Il grande coniglio bianco
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Giallo - romanzo breve (77 pagine) - Nel falso commissariato di Serpentara P.S. tre uomini e due ragazzi travestiti da guardie stanno per realizzare il grande colpo della loro vita...
Nel falso commissariato di Serpentara P.S. tre uomini e due ragazzi travestiti da guardie stanno per realizzare il grande colpo della loro vita: con l’autorità conferita da quella maschera e con la loro abilità di ladri contano di svuotare la cassaforte di una banca in odore di riciclaggio. Ma un personaggio misterioso ha scoperto il trucco e non resta loro che abbandonare la partita… Mentre la denuncia, presentata in commissariato, della scomparsa di un personaggio emblematico della Sinistra, marito e padre, li costringe a interpretare proprio quel ruolo che doveva servire solo come una maschera. Una difficile indagine muove i suoi incerti passi fino alla soluzione finale, sotto il ricatto dello svelamento delle loro identità.
Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, scrittori in proprio, da tempo firmano insieme saggistica e narrativa poliziesca, svolgendo un’ideale detection sui tanti generi che il giallo ha prodotto nel suo secolo e mezzo di vita. I loro ultimi lavori sono: Ladri e guardie (Editori Riuniti, 2007), Un delitto elementare (Sovera 2008), Teoria e pratica del giallo (Edizioni Conoscenza, 2009) e l’ebook Clandestini (ilpepeverde.it, 2014).
Luigi Calcerano scrive anche di fantascienza, con Loredana Marano ha pubblicato L’ultima Eneide (Bonaccorso, 2014).
Giuseppe Fiori, nel suo ultimo lavoro La conversazione sparita (Manni, 2013), tesse un sottile elogio della conversazione nel secondo dopoguerra.
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Anteprima del libro
Il grande coniglio bianco - Luigi Calcerano
9788825405910
Personaggi del Commissariato Serpentara P.S.
Il Piromane alias commissario Justerini
Lo Scrittore alias maresciallo Frassineti
Il Ladro alias brigadiere Pedersolo
Il Cinese alias guardia O. Cimini
Mandrake (figlio dello scrittore) alias appuntato Trocadero
Nota
In pieno agosto, in un quartiere periferico di Roma, un vecchio villino ammuffito si trasforma, dalla sera alla mattina, nel Commissariato Serpentara P.S.
.
I pochi residenti del quartiere rimasti in città salutano con sollievo l’arrivo della pubblica sicurezza e nessuno si accorge che quel commissariato di frontiera è un trucco… una quinta di teatro messa in piedi da cinque ladri, tre nomini e due ragazzi, travestiti da guardie per organizzare il colpo della loro vita, la rapina in banca del secolo!
Ma i cinque non possono nemmeno trascurare la vita quotidiana di un ufficio di polizia, soprattutto quando sono costretti ad indagare sull’assassinio di un usuraio – come nel primo racconto Colpevole per forza – in attesa di realizzare la loro grande impresa.
1
E così subito dopo aver alzato il sipario di Serpentara PS avevamo risolto il nostro primo caso poliziesco, il caso del morto nel tram, direi del sottogenere giallo tranviario, Soddisfazione, ma anche perdita di tempo prezioso. Ora non dovevamo farci più distrarre, dovevamo concentrarci sulla macchinosa rapina a danno dell’Effe Bi Ai la Fondazione Bancaria Americana Investimenti, la più protetta banca d’Europa, la nostra opera principale! Per testimoniare della quale intendo proseguire il mio quaderno, tra diario e racconto, della nostra incredibile avventura.
Ho detto nostra due volte, ma chi siamo noi?
Siamo tre uomini e due ragazzi (uno è mio figlio) che vogliono risollevare le loro sorti con uno stratagemma alquanto ardito: un finto commissariato per meglio portare a compimento un piano che cominciava ad essere ostacolato. Ma il primo ostacolo sul nostro cammino l’avevamo già superato.
Ma non potemmo rilassarci. La mattina dopo l’interrogatorio all’avvocato Minenza sulla scrivania del commissario c’era una misteriosa lettera anonima che ha raggelato il sangue perfino al Piromane. Magari nei commissariati veri le lettere anonime sono all’ordine del giorno… compaiono sulle scrivanie portate col corriere, dalla posta, perché in quei fortunati uffici c’è la posta che arriva ed un registro di pratiche che si chiama il corriere!
Da noi alla Serpentara il mistero era già nel fatto che quella lettera si trovasse là…chi ce l’aveva portata? Quanto poi al suo contenuto, il foglio era di carta dozzinale e il messaggio lo avrei preferito meno enigmatico, ma anche così, se voleva colpirci, riusciva benissimo nel suo intento.
SO CHI SIETE, O ALMENO SO CHE NON SIETE CIÒ CHE SEMBRATE E CIOÈ DEI POLIZIOTTI. NON HO POTUTO COLLEGARE ANCORA TUTTI GLI INDIZI IN MIO POSSESSO E SCOPRIRE DOVE VOLETE FARE LA RAPINA, MA LO SCOPRIRÒ PRESTO! E APPENA LO SCOPRIRÒ AVVISERÒ LA BANCA, A MENO CHE VOI NON LASCIATE IL CAMPO IMMEDIATAMENTE, APPENA RICEVUTA QUESTA LETTERA.
