Competenza educativa e servizi alla persona
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Prefazione di Giuseppe Vico
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Anteprima del libro
Competenza educativa e servizi alla persona - Giuseppe Mari
Giuseppe Mari
COMPETENZA EDUCATIVA E SERVIZI ALLA PERSONA
Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura
ed Universale
sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.
Copyright © 2018 by Edizioni Studium - Roma
ISBN 978-88-382-4933-4
www.edizionistudium.it
ISBN: 9788838249334
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Indice dei contenuti
NOTA DELL’EDITORE
PREFAZIONE
INTRODUZIONE
I. LA RELAZIONE EDUCATIVA: SPUNTI PER CONNOTARE L’IDEA DI COMPETENZA
IN CHIAVE PEDAGOGICA
1. Relazione educativa e magisterialità
2. L’educatore come genitore simbolico
3. La relazione umana nella sua originalità
4. La relazione educativa nella sua originalità
5. Due vocaboli sorprendentemente simili
6. La persona, cuore della sfida
II. LA COMPETENZA: ANALISI STORICO-CRITICA DEL CONCETTO
1. Lo sfondo
2. Alle origini dell’idea di competenza
3. Competenza e osservabilità
4. Educazione liberale e competenza
5. Le competenze nei documenti internazionali
III. I SERVIZI ALLA PERSONA COME EREDITÀ E SFIDA
1. Perché servire
la persona?
2. Dalla carità cristiana ai servizi alla persona
3. I servizi alla persona come dispositivo d’affrancamento
4. La sfida della dipendenza alla dignità
5. La competenza nei servizi alla persona
6. Nel cuore della modernità oppure al suo tramonto?
IV. LA RELAZIONE D’AIUTO, UN BANCO DI PROVA DELLA COMPETENZA
1. La relazione educativa
2. La relazione d’aiuto come relazione educativa
3. Relazione d’aiuto e affettività
4. Il profilo deontologico della relazione d’aiuto
5. Corpo, empatia e responsabilità morale
6. Accoglienza e ascolto
V. LA FRAGILITÀ COME CIFRA DELLA CONDIZIONE UMANA
1. La povertà tra rifiuto e richiamo
2. Il povero
, icona dell’essere umano
3. La fragilità come sfida pedagogica
4. Curare o prendersi cura?
5. Fragilità e sfida di civiltà
6. La civiltà dell’amore
7. La società non basta
VI. L’UMANESIMO DEL LIMITE
1. La tradizione umanistica come patrimonio di civiltà
2. Umanesimo, postumanesimo, transumanesimo
3. La sfida umanistica tra l’animalismo e il cyborg
4. Il rilancio dell’umanesimo come neoumanesimo
5. Educazione e peculiarità umana
6. Il significato del limite nell’identità umana
7. Unità e varietà nelle scienze dell’educazione
VII. LA COMPETENZA IN EDUCAZIONE COME SERVIZIO ALLA CITTADINANZA
1. Cittadinanza, servizi alla persona, educazione
2. I servizi alla persona hanno clienti o destinatari?
3. Servizi alla persona e dimensione pedagogica
4. Modelli di competenza
5. Essere competenti per saper educare
CONCLUSIONE
APPENDICE
BIBLIOGRAFIA
INDICE DEI NOMI
COLLANA CULTURA
CULTURA
Studium
149.
Scienze dell’educazione, pedagogia e storia della pedagogia
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NOTA DELL’EDITORE
Con costernazione le Edizioni Studium, a volume ormai pronto per la stampa e rivisto dall’autore in ogni sua parte, hanno ricevuto la notizia della scomparsa del prof. Giuseppe Mari, condirettore della rivista Pedagogia e Vita
e membro da diversi anni del Consiglio scientifico dell’Editrice. Esce ora postumo l’ultimo suo volume, consegnatoci nel mese di settembre 2018.
