Un Uomo in Vendita
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Info su questo ebook
In balia ad un oppressivo senso di colpa sul come si guadagna da vivere, decide di cambiare vita ma i fatti e gli eventi che lo accompagneranno nella difficile conversione, per la precarietà e la manipolazione emotiva che ne deriva, oltre al disprezzo che prova per il mondo dissoluto che frequenta, si scontreranno inevitabilmente con l’imprevedibilità della vita stessa, dando un risvolto karmico che coinvolge non solo il protagonista, ma anche colei che irrompe prepotentemente nella sua vita.
L’autore
Luciano Vecchi è nato a Latina, città che abbandonò dopo il servizio militare. Trasferitosi a Roma, lavorò inizialmente come correttore di bozze presso una nota casa editrice. In seguito si cimenterà in altri mestieri girando in lungo e in largo l’Italia e alcuni Paesi europei, da cui trarrà spunti che ispireranno le storie che scriverà quando avrà più tempo per poterlo fare.
Un uomo in vendita è il primo libro di cui si occupa e nonostante sia un romanzo che a distanza di anni ha rinnegato, ha deciso di pubblicarlo lo stesso, in quanto, quel periodo di vita in cui lo ha scritto, è stato il più difficile e complesso della sua esistenza.
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Anteprima del libro
Un Uomo in Vendita - Luciano Vecchi
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CAPITOLO I
Una stupefacente aurora, in un tripudio di mille sfumature, solcava il cielo della città eterna. Valeva la pena godersela, poiché tutto tingeva di color magenta quel sole estivo i cui raggi filtravano tra gli archi dell’acquedotto romano. Ammirando la nuova alba
, Fabrizio rischiò quasi un incidente, guidando un poco assonnato sul Grande Raccordo Anulare.
Era fine luglio, periodo vacanziero, ma per lui non lo era altrettanto, essendo reduce da una notte agitata trascorsa in compagnia di una milady
.
Chissà cosa dirà lei, svegliandosi sola?, pensò, pigiando il piede sull’acceleratore della sua Jaguar dodici valvole. Come al solito non aveva salutato, aveva semplicemente posato sul comò un cofanetto di velluto, contenente un pendente d’oro. Dissolversi, donando un gioiellino era tipico, ma solo con le sue clienti
più apprezzate.
Non era di gusti facili: una donna doveva anche piacergli. Determinava la classe femminile in base a pregiudizi piuttosto severi, tenendo conto innanzitutto della gestualità. Lo attraevano la grazia nel sorridere, il modo di guardare e la flemma nel parlare, preferendo, tuttavia, chi taceva. Le chiacchiere sciocche lo irritavano, cercava di tollerarle affinché non minassero le sue prestazioni
da maschio latino; prestazioni delle quali nessuna si era mai lamentata, al contrario, era proprio per la sua irruente virilità
che veniva ricercato dalle sue clienti.
Avvicinandosi verso casa, Fabrizio ascoltava le note di Everybody’s Talking
, colonna sonora del film L’uomo da marciapiede
interpretato da Dustin Hoffman, il suo attore preferito. Era ammaliato da quella musica. Ne aveva persino registrato il leit motiv sulla sua segreteria telefonica. Altra mania era l’anglofobia: vedeva solo film a tinte forti, in versione originale; leggeva quasi esclusivamente Time, Daily Mirror e Washington Post per avere padronanza della lingua, che sapeva parlare con disinvoltura, fingendosi talvolta cittadino britannico. Ma quale cittadino britannico! In realtà lui era uno senza ideali, un individualista della peggiore risma, uno che si cimenta in un mestiere che è una specie di baratto continuo, fatto d’ipocrisie e opportunismi esasperati… tuttavia, non vendeva la propria intelligenza, egli vendeva il proprio corpo, la propria carne: mercato sempre molto continuo e mai in ribasso.
Riflettendo su se stesso, Fabrizio avvertiva la stanchezza.
Ultimamente aveva sprecato eccessive energie tra discoteche, lenzuola setate, ambienti promiscui nella disperata ricerca di forti emozioni, che si rivelavano come sempre fatue.
Giunse a considerare che dietro la maschera di spensieratezza di ciascuno si nasconde una crescente incapacità di provare vero piacere. Una pulsione deve essere spontanea, non a richiesta
. L’amore deve essere genuino, non sesso banale.
