Aspetti Antropologici della gratuità in Giuliano Agresti
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Anteprima del libro
Aspetti Antropologici della gratuità in Giuliano Agresti - Pierluigi Montemagni
pag.8.
CAPITOLO 1
CHI È L’UOMO PERCHÉ TE NE RICORDI?
Ci siamo già posti la domanda sull’uomo e già abbiamo detto che è una domanda antica: Chi è l’uomo perché te ne ricordi?
recita il Salmo 8, ed antica è anche la constatazione del mistero che in lui è racchiuso. Ciò che siamo è il dato più sicuro dal quale noi partiamo e il punto di appoggio per confrontarci col mondo che ci circonda.
Il vescovo Agresti al riguardo scrive che non è una questione riservata solamente a filosofi e a teologi. È una questione di tutti. Perché ogni uomo è sempre in questione, finché è sulla terra. Lo è perché, in concreto è un limite aperto all’illimitato
⁷.
Il Concilio Vaticano II ci ricorda che ogni uomo è una questione non risolta, alla quale nessuno può sfuggire, soprattutto nei momenti più decisivi e importanti della sua vita
⁸. Questa questione non costituisce un mistero irrisolto, quanto piuttosto il riflesso del mistero di Dio e la stessa pluralità di concezioni dell’uomo che noi troviamo nel nostro mondo, è già una prova di quanto andiamo dicendo.
La preoccupazione per l’uomo è sempre esistita nella Sacra Scrittura ed è continuata in tutta la tradizione cristiana. Ma soprattutto lo smarrimento contemporaneo dell’uomo, sballottato dalle più diverse riduzioni ideologiche, «laiche» o «cristiane» che si dicano, non può tenerci inerti e distratti
⁹.
Nella stessa Gaudium et Spes al numero 22 troviamo che solo nel mistero del verbo incarnato si chiarisce il mistero dell’uomo
.
Questa affermazione di incalcolabile importanza ci spinge a vedere la relazione con Dio mediata da Cristo, come elemento fondamentale e costitutivo del nostro essere: l’uomo è l’unica creatura di questo mondo che Dio ha voluto per se stesso
¹⁰. Questa relazione con Dio è messa in risalto nei due racconti di creazione del Genesi.
Pur differenziandosi nella struttura e nei dettagli concreti, questi due racconti hanno in comune l’attribuzione all’uomo di un posto privilegiato rispetto al resto delle creature. Questo posto privilegiato è basato sulla relazione che egli instaura con Dio, per cui l’uomo non è una creatura in più, ma quella che dà a tutta la creazione il suo senso ultimo.
Questa relazione unica che l’uomo ha con Dio, creato a sua immagine e somiglianza, formato dalle sue mani e vivificato dal soffio del suo Spirito, determina la sua peculiarità che lo caratterizza in modo esemplare nell’insieme degli esseri creati; rapporto che si articola poi nella relazione uomo-donna e uomo-mondo. Quindi la nozione di uomo che scaturisce dalle prime pagine della Scrittura è qualificata come relazionale.
I primi capitoli del Genesi ci offrono un esempio privilegiato di questa relazione che però non è esclusiva di queste pagine; infatti, l’eccellenza dell’uomo su tutto il creato e la sua relazione con Dio che la fonda, vengono messe in evidenza anche in altri testi veterotestamentari.
Ma per capire a fondo cosa la Scrittura ci dice dell’uomo, dobbiamo riflettere sulle nozioni e sui termini antropologici che in essa si trovano e che ci aiuteranno a completare la visione biblica dell’uomo che abbiamo iniziato ad analizzare.
1. TERMINI ANTROPOLOGICI NELL’AT
Se noi volessimo cercare una definizione di uomo, non troveremmo alcuna traccia nel Genesi e nemmeno in tutto il resto dell’Antico Testamento, soprattutto di quella nostra concezione di uomo inteso come composto di anima e corpo. Troviamo invece una serie di termini che ci mostrano una pluralità e una diversità di aspetti che configurano il suo essere e ci mostrano vari aspetti e sfaccettature dell’uomo.
L’Antico Testamento ebraico ha diversi termini che designano l’uomo, fra cui ‘Is, ‘Issah, usati per designare indistintamente il maschio e la femmina sia nell’uomo che nell’animale: ma non sono questi i termini che più ci interessano in quanto non qualificano al meglio la specificità dell’essere umano.
Il primo termine che merita la nostra attenzione è quello di basar, che significa carne
– opposto di ossa¹¹ -, usato indifferentemente sia per l’uomo che per l’animale. Questo termine, a volte tradotto con soma
corpo
, a volte tradotto con sarx
carne
, è quello che maggiormente esprime la natura terrestre della creatura; questo è il termine che mostra la solidarietà dell’uomo con gli altri membri della sua famiglia; indica l’uomo in quanto essere caduco, debole, oppure incline al peccato¹²; indica inoltre la debolezza della sua condizione di fedeltà e obbedienza a Dio.
Un altro termine di grande interesse per noi è nefes tradotto dalla Bibbia greca e poi da quella latina con psiuchè
anima
:. Il suo significato, il suo senso iniziale e più frequente nell’AT però non è questo: infatti indica l’indigente, il bisognoso, colui che non è auto-sufficiente¹³; indica il suo desiderio, il suo anelito¹⁴; indica inoltre la sede dei sentimenti e degli stati d’animo¹⁵. Anche nefes, come basar, può essere indicato per designare tutta la persona, intesa nella sua integrità¹⁶.
Il terzo termine antropologico, più completo e che ci svela un altro spetto costitutivo dell’uomo è ruah. Questo termine è stato tradotto con pneuma
spirito
e non si riferisce direttamente all’uomo, ma a Dio; quindi potremmo definirlo un concetto teo-antropologico nel senso che esprime l’apertura dell’uomo a Dio oppure l’azione di Dio sull’uomo. Il termine ruah
indica Soffio Vitale
, quella forza dello Spirito che è propria di Dio; forza che può essere comunicata all’uomo con la quale gli viene concessa la qualità straordinaria di poter dialogare con il suo creatore, di poter instaurare una relazione con Dio¹⁷:
La nozione di Spirito esprime quasi sempre una relazione dinamica tra Dio e l’uomo, il quale viene posto nell’ambito di Dio; infatti dobbiamo anche considerare che ruah
, proprio di Dio, è il termine usato in contrapposizione a basar
, proprio dell’uomo che mai invece viene usato per definire Dio. Ma è con il dono dello Spirito, che l’uomo, come accadde per i profeti, può parlare o agire in nome di Dio per