53 anni, sposato, padre di due figli, era una figura di riferimento del mondo cattolico. Era diventato, giovanissimo, professore ordinario di Pedagogia generale e sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, poi coordinatore della Laurea magistrale in Scienze pedagogiche e servizi alla persona e membro del Comitato direttivo del Centro Studi e Ricerche sulla disabilità e marginalità. Autore di numerosi volumi e saggi in miscellanee che testimoniano una generatività scientifica tra le più originali, è stato visiting professor alla Pontificia Università Lateranense (Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia, 2017) e all’Università
Cardinale Stefan Wyszy n´ ski
di Varsavia (2018). Era membro del Comitato Permanente della
Fondazione Tovini, di Scholè (Centro Studi tra Docenti Universitari Cristiani), socio della SIPed (Società Italiana di Pedagogia), del CIRPed (Centro Italiano di Ricerca Pedagogica), della SoFPhiEd (Société Francophone de Philosophie de l’Education, Paris), della AIRPC (Association Internationale de Recherche sur la Pédagogogie Chrétienne, Lyon), della SEP (Sociedad Espanola de Pedagogia, Madrid), della PESGB (Philosophy of Education Society of Great Britain, Salisbury), della CPES (Central European Phylosophy of education Society, Praha). Era anche tra i componenti del Comitato Scientifico del Centro Studi per la Scuola Cattolica della Conferenza Episcopale Italiana (Roma).
La sua morte improvvisa priva la comunità degli studi pedagogici non solo di un ’ intelligenza fervida impegnata in un ’ inedita ri-assunzione critica, adatta ai tempi che viviamo, della metafisica classica e in particolare di quella aristotelico-tomista, ma di una persona che ha testimoniato come pochi, soprattutto tra i giovani e nella più ampia comunità ecclesiale, l’importanza pedagogica di una coerenza continua tra pensiero e vita, tra affermazione di sé e servizio agli altri, tra cultura ed evangelizzazione cristiana.
Ai suoi colleghi e amici, delle Edizioni Studium e non, lascia un vuoto, come studioso e come uomo, vuoto che domanda di essere colmato con il richiamo al suo impegno intellettuale, umano e sociale, per questo a pieno titolo cristiano
.
PREFAZIONE
Ho letto con piacere, traendone non pochi frutti per la mia riflessione ormai tra i pensionati di lunga data, il bel libro di Giuseppe Mari Competenza educativa e servizi alla persona, nel quale non compare solo una sintesi personale dell’Autore su un tema di primaria importanza, ma dove si aprono anche nodi e snodi educativi e formativi peculiari della postmodernità che stiamo gestendo alla luce di una nuova attenzione alle svolte culturali e alle possibilità rigenerative della collaborazione armonica di competenze specifiche in campo di prevenzione e di promozione. Questa attenzione ad una complessità che, ogni giorno, è foriera di novità che interpellano l’urgenza di nuove sintesi, frutto di ritorni al passato, di attenzioni alle trasformazioni presenti e di intelligenti interpretazioni dei mutamenti epocali che si affacciano con rapidità inconsueta nel teatro della storia e della commedia umana come urgenze ed emergenze da affrontare con competenze interdisciplinari, in tempi brevi, con strumenti adeguati e con finalità ben definite.
L’evoluzione, che le competenze educative e i servizi alla persona hanno avuto in questi ultimi decenni, sta a dimostrare che ogni evoluzione positiva circa la condizione della persona in generale, e delle persone in difficoltà, in particolare, non può prescindere da una mutazione antropologica, culturale ed educativo-preventiva con la finalità preminente della predisposizione sul territorio di quei servizi per la salute fisica, mentale e progettuale da pensarsi e da attuarsi nello spirito della prossimità e con il supporto imprescindibile di una rete armonica di competenze, di progettualità e di servizi.
