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Sherlock Holmes e suo figlio
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E-book197 pagine2 ore

Sherlock Holmes e suo figlio

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Info su questo ebook

Giallo - romanzo (160 pagine) - Sherlock Holmes viene chiamato d'urgenza a Parigi da Irene Adler per via di un rapimento che la riguarda. Un'avventura che ruota attorno alle figure di Damian Norton e "La Donna". In più... c'è da risolvere una grande rapina accaduta a Tblisiun dove è stato rubato un milione di rubli alla Banca di Stato


1907. Watson si reca da Sherlock Holmes, che, a cinquant'anni suonati, non investiga più, e alleva le sue api. Gli porta una lettera di Irene Adler che scrive:"Caro Sherlock, ho bisogno di te. Hanno rapito mio figlio Damian che è pure nostro figlio, anche se non te ne ho mai parlato. I rapitori sono russi. Non so se si tratta dei bolscevichi o dell'Ochrana, c'è di mezzo una ingente somma. Vieni subito a Parigi, mi troverai all'Hotel de Vendome. Fa presto. Irene"… Ma Irene Adler, che per Holmes rappresenta "la" donna, è anche un'avventuriera e sa mentire; certo è coinvolta nella grande rapina di Tblisi, in Georgia, dove i bolscevichi hanno rubato un milione di rubli alla Banca di Stato, seminando morti e fuggendo col bottino. Damian Norton è bello come la madre, ma dovrà dimostrare d'essere anche molto intelligente perché possa liberarsi e farsi riconoscere figlio di Sherlock Holmes. Ha solo quindici anni e dietro il suo rapimento si profila l'ombra del giovane Stalin.


Luigi Calcerano, nato a Roma nel 1949, è scrittore e saggista. È stato dirigente del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca; è stato l’ultimo capo dell’Ispettorato per l’educazione fisica e sportiva. Tra i suoi tanti titoli pubblicati si segnalano i più recenti: Un delitto elementare (Sovera, 2008), Ladri e guardie (Editori Riuniti, 2007), Sherlock Holmes a Monza, due pistole per un regicidio (Delos Digital, 2018), Il commissariato farlocco (Delos Digital, 2018), Il grande coniglio bianco (Delos Digital, 2018), Colpo grosso alla Serpentara (Delos Digital, 2018), Sherlock Holmes a Roma (Delos Digital, 2015), Clandestini, Romanzo d’appendice (ilpepeverde, 2014), tutti con Giuseppe Fiori, e Quattrocentocinquantatrè (Ucronia, Amazon Culture And Eau, 2017), Vangelo di Maria (Ucronia, Amazon Culture And Eau, 2015), L’ultima Eneide, Cinque libri di Fantascienza epica (con Loredana Marano, Bonaccorso Editore, 2013), Il ritorno di Quagliariello (con Guglielmo Calcerano, Bonaccorso Editore, 2008), Per uccidere Cecilia (con prefazione di Carlo Lucarelli, Bonaccorso Editore, 2005).

LinguaItaliano
Data di uscita1 dic 2020
ISBN9788825413755
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    Anteprima del libro

    Sherlock Holmes e suo figlio - Luigi Calcerano

    9788825409116

    Introduzione

    Dopo il primo volume di stampo antologico di questa collana di apocrifi sherlockiani, diamo questa volta spazio a un romanzo. Si tratta di un lavoro di Luigi Calcerano, autore che siamo abituati a leggere attraverso opere a quattro mani, scritte assieme a Giuseppe Fiori. Da tempo i due firmano congiuntamente saggistica e narrativa poliziesca, svolgendo un’ideale detection sui tanti generi che il giallo ha prodotto nel suo secolo e mezzo di vita.

    Quando ricevetti questa nuova avventura del detective di Baker Street pensai quasi a un errore dei due autori: com'era possibile che fosse firmata solo da Calcerano?