Quando l’ho letta ho sentito il cuore che si confondeva coi battiti. L’ho poggiata davanti a me, accanto ad un vecchio regolamento del Ministero dell’Educazione Nazionale che, con altri vecchi scartafacci, ci serviva a riempire di cartaccia vetero-burocratica le nostre scrivanie e mi sono accasciato sulla poltroncina di plastica verde che, come il resto dei mobili, avevamo rapinato al camion della Croce Rossa all’inizio della nostra avventura.
Non erano i soliti ritagli dei giornali incollati alla bell’e meglio, ma una lettera scritta a mano, in stampatello, forse con la mano sbagliata perché i caratteri erano un po’ tremolanti. Eppoi la firma, HARVEY
, che mi ricordava qualcosa.
Nei libracci con cui mi guadagnavo da vivere prima dell’attuale sgabbiata l’avrei scritta diversamente: ‘So chi siete. Con me le maschere da poliziotti non attaccano. Rinunciate alla rapina. Scoprirò presto dove volete farla! Se non lasciate il campo immediatamente, li avverto.’
A parte la forma rimaneva il problema di perché non ci avesse ancora denunziati, alla polizia vera, non alla banca!
Se ogni impresa criminosa è una corsa ad ostacoli, questo secondo ostacolo era più alto di quanto la nostra buona volontà potesse saltare.
Una delle regole del decalogo di Chandler diceva che il mistero insito in una storia gialla deve eludere un lettore ragionevolmente intelligente. Bene, quel mistero ci teneva tutti in scacco e ci pareva impossibile che potesse avere una soluzione. Il Cinese aveva persino provato a consultare i Ching, che nonostante la sua formazione informatica continuava ad apprezzare. Niente, naturalmente.
Mandrake, mio figlio, si sbracciò a dire che dovevamo andarcene, che ormai il nostro piano era rovinato, che rinunciava persino al vespone.
Ma il Piromane, come al solito ci convinse a far fronte alla situazione, a mettere alla prova Harvey, che doveva avere un motivo per non chiamare la polizia.
Già, perché aspettava? Il Piromane ci offriva sempre un altro punto di vista, più angolare.
Avevamo risolto un caso, quello tranviario, assolutamente al di fuori di ogni regola, ma quello che ci si presentava sarebbe stato della stessa pasta?
Guardavamo tutti la lettera anonima sulla scrivania del Commissario Justerini quando bussarono alla porta.
Chi sarà mai?
si chiese il Ladro, dimentico che eravamo in ufficio pubblico e che tutti avevano il diritto e l’opportunità di entrare in un commissariato.
Una donna sui quarant’anni, vestita sobriamente, un po’ volgare ma quasi bella, capelli neri, lineamenti marcati, bene in carne. Si schiarì la voce.
– Mi chiamo Concetta Scorcelletti.
– La moglie del macellaio Pacchiarotti – esclamarono all’unisono il Piromane e lo Scrittore.
La donna scrutò freddamente i due poliziotti che la guardavano interessati.
– Che? Mi’ marito non c’entra, anzi non lo sa che sono venuta da voi in Commissariato.
La donna si sedette, davanti alla scrivania del Commissario, aggiustandosi la gonna nera sulle ginocchia tornite.
– Sento di potermi confidare, da voi, mi ha detto Pacchiarotti che qui si respira un’aria diversa.
– Non c’è dubbio – garantì il Piromane – aria diversa, un vissuto diverso, attenzione ai clienti, ma è il tempo che stringe…Voi non avete niente da fare? – si rivolse al Ladro e a Mandrake.
I due se ne andarono in silenzio, lanciando un’ultima occhiata alla lettera del fantasma minaccioso.
– Che cosa potremmo fare per lei? – chiese lo Scrittore.
– Potete ritrova’ una persona scomparsa, scomparsa pe’ colpa mia. Un parente, l’ho visto l’urtima volta due giorni fa, abbiamo litigato, poi più gnente.
Il Piromane si tormentò le mani – Un parente che non si fa più vivo, eh!
Il maresciallo Frassineti si avvicinò con tutta la poltroncina di plastica verde – Scusi signora, ma che lei i suoi parenti li vede tutti i giorni?
– Magari ci sarà stata una lite… – azzardò il Piromane.
– Le liti tra parenti vanno e vengono – azzardo lo Scrittore – poi il fiume del tempo scorre e liscia qualsiasi asperità.
L’immagine offerta dallo Scrittore rimase, per un attimo, sospesa nella stanza poi la Scorcelletti scosse la testa e continuò – Non questa volta, l’ho visto disperato, offeso. Temo un suo gesto inconsulto, per questo sono qui!
– Suo di chi? – chiese sgarbatamente il commissario – qua i gesti inconsulti si sprecherebbero, signora Concetta di chi stiamo parlando?
La gonna nera era risalita