Questo orizzonte non può non fondarsi altresì su una visione della persona umana e delle relazioni tra persone e tra queste e le Istituzioni, che hanno loro radici anche nella tradizione classica. L’Autore conosce bene quel mondo e il suo sviluppo fino alla modernità e alla postmodernità e la sua conoscenza conferma senso e significato dell’importanza di una continuità su idee forti circa l’educazione dell’uomo e la prevenzione e promozione di tutto ciò che può porre un freno alla violenza, alla corruzione e al grave rischio che incombe, soprattutto sui giovani, intorno al diffondersi della cultura dell’indifferenza. L’evoluzione registratasi dagli anni Sessanta/Settanta fino ai giorni nostri, nell’orizzonte della non-discriminazione, della non chiusura dei soggetti portatori di sindromi più o meno gravi in istituzioni chiuse
, della emancipazione delle persone con difficoltà nella famiglia stessa, nella scuola, nel lavoro e in quella zona d’ombra
presente e pericolosa per la società nella quale, ogni persona e tutte le persone devono trovare quella razione
quotidiana di benessere fattuale e spirituale, di accoglienza e di attenzione quotidiana in cui consiste la conditio sine qua non del convivere e del continuare a relazionarsi, nonostante tutto.
Proprio in questo mondo, così ricco di novità e di richiami ai valori universali e al rispetto dei diritti e dei doveri dell’uomo, l’Autore conduce la sua ricerca e pone in risalto quella perennità, non stucchevole, della teoria pedagogica della classicità colta e vissuta come vivacità del passato che si rigenera e si ricrea in mondi nuovi, ma pur sempre connotati dalla promozione in ogni persona della propria identità e relazionalità, della propria intenzionale incarnazione nei vissuti quotidiani e nelle intenzionalità a trascendersi per rigenerarsi e ricreare attraverso «la cura di sé, la cura dell’altro e la cura delle istituzioni auspicabilmente giuste» (P. Ricoeur) nuove condizioni di speranza e di interventi concreti a favore dei bisogni esistenziali dell’uomo e del cittadino.
Tutto ciò insegna non poco sul mantenimento di quel realistico ottimismo circa l’apporto indispensabile di quella humanitas che, incarnatasi nel tempo come ricerca della verità, come pratica della prossimità e della carità e come esigenza imprescindibile che ogni presenza, ogni insegnamento, ogni terapia siano pensate e applicate nello spirito e nella forma del rispetto primario della persona umana e in contesti connotati da presenze umane significative e da approcci ai vari bisogni nel segno del rispetto e della competenza.
Come attenuare il peso frenante delle crisi sulla tenuta della speranza?
Il libro di Giuseppe Mari centra l’obiettivo di dare vita a mondi simbolici sul senso e sulla forma di tante piccole verità
messe in atto da parte di insegnanti, educatori, genitori, psicologi, sociologi, medici, giudici dei Tribunali per i minorenni ecc. per dare vita e vivacità culturale alla formazione di competenze che sappiano anche riconferire umanità e spiritualità alle relazioni e al cammino del recupero e della guarigione. Proprio nei momenti cruciali della vita abbiamo conferma che, oltre la rete sistemica
di persone, di competenze e di servizi, non deve venire meno quell’impressione profonda, ricca di carica umana e di intenzionalità alla prossimità che si gioca nella pratica di quel rapporto umano e finalizzato a... proprio nei casi in cui l’uomo, la donna e i bambini vivono in loro quel momento così bello in cui possono pensare e ripetere tra loro che «Solo lo spirito parla allo spirito!».
Il libro ha uno spessore pedagogico che non prescinde dalla storia e dalle storie degli uomini del nostro tempo e che non rielabora ancora sul passato, soprattutto di ispirazione cristiana, solo per rivendicare o porre in primo piano
. Bensì per sottolineare come la perennità di certi valori e di certi principi imprescindibili stia ancora presentando il conto alla storia: un conto etico-religioso, politico e civile con ricadute educative, curative e caritative importantissime. Ciò che accresce lo spirito di amore e di sacrifico non si pesa in grammi o in chilogrammi, ma nell’accrescimento della competenza multidisciplinare e anche pluralista sul piano delle scelte di vita e di quello intorno alla lotta
contro le malattie, le povertà e le esclusioni.
