dell’agire economico nella definizione dei modelli di sviluppo dei sistemi locali, si sono affermati i paradigmi della crescita dei distretti industriali orientati alla riconversione (Florida 2008) e incentrati sul valore del talento, della creatività e di un approccio sistemico che vede coinvolti tutti gli attori sociali presenti sul territorio (Porter 2011, Sen 2010), ma si può osare ancora di più. È oramai tempo di far scendere – o meglio ridiscendere – in campo, in maniera decisiva, una dimensione essenziale e quanto mai originale, pur nella sua apparente ovvietà ed ineluttabilità: il valore della relazione.

    Del resto, la stessa crisi dei modelli economici ha imposto il recupero del societing (Fabris 2008), non tanto e non solo quale approccio alternativo, ma complementare e integrativo, nella speranza di rivitalizzare processi oramai inadeguati a garantire la crescita mondiale in maniera autonoma e indipendente.

    Oramai da tempo si è affermata in via definitiva, pure nei modelli di gestione organizzativa applicati all’ambito locale, la consapevolezza di come il collante decisivo alla base di ogni processo di sviluppo sia l’agire sociale, inteso quale modalità di coinvolgimento esteso ad ogni soggetto, compresi gli utenti finali (nella vecchia accezione i cosiddetti consumatori) e da applicarsi in tutte le forme più avanzate, ivi compreso l’uso dei new media(e da essi addirittura amplificato ed esteso).

    Ma adesso diviene urgente, accanto alla valorizzazione delle specificità territoriali, il confronto con le dinamiche del cambiamento, dell’innovazione e, ancor più, delle ricomposizioni di differenze interculturali, di prospettive e punti di vista dissimili. Non si tratta solo di creare e attualizzare l’identità di una comunità e di potenziarne le relative opportunità in termini di brand marketing e di positioning, quanto di costruire un substrato valoriale ed esperienziale intorno al quale generare un vero e proprio orientamento alla condivisione di significati, principi e sinergie, da consolidare nel lungo periodo.

    È intorno alle applicazioni degli ambiti concettuali e operativi di frontiera che si incentrano, pertanto, i lavori dei dottorandi di Teramo. Le ricerche presentate denotano un progetto culturale univoco e ben definito, in quanto si rivelano suffragate da criteri plurali e interdisciplinari che consentono di verificare posizioni e approcci secondo prospettive differenti, nonché di investigare ambiti e temi in apparenza divergenti fra loro. L’intento è di ricomprendere, in una visione organica e sistematica, l’insieme di teorie e metodi che consentono di tradurre in termini applicativi le metodiche dell’agire sociale sul territorio, al fine di concorrere alla definizione di opportune e mirate procedure di intervento, in favore del benessere delle collettività.

    Non stupisce, pertanto, che nella lettura dei lavori in corso, presentati in questo numero, emerga come il laboratorio di ricerca teramana concentri le sue riflessioni – persino quando ancora ad uno stadio iniziale - intorno a issues centrali nelle scienze umane e sociali e richiami alcuni tra i suoi più illustri studiosi di riferimento. E così le categorie del tempo libero ritornano decisive, al pari del confronto interculturale nell’area del Mediterraneo, sino alla disamina degli approfondimenti sul capitale sociale, anche in risposta alle dinamiche del conflitto e del confronto fra diverse culture. Un modo per affrontare e rivisitare con competenza le più recenti ipotesi di intervento in ambienti locali, oltre che per rintracciare nelle diverse tipologie di turismo, quale strumento al servizio della promozione e della valorizzazione del territorio, le soluzioni più opportune ed efficaci.

    Quello dell’Università di Teramo è, sì, un laboratorio di analisi e di sperimentazione, ma che non opera in vitro. Al contrario, si confronta con le realtà, immergendosi nelle problematiche del quotidiano. Lo fa, operando nel contesto locale tramite un’attenta selezione di casistiche a maggior gradiente di innovazione e comunque dotate di disponibilità a testare espedienti originali. Al contempo, si apre al confronto internazionale, nella prospettiva di comparare contesti e metodi e di individuare elementi di sistematizzazione fenomenologica ed epistemologica, capaci di far avanzare la scienza verso quell’auspicato progresso che può contribuire al superamento della situazione di crisi in cui verte attualmente buona parte del mondo. La consapevolezza è quella di dover intervenire nel micro, pure all’interno di un movimento di portata globale, per propagare effetti e innesti di trasformazione.

