Colpevole per forza
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Giallo - romanzo breve (65 pagine) - In un quartiere periferico di Roma spunta, in pieno agosto, il Commissariato Serpentara P.S. A ben guardare qualcosa di fasullo c’è in quel vecchio villino...
In un quartiere periferico di Roma spunta, in pieno agosto, il Commissariato Serpentara P.S. A ben guardare qualcosa di fasullo c’è in quel vecchio villino, trasformato dalla sera alla mattina in ufficio di pubblica sicurezza: le cinque guardie che si aggirano al suo interno, in realtà, sono cinque ladri. E il gioco ha inizio, un gioco il cui premio finale è il tesoro di una banca sospetta, situata proprio in quel quartiere. Ma i ladri, tre uomini e due ragazzi, non possono sottrarsi, nei panni di guardie, dallo svolgere un’anomala indagine sulla strana morte di un usuraio. È la vita quotidiana di Serpentara P.S. che sembra prendere il sopravvento sull’originaria impresa criminosa.
Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, scrittori in proprio, da tempo firmano insieme saggistica e narrativa poliziesca, svolgendo un’ideale detection sui tanti generi che il giallo ha prodotto nel suo secolo e mezzo di vita. I loro ultimi lavori sono: Ladri e guardie (Editori Riuniti, 2007), Un delitto elementare (Sovera 2008), Teoria e pratica del giallo (Edizioni Conoscenza, 2009) e l’ebook Clandestini (ilpepeverde.it, 2014).
Luigi Calcerano scrive anche di fantascienza, con Loredana Marano ha pubblicato L’ultima Eneide (Bonaccorso, 2014).
Giuseppe Fiori, nel suo ultimo lavoro La conversazione sparita (Manni, 2013), tesse un sottile elogio della conversazione nel secondo dopoguerra.
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Anteprima del libro
Colpevole per forza - Luigi Calcerano
9788867758586
Personaggi del Commissariato Serpentara P.S.
Il Piromane alias commissario Justerini
Lo Scrittore alias maresciallo Frassineti
Il Ladro alias brigadiere Pedersolo
Il Cinese alias guardia O. Cimini
Mandrake (figlio dello scrittore) alias appuntato Trocadero
1
Ho iniziato da poco il quaderno d’appunti, quasi un diario, che intendo tenere durante la nostra avventura.
Uno scrittore sia pure uno come me, di serie B, che sbarca il lunario scrivendo romanzacci di ogni tipo, rosa, gialli, erotici, di fantascienza, horror, ma gialli, soprattutto, rimane sempre colla speranza che da quel vortice di trame possa uscir fuori un libro che lo renda ricco e famoso.
Quando decidemmo di entrare nell’illegalità, di diventare ladri mantenni solo la speranza della ricchezza.
Ladri famosi ci potevano anche essere ma solo nei libri… così continuo a scrivere mentre da ex professore, da educatore cacciato dalla scuola, mi calo nei panni del maresciallo Frassineti.
Già, perché eravamo ladri che per rubare ci serviva il travestimento da guardie, quello era il piano nato nella sala biliardo di Trastevere, dove eravamo soliti recriminare per la vita che non ci aveva dato tutto quello che poteva! Tre uomini e due ragazzi, costretti dagli eventi quotidiani a dichiararsi sconfitti chiusi nella gabbia di un futuro ormai quasi passato. Avevamo progettato una sgabbiata!
C’era il Piromane, misterioso e risoluto, un giovane vietnamita a suo tempo adottato, poi dimenticato, innamorato di Roma e dell’informatica, c’era mio figlio Mandrake, che si dilettava a far sparire le cose nei supermercati e per le strade, e c’era chi la scelta di rubare e infrangere la legge, l’aveva fatta da tempo, un omone che somigliava a Bud Spencer ed esercitava la disonorevole professione di topo d’appartamenti. Un topone, una enorme pantegana, date le dimensioni. Sia lui che il Piromane al gabbio, cioè a Regina Coeli, c’erano già stati, perché sia rubare che dar fuoco alle proprietà son considerati dal codice e dalle persone normali comportamenti da reprimere.