    E invece era proprio così! Questa volta Giuseppe Fiori era stato lasciato da parte per far affrontare in solitaria a Luigi Calcerano la creazione di questa indagine nella quale Sherlock Holmes ha cinquant'anni suonati, non investiga più e alleva le sue api nel Sussex.

    Il fido dottor Watson recapita al segugio inglese una lettera di Irene Adler nella quale si viene a scoprire che suo figlio, Damian Norton, è stato rapito da loschi figuri russi. L'azione, poi, si sposta a Parigi dove Holmes se la vede piuttosto brutta. Da qui le indagini si biforcano.

    Lo stile di Luigi Calcerano è scorrevole e il caso va via via snocciolandosi in modo piacevole alla lettura. Il personaggio di Damian è intrigante e non ci stupisce quando scopriamo molto di più su di lui.

    Nel corso del romanzo incontriamo anche Maria Sofia di Baviera, ultima regina di Napoli. Così, come accaduto nei romanzi apocrifi scritti da Calcerano assieme a Fiori, questa nuova narrazione ci permette di imbatterci in personaggi canonici e personaggi storici realmente esistiti, creando alla fine un piacevole pastiche. A parte Maria Sofia di Baviera ritroviamo tra queste pagine persino Iosif Vissarionovič Dìugašvili, meglio noto come Stalin.

    Oltre al rapimento del giovane Damian, la trama ci accompagna a cercare anche di risolvere una grande rapina accaduta a Tblisiun, dove è stato rubato un milione di rubli alla Banca di Stato.

    C'è persino tempo per assistere al ritorno al vecchio alloggio di Baker Street, dove con un telegramma Holmes, perentorio, richiama Watson a Londra, in quel momento ancora in Francia. Qui i due devono decifrare un messaggio che Damian ha nascosto in un biglietto.

    La storia prosegue con vari colpi di scena mettendo in luce come Irene Adler, canonicamente nota come La Donna, per appropriarsi del bottino bolscevico non esiti a mettere in pericolo la vita del proprio figlio.

    Tuttavia, nel finale, Damian e Sherlock Holmes faranno in modo che lo stesso bottino venga investito dalla Adler in un modo molto diverso da quello che aveva in mente.

    Ennesima prova, questa di Luigi Calcerano, che mette in evidenza la sua passione per l'universo canonico, assommata a un plot che sottolinea una conoscenza di fatti storici che sicuramente regalano al romanzo quel quid in più.

    Luigi Pachì

    Dedicato a una vita tutta Rosa e Fiori

    Pensar de tarde en tarde en Sherlock Holmes es una

    de las buenas costumbres que nos quedan. La muerte

    y la siesta son otras. También es nuestra suerte

    convalecer en un jardín o mirar la luna.

    Jorge Luis Borges

    Datemi genitori migliori e vi darò un mondo migliore.

    Aldous Huxley

    Prologo

    Non vi parlerò, stavolta del caveau sotterraneo della Banca Cox & Co. e non vi spiegherò che è parte integrante dell'edificio, che ci sono spessi muri e porte corazzate modernissime, tutti i particolari, insomma che mi convinsero, per la loro indubbia capacità di fronteggiare ogni rischio, a scegliere quel luogo per ospitare le mie tre cassette di sicurezza con il resoconto sommario di tanti casi che non potevano essere divulgati perché coinvolgevano importanti segreti di Stato o fatti che potevano ledere il buon nome di importanti e poco fortunate famiglie.

    Non ve ne parlerò perché questo caso si è appena felicemente concluso ed ho ottenuto da tutti i componenti della famiglia coinvolta il permesso di rendere pubblici i fatti complessi che hanno seguito il rapimento del figlio unico già presente nel titolo. Già sto lavorando a scriverne per tutti gli appassionati.

    Dopo quanto avvenuto nel caso denominato Due pistole per un regicidio Holmes ha smesso di risolvere casi, si è in qualche modo pensionato, e ai lettori appassionati non sarà forse difficile intuirne il perché. Ma, dopo un po' di tempo, un fatto nuovo ha costretto un pacifico allevatore di api a riprendere in mano, per così dire, la sua lente di ingrandimento e la sua webley.