E se penso ciò, evidentemente sto invecchiando!, si disse accelerando, fingendosi a bordo di un missile.
Dormire mi rimetterà in sesto, concluse percorrendo la Salaria, ormai prossimo a casa. Possedeva un attico in uno stabile lussuoso adiacente Villa Ada, acquistato coi proventi del suo mestiere
, oltre a quelli elargitigli dal genitore, un facoltoso imprenditore spesso in giro per il mondo e poco presente nella vita di famiglia.
Parcheggiata la Jaguar in garage, Fabrizio entrò in ascensore. Il pianerottolo dell’ottavo piano era immerso nel silenzio, come sempre. In quel palazzo ogni suono era discreto, come se l’alta borghesia evitasse di farsi sentire per passare inosservata. Del resto, è più la miseria ad essere chiassosa, che ha bisogno di farsi sentire, di emergere, di dichiararsi come vittima del sistema. Come se non facessimo tutti, poveri e ricchi, parte di quel dannato sistema. Sistema! Ne esistono di tutti i tipi, da quello del gioco del totocalcio a quello tolemaico, da quello economico-sociale a quello nucleare, da quello di saper profittare delle situazioni favorevoli, a quello tattico personale… ed erano questi ultimi che egli metteva in pratica.
Fattosi una doccia, si distese sul letto. Ammirando la sua bellezza selvaggia soffusa da uno spolverio di peluria buia che s’arrampicava dall’inguine al ventre, assunse la posizione abituale distesa e pian piano si assopì.
A destarlo ci pensò il trillo del telefono. Lo chiamava una certa Debora, amica d’una sua cliente di Milano.
«Ah, sì…» assonnato, Fabrizio fu vago e distratto.
«Beh, sa, mi tratterrò a Roma fino a domani, perciò pensavo, non so, potrebbe essere carino cenare insieme stasera. È possibile?» domandò lei con qualche pudore.
«È una buona idea!».
«Allora può passarmi a prendere all’Excelsior alle otto in punto!».
Annotato l’appuntamento, Fabrizio ebbe una riflessione: le donne che mi sbatto sono tutte ciniche, determinate! Vogliono un gingillino
per divertirsi e se lo prendono. Poco importa quanto lo pagano! Pur di averlo, non disdegnano neppure di rivolgersi all’Agenzia che mi procura lavoro
. Ormai la loro dignità appartiene al passato, è una favola, un mito, un reperto archeologico!
Associare la femmina all’archeologia gli parve quasi un delitto e scrollò la testa per scacciare quel pensiero conflittuale, giacché amava quella disciplina, forse più di quanto amasse la storia, che aveva imparato ad apprezzare grazie all’insegnamento del suo professore alle scuole superiori. Inoltre aveva interesse anche per l’astrologia, disciplina che aveva appreso da un suo amico psicanalista che talvolta l’applicava con efficacia nel suo lavoro di… comprensione dell’Ego altrui. E aveva ragione lo strizzacervelli: lo Zodiaco si era rivelato utile in più occasioni per determinare la caratterialità delle proprie clienti. Per questo chiedeva loro l’orario, il luogo e il giorno di nascita… nell’agenda con su vergato il suo nome in caratteri dorati c’erano molti nomi, scelti e catalogati per tipologia e profilo astrologico.
Tornò a stravaccarsi sul divano, dormendo un sonno profondo.
Al risveglio, si sottopose ad una sferzata di doccia gelida; indossò un abito bianco in lino, e sistemò con cura tutto l’occorrente nella ventiquattrore di pelle scura, inseparabile compagna di notti all’insegna di deliranti perversioni.
Nelle sere d’estate via Veneto è percorsa da un lieve venticello proveniente dalla contigua Porta Pinciana, alle cui spalle Villa Borghese offre un passaggio al Ponentino, che allieta la schiera di turisti ed avventori vari seduti ai tavoli dei celebri Cafè de Paris o al Doney, sul versante stradale opposto. Non più bersagliati dalle tragiche vicende provenienti dal Kosovo, adesso si argomentava d’altro. Si dissertava sul clima, ritenendolo ormai fuori controllo, come risultava da anomalie estreme
riscontrate su tutto l’emisfero boreale. El Niño, piogge torrenziali, inondazioni, venti oltre i duecento chilometri orari, caldo e freddo… erano divenute argomentazioni consuete, arricchite talvolta da notiziole considerate ulteriori anomalie, provocate da insetti killer, zanzare tigre, calabroni, cavallette cui anche Roma non veniva risparmiata. Erano queste ed altre considerazioni ad affollare la mente di Fabrizio mentre ascoltava il notiziario alla radio, soppesando, in un confronto improponibile, le sue fatiche fisiche a quelle di popoli oppressi dalle calamità, dalla fame, dalla disperazione, dalle malattie…
Troppo divario tra la sua agiata esistenza e la cruda realtà del pianeta!