    In quest’ottica, gli studi presentati dai dottorandi hanno, come filo conduttore due elementi cardine dell’agire sociale: la partecipazione e il coinvolgimento.

    Se, a livello locale, le strategie per uscire dall’attuale congiuntura economica attengono alla dimensione del recupero (e della conseguente riconversione) di tradizioni, identità e convergenze, allora, l’interazione e lo scambio appaiono le risorse principali per ricostruire un tessuto collettivo e connettivo in cui attori in/group e out/group possano ritrovarsi e condividere ricordi, esperienze e aspettative condivise.

    1. A caccia del bene relazionale: dinamiche di partecipazione

    Quando la centralità nei processi produttivi muove verso una dimensione relazionale, il focus si sposta inevitabilmente sull’immaterialità dei beni. E così conoscenze e competenze di una comunità, ricordi e tradizioni, abitudini e nuove prassi, ma anche innovazioni e frammenti di vissuti collettivi si mescolano per generare prodotti e servizi inediti, seppur dal sapore rassicurante, intorno ai quali alimentare legami, siano essi forti o deboli (Granovetter 2011).

    È inevitabile che gli studi si addensino intorno al capitale sociale e alla sua forza centripeta nel generare e sostenere processi di creazione e diffusione dell’intangibile. Sia nei suoi approcci individualistici (Coleman 2005) che in quelli di stampo collettivistico (Putman 2004) è indubbio che il capitale assume la configurazione di un rimedio da mettere in comune, da conoscere e riconoscere per rafforzare una rete di relazioni durevoli, orientate ad uno scopo collegiale e originate da dinamiche di fiducia e di gratuità.

    Persino nella sua accezione più strumentale ed utilitaristica, esso determina le condizioni necessarie per la convivenza sociale. Basti richiamare, fra molti, il concetto di individualismo altruistico (o cooperativo) descritto da Ulrich Beck già nel 1999 per pensare come, specie in tempi di difficoltà, quale quello attuale, la stessa lotta alla sopravvivenza imponga forme di collaborazione intorno a progetti di istanza generale. Tale impegno si incrementa ulteriormente in una prospettiva internazionale, quando il complesso di elementi assume i connotati della complessità globale.

    Gli approfondimenti dei dottorandi ben si collocano all’interno di tale prospettiva analitica, specie affrontando tematiche inerenti lo sviluppo dell’area mediterranea e, ancor più, prendendo in considerazione le posizioni di Mary Douglas (1999), la quale sottolinea l’imprescindibilità dell’azione collettiva nella rinegoziazione di significati e valori e nella riprogettazione di norme che attengono alla vita quotidiana e al perseguimento di scopi di carattere sociale. Tali dinamiche avvengono mediante la loro sedimentazione in comportamenti che, per essere efficaci, devono ri-standardizzarsi e, dunque, re-istituzionalizzarsi.

    In tal senso, gli stessi cambiamenti in atto a livello glocale devono essere interpretati come opportunità e, di conseguenza, la loro analisi costituisce una fonte primaria finalizzata alla sistematizzazione dei saperi e all’individuazione di nuovi interventi operativi.

    Nella sfida in corso all’interno del dottorato di Teramo, l’approccio relazionale è ben evidente, pure quando si affrontano gli aspetti della produzione, ove le categorie della creatività e della competenza innescano reticoli virtuosi a sostegno della valorizzazione di un territorio. Si tratta di un processo indispensabile per attirare nuova linfa vitale e ulteriori investimenti, specie dall’esterno. In Abruzzo si segnalano vari esempi (uno fra tutti è quello di Sessania, descritto nel volume) che divengono preziosi studi di caso al fine di testare il valore della relazione coniugata ad approcci orientati al turismo sostenibile, in favore dello sviluppo locale. Sono azioni di recupero in cui è proprio il cosiddetto turismo di contatto, favorito dal modello dell’albergo diffuso, a costituire il tracciato di sperimentazione più avanzato. Certo, presi dalla foga del recupero e dal fascino dell’innovazione, non si può trascurare la difficoltà di mantenere gli equilibri e di tutelarsi da eventuali rischi derivanti. È proprio in tal senso che una ricerca mirata e attenta si deve muovere. Il suo fine è di scandagliare le possibili criticità per cercare di riconvertirle anch’esse in una logica di efficienza del sistema. In questo caso, il supporto dell’approccio drammaturgico goffmaniano (1998) si rivela essenziale per individuare le linee di confine e per cogliere eventuali innesti operativi. In tal modo, scena e retroscena, produzione e fruizione, devono poter riconfluire in un insieme olistico e integrato così da garantire la massima ricomposizione fra vicinanza e lontananza, distanza e prossimità, armonia e conflitto.