Dobbiamo impegnarci, dice Mari, a capire che l’educazione si fa e si rigenera, vivendola con l’amore della bellezza e della verità e alla luce di una prossimità spirituale che crea comunione e non diffidenza ed esclusione. Mi ritornano alla mente le parole di Eugene Dèvaud su «La scuola affermatrice di vita» per elevare la tensione affettiva ed etica dell’intenzionalità educativa al servizio dell’uomo e del cittadino nella costruzione del Regno
. Sullo sfondo del libro, come Sentinella evangelica che, forse, sa qualcosa in più su quel «Quanto manca all’alba?», Giuseppe Mari pone la dignità, la singolarità, la libertà e la responsabilità di tutte le persone e di ciascuna persona, direttamente e indirettamente protagoniste di un progetto duraturo e coinvolte in quella buona e bella relazione universale che, tra alti e bassi degli umori e degli interessi umani, sta lentamente mutando le connotazioni della Terra su cui viviamo.
Bel libro: perché apre mente e cuore su orizzonti costitutivi dell’erranza umana e di quel dovere etico ed etico-religioso del radicamento
e del trascendimento
così bene evidenziato da Emanuele Mounier e da non poche persone che, oggi, si spendono sul territorio per il bene dell’altro
. Chiunque esso sia!
Giuseppe Vico
già Ordinario di Pedagogia generale
e Preside della Facoltà di Scienze della Formazione
presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore
INTRODUZIONE
Da quando ne abbiamo attestazione storica, l’umanità ha sempre riconosciuto uno spazio peculiare all’educazione, tra l’altro solitamente associandolo – nella sua epoca più remota – all’ambito religioso, a conferma dell’importanza che vi ha sempre annesso. Del resto, senza educazione non c’è quella che già i Romani hanno chiamato humanitas ossia quell’umanizzazione
che non allude al diventare essere umano
(perché tali uomo e donna sono fin dal concepimento), ma al fatto che questa condizione originaria possa esprimere tutte le sue potenzialità. L’immagine artistica, che utilizza uno dei maggiori maestri dell’antichità (Plotino), lo dice bene: «Ritorna in te stesso e guarda: se non ti vedi ancora interiormente bello, fa come lo scultore di una statua che deve diventar bella. Egli toglie, raschia, liscia, ripulisce finché nel marmo appaia la bella immagine: come lui, leva tu il superfluo, raddrizza ciò che è obliquo, purifica ciò che è fosco e rendilo brillante e non cessare di scolpire la tua propria statua, finché non ti si manifesti lo splendore divino della virtù e non veda la temperanza sedere su un trono sacro» [1] . Il cristianesimo ne dà un’interpretazione dipendente dalla fede nell’azione trasformatrice dello Spirito, quando – con Paolo – esorta ad abbandonare l’«uomo vecchio» e ad assumere l’«uomo nuovo» (Ef 4,22-24; Col 3,9-10). L’umanesimo storico entra nel solco tracciato dalla classicità e dalla evangelizzazione e vi si inoltra sia quando – con la patristica e la scolastica – accentua la dimensione teologica ma senza dimenticare la sapienza pagana sia quando – con la modernità – imbocca il sentiero della secolarizzazione che tuttavia non fa perdere la memoria delle matrici culturali cristiane, come mostra, ancora oggi, il dibattito tra fede e cultura, tutt’altro che spento [2] .
Giungiamo così al presente. Non è mai esistita, lungo la storia dell’umanità, un’epoca in cui si investisse tanto in educazione come l’attuale. Non solo i governi sono coscienti della strategicità di questo ambito, ma ci sono organismi internazionali ad esso dedicati, senza contare una miriade di iniziative private, locali, informali... Eppure, i risultati sono talvolta sconcertanti, se si fa caso alla diffusione di comportamenti ineducati, come quelli correlati alla violenza di cui anche i paesi avanzati
sono teatro. Se poi focalizziamo l’attenzione sui soggetti più direttamente coinvolti nella pratica educativa – ossia maschi e femmine in età evolutiva – non possiamo fare a meno di notare gli inquietanti segnali lanciati dal disagio che attesta comportamenti,