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I sopravvissuti
I sopravvissuti
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E-book175 pagine2 ore

I sopravvissuti

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Info su questo ebook

La raccolta di novelle comprende cinque storie che hanno in comune il filo conduttore della speranza. I personaggi provengono da luoghi diversi ma hanno gli stessi sogni, le stesse paure, lo stesso desiderio di ricostruire le loro vite da zero. Ognuna di queste storie pone l’attenzione sul fenomeno dell’immigrazione, così attuale in questo periodo storico, con lo scopo di far comprendere al lettore che, a prescindere dalla nostra provenienza geografica, siamo tutti esseri umani e nella vita incontriamo tutti le stesse difficoltà, sogniamo tutti le stesse cose e siamo tutti sulla stessa barca.
Semà è una ragazza nigeriana che dopo aver rischiato tutto per giungere in Italia, diventa una vittima del racket della prostituzione. L’unica persona che le fa percepire uno spiraglio di luce è Padre Davide, che cerca di riportarla sulla retta via. Nella sua vita devastata qualcosa può cambiare. Non può essere sempre tutto nero. Bisogna reagire, ribellarsi contro le ingiustizie, e gridare al mondo che la dignità umana è sacra.
Bahati è un ragazzino congolese che lavora in una miniera. La sua famiglia è stata uccisa dai guerriglieri, che gli hanno tolto tutto quello che aveva, compresa la libertà. L’unico scopo della sua vita adesso è scavare ininterrottamente sotto il sole cocente, anche a mani nude, per trovare il famigerato coltan, detto anche “oro nero”, vivendo in condizioni di estrema povertà. Il coltan viene estratto in Congo e trasportato in Asia, dove i giganti della tecnologia lo usano per produrre i condensatori di telefonini e computer, che tutti noi utilizziamo quotidianamente, senza sapere cosa si nasconde dietro questo commercio senza scrupoli. Un giorno decide di fuggire per lasciarsi tutto alle spalle ed intraprende un’interminabile traversata del Continente africano, fino ad arrivare al mare, il suo ultimo ostacolo prima del raggiungimento della libertà. Molti altri, come lui, avevano tentato la fortuna oltremare. Qualcuno ce l’aveva fatta, altri erano morti. Era costretto a correre questo rischio. Poteva scegliere se morire di fame o morire cercando di raggiungere la libertà. Il mare poteva essere la sua salvezza o la sua rovina. Non aveva altra scelta che rischiare.
Amir è un falegname siriano che conduce una vita semplice e serena assieme alla sua famiglia. All’improvviso le milizie dello Stato Islamico fanno calare l’ombra sul Medio Oriente e su tutto il mondo. Migliaia di persone vengono mutilate e decapitate pubblicamente se si rifiutano di accettare le leggi del fondamentalismo islamico. Così Amìr, per sfuggire ai massacri, abbandona la sua casa alla volta dell’Europa. Egli è un Siriano, e per il mondo occidentale, da quando i terroristi di Al-Quaeda hanno diffuso il terrore in tutto il mondo, qualsiasi profugo proveniente dai Paesi del Medio-Oriente, è un potenziale terrorista. Queste false credenze rendono Amìr un innocente, colpevole di provenire da una Nazione sfortunata. Non è un terrorista, ma gli Europei lo vedono come tale. Sono diffidenti. Lo evitano. Essi non sanno che anche lui è una vittima del fondamentalismo islamico. Essi non sanno che essere di religione islamica non significa assolutamente essere un terrorista. Non sanno niente di lui, ma i loro occhi osservano, parlano e giudicano senza sapere.
Miguel è un ragazzo messicano che si guadagna da vivere facendo il fruttivendolo per strada. Lavora duramente per pochi dollari al giorno, mentre intorno a lui un’intera città convive con una realtà criminale che fa circolare milioni di dollari grazie al traffico di cocaina. 
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2017
ISBN9788869824920
I sopravvissuti

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    I sopravvissuti - Anselmo Pacifico

    Anselmo Pacifico

    I sopravvissuti

    Cavinato Editore International 

    © Copyright 2016 Cavinato Editore International

    ISBN: 978-88-6982-492-0

    I edizione 2016

    Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati. I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi

    © Cavinato Editore International

    Vicolo dell’Inganno, 8 - 25122 Brescia - Italy

    Q +39 030 2053593

    Fax +39 030 2053493

    cavinatoeditore@hotmail.com

    info@cavinatoeditore.com

    www.cavinatoeditore.com

    Indice

    I

    Il Traffico di Dignità

    II

    Coltan e Lacrime

    III

    Fuga dal Fondamentalismo

    IV

    Juarez insanguinata

    V

    Addio Italia

    I

    Il Traffico di Dignità

    Quella sera nella periferia di Napoli regnava un silenzio tombale. Semà guardava il cielo, cercando di ritrovare tra le stelle i membri della sua famiglia, che ormai non vedeva da tempo. Il suo cuore era stato abituato a soffrire molte volte. Il suo cuore aveva subito così tante ingiustizie e soprusi che ormai era abituata a vedere la sua dignità schiacciata. Lei, povera prostituta nigeriana, costretta a battere tra la periferia Napoli e quella di Caserta. Al suo fianco c’erano altre due compagne di sventura, che condividevano la sua stessa sorte, triste, questo è vero, ma quello era l’unico modo per sopravvivere. A volte le tornava in mente la sua casa in Nigeria, in cui viveva in condizioni di estrema povertà, ma perlomeno lì nessuno avrebbe osato schiacciare la sua dignità, cosa che invece in Italia avveniva ogni giorno. Non c’era alcun rispetto per lei, nessuna forma di gentilezza o di pietà. Era soltanto una prostituta. I clienti più sensibili si avvicinavano a lei e le facevano un cenno con la mano, dicendole Vieni qua!, come si fa con i cani, e mostrando una banconota da 50 euro. Altri gruppi di amici, di quelli che volevano fare i gradassi, contrattavano il prezzo, nonostante la miseria che lei guadagnasse, e la appellavano come negra. Come era triste il suo destino. Poi la sua mente tornò al presente, le macchine passavano, alcuni conducenti rallentavano e suonavano il clacson per umiliarla, ridevano, come se la sua condizione fosse divertente. Era depressa, ma non mollava, per un istante chiuse gli occhi e tornò ancora in Nigeria, ricordava il suo viaggio in fuga dalla miseria, in carovane di autobus e macchine, chiedendo un passaggio dopo l’altro. Cominciò a prostituirsi per prendere passaggi, per fuggire dalla sua terra, in cui la fame aveva distrutto tutto ciò che restava della sua famiglia. Così, non avendo un soldo per potersi pagare il viaggio, scoprì che prostituirsi era un buon modo per rimediare. Prendeva passaggi dai camionisti, in generale da qualsiasi passante, cedendo il suo corpo in cambio di un passaggio. Veniva trasportata sempre più a Nord, attraverso l’Africa, fino alla Libia… tutto in cambio del suo corpo, usato come una vera e proprio moneta di scambio. Giunta in Libia entrò in contatto con un gruppo di scafisti, tramite la criminalità locale. Il prezzo era molto alto, ma assicuravano che sarebbero arrivati in Italia con i documenti previsti, tutto in regola… mentivano spudoratamente. Ricordava la sua disperazione quando non riusciva a trovare i soldi, avrebbe dovuto smettere, ma doveva guadagnarsi i soldi diversamente e raggiungere i suoi obiettivi. Tutto ciò purtroppo non era possibile, doveva trovare i soldi, e non c’era altro modo che continuare a prostituirsi. Pur di accumulare il denaro per la traversata cercava di limitare i suoi pasti, risparmiando anche sul cibo. Una volta accumulati i soldi, li fece recapitare alla banda criminale che si sarebbe occupata del trasporto, trafficanti di uomini senza scrupoli.

    Dieci giorni in mare,

    arsa viva dal Sole .

    I miei fratelli,

    vittime della crudeltà di un mondo spietato,

    caduti nell’immensità delle acque ,

    trasportati dalla tempesta.

    Forse morirò, ma non importa, perché ho lottato.