    Lavorare sulla stabilità delle relazioni si rivela, appunto, una dimensione fondamentale, in quanto consente di abbattere la barriera dell’occasionalità per dare vita a procedure capaci di consolidarsi nel tempo e di rilevarsi propositive rispetto agli obietti condivisi. Altresì, garantisce una continuità dei rapporti, non solo all’interno della comunità degli attori coinvolti, ma nella prospettiva di propagare i suoi effetti su quanti scoprono il piacere di tale situazione. In termini economici, tale procedura diviene una valida strategia di fidelizzazione, proprio perché si innesta sul coinvolgimento e sulla pregnanza dell’esperienza vissuta in prima persona. È questa, infatti, l’altra dimensione decisiva nel modello dell’agire sociale.

    Il coinvolgimento è una condizione sine qua non della relazione e, ancor più, del suo consolidamento. La partecipazione attiva di tutti i soggetti evita il generarsi di rapporti asimmetrici che, a lungo andare, potrebbero sfociare in forme di rottura degli equilibri o generare persino processi di dominanza. Questi ultimi potrebbero rivelarsi tali da alterare in via definitiva le dinamiche relazionali, privandole dell’humus essenziale che alimenta ogni tentativo di compartecipazione e affievolisce le spinte motivazionali. Di contro, essa può generare un circuito virtuoso di orientamento allo scopo, soprattutto quando trae input e vigore dal confronto continuo con gli esterni (siano essi stakeholder o utenti) che si immettono nel reticolo già costituito. Si attiva una sorta di effetto onda capace di potenziarsi in concomitanza al suo stesso propagarsi. Nel momento in cui l’onda si disperde lascia in eredità un prezioso carico di stimoli al nuovo da rimediarsi all’interno della comunità operante. Si aprono così occasioni inedite di sviluppo e si incrementano ulteriori cicli relazionali.

    2. La forza aggregante dell’esperienza

    Nella quadratura del cerchio relazionale occupa un posizione decisiva l’esperienza. Essa diviene, al contempo, strumento di attivazione stesso della partecipazione, supporto al coinvolgimento e garanzia di utilizzazione dei beni immateriali.

    Si potrebbe sintetizzare il concetto sostenendo che l’esperienza costituisce la linfa essenziale per alimentare la compartecipazione al pari di quanto l’adesione si rivela il fondamento stesso di una relazione fattiva.

    Ancora una volta è possibile conciliare prospettive individualisticoutilitaristiche e collettivistiche, pensando a quanto il vissuto soggettivo costituisca la spinta più consistente e funzionale all’agire sociale, al di là delle motivazioni di partenza. Non a caso, la sperimentazione personale di un evento accompagna e sostanzia tutte le fasi stesse del coinvolgimento. Si rivela decisiva nel momento iniziale in quanto innesca l’interesse e crea la disponibilità ad un’azione partecipata; in stadi avanzati stimola al confronto e alla ricerca di punti di contatto tra culture e prospettive differenti, favorisce la cooperazione e la negoziazione di significati e, in tal senso, per garantire il rinnovamento negli stati successivi si rivela preziosa nell’espressione di attese e bisogni che spronano alla rivisitazione dei beni. Non stupisce che l’individuo sia divenuto, oramai consapevolmente, prosumer, producer, consumattore, ecc, a seconda delle varie declinazioni adottate dagli studiosi.