Analizzando la situazione, constatando il suo status sociale, oltre al piacevole aspetto fisico che madre Natura gli aveva elargito, trasse filosoficamente la conclusione, adducendo che probabilmente, in una esistenza precedente, aveva già pagato le conseguenze d’un Karma negativo, rendendo in tal modo inevitabile nell’attuale vita una diversa condizione che gli consentisse, pertanto, di esserne dispensato.
Prima di fermarsi, un’ultima notizia attirò la sua attenzione: lo speaker si riferiva al cosiddetto progetto S.I.MON.A., [1] una inchiesta sociologica sul comportamento sessuale, da cui si deduceva che trenta italiani su cento non sono in grado di controllare il riflesso dell’eiaculazione e di decidere il momento dell’orgasmo; mentre un quindici su cento eiacula addirittura entro quindici secondi dalla penetrazione.
Un sorriso beffardo solcò il suo viso: adesso era chiaro il motivo per cui molte donne sentivano l’esigenza di rivolgersi a tipi come lui!
Giunto all’Excelsior guardò l’ora sul cronografo in oro, uno dei svariati cadeau ricevuti, e non trovando un posto dove poter parcheggiare, decise di sostare un attimo in terza fila. Avviandosi verso l’entrata del celebre albergo, vide uscire dal portone girevole una donna avvolta da un seducente abito nero e con un’acconciatura in studiato disordine, la quale, vedendolo, come se lo conoscesse da chissà quanto, lo chiamò forte: «Fabrizio, Fabrizio, sono qui!».
«Debora, immagino!» disse lui avvicinandosi, tendendole la mano. «Entrambi in perfetto orario! Da non crederci, se penso alle cattive abitudini di alcune signore che generalmente si attardano d’una mezz’ora! Ma a parte questo promettente avvio, dica, come ha fatto a riconoscermi?» le domandò sorridendo, ma con sul volto stampato bene un’autentica espressione da gran figlio di puttana.
Debora si esibì in un sorriso smagliante. «Appena l’ho vista tra la folla ho subito pensato che non poteva che essere lei! La mia amica mi ha fornito una descrizione così dettagliata che non potevo sbagliarmi. Sono lieta di fare la sua conoscenza, Fabrizio! Da questo momento, disponga di me come meglio crede!» disse con fare disinvolto, tra l’andirivieni della gente alle sue spalle.
«Cercherò di non deluderla, allora!» avanzò lui, rivolgendole un’intensa occhiata, invitandola a scostarsi dal portone affinché non ostruisse il passaggio.
Galante e cortese le offrì il braccio, conducendola in strada.
«Sa, trovo che somiglia moltissimo a Cary Grant!» disse civettuola, prendendolo a braccetto.
«Oh, questa poi!» stupefatto, Fabrizio ci rise su.
«Non mi dica che nessuno glielo ha mai detto!».
«Francamente no, è lei la prima!» precisò lui, ostentando fierezza lo stesso per la somiglianza attribuitagli.
«Il che significa che le donne che lei frequenta hanno poca cognizione fisiognomica, mi creda!» asserì convinta, come se la questione avesse avuto per lei qualche prerogativa importante.
«Può darsi!» rispose laconico, rallegrato dalla sua foga.
«Immagino abbia una sfilza di donne affrante e innamorate di lei!» ipotizzò stavolta, vezzosa, accingendosi ad entrare nell’automobile raggiunta allorché le ebbe aperto la portiera.
«Forse qualcuna la sarà, ma non credo ci siano in giro donne disposte a sopportarmi» rispose vago, non lasciandosi sfuggire l’opportunità di ammirarle le lunghe gambe sexy, lasciate scoperte dallo spacco laterale del vestito. Ruotò attorno alla vettura per prender posto quando, trafelato e grondante