    Ho abbandonato la mia casa,

    ho abbandonato la mia famiglia,

    ho abbandonato tutto quello che avevo.

    Ho deciso di combattere contro il mare,

    contro le forze della natura;

    per avere una speranza di sopravvivere,

    una speranza di costruire una nuova casa,

    una nuova famiglia,

    un posto migliore in cui crescere i miei bambini

    e sapere che loro, un giorno, forse…

    … avranno una vita più felice della mia.

    Il respiro strappato alla vita,

    annegati in un soffio di vento,

    annegati nel mare,

    tra onde e sabbia.

    Una bracciata dopo l’altra,

    il sapore del sale sulle labbra,

    che graffia la gola

    e consuma la pelle bruciata dal Sole.

    Riflessi di luce sulle onde potenti,

    costanti, tenaci,

    che cullano i migranti con aggressività oltre ogni misura;

    scaraventandoli sott’acqua,

    fra correnti calde e tortuose,

    in una danza mortale… lo spacco tra roccia e sangue,

    vita e morte,

    destino e sprazzo di luce,

    scivolando sul filo di un affilatissimo rasoio,

    dopo aver perso tutto e tutti,

    senza passato e chissà quale futuro…

    … a tutto questo io sono sopravvissuta.

    Il viaggio fu terribile, a bordo di un peschereccio, adibito a nave negriera, in cui molti morivano di fame e di sete, ma lei no, e resistette a lungo, fino al giorno in cui furono raggiunti da una nave della marina militare italiana e portati sull’isola di Lampedusa. In seguito furono trasferiti il Sicilia, presso un centro in cui venivano ospitati tutti gli emigranti africani. Ognuno di loro fu abbandonato al proprio destino. Non c’era altro da fare, se non tornare a battere. Quella era la sua maledizione, ma allo stesso tempo l’unico modo per sfamarsi. La natura le aveva dato un corpo magnifico e lei lo avrebbe utilizzato per guadagnarsi da vivere. Così cominciò a spostarsi sui treni, attraverso le città della Sicilia orientale, poi assieme ad altre sue compagne di sventura giunse fino a Napoli, in cui la criminalità organizzava il racket della prostituzione come cornice per i suoi loschi affari. Lì fu schiavizzata da un clan. Non avrebbe potuto più muoversi, diventando una prostituta a tempo pieno. Lavorava sotto padrone e pagava una percentuale al suo protettore. Quella doveva essere la sua tomba, sfruttata come prostituta, come donna ed essere umano, dovendo subire umiliazioni incredibili. Qualche cliente più generoso le offriva qualcosa da mangiare a volte. I più romantici o quelli che erano alle prime armi, espressione di un romanticismo poetico di frustrati e sfigati, per la maggior parte persone sole, altri sfigati puttanieri in cerca di piacere, le regalavano dei fiori. La maggior parte dei suoi clienti erano persone molto facoltose, professionisti, politici e figli di papà, che il sabato sera cercavano un modo alternativo per trascorrere una serata diversa.

    A un tratto il silenzio di quei momenti di riflessione e ricordo fu interrotto da una Fiat Punto nera, con a bordo un cliente snello ed elegante sui quarant’anni. Aveva la tipica espressione di una persona estremamente insicura e Semà si avvicinò a lui. Egli non esitò ad allungare le mani e a fare su di lei le classiche battute volgari. Ormai c’era abituata, non ascoltava neanche più le battutacce dei suoi clienti, e disse con voce secca e precisa: Cinquanta euro, tutto compreso.