    Il tratto caratterizzante che assume l’esperienza quando diviene proattiva è l’immersività (Pine, Gilmore 2000), ossia, la possibilità di lasciarsi andare per vivere a pieno la situazione e perdersi così all’interno dell’evento, al fine di coglierne l’essenza e di poterne assorbire tutti gli aspetti essenziali. È, in un certo senso, l’esperienza dell’esperienza a suggellarne il valore e a consentirne il massimo assorbimento e la rimediazione con il proprio background.

    Se, da un lato, tale tipo di esperienza diviene terreno di relazione soprattutto in habitat neo-tribali (Maffesoli 2004), perché accomuna individui con esigenze similari, è altrettanto vero che, nella liquidità e nella frammentarietà dell’era contemporanea, incoraggia scambi fra gruppi diversi in quanto asseconda peculiarità composite e disparate del singolo e lo porta a navigare in ambienti differenti. In tal modo, dà luogo a contaminazioni che aprono a rivisitazioni continue e a possibilità inattese.

    L’esperienza, dunque, va intesa come un corroborante del cambiamento e dell’innovazione, sia per chi la vive, sia per chi opera nel costante tentativo di creare soluzioni e territori esperienzali. Non è strano che il marketing ne abbia fatto un must per la definizione di strategie da applicarsi in ambiti molto dissimili fra loro, siano essi offline o online. Il rischio di cotanto fermento attiene ad un eccesso di spettacolarizzazione che tende a rendere ogni occasione un fatto memorabile e un evento pronto a deformarsi rispetto al reale per soddisfare le esigenze di fruizione. Ma l’eccesso di scarto dal reale non è sempre premiale, specie quando non si rivela rispondente alle attese del consumattore. Se, solo per fare un esempio, si rivela efficace nel caso del sightseeing, dato che risponde alle scelte turistiche di un certo tipo di turista o del viaggiatore in un determinato momento della vacanza, non si può, allo stesso modo, esibire l’essenza di un territorio snaturandone in eccesso identità e tradizioni e pretendere poi il diramarsi del coinvolgimento in termini proattivi. L’ostentazione dell’effimero, in questo caso, riporterebbe inevitabilmente il soggetto nella condizione di mero utente passivo, impendendone ogni effettiva partecipazione e rendendo del tutto occasionale e asettica ciascuna relazione.

    La massima funzionalità dell’esperienza nel societing, invece, si ottiene quando riesce ad innescare meccanismi plurisensoriali, ovvero, a creare le condizioni per soddisfare tutti i sensi (e in tutti i sensi) di colui che la vive. A tal proposito, è suggestivo il modello schmittiano (Sense, Feel, Think, Act e Relate¹) da cui derivano numerose successive riattualizzazioni. L’attivazione di ogni senso offre la possibilità di massimizzare l’esperienza, non solo perché ne esalta la percezione del vissuto, ma ancor di più in quanto offre la possibilità di cogliere le diverse sfumature per aprirsi, nel modo più efficace, al confronto con se stessi e con gli altri. Si instaurano così le condizioni ideali atte a favorire la relazionalità e la co-produttività.

    È su tali basi che si comprende quanto gli studi intrapresi dai dottorandi intorno alla riattualizzazione dei concetti e dei contenuti del tempo libero si coniughino con le teorizzazioni dello sviluppo locale, e ancor più come l’attenzione alla pratiche turistiche e alla gestione dei new media costituiscano assi intersecanti di una prospettiva generale dalla quale lo studio del territorio non può in alcun modo prescindere. È uno sforzo di sistematizzazione del sapere che corre su binari paralleli, ma che ben si indirizza verso un approccio sistemico alla promozione e allo sviluppo del territorio. Del resto, la stessa ricerca, condotta nella forma di scambio all’interno del dottorato teramano, poggia su un’impostazione che ricalca a pieno il modello teorico di riferimento. Il consesso laboratoriale si organizza in una sorta di collaborazione esperienziale di natura polidimensionale e pluridisciplinare da cui poter cogliere elementi decisivi di riflessione e avanzamento scientifico. La scommessa è elevata, ma questa stessa collana è la prova che il cammino intrapreso si è di certo avviato su una strada tanto impegnativa quanto praticabile.

    Riferimenti bibliografici

    Beck U., 1999,Che cos’è la globalizzazione: rischi e prospettive della società planetaria, Carocci, Roma.