    Non vi nascondo invece la mia soddisfazione a riprendere in mano la penna.

    Come prima cosa è necessario che gli affezionati nostri lettori conoscano un rapporto della polizia locale che spiegherà, al posto mio, un antefatto fondamentale.

    Vi farò sapere, durante la scrittura il momento in cui Holmes è venuto in possesso del rapporto. Glielo feci avere io che lo ebbi… ma andiamo con ordine.

    1. La Rapina

    All'attenzione di Nikolaj Aleksandrovič Romanov

    Per Grazia di Dio, Imperatore e Autocrate di tutte le Russie

    Rapporto riservato sull'azione terroristica.

    L'azione terroristica oggetto del presente rapporto è consistita in una rapina spettacolare che è riuscita a trafugare una somma ingentissima, circa un milione di rubli. Tutta l'opinione pubblica d'Europa conosce i fatti, la rapina e il massacro ma non tutti i particolari di quanto avvenuto, qui raccolti, sono stati resi noti. Il redattore del presente rapporto è stato inviato, con con poteri speciali e la sua squadra a dirigere le indagini e quello che segue vuol essere lo sforzo di rappresentare a chi di diritto deve sapere, l'analisi obiettiva dei fatti. Come è noto nessuno dei rapinatori è stato catturato. Non migliore successo ha arriso alla ricerca del recupero del bottino. Le uniche tracce scoperte su come è stato nascosto e riciclato il bottino sono un mesto successo dei collaboratori del sottoscritto. Descrivo quanto ne ho saputo a seguito di interrogatori e verifiche sul posto, rilevo il mese di tempo che corre tra rapina e nostre indagini. Tale tempo è stato fondamentale per tentare di confondere le acque ed è certo servito a consentire ai rapinatori di fuggire e disperdersi.

    Le acque opportunamente confuse non ci hanno impedito di raggiungere alcuni fondamentali punti fermi. Sono in grado di anticipare come il gesto criminale sia da attribuire ad un gruppo di socialdemocratici bolscevichi che s'è mescolato, nei territori della Georgia, con un gruppo di briganti e criminali locali non politicizzati.

    Ricordo a me stesso che dal 1903, ben prima del conato di rivoluzione del 1905, seguito dalla apparente sconfitta nella guerra russo-giapponese, il Partito operaio socialdemocratico russo si è scisso in due fazioni: gli estremisti bolscevichi e i più pericolosi menscevichi capeggiati da Martov.

    Si tratta di due fazioni che si combattono all'interno dello stesso partito e malgrado il Partito socialdemocratico, nel suo complesso, abbia rigorosamente vietato le rapine e gli espropri proletari, i bolscevichi non sembrano disdegnare di far denaro in ogni modo, anche con le rapine in banca, nello stile e con l'aiuto della criminalità organizzata.

    A quanto ci risulta gli attuali capi del Partito bolscevico, sono Vladimir Il'ič Ul'janov, nato a Simbirsk, 22 aprile 1870, (10 aprile del calendario giuliano) meglio conosciuto con lo pseudonimo di Lenin, e Aleksandr Aleksandrovič Bogdanov, il cui vero cognome è Malinovskij. Quest'ultimo, liberato nel maggio 1906, raggiunse il cosiddetto Lenin in Finlandia, ed abita attualmente nella stessa villa dell'altro leader bolscevico, a Kuokkala presso il confine russo. In questa villa dovranno arrivare i danari rubati. Consigliamo la massima attenzione per tutti gli itinerari che portano dalla Russia in Finlandia.

    A livello locale il dirigente assoluto cui si deve il progetto e la realizzazione della tragedia georgiana di Tblisi è, senza alcun dubbio l'emergente Iosif Dìugašvili, ventinove anni, che peraltro, dopo averlo organizzato, pare si sia prudentemente tenuto lontano dall'episodio terroristico della rapina.