    Il cliente non esitò a cercare di contrattare il prezzo, ma lei non poteva, ogni sera era costretta a pagare 200 euro di dazio a Ciro, il suo pappone, uno sfruttatore che altri chiamavano o’ zuopp’, lo zoppo in dialetto napoletano, da quando era rimasto invalido durante un conflitto a fuoco con un’altra banda criminale per il controllo del territorio. Dal giorno della sparatoria il clan per cui lavorava, avendo egli quel tipo di menomazione fisica, gli aveva affidato il controllo del racket della prostituzione, lavoro che egli svolgeva secondo i canoni previsti dalla camorra, senza pietà, con estrema crudeltà e spietatezza. Lui la toccava con volgarità, mentre lei cercava di controllarlo. Lasciò fare tutto a lui. Ormai non ne poteva più. Era esausta di quella vita. A volte chiudeva gli occhi per non guardare e spegneva il cervello, per non ricordare nulla di ciò che viveva, e che era costretta a fare. Come avrebbe potuto sfamarsi altrimenti? Quando il suo cliente ebbe finito, lei gli chiese di riaccompagnarla nel punto in cui egli l’aveva trovata e lui diventò molto nervoso. Andava di fretta, forse era sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Cominciò a sudare, e così, giunti in una zona poco affollata del lungomare di Mergellina, rallentò, aprì lo sportello, e con uno spintone la gettò via dall’auto in corsa, senza pagarla. Semà rotolò per alcuni metri, ferendosi alle gambe e alla fronte. Aveva un dolore atroce alle gambe e alla schiena. Così cercò di tirarsi su, poggiandosi sulle ginocchia. Di fronte a lei aveva il mare. Le persone che avevano assistito alla scena rimasero in silenzio. In una grande città come Napoli, in cui la criminalità non ha difficoltà a prosperare, la gente ha imparato a proprie spese che è meglio farsi i fatti propri. Fortunatamente era riuscita a prendere la sua borsa, così fece la prima cosa che le passava per la mente. Prese il telefono e chiamò Ciro, non poteva perdere un giorno di lavoro o Ciro gliel’avrebbe fatta pagare, come aveva già fatto molte volte. Quando lei non era in grado di fornire al pappone la tassa quotidiana, lui la picchiava selvaggiamente, minacciandola di sfregiarle il volto. Il telefonino squillò due volte, poi Ciro rispose, con il suo classico tono spavaldo e arrogante:

    Che cazzo vuò?

    Mi hanno buttato giù da una macchina, sono a Mergellina, sul lungomare, mi vieni a prendere?

    Ciro rispose come al suo solito, con un forbito turpiloquio in dialetto napoletano, maledicendo Semà e tutte le prostitute di cui egli era responsabile.

    Non ti muovere, sto arrivando, stronza!

    Semà sospirò. Si fermò a guardare il mare, meditando sulla sua triste condizione. La sua vita era terribile, non poteva più andare avanti così.

    Una Saab grigia si fermò alle sue spalle. Il conducente suonava il clacson ripetutamente. Era Ciro. Aveva un’espressione infastidita ed agguerrita. Semà era certa che non se la sarebbe cavata facilmente quella sera. Si soffermò a guardarlo, pensando a quale sarebbe stata la sua reazione quella sera. Lo temeva terribilmente. Quell’uomo era capace di fare qualsiasi cosa. Qualsiasi cattiveria un uomo possa fare contro una donna, a partire dalla violenza sessuale alle percosse, Semà l’aveva subita da Ciro. A un tratto lo spietato pappone abbassò il finestrino e le gridò:

    T’ vuò mover’ o no? Sta zoccol’!

    Semà entrò in macchina e, nello stesso istante in cui chiuse lo sportello, ricevette un violento rovescio. La donna si asciugò il sangue che le colava dal naso.

    Basta, ti prego.

    Basta che? Hai capito che non mi devi chiamare se non è necessario.

    Lei pianse.

    Allora… questa sera? Forza! Dammi i soldi della serata e non farmi perdere tempo.

    Te l’ho detto. Il cliente mi ha buttato via dall’auto in corsa, senza pagare.

    E prima che cosa hai fatto? Sai che devi darmi 200 euro al giorno, altrimenti ti taglio la faccia? Hai capito?

    Ciro non disse più nulla. La riportò nella zona in cui lei era solita battere. Accostò in una zona appartata. La fece scendere e la picchiò.

    Aiuto! No! Ti prego.

    Lui prese un paio di catene dal bagagliaio e la colpì dietro la schiena.

    Sta’ zitta o ti ammazzo! Tu non chiedi aiuto a nessuno. Tu sei mia, punto e basta.

    Poi la

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