Prima di cedere definitivamente le armi dovevamo pur tentare un’impresa che ci ripagasse di quanto sino ad allora ci era stato negato, qualcosa di grande, di immaginifico, non una banale rapina… qualcosa che riuscisse a darci il gusto della grande impresa criminale.
Così il Piromane propose di svaligiare la Fondazione Bancaria Americana Investimenti, l’Effe Bi Ai, la più protetta banca d’Europa! Come obiettivo poteva anche andare… abbastanza creativo, ma che fare? Ci si ripresentava la domanda di Lenin nel 1902, e per noi era tradotta in ‘come fare per superare i costosissimi sistemi di sicurezza di cui era dotata?’
Il Cinese disse una cosa ad un certo punto… – in realtà era vietnamita, ma tutti lo chiamavano così – insomma quel ragazzo se ne uscì col fatto che lui avrebbe pure saputo uscire col malloppo da quella banca ma che il problema era solo entrarci. Noi c’eravamo messi a ridere, il Piromane aveva preso subito sul serio l’affermazione. Come fosse facile.
Mi venne in mente una storiaccia delle mie, l’idea del falso commissariato. Per entrare indisturbati dovevamo prima calarci nel ruolo di guardie, confondere le acque con una missione di sorveglianza dall’interno, ed uscire arricchiti dalla Banca, per poter, alla fine, rivestire, con profitto, i panni dei ladri.
Nessuno si lamentò della macchinosità del piano e non fui certo io a rilevare che sapeva di fiction!
Il Piromane ci mise subito il fuoco addosso, solo Mandrake era dubbioso, perplesso anzi proprio diffidente, meglio, contrario all’iniziativa, ma dato che ci serviva il suo contributo lo convinsi con la promessa che, male che fosse andata, gli avrei fatto riparare il vespone.
Qualche preparativo per l’arredo interno e, a metà agosto, un vecchio villino abbandonato, grazie ai nostri sforzi, si trasformò, dalla sera alla mattina, nel Commissariato Serpentara P.S.
Me la ricordo bene quella giornata, i romani che, come aveva ben capito il collega Flaiano, hanno visto tutto e tratterebbero con condiscendenza anche i marziani, e i pochi abitanti del quartiere rimasti in città non solo non fecero una piega, ma salutarono con sollievo l’arrivo della Pubblica Sicurezza!
In fondo nel quartiere della Serpentara, nonostante la quiete agostana, si aggiravano anche più del solito loschi personaggi, di quelli che non fanno mai vacanza.
Fui l’unico a meravigliarmi che nessuno si accorgesse che quel Commissariato di frontiera era solo una mascherata, una simulazione… che il villino abbandonato era una facciata, una quinta di teatro messa in piedi da cinque ladri travestiti da guardie per organizzare il colpo della loro vita, la rapina del secolo!
D’altronde i pochi che ciondolavano nell’assolato quartiere non s’erano nemmeno bene accorti che, nel palazzo soprannominato da tutti il Torracchione, per me un omaggio involontario alla memoria del collega Luciano Bianciardi, c’era più marcio che in Danimarca, non s’erano accorti che la Fondazione Bancaria Americana Investimenti aveva edificato proprio lì la sua modernissima banca!
Eccoci, allora, un Piromane, uno Scrittore, un Cinese, un mago detto Mandrake, e un Ladro a tentare una impresa illegale, pazzesca e disperata, a giocarci tutto il piatto, ad improvvisare un teatro senza critici e spettatori, anzi con gente che poteva criticare la nostra recitazione approssimata mandandoci in galera, per liberarci da una vita che sembrava irrimediabilmente segnata dall’insuccesso e dalla sconfitta…
Nel quaderno ho già dato ampiamente conto dei nomi di battaglia che ci eravamo scelti: l’amico vietnamita memore di Ho Chi Minh si era voluto chiamare Osvaldo Cimini, O. Cimini, il gigantesco e forzuto Ladro, rassegnato alla somiglianza s’era chiamato Pedersoli, il vero cognome di Bud Spencer.
Più bruciante, come al solito, il Piromane, che solitamente beve whisky con una fettina di limone, si è scelto il nome di commissario Justerini. Non sono molti a sapere che Giacomo Justerini, da Bologna, fu il fondatore, nel 1749 della ditta che produce oggi il blended J and B, Justerini & Brooks, appunto, il suo preferito.