    Lenin e Iosif Dìugašvili ci risulta si fossero incontrati segretamente a Berlino, e poi a Londra, durante i lavori del III Congresso del Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR) si tenne a Londra dal 25 aprile al 12 maggio 1905. Crediamo che insieme abbiano messo a punto l'attacco alla diligenza portavalori della Banca Centrale, preannunciata ai bolscevichi da una talpa della sezione bancaria georgiana.

    L'azione terroristica si è compiuta a Tbilisi mercoledì 13 giugno 1907 ore 10,30 a.m.

    La città era stata colpita da un innalzamento repentino della temperatura e tutta la gente boccheggiava per l'inusuale e poco sopportabile caldo che si definiva 'asiatico' o, altrimenti, 'persiano.

    Arrivatovi ho trovato piccola ma bellissima quella città georgiana. Certo è più un grosso villaggio che una città e non appartiene allo stesso mondo di San Pietroburgo, lontana com'è dalla capitale circa millecinquecento chilometri.

    Tbilisi è la capitale del Caucaso, il montagnoso territorio situato tra il mar Nero e il Caspio. Tutto è vicino a tutto, nella Tbilisi che ho conosciuto. Alle spalle del quartier generale dell'esercito, sull'elegante via Frejlinskaja, ad una fucilata dalla piazza del massacro, viveva l'emergente capo bolscevico Dìugašvili con la moglie e il figlio di pochi mesi, figlio unico a tutt'oggi.

    La moglie è una giovane e bella sarta georgiana che si chiama Kato Svanidze, il figlio si chiama Jakov. Erano conosciuti come una coppia rivoluzionaria e innamorata. Pare che lei prendesse il sole sul balcone insieme con Jakov, il bambino, al momento della rapina.

    Le strade di Tbilisi, comunque, sono fiancheggiate da candidi teatri neoclassici e da un teatro dell'opera in stile moresco; ci sono inoltre imponenti alberghi e i palazzi di principi georgiani e di magnati del petrolio armeni. Addirittura splendido sembra a tutti il Palazzo del governatore, un edificio, m'è parso, in stile italiano, per le sue splendide colonne.

    A piazza Erevan, la piazza centrale di Tbilisi c'erano gli attori pronti per la rappresentazione

    In primo luogo segnalo un posticcio capitano di cavalleria, che era in realtà 'Kamo' Simon 'Senke' Ter-Petrosjan; uno specialista in travestimenti, conosciuto come spregiudicato e feroce criminale; stivali e calzoni d'ordinanza, si esibiva sul suo cavallo che faceva esercizi da maneggio e giocava a sguainare una grande sciabola circassa; scherzava con due complici che sembravano eleganti ragazze del posto. Flirtavano con lui e gli ufficiali, capelli scuri, occhi nerissimi, belle, slanciate. Avevano dei coloratissimi ombrellini da sole e li facevano ruotare ma avevano anche grandi pistole Mauser dissimulate tra le pieghe dei vestiti. Erano Pacia Goldava e Anneta Sulakvelidze, facevano un trio con Aleksandra Darachvelidze momentaneamente altrove, diciannove anni, ed erano tutte veterane di rapine e sparatorie.

    Non si è riusciti ad identificare tanti briganti che sembravano normali ragazzetti vestiti con colorati camicioni contadini e calzoni da marinaio; avevano però Browning, Mauser e bombe a portata di mano. Le bombe, affettuosamente soprannominate 'mele', erano state fatte entrare clandestinamente a Tbilisi da Anneta e Aleksandra sunnominate che le avevano nascoste all'interno di un grande divano.

    Anche nella malfamata taverna sulla piazza, c'era un gruppo di briganti armato fino ai denti che invitava i passanti a bere in allegria, venti briganti che costituivano il nucleo della banda di Dìugašvili nota come la «Squadra». Stavano pronti per sparare. Erano giovani un po' ubriachi, magrissimi e smunti, che mangiavano poco o nulla da settimane.