    Coleman J., 2005, Fondamenti di teoria sociale, Il Mulino, Bologna.

    Carù A., Cova B., 2006, Marketing mediterraneo. Tra metafora e territorio, Egea, Milano.

    Corò G., Micelli S., 2010, I nuovi distretti produttivi: innovazione, internalizzazione e competitività dei territori, Marsilio, Venezia.

    Cova B., 2003,Il marketing tribale, Milano, Il Sole 24Ore.

    Dall’Ara Giancarlo, 2010, Manuale dell’albergo diffuso. L’idea, la gestione, il marketing dell’ospitalità diffusa, FrancoAngeli, Milano.

    Donati P., 2009, Teoria relazionale della società: i concetti di base, FrancoAngeli, Milano.

    Douglas M., 1999, Antropologia e simbolismo: religione, cibo e denaro nella vita sociale, Il Mulino, Bologna.

    Fabris G., 2008, Societing. Il marketing nella società postmoderna, Egea, Milano.

    Florida R.L, 2008, Who’s your city?: How the creative economy is making where to live the most important decision of your, Basic Books, New York.

    Goffman E., 1998, La vita quotidiana come rappresentazione, Il Mulino, Bologna.

    Golinelli C.M., 2008, La valorizzazione del patrimonio culturale: verso la definizione di un modello di governance, Giuffrè, Milano.

    Granovetter M., 2011, La forza dei legami deboli e altri saggi, Corriere della Sera, Milano.

    Maffesoli M., 2004, Il tempo delle tribù: il declino dell’individualismo nelle società postmoderne, Guerini, Milano.

    Pine G.B., Gilmore J.H., 2000, Oltre il servizio: l’economia delle esperienze, Etas, Milano.

    Porter M.E., 2011, Il vantaggio competitivo, Einaudi, Torino.

    Putman R., 2004, Capitale sociale e individualismo. Crisi e rinascita della cultura civica in America, Il Mulino, Bologna.

    Schmitt B.H., 1999, Experiential marketing: how to get customers to sense, feel, think, act and relate to your company and brands, The Free Press, New York.

    Sen A., Etica ed economia, 2010, Laterza Edizioni, Roma-Bari.

    ¹ Il Sense, alla base di una sorta di piramide sensoriale, punta a evocare in qualsiasi azione commerciale e di marketing uno dei cinque sensi per sollecitare l’individuo; il Feel mira a evocare stimoli e ricordi affettivi e umorali e agisce dunque sugli stati d’animo e sui sentimenti per stimolare il soggetto; il Think tende a stimolare capacità intellettiva per alimentare l’interesse verso esperienze di natura cognitiva; l’Act svolge la funzione di stimolare all’azione per tradurre gli interessi esperenziali in comportamenti e azioni; il Relate, agisce per innescare la relazione dell’individuo con se stesso, con le altre culture e con gli altri, al fine di radicare l’esperienza in un contesto sociale più ampio. Cfr: Schmitt 1999

    Strutture, dinamiche sociali e processi di istituzionalizzazione culturale nel pensiero di Mary Douglas,

    di Marilisa De Dominicis

    ²

    Abstract

    La prima parte della ricerca è data dal quadro teorico dell’antropologa Mary Douglas, con attenzione particolare ai concetti e alle categorie di cui, nella seconda parte, mi servirò per dare una lettura al territorio di Offida (AP). Lo schema ed il senso dell’ambiente forniscono all’individuo principi che lo guidano a comportarsi nei modi stabiliti usabili per giudicare gli altri e per giudicarsi di fronte agli altri; lo scherzo è una sospensione della realtà, un’inscenazione del non reale che, funzionalmente ad uno sfogo di energia intragruppo, conferma in realtà uno schema istituzionale cristallizzato nei suoi significati. Il rito del carnevale di Offida è percepito come di particolare valore simbolico e, perciò, custodito dagli abitanti come imprescindibile, da difendere. Vengono temporaneamente messe da parte convenzioni e regole sociali che lasciano il posto ad un codice comunicativo peculiare ed esclusivo del carnevale. In tal senso, la dimensione griglia-gruppo subisce una flessione per la quale si abbassa la dimensione di griglia

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