    Alcune sentinelle tenevano d'occhio il Golovinskij Prospekt, l'elegante strada principale di Tbilisi bellissima, che aveva un'aria di strada d'una capitale europea, Parigi o Londra. Tendevano le orecchie per cogliere subito il fragoroso arrivo di una diligenza e del distaccamento di cosacchi guardiani al galoppo.

    Kamo, il sedicente capitano dell'esercito con la sciabola circassa smise presto di caracollare, smontò da cavallo e prese a gironzolare e a vagabondare sul viale alla moda. Non ci fu chi ne riconobbe il travestimento.

    Sapevano tutti i protagonisti che ad ogni angolo di strada era piazzato un poliziotto. Li riconoscevano, a Tbilisi, non solo i futuri rapinatori, tutti conoscevano tutti. Agli uffici della polizia locale era giunta voce di un piano per il finanziamento fin dal gennaio 1907: erano non pochi i mesi in cui uno o più confidenti avevano, appunto, confidato la possibilità di un'azione spettacolare. C'erano tanti uomini riconducibili alla Forza Pubblica, tanti, informatori, agenti residenti della nostra polizia segreta dello zar, uomini della polizia politica in uniforme, gendarmi. A tutti costoro molti avevano abbondantemente riferito sui traffìci clandestini delle bande di rivoluzionari e criminali fuse insieme da Iosif Dìugašvili.

    Era però difficile distinguere le false voci, fatte circolare ad arte, dalla verità.

    Si tratta del problema della dezinformatzija, la disinformazione, la somministrazione di dati credibili ma fuorvianti. Credevamo di aver inventato noi questa attività e la avevamo affidata a uno speciale ufficio. Ne siamo qui rimasti vittime. Una tattica tipica della disinformazione è quella di mescolare un po' di verità con delle menzogne, ovvero di rivelare solo una parte della verità, spacciando questo come un completo quadro d'insieme. A volte basta mescolare la notizia vera con un grandissimo numero di altre notizie simili, rendendo necessaria la difficile arte della scelta della verità. Allora riuscì ai nostri avversari, ci aspettavamo qualcosa, è vero, ma quella rapina con le bombe ci prese di sorpresa, anche a noi dell'Ochrana.

    Città complessa Tbilisi. Appena passato il centro dopo il quartier generale dell'esercito, piazza Erevan si apriva sulla periferia e sul suk levantino dei mercati, il che dava a questa parte di Tbilisi una dimensione spiccatamente asiatica.

    Acquaioli, venditori ambulanti, borsaioli e facchini trafficavano intorno ai bazar armeno e persiano per fare le loro consegne o per rubare. Vicino al suk ambulanti abbigliati all'asiatica, con le loro bancarelle offrivano gli speziati fagioli georgiani e la tradizionale torta al formaggio calda.

    Al caravanserraglio limitrofo stazionavano carovane di cammelli e asini provenienti dalla Persia e dal Turkestan. Gli animali erano carichi di sete e spezie, di frutti e vino, riconoscibile dai contenitori che erano grandi otri di pelle. Nel caravanserraglio un gruppo di giovanissimi camerieri e fattorini erano impegnati a servire i clienti di alloggio e pasto, trasportavano i bagagli, liberavano i cammelli dalla bardatura. Ma non erano innocenti, tenevano d'occhio la piazza per i bolscevichi. Il capo locale, Dìugašvili, utilizzava i ragazzetti del caravanserraglio come spie di strada e corrieri.

    All'interno dello stesso caravanserraglio i capi dei rapinatori e dei briganti ripassavano per l'ultima volta le cose da fare per il piano. Doveva succedere tutto tra poco. Le due belle ragazze, Pacia e Anneta, separatesi da Kamo, attraversarono con fare spensierato la piazza e si fermarono

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